sabato 24 ottobre 2020

L’impotenza della “grande potenza” della tecnologia

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

“Non essere troppo fiero di questo terrore tecnologico che hai costruito” (“Star Wars”), è bastato un virus di media potenza e tutto è andato in frantumi, e mo’ ferma gli asteroidi, amico … risolvi il riscaldamento globale ….

La cosa fa ridere …. La politica – ma in realtà l’ intero mondo moderno – essendosi data mani e piedi alla potenza della tecnica, constata che quest’ultima non fa che espandersi, ma che ha – ed ecco l’ “Effetto Covid” – le sue falle, i suoi punti deboli ed il suo “tallone d’Achille” e, cosa ancor più importante, constata – senza poterci far nulla, beninteso, se non “cercare la colpa”, cosa che non risolve alcunché – constata che la potenza della tecnica non ha in sé altro scopo se non espandersi per i propri scopi, e non per gli scopi appioppatigli su da chi ha tentato, senza successo, di dominarla ma che l’ha, con successo, scatenata …

Purtroppo sì, fan ridere solo, ma di un riso sardonico, triste, simulacri di libertà si agitano su di un palcoscenico vuoto, proteste inutili riverberano nell’etere, ascoltate anche da degli altri “pianeti”, chiamiamolo così, e i “nani” sanno bene, ormai, che la Muraglia è sguarnita …

Sanno bene che si tratta solo dell’eco di un’arpa eolica che nessuno sa più suonare[1].

 

 

La risposta sarà una digitalizzazione estrema, dunque la società diverrà sempre più folle, ingovernabile mentre in apparenza il controllo sarà estremo, l’individuo sarà schiavizzato, ma la società sarà ingovernabile (un paradosso solo apparente). L’ “implosione” di cui parlava Baudrillard “illo tempore[2] noi la vediamo accadere sotto i nostri occhi: “scientificamente” molto interessante, “vitalmente” non molto, son tempi nei quali è difficile viere, viver bene, poi, quasi è impossibile.

Ora però, “qualcuno” – del tutto a caso – chiamerà alla rivolta globale contro tutto ciò, questa reazione che vediamo crescere ogni giorno che passa. Reazione esagerata per cose sostanzialmente di mero, piatto buon senso, e nessuna reazione per ciò che davvero sta succedendo: un classique n’est-ce-pas??

L’impotenza della grande potenza è un qualcosa che si nota ed all’ennesima potenza e che qualcuno, in effetti, già notòillo tempore[3]. Ciò non significa, tale impotenza, intendo, le cose finiranno né cambieranno direzione, anzi è vero il contrario. Tale potenza– “rabbiosa” – si sfogherà in un mondo sempre più digitalizzato, dove, letteralmente, la tecnica sarà usata contro l’individuo umano.

E su ed in un tal mondo, mondo d’orrore, quello dell’orrore sociale che succede all’ “orrore economico” (espressione non mia), e su ed in un tal mondo si verificherà l’ evocazione” finale. Dipoi, su ed in un tal mondo si leverà l’ “Ora” – finale – dopo, però, che, con modalità del tutto imprevedibili oggi, anche – se non soprattutto – da chi si dice “tradizionale”, non avvenga una “rettificazione” volta, naturalmente, a fornire, a quelli che avranno conservato “intelletto sano”, l’opportunità di scelta, cosa doverosa, cosa necessaria, cosa che dovrà pur essere.  

 

 

 

 

 

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[1] “Perché allora non esaminare lo «sbarramento contro Gog e Magog» effettuato da Alessandro ed ancora narrato nella xviii Sūra del Corano, quella stessa Sūra che tratta della risurrezione dei pesci portati da Mosè come provvista, avvenuta alla «confluenza dei fiumi»? Questo «sbarramento» è uno dei grandi temi delle tradizioni popolari medioevali, mantenuto vivo e pauroso dall’ improvvisa comparsa delle orde mongole. Dice la leggende che Alessandro aveva fatto costruire delle porte di ferro nei valichi di montagna e che la mostruosa genìa degli Unni, spargendosi sulle sconfinate pianure dell’Asia, era stata tenuta a bada dal suono di trombe proveniente dal passo, che significava la presenza di un conquistatore apparentemente immortale, l’eroe «bicorne» di guardia ai passi. Ma improvvisamente le trombe avevano taciuto, e un nano dell’orda si arrischiò a salire fino al passo e lì trovò la porta abbandonata. Le trombe erano soltanto delle arpe eolie, ridotte al silenzio da una tribù di gufi che vi aveva nidificato”, G. de Santillana – H. Dechend, Il mulino di Amleto, Adelphi Edizioni, Milano 19, pp. 371-372, corsivi miei. Su Gog e Magog cf. “Martin Mystère” n°371, intitolato Gog e Magog, ottobre 2020, ma vi sarebbe molto da dire su quel che, in realtà, è solo fiction. Poiché, in effetti, le stirpi di Gog e Magog” (“nani” ed insieme “giganti”) non sono un popolo, col quale identificarlo e coi quali son stati variamente identificati, prima i Goti, poi gli Unni, poi per finire i Tartari ovvero i Mongoli. Essi sono forze “corporeizzabili” e “corporeizzanti” (cioè che cercano la “corporeizzazione”), ma, nondimeno, non sono forze corporee … Chi ha orecchie per intendere, intenda, teatro tenda …

Sui Mongoli – i “Tartari” (che, in realtà, erano nemici dei Mongoli, Tartari che Gengis Khan detestava, tra l’altro) – è interessante l’immagine degli sfuggenti Tartari de “Il Deserto dei Tartari”, film del 1976. Il film è di solito interpretato come quello del “destino che non arriva” e del rimando continuo e del bene che c’è anche in quest’ultimo, ma vederlo un tempo e rivederlo quest’oggi ce lo fa vedere sotto un’ottica del tutto differente, a dimostrazione di quel che diceva Gurdjieff, che tu puoi aver letto, oppure visto, la stessa cosa in due momenti diversi della vita eppur comprendere la stessa cosa da due punti di vista ben differenti. Oggi il nostro punto di vista non è più il rimando senza fine, cui occorre far buon viso e trovarvi comunque del buono, ma invece i Tartari, da tanto tempo furtivi e nascosti, salvo qualche apparizione qua e là, finalmente vengono, quando la fortezza Bastiani è quasi svuotata e non ha più alcun seno per coloro i quali l’avevano fondato: un’immagine moto calzante a riguardo della nostra situazione.  

La copertina di una delle prime edizioni del libro, di D. Buzzati, dal quale il film è tratto, cf.

https://miro.medium.com/max/700/1*c-Hzd7A9in0Vp_84czW0BQ.jpeg.

Un cavallo bianco dei Tartari, dal film, cf.

https://asakaltrove.com/wp-content/uploads/2014/03/Il-deserto-dei-Tartari.png.   

Sui Mongoli scambiati per Tartari, cf.

https://miro.medium.com/max/700/1*c-Hzd7A9in0Vp_84czW0BQ.jpeg.

Ed ecco il fotogramma – dal film, in questione, del ’76 – quando i Tartari, finalmente, dopo tante furtive, nascoste, piccole apparizioni, arrivano. E si mostrano, cf.

https://jeffstafford76.files.wordpress.com/2013/02/dati5-tartars.png.  

[3] “L’Europa è fiera della sua organizzazione e della efficienza tecnica e scientifica. Aspetto che tale organizzazione diventi perfetta: allora un bambino la distruggerà”, Sri Aurobindo. Era l’inizio del sec. XX, probabilmente 1912 o 1910 (cf. Satprem, L’uomo dopo l’uomo, Edizioni Mediterranee, Roma 1981, p. 156: ricordo perfettamente questo testo, dove, tra l’altro, si parla del problema del petrolio, che ci sarà, si parla, ormai apertamente, del Peak Oil come inevitabile, per quanto non immediatamente veniente) …

 

 

 

 

 

 

 

giovedì 22 ottobre 2020

In realtà è l’Occidente che si è perso (cose già dette nel blog … e da UN BEL PO’ di TEMPO)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il Covid ha goduto di tanta sottovalutazione, superficialità e minimizzazione, che ne hanno acuito non poco gli effetti.

La crisi economica non è in alcun modo evitabile. Non solo: ma ogni tentativo di evitare la crisi non potrà che acuirla. E, probabilmente, il mito della sua “evitabilità” sarà usato da certe agenzie: basta convincerne laggente dicendo sempre le stesse cose, e diventerà “vero”.

Vulgus vult decìpi.

 

 

Qualcosa non quadra: per una mascherina tutto ‘sto bailamme, quest’ “ambaradan”, e per la dismissione della “libertà individuale”, che avviene da molti anni ormai, niente, nessuna protesta, silenzio tombale: strano. Ma poi neanche tanto.  

Cui prodest una tale protesta, così diffusa nel mondo per mezzo dei social, ed ora? E senza dubbio “rinforzata” – nel senso di Vallée – e non poco? Rimane minoritaria perché laggente ha paura, è un fatto (ed ha ragione di averne: sa per esperienza, non a chiacchiere, che i “ricchi e famosi” si salveranno e per loro ci sarà qualche lentezza, qualche problema, e, una volta che il guaio sia fatto, non potrà più tornare indietro: dunque ha ragione[1][i]).

Sempre “no”, sempre “no”, ma chi dice “no” esso stesso non ha che “no” da proporre, cioè non ha alcuna soluzione al problema.

“Non pensare di chi è la colpa, risolvi il problema!”. Ma non ne sono in grado, sia chi è travolto dalla crisi ed annaspa – perché questo è, di fatto – sia chi dice solo “no” ed accampa il simulacro – peraltro ridicolo – della “libertà” ottocentesca, di quando c’erano le carrozze e al massimo il treno a vapore. Ma è impossibile che si risveglino costoro. Diceva Dostoevskij: “Se avessi voluto aspettare che tutti fossero diventati intelligenti, sarebbe passato troppo tempo... Poi ho capito anche che questo momento non sarebbe arrivato mai, che gli uomini non cambieranno mai e che nessuno riuscirà a trasformarli e che tentar di migliorarli sarebbe fatica sprecata!”. Altra frase, in inglese, dello stesso autore: “Nature doesn’t ask your permission; it does not care about your wishes, or whether you like its laws or not. You’re obliged to accept it as it is, and consequently all of its consequences as well.” Ed è proprio questo fatto che dà tanto fastidio, oggi, perché “forail compiacimento della e nella “bolla tecnologica” in cui vie il mondo, in particolare l’Occidente, cosicché non è casuale che proprio qui si abbiano le maggiori resistenze e che proprio qui si abbia l’epicentro della crisi in atto. Ma, purtroppo per loro, è, e rimane, un fatto e non un’opinione. Ma per loro tutto è opinione, ed ecco al “doxamania” occidentale. la democrazia è al “doxacrazia”, per cui nei regimi democratici – d’origine liberalistica ma divenuti “di massa” e che usano la tecnica come strumento di controllo – nei regimi democratici, si diceva, si verifica il massimo di crisi, con il massimo d’impotenza.

 

 

 

Capisco che dire “il re è nudo” non abbia proprio alcuna possibilità di ascolto in questo tempo.

Sta di fatto che il re è nudo. Ma qui vi è tutto un mondo che crolla.

Un mondo che si auto basa su di una pretensione di “razionalità” che, però, non è affatto vera[2]. “Parimenti, secondo il Saddharma-Pundarika: ‘Nell’orribile epoca della fine [oggi], gli uomini saranno malevoli, falsi, cattivi e ottusi [soprattutto], e immagineranno d’aver raggiunto la perfezione [oggi] mentre non sarà affatto vero [esatto]’[3].

 

 

 

 

 

 

 

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[1] Ricordo mio padre che sempre diceva: “E’ solo l’1%, sì, ma se prende te, allora è il 100%” … La fortuna se la ride del calcolo della probabilità. Ed anche il destino. La natura, poi, ha dimostrato che, se vuole, può far inceppare il complicatissimo sistema tecnico costruitosi per mezzo degli esseri umani … Quindi meglio far funzionare il cervello e pensare a sopravvivere. Del resto ci occuperemo dopo. Nelle grosse crisi si fa. E questa è una grossa crisi collettiva, che si riverbera nella vita dei singoli e delle famiglie, dove più dove meno, ma nessuno può dirsene in qualche modo “esente”, il che non vuol dire affatto che il virus agisca come una “livella”, quando è vero l’ opposto: il virus acuisce le differenze, spingendo a far esplodere le contraddizioni. Ma, perché questa esplosione possa rivelarsi, dev’essere fermato: ecco il paradosso. Inoltre, le contraddizioni mica le ha accumulate il virus … C’erano già da ben pria (poetico ed anche un po’ etico, ma non etilico …).

Ricordo sempre quel che diceva Gurdjieff, sopravvissuto a guerre, rivoluzioni, rivolgimenti e rivolte, che se la rideva delle false sicurezze. E attenzione alla tremenda “infodemia” inutile dei nostri tempi, che aumenta solo il “rumore di fondo” sistemico, tra chi la vuol cruda e chi la vuole cotta.

Lo scopo sembrerebbe proprio l’esser arrivati a tale disorientamento collettivo: se questo era, ci son riusciti. Ed è bastato che la narrativa in apparenza (pseudo) “contro informativa” prendesse piede sui social perché si giungesse a un tal disorientamento collettivo. Chi volesse, dopo un disorientamento di tale grossa entità – e “globale”, globale! –, instillare una serie di “suggestioni” collettive, vedrebbe la sua opera facilitata, senz’alcun dubbio.  

[3] F. Schuon, L’Occhio del Cuore, Edizioni Mediterranee, Roma 1982, p. 81, in nota, corsivi in originale, miei commenti fra parentesi quadre. 

 

 

 



[i] Le “illusioni nelle quali si culla ‘laggente’” … «Ad una delle riunioni seguenti si parlò ancora una volta delle vie. “Per un uomo di cultura occidentale, io dicevo, è naturalmente difficile credere o accettare l’idea che un fachiro ignorante, un monaco ingenuo, o uno yogi separato dal mondo possano essere dell’evoluzione, mentre un europeo colto, armato della sua ‘scienza esatta’ e degli ultimi metodi d’investigazione [che oggi son ben più “avanti” dell’epoca di cui qui si tratta], non ha alcuna possibilità e gira in cerchio dal quale non può sperare di uscire [anche se così è davvero]”. “Sì, è perché la gente crede nel progresso e nella cultura, disse G., Ma non vi è nessun progresso di nessun  genere. Ogni cosa è esattamente com’era migliaia e decine di migliaia di anni fa. La forma esteriore cambia. L’essenza non cambia. L’uomo resta esattamente lo stesso. Le persone colte e civilizzate vivono con gli stessi interessi dei selvaggi più ignoranti. La civiltà moderna è basata sulla violenza, al schiavitù e le belle frasi [quelle di “democrazia” e di “popolo” sono tra le più costanti e di “successo”, ma non uniche]; ma tutte le belle frasi sulla civiltà ed il progresso non sono che parole”. Questo naturalmente produceva un’impressione particolarmente profonda su di noi, poiché veniva detto nel 1916, quando l’ultima dimostrazione della ‘civiltà’, una guerra quale il mondo non aveva mai visto [come oggi la pandemia, che non riescono a contenere, nonostante tutta la “civiltà”, per meglio dire la tecnica], non faceva che crescere ed ampliarsi trascinando milioni di uomini nella sua orbita. Mi ricordavo di aver visto alcuni giorni prima, sulla Liteyny, due enormi camion carichi fino all’altezza del primo piano di stampelle di legno nuove e neppure ancora verniciate. In quelle montagne di stampelle per gambe che non erano ancora state falciate, vi era un’ironia particolarmente cinica su tutte le illusioni in cui la gente si culla», P. D. Ouspensky, Frammenti di un insegnamento sconosciuto, Astrolabio Editore, Roma 1976, pp. 60-61, corsivi in originale, mie osservazioni fra parentesi quadre. Era il 1916, cioè cento quattro anni faNon molto appare cambiato … Direi solo: peggiorato, e molto peggiorato.

 

venerdì 9 ottobre 2020

Alterazione dei termini: dopo “comunismo e “fascismo”, ora “dittatura” ….

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Molti – parlando di “dittatura” sanitaria – fanno riferimento quindi a Foucault, ma Foucault stesso è molto deficitario **alla radice**, come ben si legge in vecchio, agile “pamphlet”: Dimenticare Foucault, del lontano **1977**, cioè ben 43 anni fa[1]

 

Considero lo studio dell’ “agil libretto” quanto meno una base minima – **minima** … –, tuttavia necessaria ed indispensabile, di discussione, mentre, al contrario, chi fa certe analisi (quelle della “dittatura sanitaria”) dimostra semplicemente che gli manca all’appello un’ intera generazione di riflessioni. Come se nulla nel frattempo fosse cambiato, come se ci fosse ancora il “comunismo” (ed è d’obbligo fare: brrrr ….), come se ci fosse ancora in carica Hitler (ed è obbligatorio qui l’esserne affascinati …), e cioè come se ci fosse ancora lo stato “forte” della metà del XX secolo. Ma non è così, non è così affatto. Dalla svolta della fine degli anni Settanta il potere statale è in declino, in un modo o nell’altro, a favore del potere di strutture private (su ciò eran concordi, seppur da degli angoli di visuale molto ma molto diversi, sia Baudrillard che Wallerstein). Non capir questo è non capir niente.

Di conseguenza: come mai nessuno protesta per tanti controlli – fatti da cose **private** (dove siamo, cosa desideriamo, dove andiamo, cosa diciamo) – e tanti protestano per le mascherine, cioè quel minimo di controllo (direi “medioevale” … [ironia e sarcasmo]), che lo “stato moderno” ancor esercita sulla cosiddetta “società”? E come mai, ancora, il controllo sul denaro elettronico (le banche centrali essendo strutture private con capitali pubblici, le altre banche, al contrario, essendo strutture private tout court) non ingenera tante proteste? Ne ho detto una, ma siamo controllati per strada (date un’occhiata a quante telecamere ci sono), sull’autostrada e per mezzo dei telefonini, ché, se non getti la batteria, sei sempre rintracciabile … Ma, ora, le mascherine generano tante proteste, forse orchestrate? O rafforzate – più probabile – da qualche meccanismo di rinforzo[2] costruito sui social[3]?

Tutto può essere, ma, come che siano le modalità di manifestazione, il fenomeno (ciò-che-appare), facciamo uno sforzo per spostarci sul piano delle cause, le forze che muovono davvero “ciò-che-appare”.

 

 

E veniamo, come suol dirsi, dunque, in medias res.

Qual è l’errore fondante Foucault: che quest’ultimo – con Sorvegliare e punire (ed epigoni vari [“varj”]) – prendeva come modello la prima fase della modernità e la prima fase dello stato moderno, pretendendo che la polverizzazione “informatica” (seguente alla fase passata) potesse essere la “risposta” alla “crisi dello stato **moderno**” nella quale siamo dalla fine degli anni Settanta – dalla fine degli anni Settanta … – del secolo scorso.

Al contrario, la polverizzazione informatica e digitale ulteriormente **indebolisce** lo stato moderno.

 

In realtà, ciò che viviamo è il processo di fine dello stato moderno … Ch’è uno stato **fallimentare**, non potendo esso – per ragioni strutturali e **non** episodiche affatto – mantenere le promesse fatte, quelle promesse sulle quali si basa. Sulle quali si fonda

Si sta capendo qual è “il” punto?

Troppo difficile, eh

Mette troppo in questione il presente

Per chi è consapevole di queste cose, le pseudo soluzioni del momento, dell’ “oggi”, fan solo ridere … O, piuttosto, non fanno ridere … Affatto!!

Sono il segno di ciò che sta avvenendo, dove i residui dello stato moderno vengono ulteriormente distrutti a fronte dell’avanzata dall’armata tecnologica, che usa pure i vari siti complottisti, che tanti complotti vedono fuorché quello che hanno sotto gli occhi … Quello che si sta sviluppando effettivamente

Dunque mentre in apparenza questo disorientamento usa la libertà ottocentesca per puntellare la sua propaganda, in realtà continua nel minare i residui dei vecchi stati liberali ed ottocenteschi. Vi è quindi diretta continuità fra la voga, iniziata con gli anni Ottanta pubblicamente – ma ben preparata nei Settanta –, della critica allo “stato” (moderno, occorre aggiungere, moderno) per la remissione[4] di tutto in mani private, e la pseudo critica, sia “populistica” che “complottista” cosiddetta, due livelli che si vanno saldando sempre più in modo evidente.

Di certo i termini, nell’epoca dei social, svolazzano senza più vincolo di relazione ad un significato, privi di qualsiasi referente “storico”: fine della storia.

Che senso ha ribadire il significato storico della dittatura, là dove la parola sopravvive, staccata dal significato che la storia le ha dato?? A niente. Oggi la differenza tra la simulazione e la realtà è sempre minore: di qui la forza della simulazione, dove un mondo di fantasmi si agita nelle decadenti menti umane, influenzandole senza posa. Una sorta di evocazione meramente tecnica, che però fa da pendant e da prodromo all’effettiva “evocazione” che verrà, di natura che il mondo moderno non può capire …

 

 

 

 

 

PS.

Su questi temi, rimando ad un post precedente, di prima che iniziasse la “fase acuta” della crisi, fase non ancora del tutto conclusasi (non parlo della fase delle conseguenze, che saranno di lungo periodo, ma della fase “acuta” …), cf.

https://associazione-federicoii.blogspot.com/2020/01/lo-stato-di-eccezione-globale-c-schmitt.html.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Andrea A. Ianniello

 

 

 

 

 

 



[1] Magistrali, semplicemente magistrali le pagine iniziali dell’agile pamele, laddove Baudrillard parlava dello stile di Foucault, specchio dei poteri che pretendeva di criticare, cf. J. Baudrillard, Dimenticare Foucault, Cappelli editore, Bologna 1977, pp. 65-67. Ecco quel che consiglio a molti: dimenticatelo questo Foucault … Seguendolo vi limiterete a rispecchiare lo stato esistente (ormai da tempo), dunque non è possibile alcuna operazione “critica”, non si “produce” – altro termine che gira e rigira nell’agile libretto – alcunché di “critico”, e cioè alcunché capace di “ridurre” la complicazione a termini più semplici, con lo scopo di ridurre la complessità di ciò che si ha di fronte, ma è solo possibile rispecchiarlo, e cioè l’esserne in pieno travolti … il fargli da sponda …

[2] Su tal tema, cf. J. Vallée, Il Collegio invisibile, Venexia Editrice, Roma 2017, pp. 187-198. A p. 187 vi è la seguente citazione, “calzante” in epoca di mascherina …: “Camilla: Signore, dovreste togliervi la maschera.

Sconosciuto: Davvero?

Camilla: Davvero, è il momento. Tutti abbiamo deposto i travestimenti, tranne voi.

Sconosciuto: Non indosso una maschera.

Camilla: (terrorizzata, rivolgendosi a Cassilda) Non ha una maschera? Non ha una maschera!

Il re giallo: Atto I, Scena 2, di Robert W. Chambers”, ivi, p. 187, corsivi in originale.

[3] Su tal tema, cf.

https://www.counterpunch.org/2020/10/02/why-is-the-world-going-to-hell/.

E, sì, quest’ultimo link è fra i pochissimi che, oggi, si renda conto che la vera “cospirazione” – attiva per lo meno da due secoli – si chiama capitalismo. E dire capitalismo significa dire scienza e tecnica.

Su ciò anche cf.

https://associazione-federicoii.blogspot.com/2014/10/non-il-sonno-della-ragione.html,

e cf.

https://associazione-federicoii.blogspot.com/2013/12/il-breviario-del-professor-dupin.html.

[4] Dunque anche manomissione. Quindi manipolazione, oggi anche della “mente del desiderio” collettiva, non più dei soli corpi. Oggi, che spettatore fa rima con consumatore.