Beh la “disinformatzija”,
oggi, è un “must” …
Togliere persone “tossiche”
dalla propria vita, qualcuno consiglia in questo periodo: sì, quelle che
diffondono paure inutili e senza
senso apparente (ve n’è uno, ma
meno evidente), queste sì che dovreste scacciarle dalle vostre vite …
Vi è, sì, un legame diretto fra capitalismo e segno del Capricorno,
ma non nel senso che il Capricorno “mini”
il capitalismo, ma in senso contrario:
tutta ‘sta manfrina di “sovranismo” e di neonazionalismo è il tentativo estremo
di difendere il capitalismo e non di riformarlo: di nuovo, il contrario di quel che la vulgata sostiene …
Eh ma la paura, oggi, è
una cosa ben diversa da quella
dell’epoca della guerra fredda, ch’era una paura palpabile, ben precisa e
circostanziata. Non vi è, dunque, alcuna “guerra fredda” che ritorna né vi è
alcuna guerra “calda” – nel senso di “guerra mondiale” intesa come ripetizione
della Seconda Guerra Mondiale – oggi è possibile: proprio l’estrema
frammentazione della situazione odierna vi
si oppone frontalmente.
Al contrario, la paura è
oggi una sorta di simulazione che si
riproduce in infinito numero di copie ma che si basa sul niente.
Invece le vere cose che dovrebbero preoccupare
continuano, del tutto indisturbate
…
Beh d’insensibilità ce
n’è a iosa, i crolli finora latitano e non credo siano “necessariamente
necessari” per la trasformazione che costoro hanno in mente[1]
…
Dipende molto più dalla
reazione il crollo che dall’intenzione di chi vuole la trasformazione.
Una crisi finanziaria
così “paurosa” che il Nasdaq ha raggiunto il massimo e persino la Borsa di Milano
sta tornando al pre-2008. Come di “terze” guerre “mondiali” ce ne sono state a iosa, nei cervelli di chi li vede,
ovviamente, di crolli spaventosi, uff, a iosa,
di meteoriti che son “caduti” lo stesso, “pesti ed altri disastri”[2],
e il sistema sta ancora qua. Vivo e vegeto. La sua esistenza è la sua crisi continua, esso – diceva Baudrillard
– si è installato “nella sua crisi come suo principio di realtà” …
Come di “anticristi” ce
n’è stati a iosa, nessuno di essi
capace di fare quel che l’ “anticristo” è deputato a fare, ad espletare la sua funzione: far finire la storia, perché questo è “il” punto decisivo, quello vero.
Tutto sta nei cervelli, gli eventi son spariti: essi vivono nella loro simulazione che può riprodursi ad libitum, senza fine.
Siamo avvolti in un
“loop”, un “lupo”, che magari questo sia il vero
Fenrir[3] …??
Ci sarebbe di che ridere, per la terrificante glaciale ironia sardonica e beffarda, della storia …
Tornando ai “mercati” –
il “visibile dio” (come il Leviatano
di Hobbes) – l’anno scorso, sì, che han visto l’anno negativo.
Ma è passato!! e il System è rimasto,
sempre più simulato, ma esistente in questo suo “mirror” ….
Mai “crolli in borsa”
son stati più annunciati e meno realizzati.
Il che dovrebbe scuotere l’analisi, e far capire
che nel System c’è stato un cambiamento – “strutturale”, di struttura e non “di
strutto”, che, però, ha tutto “distrutto” … –, anche rispetto a dinamiche ben note e studiate.
Ma niente da fare: si
continua a non capire.
Quali sono gli strumenti
analitici che ci spiegano questa realtà?
Che ci parlano della
realtà dei fatti, e non della proiezione dei propri “desiderata”?
Come per la storia del
“terzo tempio”, che, secondo alcuni, dovrebbero far fuori tutti i palestinesi
per poterlo ricostruire … E perché? Perché mai? Mica è necessario. Anzi, che
complicazione!!
Ma chi cavolo ha
confuso ‘sta gente con la storia dello “sterminio di due terzi dell’umanità” e
scemenze simili?
Che senso avrebbe? Nessun senso. Se lo scopo esiste, se lo
scopo è reale (quello già detto[4]),
quel che costoro sostengono non ha proprio alcun senso, né riguardo a “terze”
guerre mondiali[5], né a
“crolli”, né a “terzi templi”, né ad “anticristo” (sul qual termine hanno grossissimi
malintesi e una grande incomprensione). Tutto ciò, come concepito da costoro,
non potrebbe che allontanare da uno scopo sempre più vicino, sempre più
possibile.
Obiettano allora: beh
Hitler, col che intendono che non si può escludere un intento distruttivo,
anche se in parte autodistruttivo da parte di chi avrebbe questo fine di
distruzione dei “due terzi dell’umanità”; ma ciò sarebbe sbagliato proprio
prendendo, per amor di discussione, il punto di vista di costoro che vorrebbero
distruggere i “due terzi dell’umanità”: chi ha
già il mondo in mano lo
vorrebbe distruggere, che senso ha? E costoro postulano che le classi che
dominano il mondo di oggi vorrebbero sempre di più: ma se già ce l’hanno!, ancor più: che senso ha?!
…
Allora vi sono da fare
due osservazioni, per poter rispondere a queste pseudo obiezioni.
Primo punto: Hitler
fece, sì, una follia quando dirottò tante risorse, che poteva usare nella
guerra, per sterminare tanti ebrei, nessun dubbio al riguardo; ma chi ci dice
che gli “architetti del binario” siano folli come lui? Anzi, è probabile che non lo siano … La cosa più probabile,
infatti, è che queste forze non siano
come Hitler. Queste forze, infatti, usarono Hitler e fu quest’ultimo,
considerandosi ormai capace di dirigersi da se stesso, a compiere un sacco di
errori e di cose oggettivamente malefiche,
che tanti oggi tendono a negare, o a sminuire, ma che invece fece davvero. Conviene dunque ribadirlo:
queste forze usarono Hitler, ma non sono affatto come lui … Pertanto, la
premessa dell’obiezione non ha significato poiché si basa su di una profonda
incomprensione della vicenda hitleriana e sull’attribuzione a queste forze di
un intento distruttivo ed
autodistruttivo come l’ebbe Hitler, ma lo si attribuisce, niente ce lo
dimostra, anzi, è vero l’opposto: non appena una situazione sta andando in
stallo, intervengono delle forze a “rettificare” (dal loro punto di vista, ovvio). Quindi son come degli attenti
amministratori del loro dominio, dunque son proprio tutt’altro che gente che
vuol suicidarsi e tutto distruggere se non raggiungono il loro scopo.
Indubbiamente poi,
esistono molti ricatti nel mondo globale, dove si preferisce la maniera
nascosta, nessun dubbio su questo, ma ciò – di
nuovo – esclude che tali forze vogliano autodistruggersi.
Quest’eventualità è quindi da escludersi per principio.
Anzi è vero l’opposto:
che, se non li si spinge agli estremi, è chiaro “al di là di ogni ragionevole
dubbio” che tali forze si sono insediate nel dominare l’umanità, e la
domineranno per sempre, nelle loro intenzioni e dal loro punto di vista. “Condannati
al ‘progresso tecnico’ per l’eternità”, disse qualcuno. Ed è così. Il vero
complotto è, infatti, la “tecnica” da un lato, e, dall’altro, ciò che mantiene
il sistema in stato di – relativo, sempre più relativo ma ben effettivo –
“equilibrio”, cioè il sistema di controllo “cibernetico” del sistema stesso. Il
vero complotto è stato quello di costruire questo sistema di autocontrollo
cibernetico, metterlo in moto e distruggere l’accesso alla cabina di comando:
questo è stato – perché già
successo, negli anni Settanta del secolo scorso in risposta alla crisi
petrolifera, degli anni 1973 e 1974, ed alla fine
della parità aurea del dollaro –.
Secondo punto: Hitler
ce l’aveva a morte con gli ebrei, e non
con “l’umanità”, termine quest’ultimo che, per lui, non aveva proprio alcun significato, come ci dimostrano tutte le sue parole nonché le sue
azioni. Quindi quando dicono certe cose, semplicemente diffondono la paura, diffusione
che oggi ha un altro senso, questo sì, un complotto: quello di difendere il
capitalismo agli sgoccioli ed in crisi strutturale.
Il punto, come s’è appena detto, è ciò che mantiene il sistema in moto, non ciò
che lo ferma, che ha una forza – ciò che “ferma” – sempre crescentemente
indebolentesi.
Il vero “complotto” è invece
quel che ha reso il sistema sempre più “cibernetico”, per niente però etico (ed
è mero sogno quello di chi attribuisce un’ “etica” al sistema capitalistico,
per definizione funziona o non funziona nel raggiungere i suoi scopi: non ha
“etica” intrinseca, e non può averne; che il singolo possa poi averne una, può
esser anche vero, ma è un altro discorso …).
Senza dubbio, il
sistema possiede le sue tare intrinseche, per cui può entrare in crisi
strutturale, il sistema intendo; ma che ciò sia sufficiente a bloccarlo è, però,
falso: esso può fermarsi solo e soltanto se intervenga un fattore esterno
all’insieme “tutto sommato limitato del ‘Regno della Quantità’” (Guénon). Tutto
ci porta senz’altro alle stesse considerazioni, ma in salse diverse.
Il termine
“strutturale” significa che è il funzionamento
del System che presenta dei problemi dentro se stesso.
Prova ne sia che non
appena le banche centrali smettono la loro politica di sostegno ai mercati,
questi vanno in crisi, alla faccia del “libero” mercato e del “libero” scambio,
ch’è sempre esistito solo nei
cervelli mentalmente chiusi dei “liberisti” e “neoliberisti”, ma mai nella realtà! La libertà è un
“dreckeffekt” … I “diritti” son costruiti su base pattizia, per cui possono
essere sempre revocati, non sono dell’ “uomo”, ma invece son effetto di
votazioni fra rappresentanti di qualcosa, rappresentanti sempre crescentemente
autoreferenziali per causa della crisi dell’istituto di rappresentanza in se
stesso.
Viviamo in un mondo
d’effetti simulati.
La riproduzione
sostituisce crescentemente la cosa “vera”, che sparisce in questa serie di
copie. La riproduzione è simulazione; precedentemente – modernità “old style” – la riproduzione “rappresentava”
la “cosa”; dunque: la simulazione è, oggi, la rappresentazione. Se così è,
dunque la rappresentazione oggi è simulazione. In altre parole, si fa sempre
più fatica a distinguere i due aspetti. Vi è circolarità logica? Certo che vi
è, ma il sistema è tutto costruito sulla circolarità logica … “Perché questo è
il capitale: il regno senza limite del
valore di scambio. Non è vero che all’ordine simbolico e rituale il
capitale opponga un ordine razionale dell’interesse, del profitto, della
produzione e del lavoro, insomma un ordine di finalità positive. Esso impone
piuttosto una deconnessione, una deterritorializzazione di ogni cosa,
un’estensione smisurata del valore, un ordine altrettanto irrazionale
dell’investimento ad ogni costo (il
contrario del calcolo razionale secondo Weber). La razionalità del capitale è
una baggianata: il capitale è una sfida all’ordine naturale del valore. Questa
sfida non conosce limiti; essa mira al trionfo del valore (di scambio) ad ogni costo, e il suo assioma è l’investimento,
non la produzione. Tutto dev’essere rigiocato, rimesso in gioco […] senza tener
conto di bisogni o di fini umani e sociali. Almeno è questo capitalismo, senza morale
né misura, che ha dominato dal XVIII secolo agli inizi del XX. Di esso il
marxismo non è che la forma degradata. Il socialismo non è la forma dialettica
superiore al capitale, è solo la forma degradata, banalizzata, del sociale, la
forma moralizzata dall’economia
politica (la quale a sua volta è stata ridotta da Marx alla dimensione critica ed ha così perduto la dimensione
irrazionale […] su cui ancora insiste Weber nella sua Etica protestante) e
l’economia politica stessa integralmente moralizzata
dal valore d’uso”[6].
Il capitalismo ha, sì, e
come nessun sistema sociale prima, una modalità razionale – tecnologica, per
l’esattezza – di procedere: la sua modalità
è la ricerca del profitto, ma il suo scopo
(cioè la finalità) non è il mero profitto. Ma lo è l’investimento, ma lo è
l’imposizione del valore di scambio
come unico e solo valore.
Eh ma è “sempre” stato
così, alcuni – subito – penseranno. Ma non
è affatto vero: in altri sistemi sociali ci sono cose sottratte allo scambio, e ad esso sottratte per principio. Non potevi “fare scambio
di ‘ogni’cosa”, ma proprio per niente.
Ma torniamo al tema.
Il suo scopo, del
capitale intendo, è sommamente
irrazionale.
Esso è la diffusione – senza limiti – del valore di scambio, a qualsiasi
costo, non perché “voglia” il “a
qualsiasi costo”, ma perché ogni altra finalità – finalità, non modalità:
si ponga ben chiaramente mente su questo punto specifico qui – per principio
non può trovar posto nell’unica finalità: “il regno senza limiti del valore di
scambio” (J. Baudrillard). Solo lo scambio ha valore, nessuna cosa ha
“valore” intrinsecamente, “di per sé”, cioè. L’acqua – “il valore d’uso” – non
ha valore perché tale, cioè acqua, bensì perché viene scambiata. E lo scambio
ha sempre un costo, i costi vanno abbattuti per aumentare la modalità: il
profitto, che accresce la possibilità della finalità unica di divenire totalizzante,
quindi la cosa migliore è scambiarsi dei “bit”,
e cioè scambiarsi cose potenzialmente poco
materiali, dell’energia elettromagnetica, insomma.
Ma qualcuno ha mai davvero capito la radicalità di una tale cosa, di un tal
fenomeno sociale che non può che distruggere le società perché v’impone, come
un ospite parassita, le sua – la sua unica
– finalità? Per far questo non può
che usare la ricerca del profitto, perché solo questa fa potenzialmente cadere
i limiti.
Ma questa è, come si
diceva, la modalità, e non la finalità …
La differenza con le
passate epoche, si diceva, sta nel fatto che – oggi
– la “tutela” che gli organismi di natura “globale”, o “internazionale”,
svolgono nei confronti dei “mercati” (cosiddetti “liberi”) ha una portata e
un’incidenza “strutturali” (mi riferisco ad ambedue i termini: la portata e
l’incidenza), appunto, e questo significa che tale “tutela” riguarda non un’opera di correzione dei guasti
dei “mercati”, o di loro parziale “armonizzazione”, bensì riguarda il
funzionamento stesso del sistema di scambi e di valute internazionale
(aggettivo che si riferisce a: sistema, “System”,
e non a “scambi” né a “valute”).
Viviamo
già,
dunque, in un sistema profondamente alterato, anche rispetto al neocapitalismo
di post Secondo Conflitto mondiale.
Si tratta, molto
semplicemente, di prenderne atto.
Il “cosa ‘si’ può fare”
viene dopo, e, preannunciamolo, si riduce a ben
poco. Ma la “critica” ai mercati perché non sarebbero “liberi” non è una critica, ma una semplice
constatazione di un fatto loro connaturato e strutturale. Diverso sarebbe dire
– ma questi qui non ci arriveranno mai
– che il controllo, che oggi si opera crescentemente sui mercati, ha un altro scopo, non economico: questo è
vero, è proprio così che funziona oggi, ma quelli che criticano il mercato
perché, con l’intervento della banche centrali, sarebbero meno “liberi”, son gli ultimi a poter anche solo
lontanamente avvicinarsi a comprendere questo fatto.
Infatti la contraddizione
non c’è nella realtà: la
contraddizione c’è fra la realtà e la giustificazione della realtà, cioè fra la realtà e l’ “ideologia” – questa costruita
sui fatti –, ma non nei fatti.
Se il libero mercato è
sempre stato “libero” mercato, dov’è la contraddizione? La contraddizione a
questo punto non è altro se non apparente, non corrispondente a niente di
reale.
Si tratta di perdere
quest’ inutile foglia di fico.
Il capitalismo è sempre stato il dominio di pochi
produttori e di poche strutture finanziarie su tutte le altre. La libertà è sempre stata un’apparenza: tu puoi
partecipare allo scambio – anzi, ci devi
partecipare, in tal senso è “libero” – ma il controllo degli scambi rimane nel
centro dello scambio. Tu, in nome della libertà, non puoi, non hai potuto, e
non potrai mai, nel sistema
capitalistico, mettere in questione uno degli assunti di base del funzionamento
autoreferenziale del sistema stesso. Il
resto sono chiacchiere.
Qui non si vuol fare
alcuna “rivoluzione”, ma solo dirsi le cose il più possibile come stanno.
Niente
di più,
niente di meno.
Tutto questo discorso
ci fa capire un punto molto importante: il falso scandalo, come lo chiamo. E
cioè quando una persona, ch’è stato educata sin da quando era piccolo a suon di
“razionalità del capitale”, in pratica sin dal seno materno, poi si ritrova di
fronte alle tante emergenze del momento – non ultima, ma invece prima, quella
climatica – e si “meraviglia”, come prima cosa, e, seconda cosa, chiede al
sistema di seguire qualche “imperativo” etico. Chi al contrario ha compreso la
natura di come funziona il capitalismo, non si stupisce dei suoi effetti, sia
sull’uomo sia sulla natura. Infatti, l’etica – cioè la distinzione buono/cattivo
– non ha proprio alcun senso per il capitale; per esso ha senso un’altra
alternativa: funziona/non funziona. Dove “funziona” significa che raggiunge i
propri obiettivi, e “non funziona” significa che non li raggiunge. Il
capitalismo è una macchina che ha come scopo raggiungere i propri
(del capitalismo) scopi. Punto: il
resto non lo riguarda.
L’interrogazione buono/cattivo non
lo riguarda. Come non lo riguarda ogni
altra possibile alternativa; lo riguarda solo: funziona/non funziona. Debbono
inserire questa molto borghese (in pratica l’unica cosa che può dire la
borghesia “contro” il capitale) questione dell’ “etica” nel capitale, che può
essere solo una cosa esterna al suo funzionamento, una cosa meramente aggiunta
e non strutturale. Solo che tutti i vari “protestanti” che si ponessero nel
modo detto qui, prima o poi comincerebbero a chieder qualcosina in più, e di
più strutturale: e non va bene, per la ragione del consenso necessario. Il capitale spende tantissimo per il
consenso, quasi più che per lo scambio.
Quindi non va bene: non
dobbiamo mai porci qualche domandina essenziale … non sia mai …
Ed dunque, poiché
questo genere di temi ha gigantesca difficoltà di venir fuori da quelle che,
tutto sommato, sono, e continuano ad essere, delle mere “nicchie”:
la “disinformatzija” è dunque, oggi, un “must”
…
Andrea A.
Ianniello
PS. Oggi è il dì della festa di San Giovanni
Evangelista, uno dei “due San Giovanni” (R.
Guénon)[i].
[1] Cf.
[2] Cf.
[4] Cf.
[6]
J. Baudrillard, La sinistra divina, Feltrinelli Editore,
Milano 1986, p. 13, corsivi in
originale, grassetti miei. Attenzione che, per Baudrillard, la rivoluzione come
mito, ed anche lo stalinismo (cf. ivi, p. 12), ma quest’ultimo per degli altri
motivi, avevano una loro forza che
sfidavano il sistema non sull’ “economia politica” ma, invece, sul piano delle
finalità, che poi è l’unica – vera – sfida possibile, il resto essendo
chiacchiere: il voler fornire una “buona gestione” come tappabuchi
all’incapacità del capitale – incapacità strutturale – di gestire la cosa
pubblica fu visto – illo tempore!, si
noti la data del libro di Baudrillard! – una via che avrebbe portato le
“sinistre” solo al disfacimento, Baudrillard è stato buon antivedente, le sinistre si sono spappolate perché nessuno di loro ha
mai capito questo punto: han solo voluto il “buon uso” del sociale, cioè zero sfida all’ordine, ferreo, crudele,
spietato, del capitale. Ferreo e crudele e spietato non perché vuole il male
dei singoli, e non perché “cattivo”, non per ragioni “morali”, con le quali torneremmo
solo al moralismo ottuso delle sinistre; ma crudele, spietato e ferreo perché
non ha se non la sua propria finalità, che s’impone alle società senza badare
ad altro. Qualsiasi altra finalità, infatti, al capitalismo va imposta
dall’esterno: essa gli è lontana ed estranea. Quel che voglion fare gli attuali
gruppi (legati alla “serie della ‘b.’”) è precisamente il voler imporre le
loro finalità al sistema, il che
ha inevitabilmente degli effetti
negativi sul sistema stesso, ma pure questi non hanno se non le proprie
finalità, ben diverse, però, da quelle del capitalismo.
Per Baudrillard,
quando la sinistra ha perso il mito
della rivoluzione, ha perso la partita, per quanto si data da fare per
sostituirsi alla “cattiva” gestione da parte del capitale, proponendo il
proprio “buon uso” del sociale: la partita è
persa, per ragioni strutturali, di base, radicali o come ci piace dirlo,
il concetto non cambia. Sappiamo che
la rivoluzione è solo un mito, vero: non è la “realtà”; ma, forse, che il
captale non è un “mito”? Mica è la “verità”!, te l’ha appena spiegato perché! Davvero
più chiaro di così è difficile dirlo: “La razionalità del capitale è una
baggianata”, si dovrebbe scriverlo a caratteri cubitali, sui muri. Anzi, la rivoluzione
hanno scoperto che è un mito, che, dopo, si ha un cambiamento di classe dirigente,
ma “nessuna classe dirigente” non è
un caso che possa darsi nella storia (questo è, sia detto en passant – ma il discorso ci porterebbe lontano – il punto che
Zizek non capisce di Mao, cf. Studio introduttivo di S. Žižek “Mao Tse-tung: signore marxista
del disordine” in Žižek presenta Mao.
Sulla pratica e Sulla contraddizione, Mimesis Edizioni, Milano - Udine 2009, pp. 17-45; ma proprio perché la
pagina di Mao è classica, e proprio
perché era un tipo alquanto intelligente si accorse che quel ch’era successo
con la rivoluzione era stata la sostituzione di una classe dirigente con
un’altra con la conseguente formazione di una borghesia dentro il Partito Comunista: anche per questo scatenò la
rivoluzione culturale, che fallì – su questo Zizek ha ragione – ma, ed ecco la
trovata, a questo punto la Cina doveva
entrare nel capitalismo e scatenarlo contro il capitalismo stesso, con tutti i rischi del caso eh, con tutti
i rischi, perché questo prescrive la
dottrina delle contraddizioni: ci sono frasi dove la “vecchia volpe” (“alte fuchs”) rivela il suo gioco, cf. ivi, p. 25 e p. 35 e Žižek non capisce il “nodo”; tutte cose difficili da far capire alle menti
occidentali, ci si dovrebbe studiare I
Trentasei stratagemmi, da me citati altrove, in un altro post). Ma il mito del capitale tuttavia resiste. Esso
è una credenza, una fede laica:
non ha niente a che spartire con
l’economia, in realtà. Ma tal mito condiziona l’economia capitalistica: le impone una struttura che la fa essere
ciò che è. Dunque gli zombie della sinistra – quando ancor esisteva, quando non
si riduceva al “buon uso” della società – dovevano, per Baudrillard, solo dire:
“Vero, la rivoluzione è un mito, e ce la teniamo così; anche il capitale è un
mito”, stop: niente di più. Giusto, ma Baudrillard sottovalutava l’incidenza
del mito autodistruttivo dei “lumi”,
dell’ illuminismo (pur criticandolo
in effetti), e cioè la necessità – che solo le sinistre sentono così fortemente,
loro perenne punto debole – di dover “rappresentare”, il che significa che vi
“deve” essere un “referente materiale” al quale fare riferimento. Per cui tu il
mito della rivoluzione lo devi misurare in base a ciò che hai detto doveva essere (nelle destre
‘sta robbaccia non esiste), mentre la rivalutazione dello stalinismo che faceva
Baudrillard nasceva proprio dal fatto che Stalin non si faceva scrupolo
nell’uso del potere, in questo era simile al “fascismo” (secondo Baudrillard, ovviamente, che non è il fascismo idealizzato di oggi, che a sua volta ha ben poco a che spartire col fascismo storico).
“Ma la
rivoluzione è un mito! Essa ‘dev’essere’ come il modello!”, ma Stalin avrebbe
risposto, sempre che avesse parlato (e non
era di certo cosa certa): “Va bene, ci teniamo il mito; ora però un
viaggetto di sola andata in Siberia”. E tutti in Occidente avevano paura, non del “comunismo”, ma di questa cosa
qui, del mito, fasullo senz’alcun
dubbio, ma non ha proprio alcuna importanza se sia “vero” o non!!
Ora però, i
movimenti comunisti in Occidente, per ottenere legittimazione, han sempre più
abbandonato quest’indifferenza verso l’uso del potere fino ad esserne
vanificati (diceva, ironicamente, Baudrillard: dall’epoca del Cristianesimo non
si è vista un’intrusione di una entità tale fatta dalla moralità nella
politica, il che implicava debole forza politica …). La cosa ironica sta nel
fatto che, per parafrasare Adorno e il suo detto “l’invidia degli dèi
sopravvive agli dèi”, l’anticomunismo doveva venire a predominare in Occidente
– con i pessimi risultati delle società fuori sesto in cui si sopravvive – secondo
il detto: “La paura di ‘Baffone’ sopravvive a Baffone”, e così i nostri iper
conformisti della sinistra si son trovati ad essere accusati di ciò ch’era più extra super lontanissimo dalla loro mentalità
illuministica, mentalità della quale Stalin rideva. Ma, se uno è solo conformista, può venir usato dal sistema
al quale si conforma per gli scopi di tal sistema, che aveva bisogno
dell’anticomunismo per mantenere il consenso popolare. Il divertimento è venuto
dopo, quando il giochetto dell’anticomunismo non doveva più funzionare, e le
classi dirigenti dell’Occidente han cominciato a perdere consenso, soprattutto nelle classi “meno abbienti”,
come suol dirsi oggi, con i vari eufemismi di volta in volta in voga.
Tutto deriva
dallo pseudo rinnovamento del 1989: “L’attore rotea la testa e annuncia di
parlare con la voce di un antico martire, gioca con combinazioni di lettere e
numeri, e nel gioco rientrano anche sgradevoli elucubrazioni sul 1989, che sarebbe fatidico. Finita l’evocazione,
egli rifà la voce del piombaio, il quale spiega che le rivelazioni si possono interpretare
al contrario”, E. Zolla Aure, i luoghi e i riti, Marsilio Editori, Venezia 1985, p. 147, corsivi miei. Dunque da
interpretarsi “al contrario”, per
cui: se l’ ’89 fu preso per un “rinnovamento”
(e “cosa buona”), la realtà era l’ inverso,
come accade spesso nei sogni e nelle
visioni, peraltro …
Direi che ciò si è realizzato, e per sovrammercato, come suol dirsi …
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