venerdì 27 febbraio 2015

“Sottomissione”, di Houellebecq, una recensione (breve), ed una riflessione



Il recente libro di Houellebecq, Sottomissione, Bompiani RCS Libri, Milano 2015, è un libro che ha provocato reazioni controverse. 



E’ uscito proprio nei giorni dei famosi recenti attacchi a Parigi (*), attacchi che, tra l’altro, nel libro si prevedevano, ma son già successi. 

 
La storia è semplice: un docente universitario, che ha scritto una brillante tesi di dottorato su Huysmans, e di seguito un libro interessante, ora insegna solo e scrive soltanto qualche articolo su riviste specialistiche. 


Il suo picco di produzione l’ha ormai superato. 


La sua vita la passa sostanzialmente tra pettegolezzi accademici, qualche conoscenza accademica e tante avventure sessuali (“rendez-vous”) con studentesse. Una sola lo muove per qualcosa in più del sesso, ed è Myriam, che però è di origini ebraiche. Lei lo lascia quando gli ebrei lasciano la Francia (ed anche questo sta già succedendo …). 

 
La storia è semplice. In un futuro recente, per fermare la crescita dei partiti che Houellebecq chiama “identitari”, sia i socialisti sia i gollisti si alleano – chissà perché si citano soprattutto i primi ma non i secondi: si sa, primi attirano di più, son più vari con la presenza della pasta in mille forme... - si alleano con il partito dei Fratelli musulmani per fermare il movimento della Le Pen. 


Ci si alleano sostanzialmente perché ambedue sono svuotati di senso, il vero motivo è questo. Attenzione: il partito islamico non è di “jihadisti”: anzi, è “moderato”. Il partito islamico lascia gli altri due partiti spartirsi la torta; per sé vuole solo e soltanto due cose: l’istruzione e la famiglia. Riguardo alla famiglia, si torna al patriarcato: le donne non lavorano più il che genera un boom economico. 


Solo le donne di “buona famiglia” con doti specifiche per lo studio possono andare all’Università: anche l’istruzione, dunque, va incontro a cambiamenti radicali. Il protagonista, essendo un professore universitario, si trova così all’epicentro di tale sisma politico. La Sorbona vien infatti comprata dai Sauditi che impongono delle regole. L’istruzione di stato continua, ma sarà di serie B, quella islamica diverrà di serie A. All’inizio il protagonista tituba, ha dei dubbi: come Huysmans tenta di avvicinarsi al Cristianesimo ma fallisce. Il segretario all’istruzione – Rediger, un ex- “identarista” - alla fine lo convince, in fondo, salvo gli “umanisti arrabbiati” che sostituiscono l’uomo a Dio, l’ateismo in Occidente è superficiale (il che è vero). 


Rediger abilmente mescola Nietzsche e un Guénon mal inteso (il Guénon solo “islamico” di tanti oggi): tali teoria sono da lui espresse in un libretto agile e semplice, in cui unisce l’Islàm con la teoria darwiniana della sopravvivenza del più adatto, tema che viene usato per giustificare la poligamia. La poligamia piace al protagonista. Gli stipendi son buoni. 


Egli dunque ritorna alla sua attività d’insegnamento, è poligamo, ritorna alle avventure con le studentesse, che ora hanno il velo, ma non il burqah, il velo bianco (hijàb). Nessun problema dismettere la libertà che è un peso inutile. In fondo, dice Houellebecq, la massa è guidata, per essa i problemi “superiori” non esistono: anzi, col dominio islamico moderato vivono meglio, meno delinquenza, più posti di lavoro … 

 
Le studentesse, ora velate, sono anche più sottomesse di prima perché il protagonista non è più desiderato per ragioni utilitaristiche: al contrario, la sottomissione è accettata dalle ragazze per l’educazione ricevuta, è una seconda natura. 


Ma il protagonista non si accorge che, ormai, è sottomesso anche lui. Ed accetta di esserlo senza nessunissimo problema. 

 
Lo “scandalo” di tale ultimo scritto di Houellebecq – non certo una cima” della letteratura ma, comunque, si lascia leggere facilmente – sta nella sua parola-chiave, che è la sottomissione. L’Islàm vince in Europa per mezzo della democrazia. Non dunque per mezzo degli attentati, che ci sono, ma non sono decisivi. 


E cos’accade? 

Alte grida e resistenza? 

No. 

Viene pacificamente accettato. 


Questa è la “provocazione” di Houellebecq. E’ una provocazione che ha il suo senso: se hai un problema in democrazia, a chi ti rivolgi? A nessuno, non dico sei in un deserto, ma di certo sei in una steppa piuttosto arida. Il mondo islamico “moderato” in Occidente si presenta come “solidale”, comprensivo (nel libro di Houellebecq): il suo successo gli è dunque, assicurato. 

 
E la cosa bella è che ciò potrebbe davvero accadere. Solo il Fronte nazionale si oppone a questo “sviluppo” storico. Ma come lo fa? Usando le teorie nazionali e democratiche che un tempo la destra “storica” criticava! 


Infatti, Houellebecq più volte rileva qualche contraddizione, che – ovviamente – si guarda bene dallo sviluppare perché dovrebbe criticare delle posizioni che, in sostanza, pur con delle differenze, condivide. 


Altra contraddizione: Rediger veniva dal milieu “identitarista”, solo che si rende conto (nel 2013) che l’Occidente non tornerà più ad essere “graniticamente” cristiano. Dunque solo l’Islàm può essere una risposta a questa deriva (a p. 189 si cita Khomeyni: “L’Islàm o è politico o non è”). 


In effetti, è una posizione ed un iter che molti “identitaristi” han fatto propri. 



*****
 

Questo è Houellebecq. 


Ora è necessario andare oltre la “provocazione”, intelligente, dello stesso Houellebecq. Trattasi di provocazione intelligente perché è possibile: davvero oggi, se l’Islàm si presentasse in forme moderate ed intelligenti, troverebbe un ostacolo in Occidente? Assolutamente non ne troverebbe. 


L’Islàm “toppa” in Occidente non di per se stesso, ma invece a causa delle forme “jihadiste” e violente, solo per questo. 


Quindi dobbiamo ringraziare Houellebecq, perché ci consente di riflettere su tali temi. 

 
Dunque l’Europa è oltre la frutta. Si è persa, anche se la sua lunga crisi, per la verità, inizia ad esplodere con il 1914 e la Prima Guerra Mondiale: ha, dunque, radici più vecchie della dittatura dell’attualità e della chiacchiera senza fine e senza speranze, dittatura in cui si vive. 

 
Andando oltre, la questione si cominciò a porre dopo “la fine del comunismo”, che era l’umanesimo che pone l’uomo al posto di Dio, ma in modo aggressivo, estremistico: la società “liberale” è quella dove invece l’individuo umano è al centro, per meglio dire: era al centro. Oggi siamo schiavi di moloch di varia natura. 


Dopo quell’evento, che ogni giorno di più sta qui a presentare conti salati, si discuteva - negli Anni Novanta -  della possibilità di “diffusione” della “democrazia” della cosiddetta “alternanza” (presa in giro da Houellebecq molte volte, nel libro, e con ragione peraltro). 


In Est Europa sostanzialmente si è diffusa, seppur con molte défaillance; in Russia ha “toppato” alla grande, ed ecco il “putinismo”, esaltato a destra in funzione anti-americana: l’America da loro tanto osteggiata non è ormai che un simulacro. Inoltre, quest’esaltazione, che tradisce anche lì una débacle ideologica, manca di capire che cos’è la Russia e che Putin non è tanto il seguace dell’eurasismo à la Dugin, cui pure lo apparentano delle tendenze, ma colui che, grazie all’ideologo Vladislav Surkov (molto meno noto di Putin, in Occidente), usa delle posizioni dell’eurasismo, mescolandole con delle tendenze liberalistiche e con l’ossessione della stabilità à la Stalin. E’ un fritto misto à la russe che non è esportabile


In una parola: la Russia ha ripreso certe sue tendenze secolari; certo, in una maniera da XXI secolo, ma questo è scontato (nulla si ripete mai uguale). 


Non è dunque un’ideologia anti-americana esportabile, ma un’ideologia russa


La Cina ha preso questa via da più di trent’anni ormai, l’India la sta prendendo, il Giappone si è sempre riservato le sue particolarità.


Quel che vediamo è: la fine dell’universalismo democratista occidentale moderno, combattuto dai particolarismi unici e specifici delle varie zone del mondo. Questo è ciò che vediamo. Non, dunque, una contro-ideologia “globale”, ma tante ideologie particolari. E questo era ben prevedibile, dopo l’ ’89! 

 
La “democrazia” ha funzionato in Europa non perché fosse “universalmente valida”, ma in forza di condizioni particolari europee. Prova ne sia che non è un prodotto d’esportazione. La tecnologia sì, si esporta; la democrazia non si esporta: il che è la negazione stessa dell’Occidente moderno. La causa profonda della crisi attuale sta precisamente qui.


Siamo in tale crisi dalla “fine del comunismo”. Quest’ultima “fine” è stata un evento divertentissimo: è bastato sedersi e trent’anni dopo i dirigenti occidentali si sono “incartati” da soli! Letteralmente, non sanno che pesci pigliare


Non possono che continuare nella “diffusione della democrazia”, il che non può avere altro esisto se non aumentare il “moto browniano” ed il caos globale. Ma questo fu detto (**): sparito il “mito della rivoluzione” come “lavacro purificatore”, versione “laica e laicista” del mito “apocalittico”, la sinistra si sarebbe dissolta: e così è stato. Per questo la “sinistra” non convince: c’è una ragione strutturale.


Lo stesso Houellebecq batte sulla destra, meglio piazzata nella crisi attuale per la semplice ragione che è “particolarista”, ma, in realtà, debole anch’essa, poiché l’argomento “identitario” è debole oggi. E’ debole in Europa eh, non nel mondo. Non in Asia. Ed è debole particolarmente in Europa occidentale


Perché, verrebbe fatto da chiedersi, e questo dovrebbe/potrebbe essere oggetto di un Convegno, serio però, niente cose “per far vedere” à la Occidentale moderne d’aujourd’hui (tanto per ironizzare sul francese). 

 







NOTE


(*) “Onfray su Houellebecq: «La civiltà dell’Europa è sfinita»”, link online - direi che forse la “s” iniziale sia errata... -
http://associazione-federicoii.blogspot.it/2015/01/onfray-su-houellebecq-la-civilta.html



(**) Baudrillard, la “sinistra divina” e il mito
http://ideeinoltre.blogspot.it/2014/05/andrea-ianniello-baudrillard-la.html


(***) “Tour du Diable”
http://associazione-federicoii.blogspot.it/2015/01/tour-du-diable.html






lunedì 23 febbraio 2015

Link utile: “Barbault, The Prediction Revealed”

Vi è l’indice di Barbault (André) sulla concentrazione dei pianeti lenti, indice che prevede le fasi di tensione (ovviamente non ci dice come si manifesteranno, quetso richiede lo studio della storia: stesse forze in contesti diversi danno risultati differenti). 

Ecco dunque qualche utile link al riguardo. 

“Barbault: The Prediction Revealed” (2012) 

“You think 2009 is bad? Wait until 2016 when things really get bad. I have reason to believe we have an opportunity to save ourselves a lot of hardship.” (2009) 

“The Barbault Scale” (By S. B. Ward) 
Quanto più è negativo l’indice di Barbault, tanto peggio è la situazione, quanto più è positivo, meglio è la situazione. Lascio al lettore il confrontare l’indice di Barbault. Basti dire che, dopo un 2009 negaivissimo, poi dal 2011 al 2013 così così, ridiventa positivo anche se di poco, per poi ritornare abbastanza negativo nel 2014 e blandamente negativo nel 2015. Diventa invece molto ma molto negativo a partire dal 2016. Un tale andamento negativo, con qualche fase blandamente positiva, lo si è avuto solo dal 1910 al 1922, dal 1931 al 1944, dal 1971 al 1981. 
Tutte fasi di grande crisi, chiaramente in forme differenti. 
Il trend negativo termina con il 2020. 

L’indice di Barbault ha dei paralleli con l’indice di Nenner, che misura, sempre in relazione alla concentrazione dei pianeti lenti e delle loro relazioni contrastanti, la probabilità di guerre di rilevante importanza. I due indici non coincidono completamente, importante sottolinearlo, però hanno dei paralleli. 

André Barbault's Cyclic Index of Global Tension, Conflict and War (2012).

Il grafico che compara i due indici lo si può vedere al seguente link: 110311 Charles Nenner vs André Barbault

Secondo Nenner vi saranno significative “correzioni” (eufemismo) nel corso del 2015, in un andamento di alti e bassi, probabilmente la prima parte dell’anno sarà positiva, “correzioni” saran possibile a partire da settembre. L’oro risalirà ma, secondo Nenner, l’argento addirittura raddoppierà e sarà destinato a salire più dell’oro. 

Che l’oro tenderà a risalire è sicuro, dati i cambiamenti cui andrà incotnro il sistema economico globale, con la tendenza al ritorno al sistema della parità aurea. Lo stesso ex-direttore della Fed, A, Greenspan, secondo un link, avrebbe detto che si è vicini di nuovo a significative “correzioni”, eufemismo per dire contrazioni e riduzioni: Alan Greenspan Warns: There Will Be a “Significant Market Event... Something Big Is Going To Happen”.







martedì 17 febbraio 2015

Le guerre attuali seguono la linea delle “sette torri del diavolo”

Tutte le guerre attuali, non a caso, seguono la linea delle “sette torri del diavolo”, sulle quali rimando ad un Vecchio post, e tutto un mese passato è stato dedicato ad esso: (Post agosto anno scorso)

La linea delle “7 torri” [*], di cui han parlato Guénon e poi Dolcetta (2005), è la linea delle guerre attuali, con una differenza tra Guénon e Dolcetta [**]: secondo Dolcetta, nel Sud della Russia - oggi fra Russia ed Ucraina (la zona della guerra...!), vi sarebbe una Tour du diable

Dunque facciamo un po’ il punto, il “remainder”: 1) una torre sta in Nigeria (dove c’è Boko Haram); 2) un’altra in “Sudàn”; 3) poi nella zona dei Drusi, fra Libano ed ex-Palestina; 4) poi nella zona fra ex-Siria ed ex-Iraq, la zona yezida del Monte Sinjàr; 5) nel Sud della Russia, fra Russia ed Ucraina orientale; 6) nel Türkistàn cinese (zona dell’attuale Xinjiang, Nuovi Territori); 7) Nella Siberia occidentale, nella zona dell’Ob, forse alla foce (Articlo Wikipedia, fiume Ob; Foto del corso superiore del fiume Ob). 

Tranne quest’ultima torre, che probabilmente ha un effetto più sul clima che sulla politica, tutte le altre torri sono in azione hic et nunc e nello stesso tempo. A mia conoscenza, una cosa così non si è mai verificata. Chiaro che questo ha delle implicazioni anche cosiddette “politiche” perché implica che delle altre “agende” - non “politiche” - interpenetrino gli eventi. E questo cambia tante cose. 

A questo punto, l’unica osservazione con un minimo di senso di questi tempi è stata quella del giornalista Quirico, che noi si vede solo dei pezzi di un piano ben più vasto. Ovviamente, Quirico non può vedere il sottofondo non-politico della situazione, ma pare l’unico a vedere che c’è un piano complessivo

Per il resto: SIAMO GUIDATI DA COMPLETE NULLITA’ CHE, IN SOSTANZA, NON SANNO COSA FARE, NE’ HANNO UNA VISIONE COMPLESSIVA
LA CAUSA E’ CHIARA: SI CREDEVANO CHE LA COSIDDETTA “FINE DEL COMUNISMO” SAREBBE STATO IL TEMPO DEL BENGODI E NON SON PREPARATI AD AVERE A CHE FARE CON I RINNOVATI NAZIONALISMI, FUORI - E DENTRO - L’EUROPA STESSA. 

Voto da dare ai digerenti mondiali: sotto zero. 

Va invece detto loro, a brutto muso, e con chiarezza: AVETE SBAGLIATO, AVETE FATTO UN CALCOLO SBAGLIATO.

La storia non è finita con la “fine” del “comunismo”, qualsiasi cosa sia stato, anche di cattivissimo. Anzi, per certi versi si è ritornati alla  situazione immediatamente precedente al 1914, come se il mondo moderno - nella sua “seconda fase” (Guénon) - fosse tornato alle sue scaturigini, con gli stessi problemi, non mai risolti per davvero.



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mercoledì 11 febbraio 2015

“Apocalisse”, cap. 16, vs. 12 - L’Eufrate, l’Iraq (e le Sette torri) -

Ben si sa quanto le Chiese abbian sempre “disinnescato” l’ Apocalisse di Giovanni, per le sue potenzialmente pericolose applicazioni, una volta che il Cristianesimo era divenuto religione dominante l’Occidente e, dunque, non poteva più tollerare posizioni potenzialmente “rivoluzionarie”. Di qui le interpretazioni dell’ Apocalisse di Giovanni come di un libro non di “sciagure”, ma come un messaggio, come lor dicono, di “ottimismo”. Tuttavia, l’ Apocalisse di Giovanni è un libro di sciagure, ma il più giudaizzante libro del Nuovo Testamento appartiene pienamente all’ambito detto “apocalittico”: l’apocalittica era quel genere letterario che ci parla esattamente dei disastri nati dal fatto che la storia è crescentemente dominata da potenze anti-divine. Tali forze anti-divine (demoniache) “alla fine” saranno sconfitte. Si tratta di ciò che Tolkien avrebbe chiamato una “eu-catastrofe”: catastrofe, blocco improvviso di un processo in atto ma verso il male; eu-catastrofe è una catastrofe in positivo. Il male pare averla quasi vinta, ma, alla fine... Tutto cambia! 
Questo phenomenon di “positiva inversioè l’ essenza dell’ “apocalittica” come genere letterario. Chi non capisce questo punto, semplicemente, si vieta di capire questo genere letterario, che ha le sue regole specifiche. Si devono accumulare guai su guai, però, alla fine, vi sarà l’inversione positiva. Tutto pare perduto, quando...

Detto tutto ciò, questo “disinnescare” l’ Apocalisse di Giovanni non ha impedito che i secoli s’interrogassero sui tanti passi chiaramente oscuri dell’ Apocalisse stessa. Qui si cercherà di porre sotto attenzione un capitolo specifico, il cap. 16, versetto 12, dell’ Apocalisse di Giovanni. 

Questo perché ci consente di “misurare” il “processo” in atto. Infatti, l’ Apocalisse di Giovanni non è un libro di “storia”, ma di meta-storia: in una parola, la sua visione è metaphysica, non storica. Di qui tutti gli errori e gli “accapigliamenti” sulla sua interpretazione, come si è visto nel corso della storia. 

Ora, però, vi saranno necessariamente dei punti dove historia et metaphysica coincidunt. Questo perché l’ apocalyptica afferma la trasformazione della storia stessa, e cioè postula una non separazione fra storia e metafisica, che, però, rimangono pur sempre differenti. In pratica, vi devono essere dei punti di contatto. 

Se vi son punti di contatto, essi possono essere monitorati. Quelli presentati dall’ Apocalisse di Giovanni non son tanti, per la verità. Fra i pochi effettivamente possibili, dove il simbolismo animale si apre a monitoraggi effettivi, il cap. 16 è uno dei più importanti.

Il cap. XVII dell’ Apocalisse di Giovanni è quello dove si parla della caduta della “Grande Prostituta”, fatto storico-metaphysico, che però viene annunciato nel cap. 16 (anche nei capp. 11 e 13, per la verità, ma meno chiaramente). 

E il sesto angelo riversò la sua coppa
contro il gran fiume, l’Eufrate,
e si prosciugò la sua acqua
affinché fosse aperta la strada
ai re dell’Oriente” (Ap. 16, 12).

Ad esempio, se la situazione in Iraq si complicasse - in un qualsiasi modo (lasciamo al lettore d’immaginarselo nella certezza che le cose andranno come lui non immaginerà) al punto di “aprire la strada ai re dell’Oriente” dal sud Iraq, ciò confermerebbe questo verso.  

Sarebbe la situazione che alcuni vogliono evitare. Ma, ecco il punto, quel che accade immediatamente dopo (vss. 13-14) è che non avviene quel che taluni attualmente temono, ma la potestà dell’azione passa - a sorpresa - nella mani della “Bestia” e dei sui sgherri, vale a dire che quel che si avrà effettivamente sarà un cambiamento qualitativo. Se si ricollega tutto ciò con i link - su questo blog - relativi alle “sette torri del diavolo”, farebbe senso. Ed avrebbe senso.

Chiaramente, al momento in cui qui si scrive, vi sono molti ostacoli politici perché una cosa del genere si realizzi, per cui tutto questo rimane una ipotesi, ma non v’è ragione di non proporla.

 

 
 

lunedì 2 febbraio 2015

Forse un termine alle “Nuove Signorie globali” - aka ‘globalizzazione’? Verso un - ‘nuovo’ (a parole) - “Nuovo Impero”?

La fase che abbiam visto - la ’globalizzazione’ - ricorda una serie di “Signorie” medioeval-rinascimentali italiane, spartentisi il mondo. Sempre più in crisi, sta sparendo - i “Titani” evocati da Cardini (in Astrea e i Titani) sono in crisi definitiva.

Ma è lecito chiedersi: già si vede una via d’uscita?

Ma - forse - andiamo verso una sorta di “Nuovo” (a parole) Impero, **non** nel senso di T. Negri?

Soprattutto le “Nuove Signorie” sanno che ci sarebbe, in quest’ultimo caso, “chi” li controlla, e la cosa non gli piace; finisce il “Nuovo Medioevo”, ritorna il “Nuovo Impero”, ovviamente contraffatto, ma tant’è la situazione.