Il potere, oggi, è divenuto uno “zombie”, cosa tutt’altro che imprevedibile, cf. J. Baudrillard, Dimenticare Foucault, Cappelli editore, Bologna 1977 (!!), p. 104.
A “sinistra” non
han mai voluto accettare queste frasi, per certi aspetti preveggenti: “La
storia reale della lotta di classe. I
soli momenti reali furono quelli in cui la classe dominata si è battuta sulla
base del rifiuto di se stessa ‘in quanto tale’, sulla base del solo fatto che
non era niente. Marx lo aveva ben detto che un giorno essa avrebbe dovuto
essere abolita. Ma questa era ancora una prospettiva politica. Quando la classe
od una frazione di classe preferisce giocare come radicale non-classe, [..]
vale a dire giocare la propria morte subito nella struttura esplosiva del
capitale, quindi sceglie di implodere d’un tratto invece di cercare
l’espansione politica e l’egemonia di classe, allora si arriva al giugno ’49,
alla Comune o al maggio ’68. Segreto del vuoto, forza incalcolabile
dell’implosione (contrariamente alle nostre immaginazioni sulla esplosione
rivoluzionaria) – si pensi al quartiere Latino il 3 maggio nel pomeriggio. Il
potere stesso non si è sempre considerato potere ed il segreto dei grandi
politici fu quello di sapere che il potere non
esiste. Che esso è soltanto uno spazio prospettico di simulazione, come fu
quello pittorico del Rinascimento e che, se il potere seduce, è proprio perché
(ciò che i realisti ingenui della politica non capiranno mai) è simulacro,
perché si trasforma in segni e s’inventa su dei segni (questa è la ragione per
cui la parodia, la reversione dei
segni o la loro esasperazione può toccarlo più profondamente di qualsiasi
rapporto di forze). Questo segreto dell’inesistenza del potere che fu quello
dei grandi politici, è anche quello dei grandi banchieri, cioè che il denaro
non è niente, che il denaro non esiste […] Quando il potere afferra questo
segreto e lancia contro se stesso la propria sfida, allora esso è veramente
sovrano. Quando smette di farlo e pretende di trovarsi una verità, una
sostanza, una rappresentazione (nella volontà del popolo, ecc.), allora esso
perde la sua sovranità […] Un tempo si uccidevano i capi quando perdevano
questo segreto”, ivi, pp. 102-103,
corsivi in originale.
Giocare l’implosione contro l’implosione, rinunciando all’espansione, politica o d’altro genere: questa è la via, l’unica, vera, oggi possibile.
Il resto è solo chiacchiere, a iosa.
Non si può certo dire “il resto è silenzio” nella nostra rumorosa epoca di chiacchiericcio da social.
Giocare l’implosione contro l’implosione, rinunciando all’espansione, politica o d’altro genere: questa è la via, l’unica, vera, oggi possibile.
Il resto è solo chiacchiere, a iosa.
Non si può certo dire “il resto è silenzio” nella nostra rumorosa epoca di chiacchiericcio da social.
Ma cosa scriveva
quaranta due anni fa lo stesso autore, a proposito di “fascismo”, è molto
significativo, in un contesto come quello attuale. “Il sangue fresco viene al
potere dal desiderio. […] Fascinazione universale per il potere, nel suo
esercizio e nella sua teoria, fascinazione così intensa perché è quella di un
potere morto, caratterizzato da un
effetto di resurrezione simultanea, in un modo osceno e parodistico, di tutte
le forme di potere già viste, esattamente come avviene per il sesso nella
pornografia. La morte imminente [allora 1977!!]
di tutti i grandi referenti (religioso, sessuale, politico, ecc.) si traduce in
una esacerbazione delle forme di violenza e di rappresentazione che li
caratterizzavano. Nessun dubbio che il fascismo […] sia la prima forma oscena e
pornografica del ‘revival’ disperato del potere politico [e Pasolini questo
l’han ben visto e chiaramente notato]. Riattivazione violenta di un potere che
dispera dei propri fondamenti razionali (la forma rappresentativa si è svuotata
del suo significato sul filo del XIX e del XX secolo), riattivazione violenta
del sociale in una società che dispera del suo fondamento razionale e
contrattuale – il fascismo è tuttavia il solo potere moderno affascinante,
poiché è l’unico, dopo il potere machiavellico, ad assumersi in quanto tale, in
quanto sfida, prendendosi giuoco di ogni ‘verità’ del politico, e l’unico ad
aver accettato la sfida di dover assumere il potere fino alla morte […].
Proprio perché ha accettato questa sfida ha beneficiato di quello strano
consenso, di quell’assenza di resistenza la potere. Perché tutte le resistenze simboliche sono cadute di fronte al
fascismo, fatto unico nella storia? Nessuna mistificazione ideologica, nessuna
rimozione sessuale alla Reich può spiegarlo. […] il potere fascista è il solo
che abbia saputo rimettere in giuoco il prestigio rituale della morte, ma (e
questa è qui la cosa più importante) […] in un modo, come l’ha ben visto
Benjamin, estetico – e non più
veramente sacrificale. La sua politica è un’estetica della morte, un’estetica
già passeistica e tutto ciò che dopo di allora è passeista non può che ispirarsi
al fascismo, come ad un’oscenità e ad una violenza già nostalgiche, ad uno scenario di potere e di morte già reazionario,
già superato nel momento stesso in cui fa la sua apparizione nella storia.
Eterno scaro nell’apparizione del Messia, come dice Kafka. […] Stessa nostalgia
e stessa simulazione passeistiche quando si tratta oggi di ‘micro’ fascismi e
di ‘micro’ poteri [cioè Foucault]. L’operazione ‘micro’ non fa che moltiplicare
senza risolverlo ciò che ha potuto essere il fascismo, e fare di uno scenario
estremamente complesso di simulazione e di morte un ‘significante fluttuante’,
semplificato […], poiché il richiamo del fascismo (come il richiamo del potere),
pure sotto forma ‘micro’, è ancora l’invocazione nostalgica del politico
[questo è, oggi, evidentissimo], di una verità del politico, nello stesso
tempo in cui permette di salvare l’ipotesi del desiderio [i “diritti” ecc.
ecc., sui quali si è sempre più, da
quel tempo, andata “allineando” la sinistra”, o i simulacri che ne rimangono,
simulacri che si prendon sul serio: quelle
erreur!!], del quale si può sempre dire che il potere o il fascismo non sono
che un accidente paranoico. Comunque sia, il
potere è una trappola” ivi, pp. 104-107,
corsivi in originale, miei commenti fra parentesi quadre.
Dunque non
fascismo “eterno”, come recita il titolo di un libro, cf. U. Eco, Fascismo eterno, La nave di Teseo
editore, Milano 2017), quanto trattasi d’un “meccanismo sociale”
tendenzialmente perenne, mettiamola in tal modo.
Altra nota:
secondo Baudrillard, il “machiavellismo” non
è l’assenza di scrupoli sui mezzi,
quanto sui fini.
Andrea A.
Ianniello
Altro refuso: “scaro” qui sopra va corretto con: “scarto” . . .
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