domenica 27 novembre 2016

“In memoriam” (di) Fidel Castro Ruz, ovvero perché il “comunismo” non poteva che fallire come sistema e perché il capitalismo ha il “consensus”




 

Il 26 novembre è morto Fidel Castro, all’età di novant’anni e “dopo lunga malattia”, come suol dirsi. Sorvolo sulle reazioni “piccate” – nel 2016[1]!! – verso il “comunista”, cose che fan ridere. 

E’ stato un dittatore??

Va bene, ma quanti ce ne sono stati? 

E quanti hanno avuto il consenso

Non è, dunque, proprio per nulla stato l’unico caso … Non è altro se non la conferma che il XX secolo è finito.

Uno ad uno i personaggi più importanti di quel secolo passato stanno sparendo. Ed anche questa non è certo una novità: “Fugit Irreparabile Tempus” un dì lontano vidi sopra un pozzo in un portone urbinate temporaneamente socchiuso.

Inoltre dicesi Sic transit Gloria mundi. Tutto verissimo, con questa piccola noterella a pie’ pagina: che se crediamo questo si applichi solo a chi ci avversa e non pure a noi stessi, siamo ben lontani da qualsiasi sentiero di Verità

Veniamo alle cose serie … alle cose “sistemiche”.

 

Castro sino alla fine si è proclamato comunista e non ha rinnegato nulla. Ma il comunismo – come sistema economico, e non politico, dove ha riscosso dei successi e continua a riscuoterne (si veda la Russia dove la lotta decennale fra Pcus e Kgb si è conclusa con la vittoria di quest’ultimo che però non è che sia portatore di un principio “democratico” di organizzazione sociale, oppure la Cina) – il comunismo come sistema economico ha fallito e se ne son accorti gli stessi dirigenti dei paesi un tempo comunisti. Questi ultimi, difatti, non si son certo divisi sull’economia, ma sull’aspetto politico: cioè se mantenere il sistema autoritario (come in Cina), o dargli una nuova forma però rimanendo autoritario (Russia), oppure divenire più o meno democratici (Europa dell’Est).

 

Al contrario, il capitalismo – come sistema – ha avuto, e continua senza dubbio ad avere, il consenso, la cosa più importante. Per capirlo, produciamo questo “caso di scuola” mentale.

Tu hai successo nel commercio, in Borsa e/o nella produzione: lo attribuisci al caso, alla Fortuna (dea ben data), e un tempo a Dio, quando il legame fra Protestantesimo calvinista e sviluppo del capitalismo era forte. Tal legame fu importantissimo per la gestazione sistemica; una volta nato l’ingordo infante infingardo eppur gagliardo, non serviva più, e di conseguenza la “natura” divenne la “giustificazione” del Sistema stesso.

Dunque il tuo successo individuale comporta sempre e dovunque, senza eccezioni note ai più, un consenso al Sistema tutto.

 

Tu non hai successo nel commercio, in Borsa e/o nella produzione: lo attribuisci al caso, alla Fortuna (dea ben data), e un tempo a Dio, quando il legame fra Protestantesimo calvinista e sviluppo del capitalismo era forte. Tal legame fu importantissimo per la gestazione sistemica; una volta nato l’infante ingordo, non serviva più, la “natura” dunque divenne la “giustificazione” del Sistema stesso.

Ma questo non erode il consenso: ecco il punto! Decisivo!

Dunque il tuo insuccesso individuale comporta sempre e dovunque, senza eccezioni note ai più, un consenso al Sistema tutto.

 

Ecco il “meccanismo del consenso” che il comunismo non ha mai, mai e poi mai capito, che dico: nemmeno mai visto o solo semplicemente sospettato. Dico “comunismo” come sistema economico storico, non dico Marx, il quale invece questo lo sospettò sempre. Puoi quasi vedere Marx, da solo nella Biblioteca del British Museum, che combatte “il sistema” e che le pensa tutte per non dargli il consenso, consenso che poi, però, tra le righe e fra i denti, gli esce fuori da e in qualche passo lasciato lì. Puoi vedere che cerca “‘il’ limite sul quale ‘il Capitale’ (Das Kapital) infrangerà le sue potenti ed ‘illimitanti’ onde informi”, si auto convince: “mo’ l’ho inchiodato!, mo’!”, e poi ne dubita, spesso in passi che poi non divulgava …

Si mantiene il consensus, che si abbia successo o non. Ecco, dunque, il “meccanismo del consenso”: che il successo è attribuito – per lo meno indirettamente – al sistema, mentre l’insuccesso è attribuito all’ individuo

Dunque, detto in “soldoni”, nel mondo “valoriale” del sistema in vigore, se un individuo ha insuccesso ne attribuisce la responsabilità a se stesso. Se ha successo ne attribuisce il merito al sistema stesso in cui e di cui vive.

 

Sta tutto qui …

 

 

PS.

Ora quindi: sarà Trump - o qualcuno a lui vicino - colui che, volontariamente o non, coscientemente o meno, scaglierà quel “qualcosa” che farà cader giù la valanga … come si vede all’inizio di questo video:

Spin 1ne 2wo – ‘Can’t find my way home’ - https://www.youtube.com/watch?v=dZ8pQbqTWcA. Ora, in tal video si vede molto ma molto bene tutto il “vitalismo” contemporaneo, “il barbaro vitale” lo chiamava Sri Aurobindo … E ai suoi tempi aveva una forze e una portata infinitamente inferiore a quelli contemporanei, codesta tendenza “cosmica” e sociale …

Per il resto – “Hora” – noi “Si” rimane fra “uomini vuoti” “The Hollow Men" by T.S. Eliot Poem animation, https://www.youtube.com/watch?v=RN4U4ZxUj3U. Sempre The Hollow Men, ma letto da Brando: https://www.youtube.com/watch?v=IPeHO1r8paU, qui il testo: https://www.youtube.com/watch?v=nwcP3NOCeiE, tra l’altro, dedicato a “Mistah Kurtz” …

Kurtz Dies …

https://www.youtube.com/watch?v=Ca_4opiNcwg.

 

 

 

 




[1] Rottami anticomunisti mai veramente “rottamati”: Giannuli ha ben spiegato come l’anticomunismo sia stato un collante (o un “collant”, oggi sdrucito e strappato, ma sempre sin troppo in auge …) per le società occidentali, mentre non è riuscito davvero “ad abbattere il comunismo” che si è esaurito al suo interno, per varie ragioni e con modalità molto diverse fra Russia, Cina ed Europa dell’Est. 


mercoledì 9 novembre 2016

Il “bignamino” della storia




 
Il “bignami” della storia recita: quando le classi medie sono impoverite vanno a destra, mai a sinistra. E’ storia. Se capita che vadano a sinistra è solo perché ci sono dei forti partiti che sanno indirizzare il malcontento delle classi medie. Nel caso di Trump, però, l’America profonda (quella del finale del film “Easy Rider”[1]) sta con lui di per sé, con l’aggiunta di parti di elettorato che non stavano, però, con le destre repubblicane[2].
La “sinistra” stessa non esiste più, la sua è una sconfitta storica ed irreversibile. La differenza destra sinistra è sì sparita, ma a tutto vantaggio delle destre. Oggi vi è il centro e la destra moderata, da un lato, e dall’altro le destre isolazioniste e nazionalistiche. Le sinistre non esistono, al massimo sono una variante del centro e della destra moderata. E giustamente le sinistre non esistono più, poiché han fallito nel kulturkampf prima di fallire politicamente ed elettoralmente[3].
Al centro vi sono il mercato, l’individuo, la meritocrazia ecc. ecc. Poi in America la libertà dell’individuo si misura dal fatto che possa comprare armi senza restrizioni: ecco una manifestazione che in Europa non si accetta, ma non è che Europa ed America siano diverse culturalmente in ordine alla centralità di mercato, individuo e meritocrazia.
E quest’egemonia è dominante da più di vent’anni, da quarant’anni direi, alla faccia di chi ancor oggi nell’italietta parla di egemonia culturale della sinistra, che sta solo in alcuni cervelli rimasti bloccati agli anni Settanta, in una situazione diversissima da quella odierna, diversissima proprio dal punto di vista culturale in primis. E la cura di queste cose non è l’ “onestà”, infatti la critica “morale” non funziona, come dimostra per l’ennesima volta - ma certa gente non impara mai – proprio il caso di Trump, dove la Clinton ha fatto tutta la sua campagna sui problemi “morali” del candidato Trump ed ha perso.
La critica vera la fai cambiando le idee, fai un kulturkampf prima. Dopo e solo dopo verrà un’eventuale applicazione politica. Ora però, non ti puoi certo limitare a riproporre la retorica dell’ “uguaglianza” che era il vecchio cavallo di battaglia della sinistra – quando esisteva effettivamente – perché hanno ucciso proprio il cavallo, e se lo son pure mangiato. Hai bisogno d’idee nuove. E qui si vede il vuoto spinto. Soprattutto nei residuati dell’ex sinistra.
Non vi è nulla, nulla più. Nulla è rimasto e vivono alla giornata senza prospettive di alcun tipo proprio. Puoi anche riciclare alcuni temi cari alla sinistra, quando essa esisteva, ma con dei cambiamenti radicali.
Nulla di tutto questo.
Per questo, non c’è né può esserci “sinistra”, e d’alcun genere, nella situazione attuale salvo chiamar così politiche di centro oppure di destra moderata di una volta.
E ci si ricordi, una buona volta e per sempre, che Hitler è stato eletto democraticamente ovvero legalmente, mentre la Rivoluzione d’ottobre fu un colpo di mano con, sì, l’appoggio della classe operaia di San Pietroburgo, ma con il consenso solo dei “soviet” di “base”, se avessimo fatto le elezioni per decider se fare o non la rivoluzione – ci si consenta quivi questo paradosso “per amor di discussione” – certamente l’idea di “fare la rivoluzione” sarebbe stata sonoramente bocciata. Sì, questa è una previsione, altrettanto – se non più – facile di quella che sosteneva l’alta probabilità che Trump vincesse le elezioni[4].
Dal punto di vista economico, come sempre, i soliti complott®isti han “toppato”, e Trump è un arrocco, fatto per difendere il dollaro, come si è visto subito. L’unica sarebbe che Trump davvero voglia applicare il suo programma isolazionista e protezionista, allora sì, come se lui, alleandosi con la Russia in senso anti cinese (speculare all’alleanza di Nixon con la Cina in funzione anti russa), davvero s’inimichi la Cina. Ma tutto questo è da vedersi da gennaio dell’anno prossimo. E non è affatto scontato che sarà così.
In una parola, per tornare al tema d’origine di questo post, è il patto socialdemocratico di dopo la Seconda Guerra Mondiale che è – da tempo – saltato e non è che basti solo il mero tentare di ripresentarlo, cui si riduce – tutto sommato – l’effetto del più tenace duro spietato sforzo di pensiero dei residuati della sinistra storica[5].



P.S.
Ed han scelto Trump, alla fine, ecco la cosa che i famosi e fumosi complott(r)istissimi non riescono mai, ma proprio mai, a comprendere che possono ora appoggiare Tizio e domani Caio, senza *****nessun***** problema, non lo potranno mia accettare perché credono che chi manipola abbia le loro convinzioni o sia contro le loro convinzioni: aprano le orecchie, NON HANNO convinzioni, difficile a capirsi eh?? Intanto, la natura profondamente infida dell’individuo è chiara.
Va detto che la gran parte degli astrologi ha visto giusto. La differenza sta in questo, che alcuni considerano Trump uno che le “spara grosse” per farsi eleggere, poi non sarà così male; altri astrologi dicono che è pericoloso, altri ancora che è molto pericoloso. 

Andrea A. Ianniello




[1]  E quella è l’America vera, profonda,  non N. Y. City, che è a parte, in America. E questo volto dell’America personalmente l’ho sempre temuto e ne diffido per principio e sempre.  Naturalmente, “la natura umana è triste”, sentenziava Machiavelli, nel senso antico del termine “triste”, che non vuol dire sentirsi deluso ma d’indole poco positiva. 


Per altro verso, ricorderei “California Poker” (https://it.wikipedia.org/wiki/California_Poker) come illustrazione di quell’America meno legata a questi “miti fondanti della nazione americana” per quella relazione fra gioco e deserto del senso, tipicamente americana (cfr. J. Baudrillard, L’America, Feltrinelli editore, Milano 1988, p. 102) e che tutto il mondo in realtà invidia: “Miracolo italiano: quello della scena. Miracolo americano: quello dell’osceno. La lussuria del senso contro i deserti della banalità” (ivi, p. 13). L’appena citato libro di Baudrillard è un “dialogo”, a volte critico, con Tocqueville e il suo classico dell’analisi politica (La democrazia in America), che talvolta si scioglie in osservazioni illuminanti, come quella che l’America nasce moderna e che l’Europa, nello scimmiottarla, non va da nessuna parte – nel che si vede già in nuce la crisi attuale -, oppure nell’osservazione decisiva secondo cui in America si passa dal XVIII secolo al XX, senza passare per la “coscienza infelice” delle grandi ideologie ottocentesche ormai stra finite (cfr. ivi, pp. 74-75). Scritto nell’epoca di Reagan – alla cui elezione è stata paragonata quella recentissima di Trump (ma vi son differenze sistemiche rilevanti, pur se l’osservazione è vera, occorre Make America great again) – l’autore si chiedeva se la potenza americana stesse finendo, e si rispondeva che non era la fine della potenza ma la sua iper realizzazione, pur facendo delle osservazioni apparentemente paradossali ma in realtà preveggenti. Il libro termina come inizia, nel deserto: “I tramonti son arcobaleni giganteschi che durano un’ora. Le stagioni, qui, non hanno più senso: al mattino, è primavera; a mezzogiorno, estate, e le notti del deserto sono fredde senza che sia mai inverno. E’ una sorta d’eternità sospesa, dove l’anno inizia ogni giorno. Con la certezza che sarà sempre così, che ogni sera vi sarà quest’arcobaleno di tutti i colori dello spettro in cui la luce, dopa aver regnato per tutto il giorno nella sua forma indivisibile, si ricompone, prima di dissolversi, in tutte le sfumature che la costituiscono. […] Incanto inviolabile del clima […]. Paese senza speranza” (ivi, p. 97, corsivi miei). Ecco, a me queste parole han ricordato istintivamente il film – ed il libro da cui è tratto – “Non è un paese per vecchi” (https://it.wikiquote.org/wiki/Non_%C3%A8_un_paese_per_vecchi).
Please, Revolution!” (ivi, p. 98). Ci spiace deluderla: controrivoluzioni come risposta a blande, blandissime riforme ma rivoluzioni … via! Non scherziamo! Perso il mito della rivoluzione – come lo stesso Baudrillard aveva spiegato benissimo altrove nella prima metà degli anni Ottanta!! – la “sinistra” che si limiti a cercare la “buona amministrazione” del sistema non ha più alcun senso, e così è stato …

[2]  E quella è l’America vera, profonda,  non N. Y. City, che è a parte, in America. Chi non capisce questo, studi – per davvero, non si limiti a leggiucchiare qua e là com’è costume oggi - A. de Tocqueville, La democrazia in America, Cappelli 1957. In tal libro si parla pure della Russia, per cui chi l’ha letto non è affatto stupito dal “putinismo” e dalle vicende recenti russe. A tal proposito, spiace per Kasparov (cfr. http://www.nytimes.com/2015/11/08/books/review/winter-is-coming-by-garry-kasparov.html): osservazioni spesso giustissime, purtroppo condite dalla retorica della “libertà” e del “mondo libero” che non può che nascere da quelle profonde illusioni che tanti, nei paesi dell’ex blocco sovietico, hanno tanto inutilmente coltivato, con i risultati che abbiamo sotto gli occhi. 

[3]  Come si può leggere qui: http://ideeinoltre.blogspot.it/2014/05/andrea-ianniello-baudrillard-la.html, si osservi la data dei libri citati nel post. Sono cose non note, bensì arcinote.


Da sottolineare come – leggendo il libro citato in questo post appena ricordato – vi siano frasi incredibilmente preveggenti ed attuali, ed è un libro di ben trent’anni fa!! In trent’anni, si è continuato per questa via e l’attuale elezione americana non è altro se non un “arrocco”, in tal senso il contrario e l’ opposto della cosiddetta “Brexit” (fa fede la reazione sulle rispettive valute). Certo, a volte gli “arrocco” falliscono … 
Anzi, spesso falliscono …

[4]  Sempre su questo tema, cfr. R. Calasso, La Rovina di Kasch, Adelphi Edizioni, Milano 1983, il cap. intitolato “il taglialegna e il pescatore” (pp. 106-107), dove si citano le avventure americana di Talleyrand e ciò che scrive di queste due figure tipiche dell’America dell’epoca (da leggere, un “must”, come si dice); questo libro è stato più volte citato su questo blog. 

[5]  Sempre sull’America, cfr. T. K. Hoskins – I. Wallerstein, L’era della transizione. Le traiettorie del sistema-mondo 1945-2025, Asterios Editore, Trieste 1997 (si noti la data), anch’esso più volte ricordato in questo blog.