“Le visioni alle quali
mi riferisco non sono soggette al nostro arbitrio, ma appaiono al cenno di un
volere che non possiamo produrre, quantunque sa certo il nostro e non la
manifestazione di una forza estranea, si chiami come si voglia. Questo potere
della visione fu proprio la causa prima che mi fece diventare scrittore;
gl’inciampi esterni, ricordati prima, vennero superati man mano […]. Nel 1915,
me ne apparve una straordinaria [di visione], cui si connette una circostanza
che, sebbene non sia delle più singolari […], delinea prospettive di specie
inaudita. Mentre mi stilavo il cervello per cercar d’indovinare quale potesse
essere stata la causa della spaventosa Guerra mondiale [la Prima, ovviamente], come mi avveniva tutte le volte che pensavo o
vedevo qualche cosa fuori dal comune. Subito dopo mi apparve un uomo di
razza a me sconosciuta, assai alto e magro, che ho descritto nel modo seguente,
nel racconto Il gioco dei grilli,
pubblicato poi dal ‘Simplicissimus’ e
nel mio volume di racconti Pipistrelli:
‘Alto sei piedi[1],
straordinariamente magro, imberbe, aveva il viso di color verde oliva
cangiante, gli occhi obliqui smisuratamente divergenti. Le labbra e la pelle
del viso erano affatto levigate e senza pieghe, come se fossero di porcellana,
le prima rosso vivo e taglienti come lame di coltello, specie agli angoli della
bocca, che avevano un colorito ancor più acceso, e sembravano pronte ad un
ghigno rigido e spietato. Portava sul capo uno strano berretto rosso’. Prima
dell’apparizione mi ero intimamente chiesto quale fosse stata la causa remota
della guerra, e la visione mi sembrò una risposta simbolica. Gi studiosi
asiatici ammettono l’esistenza di una setta tibetano-cinese, la ‘Dugpas’[2],
che deve considerarsi strumento del potere diabolico distruttore, in tutto
l’universo. Mi posi, allora, a tavolino e scrissi il racconto Il gioco dei grilli, in cui descrivevo
la causa occulta della guerra. Le circostanze sceniche accessorie furono da me
attinte alle visioni che seguirono a quella dell’uomo apparsomi, mentre la
cornice mi fu suggerita dalla libera fantasia”[3].
Tale “risposta
simbolica” (interpretata in tal modo da Meyrink), in altra temperie mentale,
verrebbe identificata con un “Ufo”, oppure con qualche forma, se non di
“grigi”, ma di “controllori dei ‘grigi’”, noti per la loro altezza.
Andrea A.
Ianniello
[1]
E cioè un metro e ottanta, non poi così alto. Se, però, ricolleghiamo questo
fatto con le visioni del “piccolo popolo” cosiddetto, ergo che fosse altissimo, in tal
caso …
[2]
In nota si precisa che non si tratta
di “Drugpa” – o “berretti rossi” – bensì di “Dugpa”, che è altra cosa, una svista
di Mayrink: “Dug pa, setta praticante,
a tutti gli effetti, la magia nera”, G. Meyrink,
Alle frontiere dell’occulto. Scritti esoterici
(1907-1952), a cura di G. de Turris e A. Scarabelli, Edizioni Arktos,
Carmagnola (TO) 2018, p. 259, nota n°12, corsivo in originale. Sull’origine
della confusione: secondo i curatori è “dovuta, molto probabilmente,
all’influenza di Helena Petrovna Blavatskij”, ibidem. La cosa è davvero molto probabile.
[3]
Ivi, pp. 255-256, corsivi in originale, mie note fra parentesi quadre.
“Gi studiosi”, qui sopra, è: “Gli studiosi”, un errore di battitura.
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