“La torbida luce dell’Ovest illumina, con
gli ultimi raggi del Sole tramontante, questa misera scena di follia e di abiezione: e le
ombre della sera già preannunciano
la […] notte ciclica […]. Ora che sappiamo questo, ora che conosciamo il divenire delle razze e
delle civiltà umane, possiamo ascoltare senza
paura il canto della civetta che, di
tra la bronzea criniera del cavallo di Marc’Aurelio, annuncia
la fine dell’ età del Ferro […]. E di che dovremmo infatti temere?”.
(J. Cohen, Echi alchimici nella romanità antica, Editrice Kemi, Milano 1980, p. 177, corsivi miei).
“Ora, tutte queste
imprese furono compiute in massima parte grazie all’avvedutezza e alla
vigilanza di Mithrandir [Gandalf], che negli ultimi tempi si rivelò signore
degno di grande riverenza […]; ma solo quando fu venuta per lui l’ora di
dipartirsi, si riseppe che aveva a lungo custodito il Rosso Anello di Fuoco.
Dapprima, questo era stato affidato a Círdan, Signore dei Porti, il quale però
l’aveva affidato a Mithrandir […]. ‘Ecco, prendi quest’anello,’ gli disse
‘perché le tue fatiche e le tue cure saranno gravi, e in tutte esso ti
sosterrà, proteggendoti dalla stanchezza. E’ questo infatti l’Anello di Fuoco,
e chissà che con esso tu non riesca a riaccender cuori al valore d’un tempo, in un mondo che si raggela [chiaro che
Tolkien, sotto l’ispirazione degli attacchi nazisti su Londra nella Seconda
Guerra Mondiale, in realtà parla del nostro
mondo, che si “raggela” spiritualmente
– di qui anche la crisi del mondo iniziatico che dovrà portare all’ “ultimo iniziato” (virtuale, eh, solo tale), mentre, dal punto di vista
“fisico” e “materiale”, si sta riscaldando:
tra i due fenomeni vi è un parallelismo
diretto]. Quanto al mio, esso è tutto per il Mare [la dimensione “sottile”], e io dimorerò presso le rive grigie,
a guardia dei Porti [che eprmettono l’ interazione
fra le due dimensioni del mondo
“fisico”], finché l’ultima nave non sia salpata [in teoria, Tolkien ambienti gli eventi della “Guerra dell’ (Unico) Anello” prima della nostra éra, prima che la terra fosse “solo (cosa vero solo in parte però eh) degli uomini”: e Círdan è una figura del “Guardiano della Porta” …].
E allora attenderò la tua venuta [di
Gandalf, vale a dire la chiusura – definitiva – dell’ “èra”, l’ “ultimo iniziato”, virtuale …]”.
(J. R. R. Tolkien, Il Silmarillion, Rusconi Libri, Milano 1978, p. 384, corsivi miei, miei commenti fra parentesi quadre).
Le forze oggi al “comando” – in “sala comando”, per così dire – nel mondo, agiscono con lo scopo del cosiddetto controllo totale che, invece, finirà di **distruggere** le società umane, ma **non possono** capirlo … né chi agisce in questa direzione né, cosa ben peggiore, chi subisce quest’ azione …
E finiranno, così, per distruggere quel poco che rimane proprio cercando di “ricostruire” ....
Ma – in ogni caso – se lo scopo è quello detto[1],
ergo molte cose sono impossibili, e
la direzione degli eventi andrà senz’altro avanti fino all’ottenimento di quello
scopo, che è il “Regno dell’Anticristo” ed è “l’ Età dell’ Acquario”, la quale, tuttavia, inizierà più tardi[2],
ma, come s’è detto[3], se il
dicembre del 2020 sarà il “segno” di tale “nascita”
symbolica, la seconda metà di marzo
fino alla fine di giugno (ed i primi dì di luglio) vi sarà quella che chiamo
“l’avvisaglia” e cioè il passaggio – temporaneo – di Saturno in Acquario, “segno
del (futuro, seguente) segno”. Ricordiamoci che l’astrologia detta i “ritmi” e
non quel che si esprime attraverso i ritmi astrali. E che, dunque, le stesse
forze astrali possono essere volte a degli scopi molto diversi, per cui gli
astri non “spiegano” gli eventi, ma
possono aiutare a capire quando è per loro, per gli eventi e per le intenzioni
eventualmente “dietro” gli eventi
stessi, il momento migliore, il momento “eletto”,
cioè scelto. Quel che invece gli
astri aiutano a capir è il cambiamento di “clima
mentale”, le modificazione del “clima” di un’epoca.
E noi siamo, dunque,
ormai prossimi ad una serie di grosse modificazioni di questo clima mentale.
Certi “temi di fondo”
emergeranno, ed altri faran parte del passato.
Questo profondo cambio
di mentalità collettiva, a livello globale, ci porterebbe a trattare del tema
dell’ “Anticristo” … Chiaramente, l’ “Anticristo” che tanti si aspettano non
sarà mai quello reale, per principio: l’Anticristo che si aspettano è come se uno
si auto denunciasse: “Ehi! So’ ll’Andicriscto, ecchime qquà, devo da fa’
quescto e quéélo, ‘e profezzìe devo da realizza’, ecchime qquà”, come no?
Ridicolo![4]
E questo non è valido solo per l’Anticristo nella
sua concezione cristiana, ma pure
per quella islamica del “Dajjàl”,
per cui tutto ‘sto rumore per questa recente “serie Tv” (su Netflix) è much
ado about nothing, “molto rumore per nulla”, per dirla col vecchio
Shakespeare. Questo non significa,
però, che sia priva d’interesse la serie, ma da tutt’altro punto di vista: quello della ricezione, nel suo duplice
senso: 1) come nella serie si
concepisce questa ricezione pubblica, e metter ciò a confronto con passate
serie o con film che trattavano, grosso modo,
del tema (o di analoghe sue varianti); 2)
la ricezione che – oggi – il
trattare simili argomenti può avere, anche, se non soprattutto, nel mondo
islamico, ma non solo nel mondo islamico.
E le profezie, chiederà
qualcuno. Esse hanno un valore symbolico,
e cioè non vanno interpretate
“alla lettera”, come invece accade sempre.
Se, infatti, si realizzassero letteralisticamente, ergo sarebbe come una sorta di autodenuncia, come dichiararsi prima di ciò che deve accadere.
Ed allora dove sarebbe l’inganno?
E dove la prova
che l’umanità deve subire? Se
tutto è già chiaro sin dall’inizio, non vi è posta in gioco, il che, in modo
chiaro, è una palese assurdità.
Niente avrebbe più
senso, ed avrebbero ragioni tutti quelli – e son tanti, ed è del tutto comprensibile
che lo siano – che dicono che tutto ciò è “simbolico” fra virgolette, cioè
falso, un mito senza basi: nel loro linguaggio “simbolico” ha, infatti, questa
valenza. Il simbolico è, invece, l’esatto contrario di ciò che loro pensano:
esso è il vero valore, che, però,
nel mondo della materia, non si manifesta mai
completamente.
Ecco perché occorre
sempre fare un lavoro di rettifica, tra la cosa detta e la sua realizzazione,
tra il simbolo affermato e la sua concreta realizzazione la quale realizzazione
sarà sempre parziale, cioè sempre
necessariamente sottomessa a condizioni di spazio e, soprattutto, di tempo. Senza questo lavoro di
rettifica, che poi è l’interpretazione vera, si apre la porta verso qualsiasi
malinteso, come l’Anticristo “novello Gengis Khan” – malinteso così diffuso nei
paesi slavi – o l’Anticristo “politico”, che sia stato attribuito a Federico II
o al Papa, a Lutero o ad altri capi politici e religiosi, poco importa: nessuno
di questi poteva essere l’Anticristo biblico per la semplice ragione che, con
loro, la storia non si è fermata,
non è terminata, ergo non erano “l’” Anticristo.
Vi è circolarità
logica? Sì, esattamente, e chi non sa esaminare perché
vi sia tale circolarità logica e dov’essa la sua origine tragga, è destinato a non capir mai niente di questi temi, che gli piaccia o non.
E così com’è stata
pieno di malintesi questa lunga vicenda dell’uso storico e politico dell’Anticristo,
nell’accezione cristiana, allo stesso modo lo è nell’accezione islamica di “al-Dajjàl” (che peraltro sarebbe identico a
“Gog e Magog”, e questo già fa una differenza sulla quale sarebbe
il caso di rifletterci un po’ su) – “l’
ingannatore”, l’ingannatore che direbbe al mondo, secondo la naiveté di certi: “Ecco, vi sto
ingannando”.
E dove cavolo sarebbe
l’inganno, in tal caso? Boh!
Colui che mente
direbbe: “Sto mentendo”? Ma, in tal caso, direbbe
la verità! Si tratta di un’assurdità logica non come mera “circolarità”
(A>B>A, ad libitum), ma come: “affermo
e nego la stessa cosa nello stesso tempo”, il che non può essere.
Banale logica
elementare, direi aristotelica, non ci vuol gran genio a capire ‘ste cose. E’
solo che, quando si parla di religione, proprio allora si dismette la logica: grosso errore. Proprio in religione,
anche (ma non solo) per
compensazione, si deve avere
logica.
Per riassumere: chi
mente, non può dire che mente, senza per ciò stesso tradirsi.
Questo vale anche per i “segni”, che non possono essere in alcun modo troppo
espliciti, perché rivelerebbero se stessi.
E questo rivelarsi
esplicito, quindi, renderebbe la “prova” finale, costituita dall’Anticristo, senza senso. Pertanto, un “Dajjàl”
dotato di due colori dell’iride – detta “eterocromia” – sarebbe come se si auto
rivelasse, come se si autodenunciasse. Ridicolo.
Senza contare le tante
persone che hanno, ed ancor oggi, l’eterocromia e che non sono affatto “l’Anticristo”, senza contare che si dice
che anche Alessandro Magno fosse dotato di questo, e non fu certo l’Anticristo,
e torneremmo, tra l’altro, alla grossa sciocchezza dell’Anticristo
“conquistatore invincibile”, cosa che è ridicolo solo pensarla. Dunque,
l’eterocromia non basta, non sufficit. E questo quand’anche vi
fosse, cosa non necessaria, però,
come s’è appena detto. Dunque, per riassumere, occorre chiedersi: cosa vuol
dire un tal signum: ecco la domanda vera.
Esso è segno di squilibrio interiore, che può – come non può – manifestarsi apertamente, che può – come non può – esser “sintomatico”, potendo
perfettamente, al contrario, esser del tutto asintomatico.
Oppure tale manifestazione
esteriore – non necessaria in sé, non necessaria – può manifestarsi in
parti del corpo che sono intime: suggerivo il monorchismo, l’essere dotato di
un sol testicolo, come si dice di certi personaggi storici (come Hitler o Mao).
Si tratterebbe di una cosa
nota solo a pochissimi, il cui silenzio potrebbe però esser comprato, o imposto
con la forza. Ma, in ogni caso, di nuovo, non
ogni individuo dotato di tale caratteristica è l’Anticristo. Torniamo, quindi,
al punto decisivo, dirimente. Dunque, di nuovo, bisogna
chiedersi qui: “cosa rende” l’Anticristo tale?
Un segno esteriore? No.
Quel che conta, la conditio sine qua non, è lo squilibrio interiore.
Questo è, sì, necessario.
Uno squilibrio interiore davvero mostruoso. Ecco “il”
punto vero: la necessità di un profondissimo squilibrio interiore[5].
Ed è questa l’unica, vera conditio
sine qua non.
Ora però: uno
squilibrio interiore non è come uno
esteriore, non si vede da segni esterni,
non si vede facilmente, insomma.
Allora la domanda
diventa: come si fa per poter vedere
questo squilibrio, che, pure, dovrà in qualche modo apparire all’esterno, ma
non con quelle modalità ingenue – da leggende popolari, storicamente interessanti ma che per principio è escluso
che si possano manifestare in senso letterale
– da me appena, qui su stigmatizzate? Ragioniamo un secondo, senza quella
pletora di pregiudizi che – inevitabilmente,
peraltro – il corso storico ha lentamente accumulato sulla questione
dell’Anticristo. Si dice che l’Anticristo ci sia da non appena che il Cristo ha
completato la sua missione sulla Terra. Per cui, il mysterium iniquitatis – e, si noti bene, si parla di “mysterium”,
dunque non di una cosa evidente,
“mistero” essendo, in linguaggio biblico, l’apparire (phàinei, che nella Concordanza
si ritrova in: Gv. 1, 5,
ibid. 2, 8; Ap. 1, 16, tradotto anche con: risplendere, più che mero “apparire”) di
una realtà prima già esistente, ma nascosta, realtà che viene “conosciuta” ma non necessariamente “riconosciuta” (per
cui la Luce si “manifesta” nelle tenebre,
ma queste ultime “non la riconoscono”
…) –, “il” mysterium iniquitatis già esiste, ma viene, appunto, “trattenuto” (ricordo un post proprio su
tal argomento, nel gennaio del 2017 …); ed ecco il
“Katèchôn”, appunto, di cui si parlava
già nel gennaio del 2017, tre anni fa, quindi.
Dunque si può dir
questo: chi comprende “che cos’è”
(“tì estì”) – o chi è – “ciò
che trattiene” – o “chi” trattiene
… –, ergo è colui che comprenderà “chi” è “l’”
Anticristo. I due problemi son i due lati della stessa medaglia. Questo è il “nodo” vero, perché tra i due fenomeni
vi è parallelismo stretto: solo – e soltanto
– quando “ciò” (o “chi” [chi greco: “c”])
che “trattiene” viene “rimosso” o crolla o si fa da parte, in una modalità qualsiasi, l’Anticristo può, allora,
manifestarsi, “apparire” o “risplendere” come dir si voglia.
Questa è la vera “chiave
di volta”: risolto questo problema, il resto verrà come una conseguenza
matematica. Con la risoluzione di tal problema si può anche risponder bene, non
proiettando i propri pregiudizi storici,
nati dalla storia dunque, quindi disadatti a capir bene chi porrà termine alla storia stessa (l’Anticristo
questo è, in poche parole), alla domanda chiave
fatta qui sopra: “come si fa per
poter ‘vedere’ questo squilibrio” interiore,
che caratterizza l’Anticristo, e che non si risolve con un segno apparente, che
“dice tutto” in modo esplicito, il che non
avrebbe alcun senso.
Non
avrebbe alcun senso perché, se
fosse così semplice, la manifestazione – l’
“apparire” – dell’Anticristo non
sarebbe una “prova” per l’umanità, ma semplicemente la verifica assiomatica di
una negatività che si manifesta. Nessuna sfida. Nessuna posta in gioco, nessuna
scelta, dunque. Basterebbe far “due più due” di quanto già noto dalle varie
religioni. Al contrario, “chi” o “cosa” trattiene non fa parte del depositum fidei, San Paolo, per quanto
lo sapesse, non lo disse mai, si
limitò ad alludervi. E questo pour cause,
perché – in caso contrario – non vi sarebbe stata in futuro, quando i tempi
sarebbero stati “maturi”, la “prova” che l’umanità deve subire. Quindi non
poteva essere tramandata questa verità, ch’è rimasta nel deposito
“nascosto”, occulto.
Ne deriva
necessariamente che l’Anticristo non può in alcun modo essere uno semplicemente
affetto da eterocromia né una sorta di “Gengis Khan” redivivo né un Papa né un
Imperatore né Lutero o un altro “eretico”, e né un mero criminale di guerra.
Niente di tutto ciò, e per principio: l’Anticristo non può essere niente di tutto ciò.
Su Hitler. Forse questo
è l’ unico caso in cui ci si è
davvero “avvicinati”, ma pure qui occorre precisar bene.
Ci si è “avvicinati” non per ciò che Hitler sosteneva o credeva, ma per il suo tremendo potere
di convincimento che aveva, per questo ci si è avvicinati.
Spiace a molti oggi
ammetterlo, ma Hitler riuscì a convincere il mondo: se non fosse stato per
Churchill – l’avrà anche fatto per i suoi interessi, cercare di salvare
l’Impero inglese, cosa che, poi, non gli riuscì, ma lo fece, ed è quel che
conta – Hitler avrebbe vinto. Se si guardano i filmati delle Olimpiadi del 1936
si vede benissimo quanto, salvo poche
voci discordanti – poche –, Hitler riuscisse a convincere l’opinione pubblica mondiale. Se, poi, non avesse iniziato
la guerra nel 1939 ma solo pochi anni dopo, avrebbe avuto senz’altro il dominio
mondiale (se invece l’avesse iniziata nel 1938, come avrebbe voluto, i generali
avrebbero fatto un golpe, come oggi si sa, per cui non vi sarebbe stata proprio
alcuna guerra). Quest’errore di “precipitare gli eventi” le forze oggi al
comando non l’hanno fatto, ed han regalato un pessimo ventennio al mondo, anche
se i soliti mentalmente chiusi hanno gridato a “guerre mondiali” a iosa in
questi vent’anni: ci possono senza dubbio essere – come poi è stato – tante
guerre locali che, assieme, provocano una frammentazione grande nelle relazioni
internazionali, una terza guerra mondiale “a pezzi”, ma non ci può essere
un’esplosione come quella, poiché lo scopo è giungere alla “dystopia” di cui
s’è detto in nota precendente (citando un link dell’anno scorso). Lo scopo
stavolta è quello di “costruire” un “Regno” … La “frammentazione” è necessaria
alla dissoluzione, ma non è ancora,
pienamente, quest’ultima, punto importante, assai poco compreso[6]
…
Ma torniamo a Hitler. Sulla
copertina di “Time” del gennaio 1939, Hitler fu fatto “Uomo dell’anno 1938”! E,
il settembre di quello stesso anno (1939)
cominciava la Seconda Guerra Mondiale!
Il Mein Kampf non fu preso sul serio che da pochi: era considerato un
programma di massima, come usano fare i partiti, nonostante che, se uno se lo
legge, Hitler vi parla contro i
programmi dei partiti che son solo dei mezzi per vincere le elezioni e dice
chiaramente che lui non intende seguire questo cammino, arcinoto e
praticatissimo ancor oggi. Fra i pochi a leggersi il Mein Kampf vi furono Churchill o De Gaulle, fra i pochi a prenderlo sul serio; e, punto
non ultimo: i comunisti, per mezzo di Stalin, fecero un accordo con Hitler, di
certo un accordo tattico, ma tant’è: in quel
momento, Hitler non aveva rivali.
Era il perno
dell’epoca, piaccia o non.
Era riuscito a persuadere il mondo.
Questi sono i meri dati storici, non mi sto inventando niente, mi limito solo a ricordarli.
Ora il punto vero non è affatto che le cose
ritornino – non diciamo ‘ste sciocchezze per favore!, sciocchezze dello stesso livello dell’Anticristo
“Gengis Khan redivivo” –: nulla,
infatti, ritorna come tale, per cui chi agita certi “spettri del Terzo Reich”
in realtà o ha degli altri scopi o, molto semplicemente, sbaglia bersaglio.
No il punto vero è un altro, per il qual punto effettivamente
la vicenda Hitler ha qualcosa da insegnarci ancor oggi: è il fatto che Hitler riuscì ad ingannare il mondo. E,
se questo è potuto accadere ad un
livello così vasto e diffuso, potrà
succedere ancora, in e con modalità diverse, perché nulla si
ripete uguale.
Il problema è proprio
il potenziale di manipolabilità dell’umanità, che il XX secolo ci ha dimostrato
esser assai vasto, molto più vasto
di quel che “l’umanismo” occidentale – oltre la frutta, ormai in dissoluzione rapida – abbia mai creduto, o anche immaginato.
Insomma l’umanità è
manipolabile ad un livello molto
esteso.
(PS. Oltre ai mezzi, vi sono delle energie “sottili” (sulle quali rimando
alla nota a pie’ pagina n°5 qui sopra, per qualche spunto utile) da usare e, su
questo blog, avevo scritto qualche post che dava indicazioni in tal senso, post
che ho poi cancellato perché potrebbe dar luogo ad inutili malintesi. Basti
dire che la cosa è possibile, rientra in una certa “intersezione” fra “magismo”
e scienza-tecnica moderna – un ibrido pericoloso, senza dubbio, ma possibile,
del quale, ovviamente, gli scienziati moderni son del tutto inconsapevoli, e, si badi bene, questa “ibridazione” non
ha certo la sua origine nella cieca
scienza moderna, del tutto inconsapevole degli effetti che ha sulla natura,
tant’è che solo pian piano, e solo dopo che si sono evidenziate da se stesse
per gli effetti, la scienza moderna ha cominciato a capire che aveva degli
effetti sulla natura! Poiché per quest’ultima la natura era solo un insieme
meccanico, gli effetti destabilizzanti non potevano esserci. Ora, però pensiamo
agli effetti “sottili” di tutti questi cambiamenti “meramente materiali”
cosiddetti, effetti che una scienza il cui sguardo è riduttivo non può nemmeno
immaginare possibili! Il “meramente materiale”, infatti, è una posizione culturale, non è un dato dell’essere).
Andrea A.
Ianniello
[1] Cf.
Se dunque questa
è la direzione degli eventi, come può esserci una ripetizione della Seconda
Guerra Mondiale? Che senso avrebbe?
E’ un po’ come per il Terzo Tempio e la su – possibile – “ricostruzione”: non è che non lo si faccia perché c’è
questo contrasto perenne con i Palestinesi, ormai dalla fine degli Anni
Quaranta del secolo scorso, per cui “si deve” fare una cosiddetta “guerra” (ve
ne sono state a iosa) contro i Palestinesi, ancor più forte del solito, ma è proprio perché c’è questo contrasto
perenne che non si può farlo! Per
cui: ci vorrebbe non dico una
“pace”, quanto meno una riduzione – davvero significativa, davvero importante –
del contrasto perenne che ristagna
in quelle regioni da molto tempo. Le cose stanno l’esatto contrario rispetto
alla percezione che “i più” ne hanno e rispetto alle varie propagande in atto e
che condizionano il vasto pubblico. “Un uomo politico con le qualità di un capo
saprà, utilizzando abilmente la propaganda, guidare il popolo, invece di
seguirlo alla cieca, procedendo a tentoni”, E. L. Bernays, Propaganda.
Della manipolazione dell’opinione pubblica in democrazia, Fausto Lupetti
Editore, Bologna 2008, capitoletto
introduttivo intitolato: “Le idee forza di Bernays”, p. 24. “Non fa parte della
attribuzioni e delle responsabilità di un giornale dare la garanzia che tutto
ciò che viene pubblicato non serva a qualche interesse. Peraltro sarebbe
difficile scovare in ogni quotidiano un articolo del tutto neutrale, che non
danneggi o favorisca qualcuno. Questa è la dura legge dell’attualità”, ibid. Da
notarsi come Bernays fosse nipote di
Freud. Inoltre: “Bernays difende il ruolo simbolico, quasi mistico, che riveste
il ruolo del presidente nella vita politica degli Stati Uniti, ma si fa anche
in qualche modo il mallevadore di scelte politiche autoritarie. Un’indicazione
che verrà più tardi raccolta e tradotta in Europa nella sua forma più radicale,
se è vero quanto afferma lo stesso Bernays nella sua autobiografia, rivelando
che nel 1933 il giornalista Karl von Weigand, corrispondente dalla Germania dei
quotidiani del gruppo Hearst, gli disse che durante un incontro con il dottor Goebbels
questi gli aveva mostrato nella sua biblioteca proprio un libro di Bernays, Crystallizing Public Opinion, pubblicato
nel 1923, e utilizzato per le campagne del partito nazionalsocialista”, ivi, Introduzione, p. 23, corsivi in
originale. Quanto al libro appena su citato (voglio dire: Propaganda),
la sua edizione originale risale al 1928.
A proposito del
libro di Bernays, cui s’è appena fatto riferimento, cf.
[2] Cf.
[3] Cf.
https://associazione-federicoii.blogspot.com/2019/12/cose-di-piccolo-cabotaggio-1-della.html,
il PS ed il NB, in particolare,
dove si parla di quest’ “avvisaglia” della Magna
Conjunctio del dicembre di quest’anno.
[4]
E dove, appunto, sarebbe la necessità di “rivelare” chi sia l’Anticristo,
necessità di cui pure si legge nelle “profezie”, se l’Anticristo si auto
denunciasse pubblicamente come tale sin dall’inizio non a parole, ma con segni
corporei precisi? Boh! Non ve ne sarebbe
alcuna necessità. Ognuno vedrebbe per bene le apparenze, non vi sarebbe
alcuna necessità di studiare niente, insomma il classico dei fondamentalisti,
americani o d’ogni altro genere, credo, forma e nazione. Ben diversamente,
invece, la pensava Guénon, per il quale le cose erano ben altrimenti complesse,
com’è poi giusto e logico, ché, se le cose fossero così chiare, non vi sarebbe
alcuna prova. “Eh ma dopo vi sarà la divisione fra salvati e dannati”, qualcuno
dirà. Bene: si riferisce al Giudizio Finale che viene dopo – dopo – che l’Anticristo si sia
manifestato, il che implica – questa manifestazione – che il System sia finito,
senza essere distrutto (senza
esser distrutto) … Vi è una logica nelle cose: che le cose spirituali siano sovra logiche, non ci piove. Che, però, quando si
manifestano nel mondo dominato dal tempo, possano violare le condizioni
necessarie di tempo e luogo, è assurdo.
Cristo si manifestò in un tempo ed in un luogo precisi. Così per Maometto,
Buddha, Lao-tzu, Confucio, Mahavira, o chi vi pare. E così dev’essere anche per
l’Anticristo. E poiché quest’ultima manifestazione è – con detto unanime – ingannatrice, essa non può, pena l’invalidità, esplicarsi come tale
(“ingannatrice”) sin dal principio. Certo, poi – a leggere le profezie – vi
sarà un “rivelazione”, per l’appunto: ma solo poi,
e non certo fatta – tale
“rivelazione” – da parte di colui che inganna!!
[5]
Sugli “scopi” dell’Anticristo, cf.
https://associazione-federicoii.blogspot.com/2019/05/copertina-di-una-biografia-di.html,
soprattutto il NB e il PS aggiunti.
Si tratta, come
si può vedere, di scopi, di finalità
ben lontani dalla mentalità comune umana
oggi corrente … cioè: “parlare di
cose strane” ed “assistere all’incendio dei tempi” … “L’Anticristo dev’essere
il più possibile vicino alla ‘disintegrazione’, per cui la sua individualità,
da un lato sviluppata in modo mostruoso,
si può dire già annichilita, tanto da realizzare l’inverso della cancellazione
dell’Ego d fronte al Sé o, in altri termini, da realizzare la confusione nel Caos, invece della fusione nell’Unità
Principiale”, R. Guénon, Il Regno della Quantità e i Segni dei Tempi,
Edizioni Studi Tradizionali, Torino 1968,
p. 327, corsivi miei. Ora, per capir bene le frasi di Guénon, occorre – necessariamente – avere qualche “base” in una determinata
“cultura”, piaccia o non. Ecco perché tante volte tali frasi sono state
malintese. Lui, per molti motivi – che sarebbe lungo qui ad esplicitare (ci
vorrebbe un bel discorsetto, come suol dirsi) – non volle esplicitare la cosa,
ma, qua e là, si capisce di cosa stia parlando, allora, esplicitiamo qui:
quando Guénon parlava di questo sviluppo “mostruoso”, in realtà non faceva che alludere ai “poteri psichici” cosiddetti. L’Anticristo ne
sarà sommamente dotato, ma non li signoreggerà. E qui occorre “la Sapienza”
(cioè la Sophìa dei Greci antichi o
dell’omonimo Libro della Bibbia), in quanto “si sa” – in ambito “tradizionale” ma non “tradizionalistico”, questi
ultimi non sanno un bel niente – che uno sviluppo uni mirante, squilibrato dei
cosiddetti “poteri psichici” è il modo “migliore” (si fa per dire), cioè il più certo, per giungere al deragliamento
ed alla “dissoluzione” della “personalità”, per usare i termini di Guénon. Ci
siamo capiti di ciò di cui “ivi quivi” si sta parlando? Boh! Viviamo in un
mondo, infatti, dove l’universo del “magico” è paragonato a quello della
“tecnica” (che, poi, esista un “punto di tangenza” fra i due “cosmi”, è certo, e più volte se n’è alluso in questo blog, ma è un altro discorso
…), per cui una cosiddetta “magia” ha la stessa “causalità indipendente ed automatica” di un determinismo corporeo, fisico nel mondo moderno (precisazione non di scarsa
importanza …): da ridere! Come
accendere un interruttore? Nulla di più lontano dalla realtà di tali cose: si
vedrà di seguito perché. Comunque, in vista del fatto che “certe” cose pure
vadano dette, lo si è appena fatto. Guénon si riferiva ai “poteri psichici”
cosiddetti …
Occorre
conoscere quel particolare “mondo lì” per poter capire le frasi di Guénon …, il
mondo “occulto” cosiddetto, ma non quello del “New Age” – che viene meramente usato – né quello di tante cose
occidentali, che sono solo residuali. Si tratta di un qualcosa di “ben altra
potenza”, avrebbe detto lo stesso Guénon …
Occorre poi dire
che qui parliamo di poteri psichici “mostruosamente” sviluppati sino ad esser
praticamente “incontrollabili”, ed anche una tale precisazione è di non scarsa
importanza … Da un tal punto di vista, si sa che nel mondo tibetano si son
sviluppati tali “poteri psichici” nell’ambito
dell’allenamento “tantrico”, sul qual Tantrismo cf.
Ci rivolgiamo,
dunque, a questi ultimi – tibetani – per meglio capire “certe” cose. “Tutti i
fatti che in altri paesi sono ritenuti miracolosi o in un qualche modo
attribuiti all’intervento di esseri appartenenti ad altri mondi, son
considerati per gli adepti più sperimentati delle dottrine mistiche tibetane, fenomeni
psichici. In linea di massima, i tibetani distinguono due categorie di fenomeni:
1° I fenomeni che si producono incoscientemente
[per esempio, i medium], sia da parte di una sola persona, sia da parte di parecchi individui. L’autore o gli autori dei
fenomeni, poiché agiscono incoscientemente, non tendono naturalmente ad un fine
determinato che torni a loro profitto. 2° I fenomeni prodotti scientemente per ottenere risultati
precisi. Questi il più delle volte – ma non
necessariamente – sono il prodotto di un solo individuo. Quest’individuo può
essere un uomo qualunque o un membro delle sei classi di esseri che per i
tibetani son esistenti nel nostro universo [uomini, animali, “deva”, “asura”,
“preta” (“spiriti famelici”) ed esseri degli inferi]. Chiunque ne sia l’autore,
il fenomeno nasce per mezzo degli stessi procedimenti. E non vi è nessun
miracolo. Sarà utile precisare, sia pure di sfuggita, che i tibetani son
convinti deterministi. Essi ritengono che ogni atto volitivo sia condizionato
da un numero di cause delle quali alcune sono una vicina all’altra e altre
infinitamente lontane. Non mi dilungo su questo punto […], ma bisogna capire
che, coscientemente o incoscientemente prodotto, il fenomeno è dovuto alla
combinazione di molteplici cause diverse. Quelle che hanno fatto nascere la
volontà di agire o che, alla sua comparsa, hanno messo in azione forze latenti
nell’individuo, e inoltre quelle che, indipendentemente dall’autore del
fenomeno, hanno favorito la produzione di quest’ultimo. Il più delle volte, le
cause lontane sono rappresentate dalla loro ‘discendenza’, se mi è permesso
usare questo termine-immagine del quale alcuni tibetani sin son serviti in
alcune conversazioni avute con me. Queste ‘discendenze’ [in note si legge: “In
tibetano: rigs [rik (pronuncia formale), ri
(pronuncia colloquiale)]. Così il latte è presente nel burro o il formaggio. Il
seme è presente nell’albero nato da lui, ecc. I tibetani fanno molto uso di esempi come questi”] son gli effetti
che per il momento incarnano gli atti materiali compiuti nel passato o sono
pensieri degli antenati. Quando io parlerò di concentrazione del pensiero sarà
necessario ricordarsi che, secondo il sistema che stiamo studiando, la
concentrazione non è assolutamente spontanea e che il fenomeno del quale essa è
al causa diretta ha dietro di sé, nello sfondo, un numero di cause secondarie
assolutamente indispensabili. Il segreto dell’allenamento psichico, come
l’intendono i tibetani, consiste nello sviluppare una potenza di concentrazione
di pensiero che oltrepassi di molto quella che possiedono per natura gli uomini
anche più dotati. I tibetani affermano che le onde di energia vengono prodotte
per mezzo di questa concentrazione. La parola ‘onda’ è, s’intende, mia. La uso
per rendere la spiegazione più chiara e anche perché – come si vedrà – nel
pensiero tibetano vi è affettivamente il concetto di correnti di forze [mentali, però, non corporee, fisiche]. I tibetani però impiegano semplicemente la
parola energia [in nota: “Chugs [chuk], oppure rtsal [tsèl]”, più spesso
quest’ultima, tsèl, o anche “tsal”]. Quest’energia,
essi credono, è prodotta ogni volta che ha luogo un’azione mentale o fisica”, A. David-Neel,
Mistici e maghi del Tibet, Casa
Editrice Astrolabio – Ubaldini Editore, Roma 1965, pp. 226-227, corsivi in originale, grassetti miei, mie
osservazioni fra parentesi quadre. A tal proposito, si noti: mentale o fisica,
in ambedue i casi: il principio dietro l’azione è lo stesso, questo perché il
“sottile” spiega lo spesso, cioè il corporeo, non viceversa; ora, far capir
questo ad una mentalità moderna è pressoché impossibile, poiché debbono
invertire il loro punto abituale di vista, per cui, nel mondo dove i fenomeni
psichici si spiegano facilmente, in quel mondo sia l’azione fisica che quella
mentale non solo non sono distinte da quel muro che la modernità ha costruito
ma, di più, si spiegano con le stesse cause profonde e, ancor più, il mondo
“sottile” signoreggia il corporeo, non viceversa: per questo pretendere di
poter spiegare i “fenomeni psichici” in base a studi fatti aventi come modello
la materia corporea supposta separata da ogni altro fattore ad essa superiore,
no approda, di solito, ad alcunché di sostanziale: il problema è il punto di
partenza, non quello di arrivo …
Che poi
l’autrice mal intenda le cose, è chiaro, quando dice che gli studiosi tibetani
coltiverebbero “idee stranamente razionalistiche, ed anche scettiche”, ivi, p. 231. Non sono affatto
“razionalistiche” come le s’intende in Occidente, dove non basta la
spiegazione” del fenomeno, ma il fenomeno va ridotto alle sue caratteristiche “fisiche”, cioè alla dimensione corporea, cosa che i tibetani si guardan bene dal fare. Ma l’autrice segue
una tipica illusione dei tempi nei
quali scriveva; eccola: “Lo studio dei fenomeni psichici penso che dovrebbe
essere condotto con lo stesso spirito che guiderebbe una qualunque altra
ricerca scientifica”, ivi, p. 242: ma
come si fa a non vedere che son le basi della scienza specificamente
moderna che impediscono che ciò accada?? Quelli che, di solito, studiano”
questi fenomeni pensano che siano come i fenomeni psichici dei telefilm e dei
fumetti: riproducibili ogni qual volta si voglia come cliccare su di un
interruttore, e si verifica il fenomeno corporeo corrispondente, mentre non
funziona proprio così. E, finché il modello sarà la riproducibilità fuori da
ogni condizione, si sarà destinati a non capir niente dei detti “fenomeni”. Dunque,
ovviamente, niente più lontano dalla scienza moderna, e, quando parlo di
“mescolanza” fra certi aspetti del “magismo” e alcuni lati della scienza
moderna, non intendo affatto le illusioni degli anni Sessanta del secolo
scorso. Sta di fatto, comunque, che gli studiosi tibetani spieghino tali
fenomeni – ovviamente non per mezzo di una causalità solo corporea – e che tali
spiegazioni, pur non essendo affatto “razionalistiche”, nondimeno sono
razionali. Vediamo come spiegano questi phenomena,
perché il gran merito della
David-Neel sta proprio nell’aver riportato come la pensino gli studiosi ed i
praticanti tibetani, al di là dei suoi commenti e del suo modo di pensare, che
si può facilmente isolare, togliendolo dall’insieme, per poter poi ricostruire
il modo di pensare degli studiosi tibetani stessi. Prima di tornare al nostro
argomento, una risposta: perché il “magismo” non può proprio essere come
cliccare un interruttore. Non può esserlo perché cliccare un interruttore o,
comunque, usare un qualsiasi strumento (device)
tecnologico non richiede alcuna
concentrazione di pensiero che, per il “magismo”, si richiede in misura molto maggiore anche rispetto a quello
dell’uomo “naturalmente” più dotato, diciamo di uno studioso esperto e navigato
che sa esattamente che, per studiare
una certa cosa, gli si richiede un “tot”
tempo di attenta concentrazione, cioè di saper pensare ad una sola cosa per tot
tempo. Ci vuol di più di questo. Molto di più.
Per tornare
quindi al nostro argomento, per prima cosa va detto che i fenomeni psichici generati
per mezzo dell’Anticristo (si ponga
ben mente a quest’ espressione) saranno di tipo cosciente. Ed allora perché incontrollabili?? Perché l’Anticristo
non può signoreggiare il suo intento di vedere “l’incendio dei tempi”, ecco
perché. Ma il singolo – o la serie – di phenomena
son generati da una volontà cosciente
di quel che sta facendo. Di conseguenza, non
son fenomeni da medium …! Punto molto
importante, questo! E qui ci si è spinto più
avanti di tanti a dire “certe” cose … Ci fermiamo qui, solo facendo
riferimento alle pagine seguenti del libro dell’autrice appena citata, che
andrebbero lette, soprattutto la parte sulle “forme-pensiero”, parte, sia detto
per inciso, necessaria per comprendere “‘Maitreya’ e il ‘New Age’”; ovvio: se
si vuol davvero comprendere queste cose, se non
si vuole rimanere nell’ambito dei propri pregiudizi e dei propri “desiderata”,
che, sia detto di nuovo per inciso, altro non sono che anch’essi delle
forme-pensiero, ma elaborate da altri
…
Molte visualizzazioni di questo post.
RispondiElimina