domenica 27 gennaio 2019

Segnalazione di dieci anni fa













Si sa che la “magia” è un termine molto fraintendibile oggi, per molti motivi. Parliamo allora di relazione col mondo “sottile”, relazione che può essere cosciente o non, poi, tra l’altro, e che può dar luogo a molti diversi casi e a differenti eventualità.
Ora è altrettanto chiaro che al scienza “quantitativa” si è costruita solo e soltanto al prezzo di tagliar vi qualsiasi legame col “sottile”, negli ultimi decenni, tuttavia, facendoli ritornare – tali legami “sottili” – ma dal solo punto d vista “psicologico”, come dicesi oggi.
Diamo tutto ciò per assodato. Ma chi volesse dedurne che tali legami col mondo “sottile” – evidentemente indiretti – siano stati assenti alla gestazione della tecno-scienza moderna e postmoderna, ed a quel System di relazioni economico-tecnologiche che prende il nome di capitalismo, sbaglierebbe. La “tentazione dell’occulto”[1] ha, in realtà, spesso attraversato il XIX secolo, dopo la sua metà sempre più mascherandosi ed insieme sempre più palesandosi. E, in tal senso, è interessante segnalare questo libro, di dieci anni fa: La chiave di Salomone. Magia, incantesimi, rituali, sigilli, invocazioni e talismani, Sergio Fanucci Communications, Roma 2009.
La prefazione è di S. L. McGregor Mathers, quello della Golden Dawn, ed è datata “Londra – ottobre 1888”[2]. Si tratta di un membro di quel gruppo di massoni che fondò, come s’è detto, la Golden Dawn, che tanta influenza esercitò non solo sull’occultismo moderno, ma pure sulla politica e, ripetiamolo, nascostamente su di un legame che è il “ganglio” vitale della Grande Prostituta, del System. Da me detto altrove il “Gran Lerevenant”, o il “Dybbuk”, il quale raccoglie, “stocca”, del materiale morto … Vi è un legame fra tutto ciò.  
Ricordiamoci che la moglie di McGregor Mathers era la sorella di Henry Bergson[3], cosa che Guénon non mancò di notare …[4]

Oggi non è certo epoca per “evocazioni”, in ogni caso, e spesso l’interesse per questo genere di cose spinge chi vi sia interessato semplicemente ad affogare in cose di ultima categoria, la “bassa magia”, come si diceva un tempo. Dunque attenzione. Molta.
Si nota, comunque, in quest’ondata di “occultismo moderno” precedente la seconda metà del secolo scorso, la rilevanza che vi aveva il concetto di “razza”, variamente inteso. Per cui, quel che si ha è una mescolanza d’idee moderne con altre precedenti.
Ed è da tale “mescolanza” che sorge quel potere che oggi domina la Terra. Chiaro che non vien detto, ma non sarebbe neppure capito, però; infatti, a livello di dibattito pubblico che è strillo, ed è di bassissimo livello, cosa cavolo può mai importare un tale legame … Domanda retorica, ovvio …
Tra l’altro, un tal “legame” lascia molti problemi sul tavolo: cosa n’è di quest’antico “patto” in questo momento? Nel qual mentre la scienza “materialistica” è sempre meno tale, non può esser sostituito da dell’ “altro”, per cui questo vecchio patto è sempre meno vincolante?
Ed avrebbe la stessa forma del passato? Oppure un’altra forma, più adatta ai “nostri” tempi? …
Ai poster l’ardua risposta … Dei poster recenti ….









Andrea A. Ianniello







[1] Cf. G. Pareti, La tentazione dell’occulto. Scienza ed esoterismo nell’età vittoriana, Bollati Boringhieri editore, Torino 1990.   
[2] Cf. La Chiave di Salomone. Magia, incantesimi, rituali, sigilli, invocazioni e talismani, Sergio Fanucci Communications, Roma 2009, p. 16. Siamo nel XIX secolo che fondò il capitalismo come sistema, ma, in quel tempo, non era possibile che la natura di costruzione surrettizia e di “villaggio Potëmkin”, il simulacro agitato da vita elettrica, nella tradizione di un’altra opera del XIX secolo, divenuta famosa: M. Shelley, Frankenstein, Feltrinelli, Milano 2013, il cui titolo originario era: Frankenstein, o il moderno Prometeo, non certo casualmente. E qual è l’incubo costante della modernità? Che le cose, le macchine, si “autonomizzino” e si muovano di vita propria, paura che hanno pur sempre muovendosi nella direzione in cui si dà sempre maggiore autonomia alle macchine stesse. E non possono che farlo, per di più, per cui la contraddizione è solo apparente. Ora, però, se ci si pensi bene – fuori da tutte le superfetazioni e le maschera postevi su dal mondo moderno stesso – cosa significa una tale paura? Ha un significato chiaro, ed evidente, in relazione al discorso che si sta facendo qui …
Si parla di Shelley in un libro di non pochi anni fa, cf. G. Galli, La politica e i maghi, RCS Libri e Grandi Opere, Milano 1995, p. 254, 256-257; su Lovecraft afferma che, come Pound, ha “interesse per l’occulto, ma nessuna iniziazione […]. Ma vi è una differenza: l’interesse di Pound è interesse verso una cultura con la quale si sente in sintonia, mentre per Lovecraft è esattamente l’opposto”, ivi p. 290. In realtà, Galli, nelle pagine successive, si vede come Lovecraft fosse piuttosto vicino, ma sempre solo dal punto di vista teorico, ad una corrente di occultismo “negativo” presente in America, nel New England in particolare: “In una lettera del 1930 presenta quella delle colonie [americane] come una tradizione di magia nera, per giungere a fare propria l’interpretazione di Margaret Murray sul fenomeno della ‘stregoneria’ […]. Lovecraft faceva risalire l’arrivo dei suoi avi materni alla seconda metà del XVIII secolo, dunque antenati e magia nera sarebbero giunti quasi contemporaneamente dall’Europa”, ivi, pp. 291-292, corsivi miei. Altre lettere, citata da Galli, attestano, di nuovo, la vicinanza di Lovecraft ad un modo di pensare diffuso all’epoca (il “vero problema” non sono gli ebrei, ma i “neri”), ma pure vicinanza a certi ambienti – da lui conosciuti solo in maniera teorica, conviene precisarlo – che avevano un legame con l’ “occulto”, e si perviene così a notare l’esistenza di una relazione fra certo tipo di “occultismo” e certo tipo di “razzismo”, nel paese dove il capitalismo ha dominato più di ogni altro paese al mondo, nel paese che ha dato il dominio mondiale, “globale”, al capitalismo stesso.
[3] Cf. https://it.wikipedia.org/wiki/Henri_Bergson. Su Moina (Mina) Mathers, la sorella di Bergson, appunto, cf.
https://en.wikipedia.org/wiki/Moina_Mathers.  
[4] Per chi volesse approfondire certi temi cf. le opere di Guénon sullo spiritismo, la prima, e Considerazioni sulla via iniziatica dove parla di magia, la seconda, e però approfondendo solo alcuni passi; se ne ha la possibilità, per far prima, può consultare una raccolta di passi dalle varie opere del detto autore: cf. R. Guénon, Pensieri sull’esoterismo, RL Gruppo editoriale, Santarcangelo di Romagna (RN) 2011, le voci sono: “Magia”, “Magista” e “Mago”, pp. 139-141.   














giovedì 24 gennaio 2019

Da “IL MONTAGGIO”, 13 punti tratti da Sun-tzu [Sunzi] –













Nell’agosto del 1887, Lenin s’iscrisse all’università di Kazan che,
per quanto sotto severo controllo, era un fervido centro d’idee
che attirava i giovani. Anche Gorkij era stato a Kazan; il suo libro
Moi Universitéti comincia appunto: ‘dunque, io vado a studiare all’
Università di Kazan, nientemeno’ […]. Ma, più che all’università,
Gorkij se ne andava, spinto dalla fame, sulle rive del
Volga, negli imbarcaderi dov’era facile guadagnare quindici
o venti copeki. ‘Là, fra i caricatori, i vagabondi, i marioli, mi sentivo
come un pezzo di ferro cacciato a forza tra carboni accesi;
ogni giorno m’impregnavo di una quantità d’impressioni acute e roventi.
Là, davanti a me, come in un vortice, passavano […]
uomini d’istinti grossolani; il loro rancore contro la vita, il loro modo ironico e ostile di considerare le cose del mondo e la loro spensieratezza
per quanto li riguardava, mi piacevano. Tutto ciò che avevo sopportato
e veduto mi spingeva verso quegli uomini, suscitando in me il desiderio
di sprofondarmi in quel loro ambiente corrosivo’. Lenin non ha mai
raccontato di se stesso, di queste cose; poiché la nota soggettiva ‘non
trova mai posto nei suoi scritti e nei suoi pensieri’; ma, in quell’ambiente,
fra quegli uomini rudi e amari, c’era anche lui, e le sue idee furono forgiate
su quegli stessi carboni accesi. Fu lì, a Kazan, ch’egli s’identificò col
lavoratore russo, e il popolo russo s’identificò con lui. In quelle terre,
un secolo prima, la grande rivolta popolare del cosacco Emeljan
Pugacev (1773-1775) aveva trovato forti sostenitori.
L’immenso Volga è il fiume simbolo della Russia; i suoi battellieri,
i suoi canti, la sua storia, il suo immenso fluire:
i veri pensieri di un uomo son quelli che sono parte di un destino
comune di tutto un popolo, di una vita comune
che è un immenso fluire senza fine[1].







Ecco un passo tratto da un libro vecchiotto, ormai, ma che forse potrebbe venire molto a proposito nell’atmosfera in cui si sta:
“Ottenuto il permesso di entrare, Pitman si fermò in una posizione d’attenti abbastanza goffa sulla soglia di un ufficio banale, nudo, in cui era evidente che nessuno lavorava molto; si aspettava ruggiti soldateschi o gelidi sussurri, ma tutto quello che udì fu una voce amabile che salmodiava: ‘Ancor prima che io insanguini la mia spada, il nemico si è arreso, Ancor prima che io insanguini la mia spada, il nemico si è arreso’. Davanti alla testa da pan di zucchero si ergeva un indice ben poco minaccioso ma pedagogico.
‘Entri dunque, Iakov Moïsseič del mio cuore, entri, e posi su una sedia il suo Sedere. Lei conosce Sun Tzu?’.
Il terrificante compagno Abdulrakmanov non parlava come un funzionario del KGB. Non parlava neppure come un comune cittadino sovietico. Aveva una voce musicale da basso che piegava e dispiegava secondo le regole della più raffinata dizione. Se ne serviva come un attore, ma la sua pronuncia corretta ricordava piuttosto quella di un professore da Antico Regime. D’altronde le parole ‘Vecchio Regime’ si presentavano spontanee alla mente non appena si vedeva da vicino quell’uomo cortese, bonario, quasi untuoso, la cui presenza tuttavia sprigionava una grande impressione di potenza. Iakov Pitman sarebbe stato colpito da quello stile così poco rivoluzionario se altre emozioni non si fossero impadronite di lui […].
‘No, compagno generale. Io non sono al sesto dipartimento, compagno generale […]’.
‘Ma si sieda, Iakov Moïsseič. Faremo conoscenza tutti e tre’. Pitman si guardò attorno, ma non vide alcuna terza persona […].
‘Mi dica prima di tutto che cosa ne pensa di quest’idea, nello stesso tempo magnanima e, come dire?, surrettizia’. Una volta di più l’infelice tenente doveva deludere quel superiore […]. ‘Quale idea, compagno generale?’. Diceva ‘generale’ perché è il grado più elevato, ma non aveva ancora mai visto un generale così cortese.
‘Quella che ho appena enunciata: Ancor prima che io insanguini la mia spada, il nemico si è arreso. Che ne pensa?’. La domanda era spinosa, anche per coloro che si preoccupavano di pensare sempre come si doveva. […]
‘[…] Ebbene, mio Iakov Moïsseič tutto di smeraldo, quello che Einstein è come fisico, io e qualcun altro, – giacché formiamo un concistoro, un areopago, di cui, se Dio vuole, lei farà parte un giorno – noi lo siamo come strateghi. Noi abbiamo scoperto la relatività dell’arte della guerra. Sun Tzu dice: Nell’arte della guerra la suprema raffinatezza è combattere i piani del nemico. Soltanto che Sun Tzu non aveva i mezzi adeguati al suo genio’.
Pitman si azzardò a domandare: ‘Perché?’.
‘Perché, mio Iakov Moïsseič tutto d’argento, il compagno Sun Tzu affumicò il cielo circa duemilacinquecento anni or sono. Ebbene … (Per dire ‘ebbene’, Abdulrakmanov usava il nnu-ss contemplativo del Vecchio Regime, espressione proscritta sotto il nuovo a causa della particella di cortesia s) … questi mezzi, noi, noi li abbiamo, e non soltanto per combattere i piani dello Stato maggiore, ciò che sarebbe irrisorio, ma tutti i piani del nemico, quali essi siano, dalla natalità alla letteratura, dalla sessualità alla religione. Dio voglia soltanto che, di questi mezzi fantastici, noi sappiamo fare buon uso’.
All’improvviso Abdulrakmanov si alzò, o meglio si eresse. Non era un uomo, era una torre […]. Ripeté con il tono con cui si canta in chiesa: ‘Ancor prima che io insanguini la mia spada, il nemico si è arreso. Conosce nulla di più elegante o di più efficace? Ah! Mettiamo in chiaro un particolare. Io so tutto quel che c’è da sapere su di lei. […] Io sono un sergente arruolatore; ho visto le sue note caratteristiche ed ho messo gli occhi su di lei’.
C’era qualcosa di spaventosamente avido nell’espressione ‘messo gli occhi’. […]
‘Sono molto onorato, Matvei Matveič’.
‘Lei si sbaglia. Ritiene un onore avere i capelli bruni ed essere un po’ miope? Lei ha le capacità di cui avrò bisogno nella nuova spezieria che sto mettendo in piedi. Altre le mancano: tanto meglio nella misura in cui si escludono. Ragioni un po’, mio Iakov Moïsseič tutto di diamante: vi sono molte probabilità che io trovi in questo servizio uomini dotati di una virtù che mi è indispensabile, la simpatia? Il coraggio, sì, la devozione, l’astuzia, la crudeltà: tutte queste qualità si trovano fra i nostri compagni, ma la facoltà di mettersi al posto dell’altro, di balzare nella coscienza e persino nell’inconscio dell’altro, come si balzerebbe sui comandi di un veicolo? … Venga a vedere’.
Abdulrakmanov girò attorno alla scrivania, prese Pitman per la spalla, come se fosse un bambino, e lo condusse davanti a una tavola di legno attaccata alla parete. Vi era stato inciso con un temperino, in caratteri fantasiosi che ricordavano l’Estremo Oriente, questo testo:
1 – discredita il bene
2 – comprometti i capi
3 – fa’ vacillare la loro fede, abbandonali al disprezzo
4 – serviti di uomini vili
5 – disorganizza le autorità
6 – semina la discordia fra i cittadini
7 – sobilla i giovani contro i vecchi
8 – ridicolizza le tradizioni
9 – sconvolgi i rifornimenti
10 – fa’ ascoltare musiche lascive
11 – diffondi la lussuria
12 – sborsa                        
13 – sii infoRmato
Questi sono – disse Abdulrakmanov con compiacimento – i tredici comandamenti che ho tratto da Sun Tzu. Mi son divertito ad inciderli in quest’ulivo dalla dura grana per meglio inciderli nello stesso tempo nella mia memoria’.
Pitman alzò gli occhi su quell’uomo che sembrava promulgare egli stesso le leggi in base alle quali viveva […] Abdulrakmanov gli appariva come un compendio dell’Unione Sovietica, o meglio – giacché chi dice unione con ciò stesso disunisce – di quello che, un tempo, si chiamava l’Impero russo.
Coloro che son esperti nell’arte della guerra sottomettono l’esercito nemico senza combattere, proseguì il compendio. Prendono le città senza dare l’assalto e rovesciano uno Stato senza operazioni prolungate. Che finezza! Che grazia! Evidentemente non può esser questo l’ideale di quei fanfaroni dei nostri militari di professione che vogliono dare l’assalto e prolungare le operazioni, ora per mietere gradi e medaglie, ora per semplice piacere. Ma noi, mio caro Iakov Moïsseič tutto d’oro, noi non siamo qui per il piacere. Noi siamo qui per impadronirci del mondo[2]. Ecco, come diceva Shakespeare, l’ hic o, come diciamo noi, ecco dov’è sepolto il cane[3]. Allora, questo l’interessa?’.
Non aspettò la risposta, e riattaccò: ‘Io sto creando, nell’ambito della Prima Direzione principale, il dipartimento D. Mi occorre un responsabile per la Francia. Le nostre tecniche sono sufficientemente esoteriche, ma lei le imparerà sul posto. Non appena sarà possibile, le cospargeremo le spalle di stelle, per impressionare gli stupidi. Lei è giovane, e in principio ciò farà impressione anche a lei: non si lasci ingannare. Le stelle sono un mezzo, non un fine: ecco quello che i nostri guerraioli non capiscono. E per conquistare delle stelle vogliono assolutamente insanguinare la loro spada. Ma Sun Tzu dice e ripete: In guerra il metodo migliore è prendere intatto lo Stato nemico; annientarlo non è altro che un ripiego. E’ quello che noi faremo alla Francia, mio Iakov tutto di rubino: la coglieremo intatta”[4].


Ebbene dunque: vi è uno, dico uno solo, dei 13 punti di cui sopra, estratti da Sun Tzu, che non sia stato usato – e continui ad esserlo – nel e sull’Occidente di oggi?
A quando la resa? E senza usare “spade”, per quanto tecnologiche o “tecnologizzate” queste possano essere?
A quando la resa … ?
Se uno fa 2+2 di tutto ciò, e poi moltiplica il risultato con in più l’iter della situazione mondiale negli ultimi 20 (venti) anni, / (cioè diviso [/]) gli ultimi sviluppi, vede che i 13 punti sono stati – e continuano ad esser – applicati in modo evidente; allora, non può giungere che a chiedersi la domanda qui sopra posta …
Una fortezza vuota la può prendere un pugno di tartari.
Ed anche nelle guerre di Tamerlano si narra dell’uso dell’astuzia, una volta che il conquistatore di Samarcanda era in possesso di un esercito troppo ridotto per conquistare una città.
Ed allora, cosa fece: montò dietro ai cavalli tanti sterpi e lanciò l’assalto fin quasi sotto le mura della città: i cavalli avevano sollevato tanto un polverone da sembrar ch’avesse chissà qual enorme esercito. Allora, il comandante della difesa, timoroso, si arrese.
Questo si narra. Ma il punto vero è che la guerra è l’inganno. La natura più profonda, più vera, più reale della guerra non è intingere la propria spada, o qualsiasi altra possibile arma, nel sangue altrui, ma invece far arrendere il nemico.
La natura più profonda della guerra è l’inganno.
La guerra è Inganno.







Andrea A. Ianniello

















[1] V. Tonini, Che cosa ha veramente detto Lenin, Astrolabio Ubaldini Editore, Roma 1967, pp. 6-7, corsivi in originale. Queste sono idee, fra cui questo senso di essere parte di un fiume, difficili da pensare in Europa, non dico difficili da “accettare” in quanto è normale che un europeo trovi tutto ciò poco “palatabile”, ma nemmeno concepirlo è un grosso errore. Eppure quanti, in Europa, son sempre caduti sulla Russia … dovrebbero rifletterci … Ma la stupida vittoria trasformatasi in sonora sconfitta glielo impedisce. In ogni caso, a distanza di cento due anni, la Rivoluzione russa appare sempre di più come una gigantesca jacquerie, davvero Lenin è parente prima del cosacco Emel’jan Ivànovič Pugačëv e solo dopo di Marx. Tra l’altro, Pugačëv era figlio di un piccolo proprietario terriero, della piccola nobiltà, la stessa classe di provenienza di Lenin, e il cui (di Pugačëv) padre sposò una cosacca.
Da noi, in Europa, non esiste un “popolo”, esiste solo un pubblico. Manca, del tutto, ed in Italia in modo particolare, nell’Italia del Sud ancor più, il senso di “far parte” di una cosa grande, un fiume che ti spinga. Del tutto assente. Ecco perché gli europei non riescono a capire la Russia: manca loro questo senso. Eppure, però, nessuno gli chiede di condividerlo, ma solo di capirlo. E c’hanno lasciato le penne tante volte, sarebbe stato giusto aspettarsi: beh, stavolta forse un po’ avran capito, dopo tanti errori, e pagati ad alto prezzo. Invece non è così, ahi noi. E, non a caso, il “fluire senza fine” – cioè l’ assenza di limiti – è una caratteristica tipicamente russa, mentre l’Europa è il senso della forma, quindi dei limiti. Anche nel potere, cioè avere un potere “senza limiti”, appunto: Stalin è più parente di Ivàn il Terribile che di altri, cosa peraltro detta implicitamente da Eizenstein. Questo tratto specifico viene loro dalla lunga lotta contro i Mongoli, lotta che però portò i russi ad apprenderne degli aspetti. E la zona della Russia dove questa relazione, seppur conflittuale, divenne più stretta è la Moscovia, cioè quella Russia (le Russie sono tre) che poi avrebbe predominato su tutte le altre. “Gratta un russo e troverai un tartaro. Proverbio russo”, P. Hopkirk, Il Grande Gioco. I servizi segreti in Asia centrale, Adelphi editore, Milano 2004 (“Gli Adelphi” 2016, edizione orig, 1990), p. 33, in calce, maiuscoletto in originale. Tra l’altro, si sa, da ricerche varie, che una buona parte della nobiltà, soprattutto piccola, russa sia d’origine mongola o comunque in qualche modo imparentata con essa, mentre un’altra parte significativa della nobiltà, spesso la più alta (per esempio i Romanòv), è d’origine scandinava, in qualche modo imparentata con i “Ros”, i conquistatori originari della, appunto, Russia, donde viene il nome “Russia”, tra l’altro.
Comunque il senso di questo fluire lo si può intravedere in un vecchio romanzo, Il placido Don, dal quale han tratto una musica, cf. (Тихий Дон 2015)
https://www.youtube.com/watch?v=i_9OqIiHZ-Q.
[2] Di seguito chiarisce: non per meramente far espandere la Russia, piuttosto usando la Russia …
[3] Stessa espressione – letteralmente la stessa – usata da Gurdjieff …
[4] V. Volkoff, Il montaggio, Guida editori, Napoli 1992, pp. 36-40, corsivi in originale. L’aspetto di Abdulrakmànov ricordo quello di Gurdjieff. Di seguito il romanzo appena citato allude ad un “cerchio interno” all’allora KGB, del quale Abdulrakmànov era parte: una considerazione piuttosto interessante, alla luce degli sviluppi futuri, futuri per quel tempo, non è vero? … Si allude ad un “Chitano” – “il più grande” orchestratore di campagne di “disinformazione” – che altri non è la grafia francese (Volkoff sta in Francia e scrive in francese) di Shaitàn/Sheitàn/Shitàn, cioè l’ Avversario, “il” Satana …












mercoledì 16 gennaio 2019

La gestione della “Brexit” non fa che dimostrare l’**assenza** di leadership in Occidente (con i sogni di ritorno al XIX sec.) e nel mondo (tranne in Russia e Cina, strano)




















E così, la gestione della “Brexit” ha dimostrato, fino a ieri, il suo fallimento, ma esso è solo il segno di un male ben più profondo. Churchill si rivolterebbe nella tomba, anche se queste tendenze ci son sempre state nel partito Conservatore, solo che, stavolta, hanno vinto, in questo tempo sono dominanti. E’ il quadro de “L’Ora più buia”, il film dell’anno scorso, solo che, stavolta, l’esito è l’opposto di quello di tanti anni fa.


Lo “zombie” del potere di oggi, appunto, cf.


Certo si è che l’economia globale, di colpo in colpo, rischia un accumulo di fattori negativi che un qualsiasi fattore di coagulo può scatenare. Di solito, un fatto secondario, cui nessuno pensa.

Sulla “Brexit” in questo blog, cf.




Vi sono delle riflessioni piuttosto interessanti che possono farsi con relazione ad un interessante link, il seguente: cf.
https://austincoppock.com/2019-yearly-the-road-we-travel/, autore A, Coppock.
Vediamo che cosa si dice.

In primis, parlasi di cicli astrologici, di lunghezza ed estensione differenti. Prima di parlare dei cicli dei pianeti lenti, più piccoli, si parla di un Gran Ciclo astrologico, quello – classico, da Albumasar (787-886), di duecento anni – delle congiunzioni tra Saturno e Giove nei segni dello stesso elemento (Terra, Aqua, Aër, Ignis). Ora, nel periodo 1803-2020 si son avute le congiunzioni fra Saturno e Giove nei segni di Terra, sostanzialmente, con eccezioni. Questa è stata l’epoca dello scatenamento della rivoluzione industriale, di quelle tematiche di cui s’è detto varie volte in questo blog, delle due Guerre mondiali – sempre più, correttamente, viste come la Grande Guerra Civile Europea e Mondiale (1914-1945) –, cosa solo in parte vera, perché – se per “guerra mondiale” intendiamo un conflitto che ridisegna l’equilibrio geopolitico mondiale –, c’è stata prima la Guerra dei Sette Anni (1755-1763), giustamente definita da Churchill la prima guerra davvero mondiale. Se intendiamo un conflitto “mondiale” sempre come ridisegnare gli equilibri mondiali, anche l’attuale Terza Guerra mondiale “a pezzi” lo è, perché sta ridisegnando gli equilibri mondiali.
Vi è, poi, la congiunzione “media” – come il Nodo lunare “medio” – ch’è, cioè, una media matematica, e la congiunzione reale, quindi effettiva. La prima si è già verificata nel 2000, ma l’effettiva si verificherà nel 2020. Dunque l’autore del link sopra citato non erra nel considerare il nostro periodo, dal 2000 al 2020, un’età “di passaggio”, dove si credeva di poter “piantare tenda” ed abitarci, quando, al contrario, è solo ancora di passaggio.
Dal 2020 in poi le congiunzioni di Saturno e Giove avverranno nei segni d’Aria, e la prima sarà in Acquario. Ed ecco ciò che, qui, c’interessa di più, e subito. Infatti, qui se n’è parlato, ma in relazione al moto dei pianeti lenti, cf.
sul quale ciclo, dei pianeti lenti, si ritornerà fra poco.
La cosa interessante sta nel fatto che questa congiunzione, che darà inizio al ciclo di 200 anni nei segni di Aria, e che avverrà in Acquario, coincida, più o meno, con questa serie di spostamenti dei pianeti lenti, dei quali si dice nel link appena qui su riportato.
Interessante come questo cambiamento di segno, intendo della congiunzione duecentennale fra Saturno e Giove, sia spesso coinciso, nella storia, con l’avvento di un conquistatore, per esempio Alessandro Magno, riporta Coppock, o Gengiz Khan; o Napoleone, per l’inizio del ciclo delle congiunzioni duecentennali nei segni di Terra, avvenuta nel 1803. Qui Coppock sbaglia, nel dire che sia oggi Internet il “conquistatore” che porta verso un mondo “multipolare”, parola oggi di gran voga. Né son più nel giusto quelli che, pensando – giustamente – all’Anticristo, vi vedranno un “conquistatore”, dimostrando così di aver capito zero del tì estì, del “che cos’è” l’Anticristo.  
Quindi è vero che ci sarà l’Anticristo, ma non sarà un conquistatore, ciò essendo dovuto alle particolarità del “nostro” periodo storico, dove si concludono altri – e più vasticicli, punto d’importanza dirimente.



Arriviamo ai pianeti lenti, dunque, in secundis.
Qui – fra molti discorsi che si potrebbero fare, ma non c’è tempo per farlo – punterei l’attenzione sul passaggio fra Urano in Ariete ed Urano in Toro, quest’ultimo che, oltre a denotare questo risveglio non solo dei terremoti – ma anche del vulcanismo – vuol dire anche problemi sulle Borse (non solo a causa della “Brexit”, ovvio) come un cambiamento dei flussi della liquidità, peraltro unica scelta che hanno le lobby dominanti il mondo per mantenere il controllo. Ma ciò significa che il nucleo centrale della “Grande Prostituta” ha transato con gli altri gruppi, in questo tempo, in lizza.  

   
















Andrea A. Ianniello