martedì 27 novembre 2018

Presentazione svolta ieri “La democrazia nell’agorà antica e moderna”











Si è svolta ieri, il 26 novembre, la presentazione, alla Libreria Pacifico di Caserta (Via Alois), del libro di T. Zarrillo, La democrazia nell’agorà antica e moderna. Teorie, movimenti, soggetti e pratiche partecipative, Edizioni Melagrana, San Felice a Cancello (CE) 2017. La Prefazione è di Biagio De Giovanni, che, come prefatore, è intervenuto, oltre all’autore ed al magistrato della Cassazione R. Piccirillo, che ha parlato di alcune problematiche recenti della legge. Il libro era presentato e riassunto da M. Bologna. Ne è seguito un vivace dibattito.
Sul libro e sulla serata qui si diranno poche cose, davvero poche osservazioni minime, si rimanda ad esso per chi voglia vedere – “a volto d’uccello”, come suol dirsi – lo sviluppo della democrazia dal mondo antico al moderno, al contemporaneo, dominato dai dispositivi digitali. La serata ha offerto vari spunti di riflessione, che qui son ciò che interessa; non interessa fare la cronaca della serata.
Ma veniamo a qualche spunto sul libro, come si diceva.
Giustamente Zarrillo dice che il “popolo”, nella pòlis, è il gruppo armato che si difende dagli aggressori esterni, non è dunque il “popolo” nell’accezione odierna, men che meno nell’accezione “populista”. E, a questo punto, io direi che, nell’accezione moderna, sarebbe più esatto parlare di “corpo elettorale” piuttosto che “popolo”, termine ormai troppo generico.
Altra osservazione valida di Zarrillo è come la tecnica abbia cambiato la democrazia, contribuendo alla crisi dei corpi intermedi, individuata dal professor De Giovanni – e su questo vi è stato l’assenso dei tre relatori – come la causa immediata della crisi della democrazia occidentale, si vedrà poi la centralità del termine “occidentale” in tal fenomeno, che stiamo esperendo ormai da vent’anni almeno. Da più di vent’anni, lo incalzava una domanda ed un’osservazione fatta al termine della presentazione. Sulla questione della tecnica si registra il parziale disaccordo di Bologna, che pure si limitava ad esporre il pensiero dell’autore del testo presentato. Per Zarrillo, il problema non è sociale, ma fondamentalmente istituzionale: la voglia di partecipazione ci sta, ma sta fuori della politica. Si deve pensare a delle soluzioni, che Zarrillo chiarisce: sono solo suggerimenti pratici, nessuno sa oggi quale sia la “soluzione” o “le” soluzioni al problema in atto. Una domanda era proprio critica dell’impostazione di Zarrillo, e cioè che la crisi attuale fosse in sostanza istituzionale, perché le cause di tale crisi sono invece sociali, per esempio la questione dei migranti. Chi poneva la domanda si chiedeva – e chiedeva, senza trovar risposte (che, in realtà, invece ci sono) – perché questi migranti vengono in Europa o in America del Nord. Non certo per la democrazia! Giustamente osservava che sì, c’è stato il patto di dopo la Seconda Guerra Mondiale fra democrazia e liberalismo, un tempo alternativi – patto solo e soltanto occidentale, in Oriente c’è la democrazia, ma non il liberalismo, per esempio in Cina o Russia così funziona – ma un tale patto, attivo soltanto in Europa ed America del Nord, ha provocato di fatto la più grande disuguaglianza della storia. Ed è vero, è così, esattamente così, cosa che gli occidentali non amano vedere. Cos’è successo, poi, aggiunge chi scrive: che, per una serie di complessi motivi – in ultima analisi: per la natura del capitalismo – la diseguaglianza si è andata accumulando anche in Occidente, con il conseguente impoverimento della classi medie. Ma di ciò s’è detto anche su questo blog, cf.

Che cos’ha fatto la “sinistra” rispetto a tutto ciò, se non l’essere del tutto sorda? Anche il tema dell’identità, che ha portato al chiudersi, giustamente condannato da De Giovanni come risposta regressiva, ma non è vero che è stato consegnato alle “destre”? 
Chi è causa del suo mal …
Il punto dove c’era tuttavia pieno accordo fra i relatori è sulla crisi dell’istituto della rappresentanza: qui ci siamo, è stato ed è molto dibattuto in letteratura, vi è nel libro di Zarrillo dell’utile bibliografia per chi volesse approfondire il tema. Tal tema, però, qui lo diamo come assodato e pacifico (mo’ ce vo’) e dunque non ci si sofferma su.
Trattasi semplicemente di un dato di fatto. Non di un dito di fatto … né di una dote disfatta … E’ che il patto democrazia – liberalismo si è disfatto – ormai disciolto nell’ “acid  rain” del mondo digitalizzato. E’ che:  “L’accelerazione crescente ha bruciato i circuiti”, diceva J. Baudrillard in altri tempi[1], ovviamente la “sinistra” ha bellamente continuato a dormire, paga ed appagata, com’era diventata, di una globalizzazione che sembrava realizzare le ambizioni “universaliste” dell’ideale democratico, quando invece ne minava la fondamenta! Infatti, minava quella classe media che è sempre stata la maggiore fruitrice, come la più convinta sostenitrice, dell’alleanza fra democrazia e liberalismo. Alleanza che non esiste più, come poi la Cina ha dimostrato che ci può essere liberalismo economico senza democrazia formale, cosa esaminata, e non da ieri, da qualche autore[2], divenendo, di fatto, così, la principale mina al predominio del “modello occidentale” nel mondo, predominio oggi terminato. “Il problema è l’Occidente, non solo l’Italia”, afferma De Giovanni. E, in ciò, ha ragione.  
Questo in estrema sintesi.

Veniamo a degli altri punti utili di riflessione, come si diceva, che, poi, tra l’altro, è lo scopo del presente blog.
Questo con un occhio al presente ed un altro all’immediato futuro, le elezioni del maggio dell’anno prossimo, ricordate proprio da De Giovanni.
Prima osservazione: se la tecnica consente il sondaggio diretto del corpo elettorale, che si può interfacciare con i sedicenti leader” direttamente, che ci stanno a  fare i corpi intermedi? Qui né Zarrillo né De Giovanni dicono alcunché. La realtà è che i corpi intermedi sono inutili, a causa, per l’appunto, della tecnica, come diceva già Heidegger, sia detto per inciso. Quindi l’idea di “rivedere la mediazione”, migliorandola ed aprendola anche a dei contributi “dal basso”, idea che mi pare predominasse nella discussione, non risponde al nocciolo del problema.
E’ che sembra pochi siano disposti a capire quanto radicale sia la crisi dell’ “istituto” della “rappresentanza”.
Secondo punto. Nella sua Prefazione De Giovanni parla dello scollamento tra la dimensione sovranazionale, chiaro che si riferisca soprattutto a quella europea, e quella dei singoli stati.
Un tal scollamento ha contribuito non poco, secondo De Giovanni, alla crisi della democrazia “in sé”.  
Ed anche questo è vero.
Ma la sua difesa dell’attuale situazione “perché ci ha dato la pace” oggi è ben poco convincente. Non solo perché, sulle più nuove generazioni, non ha praticamente presa, e genera rabbia nella pletora di non più giovani però esclusi dalla follia globalista (ma di questi si è mai occupata la “sinistra”? li ha mai considerati “esistenti”? direi di no, però fan parte del corpo elettorale …), ma perché è una mera difesa. E, in politica, la mera difesa non è una buona via. Si deve rilanciare, ma in maniera del tutto diversa. Come prima cosa, occorre dire che l’Europa com’è stata costruita è un fallimento; sì, ha comportato anche qualche aspetto positivo, ma vi prevale l’aspetto negativo. Bisogna cioè invertire le cose, rispetto a come la pensa De Giovanni, e tanti come lui. Poi, seconda cosa, va rilanciata, ma su base federale.
E tu non puoi passare dagli stati ottocenteschi, in sostanza, ad una costruzione sovranazionale: vi è un salto di qualità che non puoi costruire “dal basso” né meramente “assommando” gli stati fra loro e sottraendo loro pian piano delle competenze, perché non vi arriverai mai, come dimostra proprio la vicenda dell’UE e della sua crisi.
Qua il discorso si farebbe troppo lungo. Alcuni spunti su questa questione sono in nota[3].
In ogni caso, una serata interessante, più per gli spunti di discussione forniti, e per i problemi posti, che per le soluzioni suggerite.





















Andrea Ianniello









[2] Cf. N. Ferguson, Il grande Declino. Come crollano le istituzioni e muoiono le economia, Mondadori Editore, Milano 2013, cioè cinque anni fa: forse si era ancora in tempo. Le la “sinistra”? E dove stava o è stata, nel frattempo, in questi cinque anni? A sognare, a sostenere le peggiori politiche, completamente presa nel suo narcisismo auto riflettente. Ferguson è parte di quegli storici dell’economia che pone al centro le istituzioni, in questo è simile a Zarrillo, da tutt’altro lato, chiaro. Pone proprio a confronto Occidente e Cina. Chi ha un po’ di tempo, se lo legga, con attenzione: è breve, potreste anche sottrarre qualche minuto alle necessità di dibattere banalità sui social …