Dunque la principale
grana dell’economia mondiale – D. J. Trump – ne ha fatta una delle sue, dopo la
grana dazi, che sembrerebbe andare verso una sua risoluzione, almeno parziale:
del tutto sordo ad ogni buon consiglio, come tutti i populisti peraltro, ha
compiuto un atto che può dar luogo a pericolose risposte da parte iraniana. Senza
contare l’altro grosso rischio: bisogna vedere se l’Iraq mantenga le truppe
americane sul suo territorio. Gli Usa, infatti, hanno questo punto debole: che
necessitano sempre di avere l’assenso
da parte dello stato dove allocano le loro truppe, delle quali hanno necessità
per i loro scopi.
A questo punto, finché il
tutto si risolvesse in rappresaglie che intervengano dal o nel Libano, e dunque
possano toccare anche Israele, la cosa rende ancor più aggrovigliato l’inestricabile
groviglio mediorientale, l’implosione degli stati continuerà ma la direzione
del mondo non sarà modificata. Sarà peggiorata ed approfondita la deriva, ma non
cambiatane la direzione.
Il problema è quello di
cui si è “parlicchiato” qua e là in questo blog, soprattutto nei commenti è un
altro. Se, invece di classiche ritorsioni e terrorismi vari, che ormai fa parte
del contesto “globale” come stato
normale (cose che, se fossero successe qualche decennio fa avrebbero
provocato le folle nelle piazze occidentali e non per le solite rivendicazioni populiste), l’Iran decidesse di attaccare lo Stretto di Hormuz,
vitale per i traffici petroliferi, non dico bloccandolo, ma, per lo meno,
rendendone meno facile l’attraversamento, le conseguenze sarebbero molto grosse. Molto. Allora, sì, davvero, si potrebbe parlare di cambiamento di
scenario e di ripetizione – in forme
diverse – dello shock petrolifero degli Anni Settanta, che, poi, portò a
pensare molti.
Infatti sia il consumo
di petrolio sia la dipendenza da quest’ultima risorsa son aumentati nel corso dei decenni, dagli Anni Settanta,
nonostante le sciocchezze che si dicono per il “green new deal”, che non è
affatto “new”, la realtà è non solo
diversa, ma è l’opposto, l’opposto! L’auto elettrica? Si può
fare, ma come si produrrà l’energia elettrica? Ancora … col petrolio!
Ora però, rispetto alle
sciocchezze del “peak oil”, come strillo “complottistico” e scandalistico –
figlie precisamente di quegli anni, e del ritorno della “penuria” come unico
referente di senso, avrebbe detto Baudrillard, in un sistema le cui finalità
ormai però erano prive di senso, avrebbe però aggiunto … - oggi, grazie al
cosiddetto “fracking”, la penuria non c’è. Ma rimane il problema del fatto che
una parte molto rilevante dei traffici petroliferi globali passi per lo Stretto
di Hormuz, ed un ricatto petrolifero da parte iraniana, che abbia come oggetto questo
stretto, avrebbe, piaccia o non piaccia, un effetto irreversibile sull’economia
del globo, riaprendo scenari dimenticati dagli Anni Settanta (e dei quali si è “parlicchiato”
su questo blog[1]),
ovviamente riaggiornati e non certo meramente ripetuti. Similarità sì, ma in
contesti ben differenti, ben diversi.
Ora questo ci potrebbe
far entrare in uno scenario da “emergenza”, e cioè quello di cui parlava C.
Schmitt[2]?
E sarebbe utile per lo scopo di fare quella “dystopia” di cui sì è anche
parlato, e questa volta molto esplicitamente, in questo blog?
O invece lo stato d’emergenza
globale dev’esser visto da un’ottica à la
Virilio, di cui anche s’è detto in questo blog[3]?
Oppure si tratta di un misto fra le due cose, in un’inedita costellazione storica?
Lo si vedrà senza
dubbio.
Non è affatto vero che abbiamo
davanti a noi la lotta fra le democrazie e le oligarchie, fra le democrazie “occidentali”
e le “oligarchie” orientali che, talvolta, virano verso dittature vere e
proprie. Siamo invece di fronte alla lotta fra due oligarchie. Quelle occidentali
– in crisi e rose all’interno da lotte intestine – hanno una maschera
democratica; quelle orientali – più capaci d’imporre una unità, per lo meno
apparente – tendenzialmente prive di questa maschera, ma ciò non è sempre vero.
Le oligarchie mascherate da democrazie – cioè “l’ Occidente” di oggi – sono andate in
crisi: i loro vecchi ceti dirigenti, che avevano dato luogo alla
globalizzazione, senza prendere in alcun conto la possibilità che tal processo
si sarebbe potuto riversare su loro stessi ponendoli in crisi (eh no, era
impossibile: avevano vinto la “guerra santa” contro il comunismo, e, dunque,
ogni cosa era loro permessa, e, soprattutto, tolto di mezzo il cattivo
comunismo ecco che davanti qualsiasi cosa era possibile e le cose non avrebbero
“mai” potuto prendere una piega cattiva, il mercato è “il bene”, “assoluto”,
per costoro: abbiamo visto i risultati, sotto gli occhi di tutti). A seguito
della crisi, le classi medie si sono rivoltate, al livello della loro
proverbiale scarsissima intelligenza ed ottusità doc. E ne son venuti fuori
Trump ed i suoi emuli, i “populismi”, appunto, con la loro qualità pessima
rispetto alla qualità cattiva delle classi dirigenti che avevano guidato l’Occidente
dopo la cosiddetta “fine del comunismo” – che non
è stata per niente la fine del potere orientale, anzi –, fine del comunismo scambiata per “fine della storia”
tout court: che allucinazione. Ma un’allucinazione molto significativa, che la dice lunga su tali classi dirigenti,
cattive. Dopo son venuti i pessimi,
però: dopo i cattivi, i pessimi.
Che cos’è successo: che
le classi dirigenti occidentali si sono spaccate in relazione all’appoggio da
dare a questa voga populistica; questo è successo. Di spaccature analoghe in
Oriente si è visto poco, qua e là, ma non così profonde come in Occidente.
Questo è accaduto
perché l’Occidente è stato sempre più dominato dalla finanza: in nessun posto la sostituzione della politica da parte dell’economia si è verificato in modo
tanto evidente, tanto forte, quanto in Occidente, e in Europa in particolare, e
in Italia peggio ancora, col risultato che l’Italia non ha proprio più alcuna
classe dirigente e si vota ai populismi, cosa inevitabile in democrazia: il
populismo non è una malattia della democrazia, ma il suo esito qualora non sia
in grado di produrre alcuna classe dirigente. In altra epoca si sarebbero
detti: demagoghi, e la demagogia è un esito quasi scontato della democrazia, se
mancano classi dirigenti. E tu le classi dirigenti non le produci col voto: il
voto, al massimo, è un modo per scegliere al loro interno, posto che già vi siano; ma non è un modo per produrle: su questo punto crollano le democrazie, per principio; esso è il loro tallone d’Achille.
Questo perché la democrazia è “doxacrazia”, il potere ce l’ha chi domina l’opinione
pubblica, che, però, è manipolabile per principio (ogni dinamiche di massa lo è), e, secondo Bernays, la manipolazione
dell’opinione pubblica è giusta, in democrazia. Bisogna sempre vedere per quali scopi lo si fa, però, aggiungerei
… Se viene portata – la manipolazione – avanti con lo scopo d’imporre la
dittatura del mercato da parte di un’anti élite finanziaria, i risultati son
pessimi: son quello che vediamo sotto gli occhi, nazioni degenerate, civiltà
priva d’identità, intere parti della società escluse per principio, la
dissoluzione del legame sociale in un individualismo becero e senza futuro. Ma ciò
è l’inevitabile risultato del predominio del mercato “sopra tutto”, über alles
…
Peraltro cose del
genere – che cioè questa deriva in Occidente avrebbe reso quest’ultimo
debolissimo – sono state dette, da M. Dolcetta, per esempio, e in tempi non sospetti[4].
Ora la questione che si pone questa è: se lo scopo è la “dystopia”, quale sia lo scenario migliore. Una nuova
crisi del petrolio e uno shock per l’economia mondiale? Oppure continuare così
verso una sorta di “emergenza globale”, ma “controllata”, per così dire?
Mettersi a fare “previsioni”
è una mania dell’epoca e dei giorni nostri, ma serve a poco, anzi: serve a
nulla; questo perché non possiamo esser “noi” a rispondere, in quanto non
conosciamo esattamente lo stato delle relazioni del “campo venefico” delle
forze del male che dominano il pianeta e alle quali l’umanità, incautamente, si
è data in pasto (ma è anch’essa una
cosa che “doveva succedere”, prima
o poi). Soltanto chi conosca questo campo di relazioni fra società segrete,
intrecci vari ed interessi molteplici e confliggenti, può sapere se abbiano
raggiunto l’unità sufficiente per poter andare avanti verso la “dystopia” – che
rimane loro constante obiettivo – oppure si necessiti di un bello shock – in tal
caso dell’emergenza globale (à la P. Virilio)
passeremmo allo “stato di emergenza” vera e propria (Schmitt), ma pur esso stato
nella forma “globale” –: son due gradi della stessa cosa, ma, per l’appunto, con
gradazioni e forme diverse.
Di ciò noi non possiamo
esser giudici: l’umanità può scegliere fra due forme della stessa cosa, di
gradazione – soprattutto di gravità – differenti e diverse.
In base al tipo di
scenario che verrà fuori, si possono fare le previsioni. Non si fa mai l’inverso, come oggi si usa, e cioè oggi si
costruiscono cose del tutto ipotetiche,
proiezioni di “desiderata” – da me tanto spesso criticate –, proiezioni che,
con la realtà, ben poco hanno a che spartire.
Andrea A.
Ianniello
[2]
Su C. Schmitt è interessante questo link, cf.
https://www.centrostudilaruna.it/amico-e-nemico-nel-pensiero-politico-di-carl-schmit.html.
[4]
Cf. l’intervista del 2005 di M.
Dolcetta – ad un giornale di orientamento leghista – del lontano 2005, citata da me in un vecchio
scritto. Sempre su Dolcetta e l’Iran, e il “sottofondo” qui occorre ricordare
un vecchio video, riportato – di nuovo – in un commento di vecchi post, e sempre
di M. Dolcetta, e sempre del 2005 “fatidico”, del quale vi è traccia sul web,
sul qual è stato “posto” il febbraio dell’anno scorso: cf.
https://www.youtube.com/watch?v=cNhSh3r-wZ4.
Titolo del link nell’ultima nota qui sopra:
RispondiElimina“Le sette torri del diavolo Gnosi e terrorismo dei luoghi sacri”.
Ancor attivo questo dì che si scrive.
Cf.
RispondiEliminahttp://www.superzeko.net/doc_incanus/IncanusSullaDifferenteUbicazioneDiUnaTorreDelDiavolo.pdf
E Cf.
https://associazionefederigoiisvevia.wordpress.com/2014/08/16/considerazioni-sulla-controiniziazione-e-sulle-sette-torri-del-diavolo-incanus-link/
Davvero moltissime visualizzazioni di questo post.
RispondiEliminaLa “democrazia”, sì, ma il G20 - e vedremo le conferme al Cop26 - si è risolto in poca robba: “fermare” il riscaldamento mondiale al 2050 è lo stesso che non fermarlo: la realtà è che non sono in grado di controllare il sistema capitalistico, né ad Ovest né ad Est. La verità è questa.
RispondiEliminaChiaro che la crisi climatica più quella pandemica fanno un bel mix . . . ed alle “giovani generazioni” non son in grado di dar loro nulla.
dicono sempre: “se non lo facciamo, allora”, “sennò …” che è come dire che ora non sono in grado di far nulla: la politica è impotente, perché non si chiedon come cavolo si è arrivati a questa deriva? se tu inizi a focalizzare “IL” problema, forse - ma NON nell’immediato, quindi se la crisi climatica accelera **comunque** non ci puoi far nulla -, in futuro (“zukunft” in tedesco), qualcosa la puoi fare, mentre, sulla via di ora, non ci puoi far niente.
E veniamo all’unica - e sola - decisione sinora prodotta - partorita fra lazzi, frizzi e foto e complimenti reciprochi - al G20, dove c’è stato il galà in un luogo eccezionale come le Terme di Diocleziano, dove lo spirito dell’antico imperatore rideva di certo alle loro spalle - e cioè la tassazione globale al 15%. bene, la decisione c’è ma poi va ratificata dai parlamenti: e qua s’inizia a sorridere, ma, poi, se davvero ci sta questa somma, **chi** la gestisce? E qui s capisce bene la differenza tra stato di emergenza e stato d’eccezione: quest’ultimo è la risposta - risposta - ad un’emergenza, dove qualcuno, qualche gruppo, qualcosa, ”prende il potere” dicendo: vi risolvo la situazione, **se** . . .
Il segreto è nel “se” . . .
Ora dunque: chi gestirebbe la tassa globale, posto fosse davvero globale, ed abbiam visto che lo è solo parzialmente? Nessuno. Nessuno. Nessuno. Ed allora? Che cosa, davvero, ci attende? E qui tocchiam con mano tutta la nullità dei quadri interpretativi proposti, sostanzialmente ancora – fissati – al Novecento, del tutto inconsapevoli dei cambiamenti – strutturali, ovvero qualitativi – che la massiccia digitalizzazione ha provocato nelle società, cambiamenti con i quali abbiamo a che fare ogni giorno quando usciamo di casa, e tuttavia son quasi parola morta nelle interpretazioni: una schizofrenia folle. Chiaro che molto del secolo passato rimane – sarebbe impossibile fosse diversamente – ma il quadro generale, però, è cambiato. Irreversibilmente.
La tassa globale? La guerra . . . dopo la pandemia . . .
RispondiEliminae in previsione di altre “tasse globali” . . . .