venerdì 24 aprile 2015

Ah ah ah, ride bene chi ride ultimo... Guénon e l’ “immigrazione”

In relazione alla cosiddetta “immigrazione”: non sanno che pesci pigliare, è chiaro... Fioccano cose irrealistiche, pretese impossibili. La “modesta proposta”, a questo punto, sarebbe di chiamare Superman oppure l’Uovo Ragno, o anche “Captain Amerika”. Suggerirei però Hulk... Così fermano, con una mano sola, le imbarcazioni dei “commercianti di carne umana”, come qualcuno li ha chiamati.

Lasciate, dunque, che ne parliamo un pochettinino esattamente, ma giusto per mettere i puntini sulle i [ï], sulle o [ö], sulle a [ä], sulle u [ü] ed anche persino e [ë]... Puntiniamo con spuntini per tutti... 

Ride bene chi ride ultimo. Che cos’è davvero che stiamo vedendo: ecco la prima domanda-chiave da farsi. Ebbene, si tratta dell’“invasione degli ‘Orientali occidentalizzati’” di cui parlava Guénon nell’ultimo capitolo (8.) de La Crisi del mondo moderno (Mediterranee, Roma 1972, mille nove cento settanta due). Ed è cambiato qualcosa da quella data?? Nooo, abbiamo alacremente difeso la nostra identità per venti anni, contro, ovviamente, il “comunismo”; sì, se ne sono usciti con queste scemenze per anni: ah ah. 
Ed i “difensori dell’Occidente” han dato credito a questa gente che, per decenni, ha tenuto in vita un fantasma. Per coprire la loro nullità, e quel che, con molta evidenza, ma davvero molta, stava invece molto palesemente avvenendo.

Penoso e chimerico anche solo aspettarsi che certa gente comprenda che il problema non era il “comuniiiiismo”  - ed è d’obbligo fare: brrr... quando si sente questa parola - ma da che pericolo ci siamo salvati e dopo c’è stato il paradiso in Terra com’è noto, tutto bello e perfetto -, ma invece il problema è la modernità in quanto tale
Quindi si tratta di fenomeni di un’ amplitudine TOTALMENTE SUPERIORE a quella che “lor signori”, e “strologatori” davvero illustrissimi, anche solo vagamente immaginano. 

Né si può dire che non siano stati avvisati, e non certo da “pericolosi bolscevichi” eh, ma, invece, da noti intellettuali, per di più di formazione cattolica! Per esempio, F. Cardini, del quale alcune sue frasi (peraltro risalenti al lontano 2011) sono state qui riportate, in codesto blog: La forza delle cose e la debolezza dell'Europa di Franco Cardini - 14/04/2011, di cui alcune frasi, assai “profetiche”, son citate qui: “Un ‘Avviso ai naviganti’, a firma di Franco Cardini...”.

In una parola: è come dire che avevano anche gli strumenti per comprendere che cosa, davvero, stesse avvenendo. 

Dal punto di vista di Guénon: ha visto le cose molto prima, perché La Crise è della fine degli Anni Venti del secolo scorso (1927, per la precisione). 
Qualche annetto fa, o, come diceva qualcuno in vena di facezie, qualche “nanetto” fa... Ma GIUSTO IERI...

Quel che ha impedito che tali cose fossero più “pubbliche” è da ricercarsi in tre componenti inquinanti; 1) la più forte, la sub-cultura di massa, che impedisce un dibattuto al suo effettivo e serio livello; 2) il filo-orientalismo che costella l’opera di Guénon e che, come filo-islamismo, in pratica, è stato l’unico aspetto che i suoi pretesi seguaci han tenuto ben stretto - ma cosa cavolo ne han risolto di buono è tutto da vedersi -, riducendo l’intera opera ad una sua componente, per di più minoritaria, ed attribuendo all’ “individualità René Guénon” un ruolo di modello, quando egli stesso più volte disse e ridisse che le sue scelte riguardavano lui solo e non dovevano esser prese come modello per chicche e sia; 3) la “difesa dell’Occidente” e la retorica “identarista” che molti è, in pratica, l’unica cosa che tengono ben ferma di Evola e simili. Queste tre componenti han velato lo sguardo ed impedito di vedere quel che stava succedendo. Infatti, ci sta tutta ’sta grandiiiisima cottura occi e dentale da difendere, fatto di estrema importanza gutturale... Insomma, l’individualismo più becero ed ottuso ha imperato in OcciDente InDecente dagli Anni Ho Tanta (voglia di mandarli al diavolo). Direi che il 1994 è stata la data “topica”, quando il modello della globalizzazione unicamente guidata da determinate forze, di fatto, è stata imposta a tutto il globo. La “globalizzazione felice”, per solo taluni ovvio, ma questi stessi taluni hanno indiscutibilmente avuto il consenso universale.  
Il compiacimento allora era universale.

Ora lor signori hanno un dannato problema serio, e serio sul serio

NON SANNO CHE PESCI PIGLIARE. 

Tutti i loro peccati si ergono per impedire che comprendano. Ed anche questo è stato detto, nella chiusa di questo scritto, quando “il Saggio” vede centinaia di migliaia di persone marciare verso l’Occidente in un brano immediatamente precedente a quello citato qui, nelle Note finali (Materiale online); li vede cinesi, ma non è detto solo cinesi, e per fortuna sinora la Cina funziona ancor ancora. Non è detto per  sempre... 
Il “Saggio” affermava questo: che né le lotte intestine né altro avrebbe bloccato l’Occidente nella sua folle corsa - ed oggi sappiamo che ha preso con sé l’intero mondo, ed era il problema rimasto insoluto da Guénon e che lui si chiedeva nel lontano 1927 -, ma solo questa gigantesca cosiddetta “migrazione” avverrà dunque. Ma, nel momento del bisogno, ECCO CHE NE’ LE ARMI NE’ ALTRO AVREBBERO AIUTATO L’OCCIDENTE CHE, NEL MOMENTO DECISIVO, PAGAVA TUTTE LE MALEFATTE COMPIUTE PRIMA.

Ed anche questo è stato, dunque, detto, eh sì, perché le frasi del “Saggio” son della prima parte del XX° secolo, e quindi precedenti alle frasi di Guénon del 1927. In altre parole: vi erano gli strumenti analitici per arrivare quanto meno vicino ad una maggiore comprensione, ma gli illustri strologatori eran troppo occupati: sapete, stare in Borsa richiede tempo, o andare alle varie partite di oppio del popolo di varia natura, o guardare qualche “toc sciò”, con e senza risciò. Come nel film “L’Avvocato del diavolo” (1997), il diavolo dice al protagonista preoccupato per sua moglie, che sì, al protagonista interessava sua moglie ma dopo una personcina più importante: lui stesso. E gli ricorda che gli aveva offerto di non perdere la causa...

NON SANNO CHE PESCI PIGLIARE. Qualunque cosa facciano, non sanno che pesci pigliare. Ah ah ah ah, la cosa fa ridere perché sono stati messi sull’avviso, ma erano intenti ad altro. Continuino dunque con questo “altro”: lasciamo, dunque, le cime mondiali che ci han condotto sin qui, proporre la varie soluzioni.  

Diceva Luttwak, in un recente trasmissione, che, potenzialmente, si parla di quasi cento milioni di cosiddetti “migranti”, dei quali una larghissima parte andrebbe invece, chiamata col suo nome: profughi. Ma profughi di cosa, ecco la seconda domanda-chiave. Profughi dell’illusione tutta ideologica della “diffusione della ‘democrazia’”, e cioè della deviazione che vuole che, una volta spariti regimi più o meno autoritari, più o meno dittatoriali, ipso facto la “democrazia” si diffonda senza né basi culturali già presenti, né alcuno sforzo da parte dell’ “Occideeeenteee” (e qui varie musiche esaltatorie son d’obbligo alzandosi in piedi, con lacrime e declamazioni sui “diritti”, la patria dei diritti e cose simili) di gestire la fase seguente alla caduta dei vari dittatorucoli. Raramente si è vista una tale follia. Ma la radice del male sta nella sbagliata ideologia, le cui basi sono state poste nel 1994: finito il “comuniiiismo” - brrr.... e meno male che ci hanno salvato sennò mo’ stavamo nei gulag ed eravamo tutti morti senza poter vedere la tivvù e senza “social network” ma che vita sarebbe e mi hanno fermato a me e non mi volevano far fare i miei legittimi diritti di poter imprendere e guadagnare e portare i soldi fuori senza il grandioso idealissimissimo ich über alles - finito il “comuniiiismo” - brrr.... e meno male che ci hanno salvato sennò mo’ stavamo nei gulag ed eravamo tutti morti senza poter vedere la tivvù e senza “social network” ma che vita sarebbe e mi hanno fermato a me e non mi volevano far fare i miei legittimi diritti di poter imprendere e guadagnare e portare i soldi fuori senza il grandioso idealissimissimo ich über alles - ed erano già state esplose cento miliardi di bombe atomiche, non dimentichiamocene - brrr... - finito il “comuniiiismo, una sola ideologia doveva dominare l’intero globo. Sta qui la causa dei mali di oggi. 

Ma ormai la frittatina è stata fritta. 

E se non funzionano le stupende soluzioni oggi approntate (come poi è altamente probabile)? Si darebbe il caso che la mentalità che ci ha portati qua sia errata. Ma lasciamoli lavorare: non han fatto fuori chiunque non era d’accordo con la loro mentalità?

Se nell’Europa dell’Est ha, parzialmente, Russia esclusa, funzionato la “diffusione della ‘democrazia’”, qualsiasi cosa si voglia intendere con quest’ultimo termine, lo è stato solo e soltanto per due motivi: a) che le basi culturali erano simili; b) che c’era stata una propaganda martellante sulla “bontà assoluta ed indefettibilmente imperscrutabilmente indiscutibile” del sistema occidentale, sistema ignoto alla maggior parte degli occidentali stessi, che, quando si trovano nelle maglie della differenza tra quanto si dice e quanto si fa, cadono sempre dalle nuvole. L’italiota si arrabbia, in altri paesi le reazioni possono esser diverse, ma tale distanza esiste. 

Se ha parzialmente funzionato nell’Europa dell’Est, in base a quale aberrazione ideologica si è pensato che “dovesse” fuzionare “necessariamente” in altri contesti culturali dove sia il punto a) che il b), di qui sopra, non si verificano né potranno mai verificare a breve lasso di tempo?? 

La cosa difficile era vedere queste cose nel 1927, non vederlo - o non volerlo vedere... - nel 2015, è follia pura

La parte più datata de La Crisi è quel capitolo dove la civilizzazione moderna è denotata come “Una civiltà materiale”; direi post- materiale... Nel 1927, infatti, la società era ancora meno malata di oggi, checché ne pensino in molti: la sociatà aveva ancora dei punti di aggregazione sociale, forze di aggregazione che andassero oltre l’individuale vi erano ancora. 

Oggi non ve ne sono quasi più... 

Di qui la ridicolaggine della “difesa dell’occidente”. Ciò si chiede, molto seriamente, se sia rimasto qualcosa di sostanziale - non di formale ovvero istituzionale - da difendre, qualcosa che spinga gli uomini ad agire, e non solo per le rancorose rabbie venute assolutamente a predominare in Occidente. Queste “rancorose rabbie venute assolutamente a predominare in Occidente” si verificano necessariamente una volta che ogni altro punto d’unione, che non fosse l’individualismo più becero, se non è totalmente sparito, di certo è fortissimamente ridotto di potenza... 



sabato 18 aprile 2015

P. Buttafuoco sulle “Sette torri del diavolo”, link

Tanto per non mancare di lasciare ad altri il discorso su determinati punti - ma naturalmente, staranno lì a mancare stretto in vista della perdente difesa dell’islamizzazione di Guénon in una serie di battaglie di retroguardia senza nessun senso (cfr. “Errori di prospettiva”) -, P. Buttafuoco parla, ed anche alquanto esattamente, anche se l’immagine scelta non è molto congruente, delle “Sette torri del diavolo” su “La Repubblica”, il primo a farlo dopo M. Dolcetta, già ricordato in altri post su questo blog... M. Dolcetta, però, era più affine a certe correnti culturali. Bene, comunque, che “certi” temi escano da determinati “ghetti” culturali, anche se questo, purtroppo, non può avvenire senza dei fraintendimenti; ma va detto che è pur vero d’altro canto che non si possa pretendere che sia ben conosciuto il “retroterra” di “certe” idee.

Ecco il link di Buttafuoco: “Sette torri del diavolo per sfidare il cielo” (sottotitolo: Il mito islamico le colloca tra Siberia, Medio Oriente e Africa)

Una “divulgazione” di “certi” temi senza il retoterra culturale di controllo: ecco cos’han prodotto i “guénoniani” (degli “evolomani” non parliamo proprio, che lì siamo ad un livello ancora più settario). 

Dunque con i “guénoniani” non si può essere se non molto severi. Complimenti cari auto-nominati “guardiani della fiamma”, continüate così...  Non so chi disse che la Tradizione è un Fuoco vivente ma molti credono sia raccogliere ceneri: beh, disse giusto... 
Ma purtroppo sembra che un concetto così semplice si scontri con delle difficoltà di comprensione davvero insormontabili, da parte di molte menti... 

Si tratta di un folle ripiegamento, per nulla tattico, ma che non è altro che il non saper gestire “certe” contraddizioni. Che taluni non sappiano gestirle non vuol dire che non siano gestibili in assoluto. 

Morale della favola: certi temi, che solo Guénon ha introdotto in Occidente - e va detto e ribadito -,  son sottratti al quadro interpretativo che nasce dalla sua opera ed è - il quadro interpretativo - che si basa sull’“Unità tradizionale” e sul concetto di base di Tradizione Primordiale ma non univoca. Quest’ultimo punto, la univoctà della Tradizione Unica, è una forzatura di Guénon. Per reagire a tale forzatura, è nato il rinchiudersi nella forma islamica. Poi è seguito il tentativo di rinchiudere Guénon nel solo mondo isolamico, dimenticandosi che tale forma religiosa vi ha, nella sua opera, tutto sommato un ruolo minore. Può non piacere questa constatazione ma così stanno le cose. Ed è dimostrabile.

La contraddizione è sempre quella: il concetto di Unità tradizionale al di là delle singole forme, ma che non nega queste ultime, né le loro differenze. Sta tutto qui... 

Di nuovo: certi temi, che solo Guénon ha introdotto in Occidente - va detto e ribadito -,  son sottratti al quadro interpretativo che nasce dalla sua opera. Grazie, dunque, ai “guénoniani” si è avuto questo incredibile autogol. 

Passando ad un altro tema, beh, basta guardare dove si svolgono le lotte di oggi ed occorre fare due più due, in ordine alle forze “occulte” che, se di certo non “generano” la storia in quanto tale (pretenderlo sarebbe risibile “complottismo”), di certo la condizionano pesantemente. Non vedere questi condizionamenti è l’altrettanto risibile razionalismo e lo scientismo becero. 

A questo punto, bisognerebbe chiedersi, se mai fosse possibile chiederselo (chissà che non sia una domanda mal posta): com’è che il cosiddetto “complottismo” genera tanti “distinguo” ed alzate di scudi mentre scientismo e razionalismo passano senza generare le stesse resistenze? Non vi sarà in questo un po’ di condizionamento? 

Nooo! No! Ogni individuo, come noi “ben” sappiamo, è una tabula rasa del tutto privo di condizionamenti, e possiede una volontà libera ed indipendente ed è completamente a conoscenza dei termini e delle conseguenze delle sue scelte, assolutamente libere, prive di condizionamenti e totalmente sovrane... Chi mai, sano di mente, oserbbe negarlo? Non trattasi di ciò che la “nostra civiltà” ha diffuso al mondo intero? E tutto denota libertà completa di scelta ed assoluto non condizionamento, oltre che completa e totale sovranità da parte dell’individuo, che è dominatore di se stesso, indiscusso ed indiscutibile possessore di diritti del tutto inalienabili ed assolutamente intangibili... E’ ben noto.

The Prisoner 1967 I’m not a number, I’m a free man 

domenica 12 aprile 2015

La vera ragione è che viviamo l’epoca degli “steccati”, in cui ognuno **affetta** un’apertura mentale che non ha

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La nostra è l’epoca degli “steccati”, come nell’Inghilterra del XVIII secolo, ogni gruppo o gruppuscoli “recinta” lo spazio e vi piazza su la sua debole bandieruola.


L’opera di Guénon è andata incontro ad un simile destino (cfr. un vecchio scritto del 2007 sull’opera di Guénon, scritto: ‘“René Guénon”, articolo del 2007, da una vecchia community’). Tale deviazione spessissime volte si è verificata ed è stata legata alla sua “islamizzazione” (un esempio recente fra i tanti, è il suo uso nell’ultimo libro di Houellebecq: ‘Un secondo passaggio “ideologico” da “Sottomissione”’, recensito qui sotto).


Certamente è vero che c’è un “ecumenismo” dove si ha la famosa “notte in cui tutte le vacche sono nere”, ma vi è anche l’eccesso opposto: quello in cui si è caduti. Molto più facile gestire il primo che il secondo

Se rompo un oggetto tornare allo stato precedente è difficilissimo, implica un’energia enorme; se invece “annacquo” l’oggetto, talvolta esso lo si può comunque salvare, nonostante le molte corruzioni varie cui può essere andato incontro.

Ora il punto decisivo è: Guénon scriveva i suoi libri in base alla/e sua/e appartenenza/e (si è visto, nell’articolo citato (*) su che ne aveva di **molteplici**)? Questo è decisivo.


La risposta è un secco: No.


Dunque si può interpretare rettamente la sua visione della “Traditio Una” in base alla sua appartenenza finale islamica, presupposta poi come “normativa”, nonostante le chiare parole di Guénon stesso a tal proposito?


La risposta è, nuovamente, un secco: No.


Perché lo si fa?, dunque, verrebbe fatto di chiedere. Perché, nonostante tutte le parole contrarie si dà prova dell’ “esclusivismo” di cui si criticano le varie religioni? 
Si criticano a parole, ovviamente...


La vera ragione è che viviamo l’epoca degli “steccati”, in cui ognuno **affetta** un’apertura mentale che non ha per nulla
Né ha intenzione di avere, ed ecco la “cattiva volontà”, e questo è grave (la gravità sta sempre nella cattiva volontà, il “peccato” è questo, piuttosto che un singolo atto lesivo).

In ogni caso, questa chiusura interpretativa ha alterato nel profondo l’opera di Guénon, che non si è mai basata su di una logica di “appartenenza”, nel suo esprimersi e nel suo prodursi. Questo può aver impressionato negativamente tantissimi, ma è un semplice fatto, “non negoziabile”, salvo alterare profondamente la struttura e la ragion d’essere della stessa opera di Guénon; ciò sia detto qualsiasi cosa si pensi di Guénon, della sua opera e delle sue scelte. Qualsiasi


Nell’epoca degli “steccati” e dei “distinguo” senza fine, dei personalismi e dei “possessi” presunti degli spazi mentali, della blindatura concettuale nelle proprie “appartenenze” che segue una rivendicazione d’“identità” e di differenza” nel vuoto spinto dell’indifferenza, chi mantiene il senso dell’Unità oltre le differenze, Unità che non nega le differenze - Unità nella  diversità e diversità nell’Unità - non può che muoversi verso il futuro. Perché sarà solo da questa via, che non è una mera mescolanza, ma va, invece, nella direzione della “Synthesis finalis”, che si avrà un risultato reale, in luogo “d’integrare, come quasi sempre accade, le acquisizioni stimate definitive con altre della stessa origine” (F. Altheim, fonte qui: “Tre detti interessanti: Federico II, F. Altheim, Paracelso”). 

(*) “René Guénon”, articolo del 2007, da una vecchia community.



 


giovedì 9 aprile 2015

M. Marra sull’alchimia, Murro su Federico II; al convegno “Le Connessioni Inattese” (2007)

Si tratta di una piccola recensione dell’incontro su “Le Connessioni Inattese”, a Napoli (2007). 

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L’intervento più interessante è stato quello di Massimo Marra, che ha puntualizzato il senso dell’alchimia “tradizionale” in un Convegno che aveva spesso usato il termine alchimia (si presentava Aqua di Roberto Germano, con la spiegazione dell’omeopatia).


Si è presentato anche il Primo Quaderno di
Airesis, dalla Rete al libro, ha detto Marra, cammino inusuale rispetto al solito.


Il prossimo Quaderno sarà su Schwaller de Lubicz.


Intervento corredato da ricca iconografia, presa da molte fonti ben note a chi conosce la materia (Michael Maier, ecc.).


Marra ha ben puntualizzato come parlare di “certi” temi con l’inavvedutezza e la sciatteria linguistica di oggi sia molto fuorviante. Ha fatto l’esempio dell’enigma greco, quello che, non riuscendo a risolverlo, Omero ne morì.


La natura è enigmatica, così dev’essere il testo di chi mira a riecheggiarla, aggiungerei io: a “specchiarla” (“
Speculum Naturæ”).


Insomma: se non si mette in gioco la propria vita non si può penetrare nell’enigma della Natura e di Dio. Ha fatto vedere un’“imago” alchemica, dove il motto recita: “
Nil Sine Deo”. Pur con tutte le attenzioni “iniziatiche”, in definitiva il “frutto” è “Donum Dei”.


Aggiungerei: “E’ il **
miracolo** della Cosa Unica”, ed *ho super sottolineato* “miracolo” per evidenziare ciò che, ahinoi, a troppi sfugge. E’ stato un buon puntualizzare: Marra parla per ricerche sui testi. 
Nel Quaderno di Airesis, Marra presenta la *copia anastatica* di uno scritto alchemico da lui ritrovato alla Biblioteca Nazionale di Napoli, “piccolo tesoro” di Biblioteca, ne convengo, *ma molto ma molto mal servito*. Solo posteggiare è un’odissea, poi orari ed altre cose che non vanno: diciamocela *chiaro*, in Italia, o sei pagato da un’istituzione, oppure far ricerche “in proprio” è una vero “macello”.

C’è anche uno studio sulle pratiche dell’alchimia greca da parte di Paolo A. Rossi, studios
o di magismo rinascimentale (è recente un suo libro sulla “vexata quæstio” di un campano assai famoso, ma per i motivi sbagliati: Iordanus Brunus Nolanus; chi ne avesse la possibilità, faccia un salto a Nola, il cui centro è davvero grazioso, e neppure tanto male).


Marra ha sottolineato come l’alchimia sia una scienza “erratica” e che si muove costitutivamente su due piani: l’“oratorio”, quello spirituale, e il laboratorio, quello della trasmutazione materiale. Ha presentato molte immagini - una fra tutte: da Khunrath – che attestano il doppio “piano”. 

Il che risolve tante polemiche veramente *inutili* e senza senso.


Ha poi fornito una chiave di lettura: il tre che diventa quattro. Riportando le divisioni in “corpi” che Evola - ne
La Tradizione Ermetica - ha divulgato pur non essendone certo l’autore, i tre corpi sono: il corpo saturnino (corporeo), quello lunare (sottile, composto sia di sentimenti che di pensieri compost), quello solare (effettivamente spirituale).


Vi è poi il “
Mercurius philosphòrum”, suo compito è mediare la *Luna con il Sole*. Esso è “volatile”: *scopo dell’alchimia è “fissare” questo “volatile” in un “corpus”*. Per “corpus” deves’intender *non già* un insieme corporeo, fisico, bensì un qualcosa di “organizzato”, “strutturato” in modo *stabile*.

Scopo dell’alchimia è “fissare” questo “volatile”: di qui i tre che diventano quattro e i quattro tre che ha presentato nella davvero *ricca* serie d’immagini iconografiche, più eloquenti di mille discorsi, che Marra ha presentato.


La realizzazione al laboratorio è spesso solo un’ “estroversione” di uno “stato interiore” raggiunto. Ciò
non significa che il lavoro al laboratorio debba esser negletto, ma non funziona senza oratorio.

Avrebbe detto Guénon: i due elementi, sebbene relazionati, rimangono “gerarchizzati”.
Tutto davvero chiaro.


Per finire, Massimo Marra ha fatto un parallelo fra questo “
corpus merucuriale fixum” (direi di più: “fixatum”!) e il “mundus imaginalis” di Corbin, paragone fondamentalmente corretto.



Dopo Marra, un discorso di Murro, una giornalista di Potenza, su Federico II: pur senz’approfondimenti, è stato interessante per certe “leggende”. Tipo, Manfredi/Manfred dal color *verde*...! Lo si vedrebbe, le notti, attorno al Castello di Lapopesole. Allusione anche a Sir Gawain e il Cavaliere Verde?


Ovviamente, *non* al libro in se stesso [
Sir Gawain e il Cavaliere Verde], bensì ad un *tema*, che, fra gli altri, si è potuto esprimere in quel libro. 
D’altro canto, il verde è colore alchemico…


La “testa”, il “
caput”, presente in certi castelli federiciani, un simbolo ricorrente: simbolismo ermetico? D’altro canto, lo si sa, Federico II era un “ermetizzante”.


La testa con le orecchie d’asino...?! Già, a Lagopesole la testa ha quelle orecchie.
Beh, qui ci sarebbe *molto* da interrogarsi!


Di certo, *non* vuol dire semplicemente che l’imperatore “ha buon udito” (come spiega la Murro), rispetto a ciò che i sudditi fanno (tra l’altro, è una sala interna, dove credo che i “sudditi” non avessero facile accesso!).


E’ davvero un asino? O una lepre, immagine del “volatile” Mercurio, come, rettamente, interpreta Marra?


Se davvero è un asino, qual n’è il senso?


C’è di che riflettere su tutti questi temi, e a tali riflessioni lascio ch
i davvero volessero farlo.


“René Guénon”, articolo del 2007, da una vecchia community

Quest’articolo di anni fa (2007) si manteneva del tutto “neutro” rispetto allislamizzazione dell’opera di Guénon, e nasceva in community proprio in relazione alle discussioni - e polemiche inutili - riguardo al detto problema dellislamizzazione cui l’opera di Guénon è andata, più o meno inevitabilmente, incontro. Qualche correzione è stata necessaria, ma senza cambiarne nulla di essenziale.


Una riflessione: Ma a che serve criticare la modernità se poi se ne rimane profondamente intaccati nel pensare profondo e non verbale, vien fatto da chiedersi, quando si vedono reazioni di un “certo” tipo....

Veniamo a nøi. Come si dice di seguito: “Non è possibile riassumere in poche parole l’opera di Guénon. Quel che si può fare, piuttosto, è sottolinearne talune direttive fondamentali, lasciando al lettore il compito, se vuole, di scoprirla - o ri-scoprirla - e di farsene una sua idea.”

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Introduzione

 
René Jean-Marie-Joseph Guénon (Blois, 15 novembre 1886 - Il Cairo, 7 gennaio 1951), è stato autore di numerosi testi il cui scopo generale è [era] quello di risvegliare, specificatamente nel lettore occidentale, la consapevolezza di un patrimonio di conoscenze tradizionali ormai dimenticate.

Alle accuse di presentare un proprio sistema filosofico sostenuto da punti di vista personali, Guénon rispose di non riportare altro che dati rintracciabili in qualsiasi forma puramente tradizionale (e, per chi voglia approfondirne i contenuti, questo è effettivamente riscontrabile). 

La sua opera è precisamente diretta all’esposizione, nel modo più fedele possibile, delle dottrine tradizionali, ridefinendo la nozione di metafisica e adattando ad essa una terminologia che fosse comprensibile nei tempi attuali. 

L’opera di Guénon ha caratteristiche tali da poter svolgere una funzione di risveglio nei confronti di coloro che, non avendo altra formazione che quella costruita sulle teorie scientifiche moderne, non possono figurarsi alcuna prospettiva di sviluppo delle proprie potenzialità in senso tradizionale, sviluppo che può invece indirizzarsi verso possibilità di realizzazione della propria natura essenziale.

René Guénon iniziò a pubblicare articoli sulla rivista La Gnose nel 1909 e pubblicò il primo libro nel 1921 (Introduzione generale allo studio delle dottrine Indù). In questi primi vent’anni del 1900, mentre da un lato ottenne ricollegamenti iniziatici a Taoismo, Massoneria e Sufismo (ambito quest’ultimo dove sarebbe stato conosciuto con il nome iniziatico di ‘Abd al-Wâhid Yahyâ, ovvero Giovanni Servitore dell’Unico), dall’altro si introdusse negli ambienti teosofici e spiritistici francesi dell’epoca allo scopo di smascherarne gli attributi, a suo dire, profondamente anti-tradizionali. 

Ne risultarono due libri (Il Teosofismo, storia di una pseudo-religione del 1921, ed Errore dello spiritismo del 1923), nei quali venne chiarita con estremo rigore metodologico la falsità di tali pseudo-dottrine. 

Ma fu con il volume successivo, Oriente e Occidente del 1924, che Guénon chiamò decisamente gli occidentali alla necessità di ri-formare quella élite, esistente fino al Medio Evo nell’ambito della cristianità e ormai dissolta, in grado di dialogare con i rappresentanti delle corrispondenti élites delle tradizioni orientali e del centro spirituale supremo da lui poi descritto ne Il Re del Mondo (1927) e che, soprattutto, potesse conservare il nucleo della tradizione in Occidente in vista dell’avvicinarsi del termine dell’attuale ciclo temporale e dell’inizio del successivo.

Successivamente, Guénon pubblicò un vasto numero di studi concernenti la critica alle concezioni moderniste (Il Regno della Quantità e i Segni dei Tempi, La Crisi del mondo moderno), la natura e la funzione dell’iniziazione (Considerazioni sull’iniziazione, Iniziazione e realizzazione spirituale, Autorità spirituale e potere temporale), lo studio del patrimonio simbolico nei diversi adattamenti locali dell’unica “Tradizione Primordiale” (Studi sull’esoterismo cristiano, Studi sulla Massoneria e il Compagnonaggio, I simboli della Scienza Sacra, Studi sull’esoterismo islamico e il taoismo, La Grande Triade, Studi sull’induismo) e l’esposizione dottrinale delle concezioni relative alla collocazione dello stato umano nella successione indefinita degli stati dell’Essere (L’uomo e il suo divenire secondo il Vêdânta, Il simbolismo della croce, Gli stati molteplici dell’essere). Guénon fu inoltre autore di altri studi specifici (L’esoterismo di Dante, San Bernardo, I princìpi del calcolo infinitesimale, Forme tradizionali e cicli cosmici). 

Alcuni dei volumi succitati sono raccolte postume di articoli scritti principalmente per la rivista Le Voile d’Isis, che sotto la sua guida venne rinominata Etudes Traditionnelles.

Quanto a notizie biografiche in senso stretto, avendo René Guénon in vita dichiarato di non ritenere importante il soffermarvisi poiché poco indicative della natura essenziale di ogni essere e della funzione che è chiamato a svolgere, ci si può limitare a segnalare che Guénon visse per lungo tempo a Parigi, dove ebbe una prima moglie che in seguito morì, si trasferì quindi a Il Cairo (Egitto) nel 1933 dove si risposò e visse fino alla morte nel 1951, lasciando quattro figli, di cui uno postumo.

 

La Tradizione e la “Crisi del mondo moderno” in Guénon


Non è possibile riassumere in poche parole l’opera di Guénon. Quel che si può fare, piuttosto, è sottolinearne talune direttive fondamentali, lasciando al lettore il compito, se vuole, di scoprirla - o ri-scoprirla - e di farsene una sua idea.

L’opera completa di Guénon, esaminata come un tutto, si può considerare come composta di due parti: l’esposizione fondamentale della Traditio, “la” Tradizione, e un discorso, articolato e attualizzato, sulla deviazione-degenerescenza del mondo moderno. Le due parti formano un tutto non separabile se non artificialmente: sono sintesi e non sincretismo, per usare una distinzione spesso utilizzata da Guénon.

Riguardo la Tradizione, essa non è il mero insieme di usi e costumi, ma invece una Conoscenza di origine non-umana (apaurusheya). La Conoscenza è, in definitiva, identificazione. La logica, cioè il mentale, è solo una modalità espressiva. 

La Conoscenza è intuizione intellettuale, ovvero identificazione fra soggetto ed oggetto. Il mentale ha, dunque, uno scopo introduttivo a tale alto fine. 

Compito vero della Traditio è far scorrere questa Conoscenza nel flusso dell’umanità sulla Terra.

Leggendo Guénon, si apprende che il mondo tradizionale si articola sostanzialmente in due componenti principali: il dominio iniziatico (esoterismo) e quello religioso (exoterismo o essoterismo), distinzione che è connessa con i due destini nell’oltretomba. Tale distinzione è necessaria nel momento in cui si consideri l’intima costituzione dell’essere umano, così come tramandata dalla Tradizione: il complesso composto fisico-psico-spirituale dell’essere umano (questo genere di considerazioni sui ternari Guénon la sviluppò soprattutto ne La Grande Triade) non può sussistere inalterato dopo la morte, che non è la mera scomparsa del corpo fisico ma, nelle regioni del post-mortem, comunque le si vogliano intendere, il perdurare di tale composto continua solo fino alla scomposizione della parte psichica in senso stretto: la cosiddetta seconda morte (per inciso, questo fatto, a suo avviso, era la riprova della falsità delle teorie reincarnazioniste dello spiritismo). 

Scopo dell’exoterismo è di consentire, per il tramite di una fede sincera in un Salvatore, il perdurare della parte animica in un paradiso. E questa è la via religiosa (o exoterica). La via iniziatica esoterica ha, invece, lo scopo di far superare il mondo animico e le sue limitazioni: essa è la via dell’ Unificazione della componente spirituale dell’individuo (Ātman) con la propria Fonte (il Principio Universale, Brahman) dalla quale essa non è realmente distinta se non in modo illusorio. 

Essa è per coloro per i quali il Paradiso è ancora una prigione (detto sufico riportato da Guénon). 

Sul sentiero iniziatico vi è una fase meramente virtuale, ovvero potenziale, ed un’altra attuale, cioè effettiva: è in quest’ultima che si realizza l’identificazione che è oggetto della Conoscenza e che consente all’essere umano di abbandonare l’illusione dell’individualità.

Poiché un essere che osserva da un punto di vista individuale non può sapere cosa si celi dietro di lui stesso, per avanzare in un reale cammino iniziatico è necessario un Maestro (o guru), nozione assai spesso distorta dalle degenerazioni dei tempi attuali e spesso utilizzata da falsi istruttori spirituali

Secondo la Tradizione, il vero Maestro è il maestro interiore, presente in ciascun essere umano in virtù della propria compartecipazione all’Unità. Pertanto, il vero maestro esteriore è colui che cerca di condurre il viaggiatore spirituale il più presto e nelle migliori condizioni al cospetto del vero Maestro: quello interiore. 

Per fare questo, un maestro esteriore dovrà guidare l’individuo attraverso quella fase assai pericolosa, più o meno lunga a seconda della natura di ciascuno, nella quale c’è il pericolo di cadere in una sorta di distorta illusione spirituale (Guénon contribuì a smascherarne alcune, Teosofia e Spiritismo; oggi ve ne sono certamente altre, ma si può certamente cadere in tali illusioni anche seguendo forme tradizionali ortodosse).

Questo tema introduce al secondo grande argomento dell’opera di Guénon: quello relativo alla “crisi del mondo moderno”. 

Una civiltà si evolve per fasi progressive passando, per cadute successive, da una Età dell’Oro in cui i princìpi spirituali informano pienamente l’esistenza degli esseri, a una Età del Ferro (la nostra attuale) nella quale è portato all’estremo ciò che Guénon chiama Il Regno della Quantità (vedi opera omonima del 1945), dove la centralità delle cose viene ridotta a un puro aspetto quantitativo e materialistico

Una volta che questo processo di cristallizzazione sia portato alle sue estreme conseguenze, ne subentra necessariamente una tendenza neo-spiritualistica, ma proveniente dal basso, ovvero da forze che Guénon chiama contro-iniziatiche in quanto agenti in funzione di uno sbilanciamento dissolutivo invece di un accentramento unitario. 

Guénon mette fortemente in guardia rispetto alle apparenze che tali forze possono prendere: il loro dominio è essenzialmente sottile, e non necessariamente riconoscibile da un punto di vista grossolano. 

Esse fanno leva sull’illusione (derivata da una mancanza di vera conoscenza) che si possano ottenere progressi spirituali esasperando forme esteriori, e non va esclusa la possibile manipolazione di forme religiose exoteriche tradizionali, ciascuna delle quali, nella misura in cui ha tagliato le radici con la rispettiva componente esoterica, è vulnerabile a questo tipo di suggestioni. 

In virtù della ciclicità e della successione delle epoche (vedi Forme tradizionali e cicli cosmici), questa tendenza alla dissoluzione dovrà portare a ciò che in tutte le tradizioni corrisponde alla “fine dei tempi”, in linguaggio cristiano detto Regno dell’Anticristo, il quale sarà una vera e propria parodia della spiritualità primordiale in chiave contro-iniziatica. 

Essendo del tutto illusorio, questo regno dovrà a sua volta cadere, avendo con ciò portato ad esaurimento le possibilità discendenti del presente ciclo, e fare spazio a un nuovo ciclo, ovvero alla restaurazione della Tradizione Primordiale, la quale non può essere identificabile con una qualsiasi delle forme religiose odierne, in quanto tutte da essa sono derivate per adattamento di tempo e di luogo. 

Come si manifesterà questa restaurazione dell’Ordine principiale, sottolinea Guénon, non ci è dato saperlo.

 

Bibliografia


(Le date fanno riferimento alla prima pubblicazione in lingua francese)

Introduzione generale allo studio delle dottrine Indù (1921). Il Teosofismo. Storia di una pseudo-religione (1921). Errore dello spiritismo (1923). Oriente e Occidente (1924). L’esoterismo di Dante (1925). L’uomo e il suo divenire secondo il Vêdânta (1925). La crisi del mondo moderno (1927). Il Re del Mondo (1924). Autorità spirituale e potere temporale (1929). San Bernardo (1929). Il Simbolismo della Croce (1931). Gli stati molteplici dell’essere (1932). La metafisica orientale (1939). Il Regno della quantità e i Segni dei Tempi (1945). Considerazioni sull’iniziazione (1946). La Grande Triade (1946). I principi del calcolo infinitesimale (1946).

Pubblicazioni postume:

A cura di Jean Reyor (alias di Marcel Clavelle): Iniziazione e realizzazione spirituale (1952), Sull’esoterismo cristiano (1954). A cura di Michel Vâlsan: Simboli della Scienza sacra (1962). A cura di Roger Maridort: Studi sulla Massoneria e il Compagnonaggio (1964), Studi sull’induismo (1966), Forme tradizionali e cicli cosmici (1970), Comptes rendus (1929-1950) (1973), Scritti sull’esoterismo islamico e il taoismo (1973), Mélanges (1976). A cura di Alessandro Grossato: Psychologie (2001).



“THE WORD OBEAH What Does It Mean, How Does It Work?” the Wanderling, link


Da un sito “ben informato”: 


lunedì 6 aprile 2015

Sir I. Newton’s “THE CHRONOLOGY OF ANCIENT KINGDOMS AMENDED”, link su project Gutenberg


Sir I. Newton, “THE CHRONOLOGY OF ANCIENT KINGDOMS AMENDED.”, projectgutenberg.org

A quanto pare, Newton era particolarmente interessato al Tempio di Salomone; ecco il link, dal “The Chronology of Ancient Kingdoms amended”, capitolo 5, The Temple of Salomon: Chapter 5: A Description of the Temple of Solomon, fonte: “The Newton Project”.  



Le controverse teorie di Waddell, links

Il link da Wikipedia - purtroppo soltanto in inglese (in italiano non c’è) - è qui: Laurence Waddell, Wikipedia The Free Encyclopaedia. In relazione al precedente link [Due immagini da L. Austine Waddell, “Lhasa and Its Mysteries”, Cosmo Publications, New Delhi (1996, reprint)], le teorie di Waddell si trovan qui: Waddell’s Theories (Wikipedia link). Secondo lui, i Siro-Hittiti e i Fenici sarebbero stati i primi colonizzatori delle Isole Britanniche. Una simile teoria non poteva renderlo molto ben accetto agli ambienti accademici senza dubbio... 

Inoltre sosteneva che il linguaggio degli antichi Sumeri fosse una forma di indoeuropeo, la qual cosa sembra oggi dubbia, pur non essendo il sumero semitico - su questo ultimo punto, invece, non vi è alcun dubbio. 

Sviluppò pure tutto un discorso sulla cronologia che è tutto particolare e sul quale - di nuovo - vi è solo il link in inglese in Wikipedia: Waddell’s chronology. From Wikipedia, the free encyclopedia

A proposito di cronologia, è interessanto il libro “segreto” di Sir Isaac Newton a tal riguardo (di nuovo, ahinoi, in anglo sol tanto), pubblicato soltanto postumo (nel 1728), per di più in edizione limitata: The Chronology of Ancient Kingdoms, Wikipedia the Free Encyclopaedia



Dappoiché mi sovvien, a tal riguardo, il libro di Ch. Hapgood “Maps of The Ancient Sea Kings” (peraltro pubblicato anche in italiano - che strano! - qualche anno fa), ecco un link eventualmente inutile, e stavolta in italiano (!): ‘I MISTERI DELLA MAPPA DI PIRI REIS’, di Diego Cuoghi
Da quest’ultimo sito, anche i planisferi di Buache e Finaeus: Buache 1, da diegocuochi.com; Buache 2, da diegocuochi.com; Finaeus, diegocuochi.com.