mercoledì 2 gennaio 2019

Lo “zombie” del potere, oggi











Il potere, oggi, è divenuto uno “zombie”, cosa tutt’altro che imprevedibile, cf. J. Baudrillard, Dimenticare Foucault, Cappelli editore, Bologna 1977 (!!), p. 104.  
A “sinistra” non han mai voluto accettare queste frasi, per certi aspetti preveggenti: “La storia reale della lotta di classe. I soli momenti reali furono quelli in cui la classe dominata si è battuta sulla base del rifiuto di se stessa ‘in quanto tale’, sulla base del solo fatto che non era niente. Marx lo aveva ben detto che un giorno essa avrebbe dovuto essere abolita. Ma questa era ancora una prospettiva politica. Quando la classe od una frazione di classe preferisce giocare come radicale non-classe, [..] vale a dire giocare la propria morte subito nella struttura esplosiva del capitale, quindi sceglie di implodere d’un tratto invece di cercare l’espansione politica e l’egemonia di classe, allora si arriva al giugno ’49, alla Comune o al maggio ’68. Segreto del vuoto, forza incalcolabile dell’implosione (contrariamente alle nostre immaginazioni sulla esplosione rivoluzionaria) – si pensi al quartiere Latino il 3 maggio nel pomeriggio. Il potere stesso non si è sempre considerato potere ed il segreto dei grandi politici fu quello di sapere che il potere non esiste. Che esso è soltanto uno spazio prospettico di simulazione, come fu quello pittorico del Rinascimento e che, se il potere seduce, è proprio perché (ciò che i realisti ingenui della politica non capiranno mai) è simulacro, perché si trasforma in segni e s’inventa su dei segni (questa è la ragione per cui la parodia, la reversione dei segni o la loro esasperazione può toccarlo più profondamente di qualsiasi rapporto di forze). Questo segreto dell’inesistenza del potere che fu quello dei grandi politici, è anche quello dei grandi banchieri, cioè che il denaro non è niente, che il denaro non esiste […] Quando il potere afferra questo segreto e lancia contro se stesso la propria sfida, allora esso è veramente sovrano. Quando smette di farlo e pretende di trovarsi una verità, una sostanza, una rappresentazione (nella volontà del popolo, ecc.), allora esso perde la sua sovranità […] Un tempo si uccidevano i capi quando perdevano questo segreto”, ivi, pp. 102-103, corsivi in originale. 
Giocare l’implosione contro l’implosione, rinunciando all’espansione, politica o d’altro genere: questa è la via, l’unica, vera, oggi possibile. 
Il resto è solo chiacchiere, a iosa
Non si può certo dire “il resto è silenzio” nella nostra rumorosa epoca di chiacchiericcio da social.
Ma cosa scriveva quaranta due anni fa lo stesso autore, a proposito di “fascismo”, è molto significativo, in un contesto come quello attuale. “Il sangue fresco viene al potere dal desiderio. […] Fascinazione universale per il potere, nel suo esercizio e nella sua teoria, fascinazione così intensa perché è quella di un potere morto, caratterizzato da un effetto di resurrezione simultanea, in un modo osceno e parodistico, di tutte le forme di potere già viste, esattamente come avviene per il sesso nella pornografia. La morte imminente [allora 1977!!] di tutti i grandi referenti (religioso, sessuale, politico, ecc.) si traduce in una esacerbazione delle forme di violenza e di rappresentazione che li caratterizzavano. Nessun dubbio che il fascismo […] sia la prima forma oscena e pornografica del ‘revival’ disperato del potere politico [e Pasolini questo l’han ben visto e chiaramente notato]. Riattivazione violenta di un potere che dispera dei propri fondamenti razionali (la forma rappresentativa si è svuotata del suo significato sul filo del XIX e del XX secolo), riattivazione violenta del sociale in una società che dispera del suo fondamento razionale e contrattuale – il fascismo è tuttavia il solo potere moderno affascinante, poiché è l’unico, dopo il potere machiavellico, ad assumersi in quanto tale, in quanto sfida, prendendosi giuoco di ogni ‘verità’ del politico, e l’unico ad aver accettato la sfida di dover assumere il potere fino alla morte […]. Proprio perché ha accettato questa sfida ha beneficiato di quello strano consenso, di quell’assenza di resistenza la potere. Perché tutte le resistenze simboliche sono cadute di fronte al fascismo, fatto unico nella storia? Nessuna mistificazione ideologica, nessuna rimozione sessuale alla Reich può spiegarlo. […] il potere fascista è il solo che abbia saputo rimettere in giuoco il prestigio rituale della morte, ma (e questa è qui la cosa più importante) […] in un modo, come l’ha ben visto Benjamin, estetico – e non più veramente sacrificale. La sua politica è un’estetica della morte, un’estetica già passeistica e tutto ciò che dopo di allora è passeista non può che ispirarsi al fascismo, come ad un’oscenità e ad una violenza già nostalgiche, ad uno scenario di potere e di morte già reazionario, già superato nel momento stesso in cui fa la sua apparizione nella storia. Eterno scaro nell’apparizione del Messia, come dice Kafka. […] Stessa nostalgia e stessa simulazione passeistiche quando si tratta oggi di ‘micro’ fascismi e di ‘micro’ poteri [cioè Foucault]. L’operazione ‘micro’ non fa che moltiplicare senza risolverlo ciò che ha potuto essere il fascismo, e fare di uno scenario estremamente complesso di simulazione e di morte un ‘significante fluttuante’, semplificato […], poiché il richiamo del fascismo (come il richiamo del potere), pure sotto forma ‘micro’, è ancora l’invocazione nostalgica del politico [questo è, oggi, evidentissimo], di una verità del politico, nello stesso tempo in cui permette di salvare l’ipotesi del desiderio [i “diritti” ecc. ecc., sui quali si è sempre più, da quel tempo, andata “allineando” la sinistra”, o i simulacri che ne rimangono, simulacri che si prendon sul serio: quelle erreur!!], del quale si può sempre dire che il potere o il fascismo non sono che un accidente paranoico. Comunque sia, il potere è una trappola” ivi, pp. 104-107, corsivi in originale, miei commenti fra parentesi quadre.
Dunque non fascismo “eterno”, come recita il titolo di un libro, cf. U. Eco, Fascismo eterno, La nave di Teseo editore, Milano 2017), quanto trattasi d’un “meccanismo sociale” tendenzialmente perenne, mettiamola in tal modo.
Altra nota: secondo Baudrillard, il “machiavellismo” non è l’assenza di scrupoli sui mezzi, quanto sui fini.












Andrea A. Ianniello




















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