giovedì 18 gennaio 2018

L’angelo caprone






“All’entrata del santuario di Mona [un antico santuario celtico] c’era un angelo intagliato nella pietra. Era una figura mostruosa: aveva la testa di un caprone e al posto delle mani aveva dei lunghi artigli. Dalla schiena leggermente curva spuntavano tre grandi ali che, per la fantasia popolare, rappresentavano gli spiriti del male. Prima dell’evangelizzazione del popolo celtico, l’angelo caprone rappresentava un po’ la sintesi del Male, della perdizione. Se una pestilenza contaminava le tribù celtiche, la causa era dell’angelo caprone; se un fulmine inceneriva la quercia sacra, la causa era dell’angelo caprone; se una tribù veniva sconfitta in battaglia, la causa era ancora dell’angelo caprone.
E l’angelo del Male segnava un po’ il limite, il confine, tra le ombre e la luce. Davanti all’angelo caprone c’era il mondo, la lotta. Dietro, la pace del santuario, la giustizia.
L’angelo caprone era oggetto di un particolare culto. Davanti a questa statua, ad ogni rinnovarsi di luna, veniva sacrificato un bambino, scelto dai sacerdoti druidi tra i nati sei lune prima. Il sangue del bambino veniva raccolto in un apposito recipiente di terracotta e, dopo un lungo rito simbolico, veniva usato per ‘dipingere’ le ali dell’ angelo caprone. Ogni cinque anni c’erano poi i ‘grandi sacrifici’. Solo allora l’angelo caprone avrebbe potuto spegnere la sua sete di sangue. La statua del dio-mostro veniva per quell’occasione trasportata nel mezzo di un prato e tutt’attorno venivano innalzate delle croci. 
La crocifissione era il sacrificio più comune, specie per i druidi indovini in quanto, dal sangue che rimaneva raggrumato sul legno della croce, si potevano trarre elementi divinatori.
La sacerdotessa Boadicea, che si credeva avesse il potere di rendersi invisibile, profetizzò attraverso il sangue ‘grandi cose’. Si dice che profetizzasse anche l’opera missionaria di S. Colomba[1]. ‘Arriverà una colomba e seminerà una nuova semente che darà abbondate frutto, ma poi i covoni saranno divisi … ’ Bisogna dire che il simbolismo – colomba e S. Colomba – lascia quanto mai sgomenti. S. Colomba gettò infatti la semente della dottrina cristiana e questa germogliò, dando buoni frutti. Ma la profezia non finisce qui. I ‘covoni che saranno divisi’ non è altro che la visione della chiesa cristiana ai tempi di Enrico VIII, cioè quando il re, per sposare Anna Bolena, firmò l’Act of Supremacy, con il quale viene fondata la chiesa anglicana.
Il sacerdote druida Maithgen profetizzò invece l’evento di Cristo e dell’Anticristo. Quest’ultimo, scrisse Maithgen: ‘verrà dopo notte di fuoco per seminare una semente marcia; e la mano del seminatore sarà baciata dalle genti’.
L’Anticristo verrà cioè a seminare, a diffondere l’antidottrina. E le genti accoglieranno questa semente e la scambieranno per la ‘buona semente’. L’Anticristo avrà gli stessi onori del Cristo. ‘La sua mano sarà baciata dalle genti’ e molti saranno coloro che si getteranno in ginocchio quando ‘passerà a cavallo’. Con l’evento [avvento??] del Cristianesimo, il simbolo dell’angelo caprone finì per diventare simbolo dell’Anticristo, stimolando la fantasia popolare che, attorno a questo simulacro, iniziò a tessere strane leggende. Una di queste dice che l’angelo caprone, in una notte di tempesta, assumerà le forme di un navigante, salperà il mare per approdare sulle coste laziali. Giungerà a Roma e qui assumerà le forme di un cavaliere, al comando di una legione di principi, con gli elmi di ferro e le spade d’argento … Sarà questo il tempo nel quale gli uomini viaggeranno sopra le nubi e le immagini verranno portate dal vento … ’ Potrebbe quindi trattarsi del nostro tempo.
Gli uomini viaggiano difatti ad altezza più che elevata, mentre la televisione trasmette le immagini da un punto all’altro della terra”[2].
Considerata l’epoca in cui questo libro [1985], dal qual è stato estratto il passo testé citato, fu scritto, beh, oggi si va ben oltre la televisione … come ben si sa

Qui un’interessante intuizione, diversa dalle solite, vale a dire quelle tipiche, che sottolineano come l’Anticristo e la sua legge siano “immorali”: “Uomini, sventurate creature striscianti, il Principe [Nero = l’Anticristo] vi porta la sua legge: godete fino all’ebbrezza e sarete felici; adorate Cesare e sarete esaltati; rubate e sarete onorati”[3]. Ma ciò è già il nostro presente, ormai da tempo. Il che ci riporta, infatti, a quel che osservava qualcuno, in un Commento, su questo blog: che già il “nostro” tempo è “anticristico”. Gli ho risposto: solo implicitamente.
Voglio dire che è Solo in modo implicito, infatti, che il “nostro” tempo è anticristico. In questo, vi è un punto davvero decisivo, in quanto, proprio in seguito a questo genere d’osservazioni si è spesso errato, si è detto il comunismo “anticristico” e magari non si è vista l’ “anticristicità” di Hitler, che, però, non poteva in alcun modo – e questo andrebbe sottolineato non so quante volte – essere l’Anticristo “biblico” in quanto limitato alla sola Germania, e che razza d’Anticristo è mai quello che si limiti ad una sola nazione, domanda retorica, ovvio …
Ma rimane che Hitler è stato molto vicino in quanto ha saputo garantirsi un consenso nient’affatto basato sul solo terrore, ed anche questo punto bisognerebbe ripeterlo non so quante volte … E infatti ci sono stati sei anni di grandi successi, come ricordava Dolcetta in una intervista citata in un precedente post[4]. Hitler, infatti, divenne il centro di un’epoca, per quanto poco lontano sia stato questo fatto, ed oggi sia dimenticato, ricordiamocene, invece. Perché non solo “può succedere”, ma succederà, solo con delle modalità ben diverse: per favore, non si cada nell’errore della “storia si ripete”, la storia non si ripete, ma vi son dei paralleli, in certi aspetti, fra degli eventi, tuttavia, che sono, e rimangono, qualitativamente diversi.

Bene. 
Veniamo a questa seconda visione dell’Anticristo, che non si limita ai soliti aspetti di corruzione “morale”, non decisivi, in quanto di corruzione “morale” nella storia ve n’è quanta ne vogliamo, e tuttavia nessun Anticristo è venuto fuori; allo stesso modo, il comunismo non è stato l’Anticristo, ci spiace deludere i tanti anticomunisti che ancora ci sono. E non n’è stato nemmeno il precursore, come invece può dirsi solo e soltanto di Hitler e dell’ “hitlerismo”, e non di ogni forma di fascismo: nemmeno questo possiamo dirlo.
Tutto ciò significa che l’Anticristo ha una sua qualità specifica, e riconoscibile, della quale si è dato qualche “hint”, per dirla all’inglese; ciò significa che la corrente di “anticristicità”, nascosta nella storia – e che dovrà venir fuori (ecco il passaggio dall’ implicito all’ esplicito, da me ricordato in una risposta ad un Commento) – può provenire solo e soltanto da “certi” ambienti e da “certe” correnti, ancor oggi nascoste (meno di altre epoche o periodi storici, però ancora nascoste, al e nel momento, esatto e preciso, in cui si scrive).
Su queste cose non si sarà mai sufficientemente chiari. Troppe volte nella storia si è gridato “all’Anticristo” senza risultati né basi sufficienti.   

Veniamo dunque a questo passo.
“ ‘Verrà quando la luce del giorno avrà ingaggiato con le ombre della notte un duello mortale; verrà quando la pianta perderà le sue foglie … ’ Così, nei pochi frammenti delle Profezie del Mandorlo Fiorito che sono giunte sino a noi, si annuncia il tempo nel quale comparirà il ‘Figlio del tramonto’ [uno fra i molti titoli dell’Anticristo], quasi a simboleggiare l’ antagonismo con il ‘Figlio della luce’, cioè con Cristo.
‘Verrà all’imbrunire di una lunga giornata’. E qui l’arco di tempo può essere inteso come ‘conclusione di un tempo’ o come anno cosmico, cioè ‘conclusione di tutti i tempi’.I tre simbolismi son significativi: l’ombra della notte, la mietitura e le foglie che cadono. Non ci son quindi dubbi circa la stretta connessione tra l’avvento dell’Anticristo e la fine dell’uomo. […] Secondo certuni, l’ignoto autore delle profezie del Mandorlo Fiorito si è ispirato al Salmo 45; secondo altri è rimasto suggestionato dalle descrizioni di S. Giovanni Damasceno, che risalgono circa al 740 d.C. Il ‘Figlio del tramonto’, il ‘Figlio dell’ultimo raggio di sole’, sarà ‘il più bello dei figli degli uomini; grazia sarà sparsa sulle sue labbra’. S. Giovanni Damasceno traccia una descrizione del Cristo più dettagliata: ‘I suoi occhi erano scintillanti, la sua carnagione olivastra [tipicamente mediterranea, insomma, niente a che vedere con ricostruzioni ridicole, secondo le quali Cristo aveva quasi la pelle nera, perché “medio orientale”: ma i medio orientali non sono di pelle nera], i capelli spartiti nel mezzo, la barba con due punte appena accennate. Le sue spalle erano leggermente curve’. Dalla Profezie si può apprendere che l’Anticristo ‘spargerà luce dagli occhi’.
Cristo aveva indubbiamente un forte potere di polarizzare l’attenzione delle genti. E lo stesso carisma lo avrà l’Anticristo. C’è però una differenza sostanziale: il potere magnetico dello sguardo di Cristo si regge sull’ amore; il potere magnetico dello sguardo dell’Anticristo si reggerà sull’ odio. Ma le genti rimarranno ugualmente affascinate e suggestionate
Lo sguardo irresistibile dell’Anticristo vincerà molti anche perché la sua predicazione ‘avverrà in un momento di grandi smarrimenti’. ‘E’ ritornata la luce’ grideranno le genti, ma ben pochi si renderanno conto che quella non è che luce riflessa [lunare, e, secondo alcuni, nel porre in relazione una religione con uno dei sette pianeti, mancava una religione: quella dell’Anticristo, falsa, ma ricollegabile alla luna; nota mia]. L’Anticristo descritto dalle Profezie del Mandorlo Fiorito era atteso, com’era atteso Cristo. E il suo successo non andrà ricercato solo nelle sue indubbie qualità personali, quanto nel momento storico in cui comparirà. ‘Sarà questo il tempo nel quale gli uomini si troveranno soli, sulla terra infetta’. E non è tutto: ‘Sarà questo il tempo in cui gli uomini dimenticheranno il color del cielo’.
Soffermiamoci su questi due punti. Che cosa si può intendere per ‘terra infetta’ se no la terra inquinata? Il nostro tempo è caratterizzato dalla purulenta piaga degli inquinamenti [nel frattempo, cresciuto non poco dal lontano 1985, dal tempo in cui l’autore citato scriveva; nota mia]. La terra dei padri donava agli uomini un pane fragrante; la nostra terra finirà col darci cibi inquinati; cibi che ‘infettano’ l’organismo umano [e così è stato]. E nello stesso tempo in cu la terra non darà che ‘prodotti infetti’, gli uomini dimenticheranno il colore del cielo [cioè oggi].
L’uomo difatti, quando è avvinto dalla spirale degli interessi materiali, non ha il tempoil desiderio di alzare gli occhi al cielo, dove simbolicamente risiede Dio, dove trova il suo ‘naturale ambiente’ lo spirito. La società consumistica, con le sue spinte ai molteplici bisogni materiali, distoglie l’uomo dalla vita spirituale.
Sono i problemi pratici che contano; sono le cose tangibili che hanno valore. La voce dei cieli è soffocata dal rombo dei motori. […] Oggi, più che in ogni tempo [e, dal 1985, le cose sono ampiamente peggiorate, tra strilli ed assolutamente infruttuosi, per non dire controproducenti, inutili azioni e tentativi; nota mia], c’è difatti negli uomini un senso di smarrimento, di paura, di sfiducia [idem come su]. Si attende qualcuno, si attende qualcosa [di nuovo, dal 1985, idem come sopra]. 
Il nostro tempo sta quindi maturando [molto lentamente], anche psicologicamente [nessun dubbio, ecco perché certe parole ritorneranno, ma in modo ben diverso, come ho spiegato in breve in un post precedente], per accogliere la predicazione dell’Anticristo. E’ curioso notare che l’ignoto profeta – pur essendo vissuto probabilmente intorno alla seconda metà del quindicesimo secolo [la fase dello scisma d’Occidente e del cosiddetto conciliarismo, l’Autunno del Medioevo e la crisi della Chiesa: il che spiega molte cose; nota mia] – sia stato l’ unico che abbia avuto una visionenuova’ dell’Anticristo [ infatti sol le età di crisi si comprendono fra di loro: il resto sono chiacchiere]. Non ha infatti contrapposto ‘al più bello dei figli degli uomini’ – come parla di Cristo il Salmo 45 – un personaggio esteticamente ripugnante [che è quasi locus communis nei testi che si riferiscono all’Anticristo], ma un ‘uomo della stessa sembianza’. L’Anticristo incarnerà la figura della bellezza e dell’energia vitale. […] Ma la sostanza non cambierà molto. […] Anzi è più pericoloso, perché ha a disposizione un’arma che saprà certamente sfruttare con astuzia: il suo fascino personale[5].
Non direi, tuttavia, che quest’ignoto autore, cioè quello citato da Baschera, sia “l’unico”, che dire dell’Anticristo della Cappella di S. Brizio, ad Orvieto? Non ricorda, e volutamente, il Cristo? Qualche intuizione ci sta, per esempio, nel film “La Nona porta”, che si conclude con una iniziazione, “contrappuntata” da una vocalizzazione che ben sa rendere che cos’è il “demoniaco”; davvero, R. Polanski qualcosa ne conosceva, ed anche lo scomparso compositore, W. Kilar, di Leopoli ….  
Questo Renaissance Antichrist (J. R. Riess[6]) ha delle caratteristiche tutt’altro che sgradevoli, allo stesso modo del Terzo Tempio, che ha gradevoli fattezze. Tra l’altro, l’astuzia è proprio la caratteristica più evidente dell’Anticristo di Luca Signorelli, autore degli affreschi a S. Brizio, e la cui scena della Resurrezione avrebbe non poco ispirato il Michelangelo del Giudizio Universale della Cappella Sistina. Davvero, tout se tient, direbbero i francesi … 

Il simbolismo, interessante, della “pianta che perde le sue foglie” richiede qualche considerazione in più, perché ha chiara origine nel Vangelo: il fico secco. Non oggi, dove viene interpretato, di solito, in relazione alla fede che occorre avere in Gesù, ma spesso, in passato, questo fatto, molto particolare, dei Vangeli sinottici, era di solito interpretato in relazione alla “casa d’Israele”, che Cristo dissecca, ma solo perché non dà più alcun “buon frutto”.
Oggi, una tale interpretazione non viene né può più essere sostenuta, in alcun modo. Ma è chiaro che, la fonte citata su, era nutrita da un tal genere di interpretazioni, per cui la “pianta che perde le sue foglie” significa che il Giudaismo attraversa una fase di grande aridità spirituale. Questo vuol dire.  

Andrea A. Ianniello










[1] Cf. https://it.wikipedia.org/wiki/Columba_di_Iona.
[2] R. Baschera, L’Anticristo e le profezie sugli anni 90, Armenia Editore, Milano 1985, pp. 55-56, corsivi miei.
[3] Ivi, p. 49.
[4] Cf.
http://associazione-federicoii.blogspot.it/2018/01/un-ricordo-ed-un-link.html, il primo link, cioè quello della prima intervista di M. Dolcetta, quella del quattro maggio del 2011, ormai sette anni fa.
La seconda parte dell’intervista è, invece, quella del 2 giugno. Per l’Anticristo, si parla non di dodici anni, ma di sette anni “in tutto”, anch’essi, però, divisi in due metà (“circa”): “tre e mezzo” di grandi successi, e “tre e mezzo” di “guerre”, cioè di contrasti, con il fallimento finale.
[5] R. Baschera, L’Anticristo e le profezie sugli anni 90, cit., pp. 52-54, corsivi miei.
[6] Cf.
https://images-na.ssl-images-amazon.com/images/I/51UmBdCkQuL._SX218_BO1,204,203,200_QL40_.jpg,
“Il diavolo sussurra nell’orecchio dell’Anticristo le parole che daranno inizio all’ esplosione del mondo”, particolare dagli affreschi della cappella di San Brizio, cf.



lunedì 1 gennaio 2018

Hitler e “il” Bön, questione – **ovviamente** – “controversa”, come dicesi oggi ….










Non vi èil” Bön, ma **diverse** forme dello stesso (= del “Bön”), cosa, peraltro, comune a molti, quasi tutti, i phenomenaDunque: Nil sub sole novum
Il Bön è la religione tibetana dominante prima che il Buddhismo prendesse piede nel Tibet[1]. Esso possiede diverse forme, in breve, semplificando, distinguibili in “riformate” e non; quelle dette “riformate” hanno, in realtà, preso a modello proprio il Buddhismo tibetano, dal quale sono distinguibili per certi particolari, però al quale son molto simili. Per esempio, lo swastika sinistrorso è molto usato nel Bön, mentre nel Buddhismo tibetano si possono usar entrambi, con una certa prevalenza del destrorso. 
Detto ciò, veniamo al punto – “controverso” – del titolo.

Iniziamo con un breve riassunto, che spiega la scena che ci si presenterà, ed è necessario per capirla: si tratta dell’incontro del “colonnello Karl” con Adolf Hitler; questo colonnello (“Karl”), che, in seguito, si salverà dalle sanguinose vicende della Seconda Guerra Mondiale, parteciperà poi (sic!!) al “salvataggio” del Dalai Lama (il XIV, l’attuale Dalai Lama) nelle ben note vicende degli anni Cinquanta del secolo scorso.
Verità? Oppure “fiction”, come dicesi oggi? Non lo so, né qui poi conta. Tra le altre cose, questo libro preconizzava che il Messico sarebbe divenuto la terra della “prossima nascita”: invece, il Messico è, oggi, la terra promessa del narcotraffico, con lotte di una rara ferocia, che hanno piuttosto risvegliato il lato crudele delle antiche civiltà precolombiane. Siamo nel pieno di quelle illusioni, degli anni tra i Sessanta e i primi Ottanta del secolo scorso, anni che andrebbero sì “storicizzati” senza, però, negarli.
Detto in altre parole: non possiamo certo dimenticarci “come sono andate a finire” le cose, come le generose spinte, anche spirituali, spesso, poi, si mutassero in cumuli d’illusioni; ma, d’altro canto, nemmeno possiamo dimenticare ch’è ben meglio un’aspirazione, per quanto mal diretta, che la totale accettazione del System e dei suoi postulati, in se stessi ben più illusori, che si sarebbe vista in seguito, e cioè quel consenso totale su questo blog varie volte analizzato. Perché in realtà nulla di peggio avrebbe mai potuto accadere all’umanità di questo consenso assoluto: è la negazione dell’umanità stessa, è il prendere un sistema sia tecnico sia economico, in sostanzaimpiantato”, per “la” realtà e per “la” natura. In realtà, lo scopo era quello di negare la natura umana.
E l’uomo, creatura sempre ingenua, ha, manco a dirlo e com’era prevedibile, abboccato. Alcuni vantaggi materiali non possono compensare l’alterazione profonda.
Detto ciò, che serve solo ad inquadrare i passi che saranno riportati qui di seguito, torniamo alla scena in questione, il cui antefatto è che il “colonnello Karl” deve incontrare il Cancelliere Adolf Hitler.

“Oggi ho avuto la sorpresa più grande della mia vita. Ho incontrato Adolf Hitler, dopo essermi proposto di non aver pregiudizi sulla sua persona. L’incontro non è avvenuto all’ora indicata ma quasi due ore dopo.
Nell’attesa ho osservato il personale che lavora nel suo ufficio; mi è sembrata gente posseduta dal frenetico desiderio di svolgere diligentemente il proprio lavoro.
Quando ormai pensavo che non sarei stato ricevuto, un assistente annunciò che il Führer mi attendeva. Quando entrai nella stanza, Hitler era in piedi dietro la scrivania con l’attenzione concentrata su alcune carte, in modo tale che non riuscivo a vedere i suoi tratti. Rimase in questa posizione per alcuni secondi e all’improvviso alzò il volto e il suo sguardo si fissò nel mio. Compresi subito che mi trovavo di fronte a ‘qualcosa’ di nuovo e sconosciuto, qualcosa di natura inspiegabile che andava al di là di qualsiasi analisi puramente razionale. In un attimo lo sguardo del Führer attraversò il mio spirito, ebbi l’assoluta certezza che non esisteva dentro di me alcun segreto che lui non conoscesse. Avevo sentito molti aneddoti sul potere ipnotico dello sguardo di Hitler, ora capivo che senza essere falsi erano inesatti.
Il suo sguardo non ipnotizza nel senso ordinario della parola, piuttosto produce uno strano sentimento, che consiste in un desiderio irresistibile, ma cosciente, di coincidere con la volontà del possessore. Nel breve lasso di tempo trascorso tra il momento in cui Hitler aveva fissato i suoi occhi nei miei e quello in cui m’invitò a sedermi, io ero già un’altra persona”[2].
Il “colonnello Karl” scopre, nell’incontro il cui incipit qui è stato appena riportato, che Hitler lo vuol mandare in Tibet, per tramite di un monastero Zen giapponese, perché contattasse i seguaci del Bön, di una delle correnti del Bön, sarebbe meglio dire, con lo scopo di recuperare quei poteri che la “razza ariana” aveva un tempo, e che il successivo sviluppo della ragione aveva reso sempre più marginali, sopravvivendo essi ormai solo in posti remoti, come, appunto, il Tibet. Tuttavia, il progetto fallisce, ed allora ecco l’ incipit del secondo incontro, del colonnello Karl, con Hitler: “Quando varcai la soglia apparve davanti a me il Führer. Era nella stessa identica posizione in cui si trovava all’inizio del nostro precedente colloquio: in piedi di fronte ad un grande tavolo, apparentemente assorto nell’esame di un grosso fascio di documenti. Compresi che in realtà stata concentrando al massimo un certo tipo di energia sviluppata mediante pratiche Bon. Se riusciva a ‘scaricarmi addosso’ questa energia, com’era avvenuto nella precedente occasione, avrebbe annullato la mia volontà; per impedirlo, mentre mi avvicinavo a lui, lasciai la mia mente ‘libera’. Con un rapido movimento Hitler alzò il volto scagliandomi all’improvviso, con lo sguardo, tutta l’energia che aveva accumulato. Sentii un brivido violento e per un istante pensai che sarei crollato di fronte a quella incredibile forza, tuttavia, riuscii a mantenere ‘libera’ la mente in modo che la raffica di energia concentrata mi ‘attraversasse’ senza toccarmi. La dolorosa prova durò diversi secondi. Come un raggio di luce che scontrandosi con un cristallo trasparente cerca un piccolo spigolo che gli permetta di riflettersi, ossia di ‘rimanere’ nel cristallo, così quella potente energia cercava disperatamente dentro di me un appiglio qualsiasi per afferrarsi. Un’espressione di sconcerto finì per invadere il volto del Führer”[3].

Questo è il commento su tutta la vicenda:
“Certamente tale questione, come altre relative alla guerra, non potrà mai essere compresa con il criterio di considerare gli atti umani come un semplice prodotto di fattori economici. Esistono motivi d’ indole superiore che condizionano […] la condotta degli uomini […]. Il tentativo nazista di far rivivere il Bon, e con esso far regredire l’evoluzione umana di millenni, per avviarla su un cammino deliberatamente abbandonato già in epoche preistoriche, ha costituito la più grave minaccia degli ultimi tempi alla continuazione del lento e faticoso, ma fermo e costante, processo di sviluppo del genere umano.
In modo inconscio ma efficace, l’umanità intera ha reagito contro il regresso che si cercava d’imporle; gli uomini han dimenticato per un po’ le diverse barriere e le differenti etichette con le quali comunemente si dividono e si classificano […], e anche se ignoravano le cause profonde che li portavano ad agire in quel modo [qui probabilmente vi è la causa della successiva débacle e del fallimento che si sta esperendo da qualche decennio; nota mia], si son uniti in un fronte d’estensione mondiale come non si ricordava nella storia, con il proposito comune d’eliminare il nazismo”[4].

Anche noi, oggi, ci troviamo di fronte ad un tentativo “regressivo”, ma di natura ben diversa da quello nazista.
Ben più difficile è, oggi, opporcisi, e non basta nemmeno il risorgere del dissenso – cosa, peraltro, della quale non si vede alcun segno premonitore, ma proprio nessuno –, e, ci vorrebbe il risorgere del dissenso, sì, ma di un certo tipo soltanto. E qui occorre correggere, con mano decisa e ferma, l’autore appena citato, che si è dimostrato un inguaribile “idealista” – sempre meglio del nulla, si diceva all’inizio, ma non per questo dobbiamo condividere le sue gravi e decisive illusioni –: lo “sviluppo del genere umano” può esistere, ed esso è sì, lento e faticoso, ma è tutt’altro che costante, e proprio per nulla fermo. Anzi, è vero l’ opposto: le regressioni sono sempre possibili, la vicenda del capitalismo e lo stato pessimo che il mondo vive lo dimostrano “al di là di ogni possibile dubbio”, per cui tal processo è sì lento, ma per niente costante; è vero l’opposto: si tratta di un processo fondamentalmente incostante. In un tal processo – come ben capì Gurdjieff – vi son del momenti topici, degli “incroci”, nel corso dei quali un fattore dall’esterno deve intervenire per far sì che il processo continui. Se, per un qualsiasi motivo, tal fattore dall’esterno non si manifesta, occorre attender il prossimo “snodo”, che poi è quel che abbiamo esperito in questi ultimi decenni.
Tra salite e, più spesso, discese, “alla fine”, in situazioni difficilissime, “Si” vince, spessissimo usando le debolezze dell’avversario, piuttosto che la “propria” forza, che ben si sa di non avere: questo è molto più vicino al vero, altro che “processo fermo e costante”!! E chi vi partecipa, di solito una risibile minoranza, non lo fa certo perché gli piace ma, piuttosto, per non darla vinta al Nemico, o per la semplice ragione che non può fare altrimenti perché ci si ritrova dentro. Dunque, straparlare di processo “fermo e costante”, salvo si guardi da oltre il piano umano – ma così non è nel 99,9 periodico dei casi … – significa soltanto affermare l’ illusione. Oppure credersi dentro una battaglia de Il Signore degli Anelli, dove si prenda, però, la metafora per la realtà, dove Tolkien ben sapeva qual era la realtà, e qualche passo de Il Signore degli Anelli lo attesta: cioè che “si” è sempre in pochissimi, e ci “Si” ritrova, e cioè che nonSi” sceglie proprio alcunché, in situazioni dove c’è il dover essere, non il voler essere.

Il serpente un tempo aveva le zampe. Ancor prima, vi erano esseri viventi privi di zampe. Combattere contro questi ultimi è un conto; combattere contro un essere che aveva le zampe, e dopo le ha perse, che ha qualcosa degli esseri primordiali, e tuttavia ha l’astuzia degli esseri viventi relativamente “superiori”, è qualcosa di molto diverso, di qualitativamente differente. In una parola: un conto è combattere uno Hitler o uno Stalin, ben altro è combattere un sistema. Anzi, “il” System. Questo rientra nel tema della risposta “creativa” alla crisi[5]. Ciò implica la scelta di “uscire”, scelta, però, attiva e consapevole: uscire per “cercar spazi”; ma tale scelta deve essere consapevole, non regressiva, tipo “la Terra è piatta”, cosa che si sapeva non esser tale sin dal Medioevo, anzi da prima, dal mondo greco romano. Per il resto, il sistema deve crollare. Anche se esso può non crollare, in teoria, in quanto gli “architetti del binario” han costruito, dalla fine degli anni Settanta agli inizi degli Ottanta, un sistema col pilota automatico, cioè capace di reagire alle sollecitazioni esterne. Per questo motivo la situazione si è fatta molto difficile.
Questo è, infatti, un sistema autoreferenziale, dotato di un modello di regolazione interna “cibernetica”, cioè ha un pilota automatico – e pilota, in greco, è kybernètês -, costruito alla fine degli anni Settanta del secolo scorso, da quando certe forze cominciarono – solo l’inizio è stato – a costruire questo sistema autoreferenziale, ed è iniziata la Grande Reazione. E infatti, da quel tempo in poi, più o meno, grosso modo, da dopo la morte di Mère, si è avuto il crescente consenso e ogni spazio è stato, pian piano, in modo costante, chiuso, fino all’autoreferenzialità totale.
Per chi è rimasto, però, il “nodo” è divenuto molto stretto. Dal punto di vista esteriore, ciò si è tradotto nel fatto che il consenso è divenuto assoluto, e passivo, e uno stato artificiale è divenuto la “natura”: si guardi questo Natale, il consumo come unica realtà, come unica “religione (in)civile”, sebbene la critica “morale”, non mi stanco di ripeterlo, non solo non incide, ma non coglie le cose nel profondo. Quel che blocca in verità ogni “trasformazione” son due fattori: 1) la costante agitazione della gente, del mondo; 2) il sistema tecnico che funziona in automatico, che si riproduce come fosse una cosa autonoma (e, in parte, lo è davvero).
Spesse volte si è sostenuto che la “nostra” epoca sia unica, ed abbia in se stessa delle caratteristiche mai prima viste in alcuna epoca storica precedente: nove su dieci volte, si tratta di una pretesa e di un’allucinazione. Eppure in una cosa è vero: in questo sistema che si auto alimenta e si auto pilota, invece, questo è vero. Intanto, però, basta un nonnulla in questo sistema sempre pi efficiente ma sempre più complicato, che tutto si blocchi.
Oggi senza elettronica non vai da nessuna parte. Ma se un qualche cosina minima si ferma, o si blocca, sei come un automobilista che rimane appiedato ai lati d’una strada.
Se il sistema elettrico è mal costruito o sia insufficiente alla domanda, tra l’altro, sempre crescente (il che la dice lunga) – cose che personalmente ben conosco –, allora succede che gli apparecchi elettronici fallano: ci si ritrova nella situazione del famoso automobilista di qui sopra. I molti e meritati improperi alla tecnica servono a ben poco: siamo schiavi del sistema.
Dal punto di vista personale, l’effetto è quello di buttare denaro in spese continue di riparazione, rare volte, oppure di sostituzione, soprattutto quest’ultima; dal punto di vista generale, diventa evidente la precarietà di questo sistema. Ma il fatto è che ne siamo schiavi. In pratica, l’uomo è al servizio del sistema tecnico.
Non ne discende che ci si possa “vendere la pelle dell’orso prima di averlo ucciso”, come suol dirsi, e come han fatto in altri anni, o creduto di poter fare, sbagliando in modo clamoroso. Uccidere gli orsi non è uno scherzo[6].


Andrea A. Ianniello




[1] G. Tucci, Le religioni del Tibet, Edizioni Mediterranee, Roma 1976, pp. 261-304. Sull’influsso del dualismo iranico sul Bön, il “dio malvagio”, cf., ivi, p. 265; sulle “forze sottili della Terra”, i lu (= nâga), cf., ivi, p. 272, che hanno anche un lato malefico: i “klu [= lu] neri”, ibid., corsivi in originale. 
[2] Ayocuán, Il Risveglio della montagna, Tre Editori, Roma 1996, pp. 82-83, corsivi miei.
[3] Ivi, p. 104. Vorrei qui precisare che questo metodo, usato dal “colonnello”, è valido. Forse il “non resistere al male” ha un qualche legame con questa “tecnica” cosiddetta? O non? Molto probabilmente, ha un legame indiretto. Di un tal metodo trattò, illo tempore, M. Rostaing Casini, nell’assistere ad un rito di una delle forme di magia nera più pericolose nel Nord Africa, tra le donne nere di una parte del Niger, zona dalla quale provenivano tra le maghe “les plus rédoutables”, secondo le fonti di Guénon, cf. M. Rostaing Casini, Archeologia misteriosa, Editrice Salani, Firenze 1980, pp. 169-173. In tal vecchio libro di parla pure del colonnello Fawcett, nome vero e non pseudonimo, al quale l’anno scorso è stato dedicato un film, dalla cui colona sonora si allega qui un link: “The Final Journey”, da The Lost City ofZ’,
https://www.youtube.com/watch?v=1-J8TZJUTi4. Chi vive “certe” cose, si confronta con gli errori ricorrenti, gli errori di sempre, non può non chiedersi: ma che cos’ è quel qualcosa che, come diceva San Paolo, io non voglio, eppure commetto sempre gli stessi errori? Che cos’è? La natura umana
[4] Ivi, p. 111, corsivi miei.
[6] Cf. M. Pastoureau, L’orso. Storia di un re decaduto, Einaudi editore, Torino 2008. Il capitalismo è l’orso, nel senso negativo che, da un certo periodo, anche grazie al Cristianesimo, si diffuse. Il comunismo, ed altre forze novecentesche, erano come il lupo: dei piccoli gruppi preparati, organizzati e spietati, l’ “élite”, rivoluzionaria o controrivoluzionaria, che fosse. Se, dal punto di vista economico, il lupo ha fallito, questo non è vero dal punto di vista politico, come si disse nell’incontro, cf.