domenica 6 gennaio 2019

“LSD”, una recensione **breve** (cioè “un invito alla lettura”) del carteggio fra Jünger e Hofmann









“Anche io quest’anno sono stato a Micene, e precisamente
a maggio. Ho visto in lontananza il golfo di
Argo e ho visto la porta da cui è scappato
Oreste dopo il matricidio. In Sardegna ci sono stato
quest’estate per l’ottava volta.
Vado in un posto abbastanza inospitale,
e se alcune anime ingegnose non avessero scovato la
torre saracena, continuerei a essere l’unico straniero,
a parte Alexander e Friedrich George”[1].










Viaggiavano molto, sia Jünger che Hofmann, per luoghi non ancora toccati dal turismo di massa, il che lascerebbe spazio a molte considerazioni … che si lascia al (si spera) benigno lettor.
Iniziamo con una considerazione molto appropriata: che Jünger oggi, nell’epoca delle risorgenze in style “zombie” delle “destre” neo nazionalistiche, Jünger costituisce quasi un necessario contraltare, quasi una medicina – necessaria – in tempi così negativi. Non dimentichiamo, tra l’altro, che Jünger si voleva “apartitico”, e in un’epoca quando esserlo richiedeva molta forza interiore, e ciò va posto a confronto con l’oggi quando, pur di fronte ai miserrimi residui dell’epoca dei partiti, tanti non riescono nemmeno a concepire di esserlo, neanche a prospettarselo in mente. Jünger sarebbe tornato ad interessarsi di politica più attivamente nel 1950, in dialogo con Heidegger, dal quale venne fuori il libro Oltre la linea, (Adelphi edizioni, Milano 1989, il “fatidico” 1989, inizio di una stagione crescentemente peggiore per l’Europa, in particolare meridionale). Ci sarebbe da chiedersi se, davvero, siamo finalmente “Oltre la linea”, ma pure quest’interessante questione la si lascia all’accorto lettor ….
Anche per la “nazione”, come che sia, dunque avverrà quel che già è successo per la “rivoluzione”, sarà sostituita dalla sua simulazione, per poi sparire come categoria interpretativa. Ecco comunque l’interesse, per il nostro percorso, in tal blog, nel trattare di questo tema.
Ma veniamo al punto.
Molto opportunamente, vista la premessa di qui sopra, è stato recentemente pubblicato anche in Italia il Carteggio fra Jünger e Hofmann a riguardo dell’LSD. 
“Il marchio pop lsd, strettamente legato alla cultura hippie e alla beat generation, verrà poi indissolubilmente associato alle coraggiose sperimentazioni di Hofmann conferendo arbitrariamente a quest’ultimo i galloni di patriarca della nuova cultura, nell’ effimera epopea delle coscienze aperte [dopo sarebbe infatti intervenuta la “Grande Chiusura”, come la chiamo, cioè la delimitazione dei confini mentali in tanti piccoli lotti di proprietà, parallela alla “recinzione delle terre”, cioè il segno della nascita del capitalismo, fino al giunger all’ “oggi”, nel delirio di “identità” in offerta, con sconto, su Internet, e di neonazionalismo da “un soldo di cacio” della “destra” che, ormai, dappertutto impazza]. L’opera di sintesi chimica del dotto svizzero […] trova sensata corrispondenza nella controcultura giovanile dell’epoca, principalmente nella capacità, insita nella sostanza, di trasmutare suoni in immagini, musiche in colori. […] Beatles, Pink Floyd, Doors, assieme a molti altri, furono anfitrioni di questo connubio sensoriale alterato, cerimoniale di una pratica fatata, divenuta ben presto moda o posa [l’uso cosiddetto “ricreativo” delle droghe]. Per contro, botanica, etnografia, morfologia, entomologia, da sempre presenti nei testi jüngeriani, trovano approdo antimoderno proprio nel caduceo ermetico, saldamente impugnato da Hofmann. Farmaco e veleno/farmaco è veleno, ciò che resta dell’avventuriero è l’arbitrio d’essere […]. Nulla è sostanzialmente mutato dai tempi di Tempeste d’acciaio [corsivi in originale]. Solo lo scenario sempre più demònico, poiché per lo scrittore-soldato Jünger la battaglia, o meglio il duello, non è bruto praticantato per annientare l’altro, ma sempre cimento per superare uno stadio interiore divenuto obsoleto […]. Laddove lo scienziato faustiano ricerca un viatico immaginario al quale consegnare le sue inquietanti scoperte […] il pensatore-scienziato offre come risposta un tracciato mitico, cartografico e siderale, in parte reso col noto proposito antiborghese di prendere la via del bosco [corsivi in originale]”[2]. Insomma, Jünger va qui oltre un altro suo testo “fondante”, Trattato del ribelle, Adelphi, Milano 1999, vent’anni fa, ormai. Si potrebbe qui riflettere – ma, ovviamente, lo farà il lettore, se lo vorrà – sulla praticabilità, oggi, della “via del bosco” o se, al contrario, non vada rivista, pur potendo, senza dubbio, essere ancora validissima.

Si vuol qui terminare con qualche osservazione, con qualche passo sparso, senz’alcuna voglia di “riassumere” il libro, che va letto, da parte di chi sia interessato, in quanto non riassumibile. Fenomeno questo non proprio ai soli carteggi, ma che, nei carteggi, si amplifica, si mostra nella sua reale ampiezza.
Altra notazione (è la notazione conclusiva, per la precisione) del prefatore: “nelle lettere non v’è traccia di autocompiacimento pessimista. ‘Semplicemente si scorge il Nuovo e vi si prende parte’. Sobria sentenza jüngeriana, che servirà per demitizzare un’altra curiosa coincidenza, ovvero quei 102, quasi 103 anni, vissuti da entrambi come se non fosse affar loro”[3].
Alle dotte osservazioni di quest’ultimo (il prefatore) voglio solo aggiungere tre osservazioni. La prima è relativa alla continua citazione – nel carteggio – di un libro splendido, cui sempre occorre far riferimento, quando si parla di Jünger: Avvicinamenti. Droghe ed ebbrezza, ripubblicato non molto tempo fa da Guanda, e che personalmente ho nella vecchia, “storica”, edizione dell’inizio dei lontani – ma non troppo ancora, ahimè – anni Ottanta del secolo scorso.
La seconda osservazione, riguarda i tanti piccoli commenti ed osservazioni “sapide” che i due si scambiano, e che sarebbe sbagliato voler “riassumere”, facendo come gli “abbreviatori” di Leonardo da Vinci (quest’anno è a lui dedicato), abbreviatori tanto da lui, messer Lionardo da Vinci, criticati. Tutte queste piccole, ma sapide, osservazioni, questi commenti, vanno, dunque, semplicemente letti. Stop.
La terza osservazione è una coincidenza: nel tempo in cui stavo acquistando questo teso, per caso in stazione c’era la nuova edizione di A scuola dallo stregone, che conoscevo, per l’appunto, con il suo vecchio titolo, e cioè: C. Castaneda, Gli insegnamenti di don Juan, Mondadori Libri – BUR Rizzoli, Milano 2018[4], l’anno scorso, con la significativa Nota aggiunta di Castaneda in occasione del trentennale della prima pubblicazione (1968), tra le ultime cose di Castaneda, che sarebbe scomparso, tra l’altro, trent’anni dopo la prima pubblicazione del “fatidico” libro: davvero una congiunzione astrale, di quelle che segnano. 
Ovviamente quest’ultima edizione risente molto delle sciocchezze “new-age”, è il Castaneda deviato, degli ultimi suoi anni. Ma è, invece, molto interessante storicamente, perché ricollega ad un’epoca e ad un’atmosfera in parte – solo molto in parte – riecheggiata anche nel Carteggio qui sin troppo brevemente recensito. Siamo ancora al miglior Castaneda. E questo porta a riflettere sul tipo di rapporto con le droghe, che, negli anni Sessanta, appunto, esplodeva come fatto “ricreativo”, mentre la tradizione cui si ricollegava Castaneda, per poi prendere altre strade, aveva una relazione sacrale con le droghe.
In mezzo, c’è la relazione “sperimentale”, della quale il Carteggio Jünger/Hofmann è un esempio molto notevole.
Un altro esempio di relazione “sperimentale” con la droga è stato quello di Benjamin, e qui voglio ricordare il titolo: W. Benjamin, Sull’haschisch, Einaudi editore, Torino 1975, 2003.

Osservazione conclusiva: un altro libro di cui tener conto, in apparenza fuori tema, E. Jünger, Giardini e strade, diario 1939-1940. In marcia verso Parigi, Guanda Editore, Parma 2008, diario dal fronte da 3 aprile 1939 al 24 luglio 1940. Si tratta della marcia che, poi, avrebbe portato alla famosa immagine di Hitler sotto la Tour Eiffel[5] il 14 giugno del 1940, e, prima, al passaggio delle truppe tedesche per le vie di Parigi, quanto avvenne un cosiddetto “impossibile”[6]. Siamo tutti in marcia verso Parigi, oggi … nel senso di “in marcia” verso un cosiddetto “impossibile”, verso il quale tutti gli indicatori e tutti gli indici convergono …

Comunque ringraziamo questa pubblicazione, e la sua valida Prefazione, perché ci permette di trattare molti “nodi”, anzi, perché si pone al centro di molti nodi e “snodi”, piuttosto interessanti.













Andrea A. Ianniello


















[1] E. Jünger – A. Hofmann, LSD, carteggio 19471997, Prefazione di D. Novellini, Giometti&Antonello, Macerata 2017, p. 62, corsivi miei; la lettera di Jünger a Hofmann è dell’8 novembre del 1959.
[2] Ivi, Prefazione di D. Novellini, pp. 5-6, corsivi miei, quelli in originale son indicati fra parentesi quadra, maiuscoletto in originale; i miei commenti, poi, son fra parentesi quadre.  
[3] Ivi, p. 9.  
[4] Va detto che la vecchia traduzione, per alcuni aspetti, è migliore, la si può leggere online, dov’è salvata, cf.
[5] La nota foto di può vederla in questo link, cf.
https://www.ilsole24ore.com/art/SoleOnLine4/dossier/Tempo%20libero%20e%20Cultura/storie-della-storia/archivio-2009/storie-storia-140640-svastica-tour-eiffel.shtml.
Non ancora Svastica sul sole, ma, di certo, svastica sulla Torre Eiffel.
[6] “Hitler ci espose gli elementi fondamentali della sua guerra a cui egli, da allora, è ricorso più volte. Ma a quell’epoca si trattava di una teoria insolita e poco chiara [fine anni Trenta del secolo scorso, prima dell’inizio del Secondo Conflitto Mondiale]. Era evidente che si era occupato a lungo di tali cose e che aveva approfondito l’argomento. […] ‘Se dichiarerò guerra, Forster [il “Gauleiter” di Danzica, che, prima della Seconda Guerra Mondiale era una città stato, la “Città libera di Danzica”, dal 1920 per l’esattezza], allora un giorno nel bel mezzo della pace farò comparire a Parigi delle truppe. Indosseranno uniformi francesi. Marceranno in pieno giorno per le strade. Tutto è pronto fino all’ultimo particolare. Marceranno fino al Quartier generale del comando supremo. Occuperanno i ministeri, il parlamento. Nel giro di pochi minuti la Polonia [e questo andrebbe fatto leggere a chi, oggi, nella Polonia continua ad agitare, questi sì, certi fantasmi], l’Austria, la Cecoslovacchia verranno private dei loro uomini guida. Un esercito senza stato maggiore. Tutti i capi politici saranno eliminati. Regnerà una confusione senza precedenti. Ma io mi sarà già da tempo messo in contatto con gli uomini che formeranno il nuovo governo. Un governo che andrà bene a me. Troveremo questi uomini, li troveremo in ogni paese: spinti ed accecati dall’ambizione, dalle liti di partito e dalla presunzione. Avremo un trattato di pace, prima che scoppi la guerra [incredibile questo punto]. Ve lo garantisco io, signori, che l’impossibile si avvera sempre. L’improbabile è la cosa più sicura”, H. Rauschning, Colloqui con Hitler, Tre Editori, Roma 1996, pp. 11-12, corsivi miei, miei commenti fra parentesi quadre. come si sa, alcune cose, poi, le mise davvero in pratica … Ma vi è ancora un’altra osservazione da farsi: tra l’altro, infatti, lo stesso A. Machen, in altro contesto, ovviamente (quello di una sorta di “ribellione degli ‘animali’”, parla di un intervento tedesco, o di agenti tedeschi, che “sovverte” le cose: ecco come sarà la cosiddetta “invasione” dei cosiddetti “alieni”, da taluni paventata, e da tal altri desiderata. Non penserete certo ad eserciti?! Né alla mera replica dei tedeschi che marciano sotto la Tour Eiffel?! Le cose, infatti, han dei paralleli, ma non si ripetono mai uguale.
Tutto questo non per dire che “ritorna il nazismo” ed altre scemenze, ma per dire due cose: 1) il cosiddetto impossibile non è altro, sesso, che meno probabile, dunque non impossibile; 2) che il nazismo è stato solo un travestimento per qualcosa di ben più antico, che c’è ancor oggi. E bisogna guardarsi dalla tendenza a banalizzare tutto ciò come di cosiddetti “alieni” che vogliano “conquistare” la cosiddetta “umanità”, quando in realtà son ben innervati nella realtà umana, e non si può intervenire – diciamocelo – perché manca il “solvente” che consenta la separazione, per cui intervenire vorrebbe dire sì eliminare il male, ma uccidere, nello stesso tempo, il paziente. “L’Ombra è prima di tutto un’energia, ma non bisogna dimenticare che l’energia spesso ha bisogno d’incarnarsi, e in questo caso è proprio così: ad immagine dei vostri fratelli di Luce, i fratelli dell’amore povero operano sotto terra da migliaia di anni, non perché siano attratti dal male – perché dominio, potenza e perfezionamento di una sola ed unica razza sembra loro un bene – ma per fare del pianeta un luogo ove possano essere soddisfatte le loro esigenze mentali e fisiche. Recentemente, il loro progetto più elaborato si è nascosto dietro l’ etichetta nazista, un’etichetta che è scomparsa in parte perché ha finito per spaventare gli uomini … Ma cos’è un’etichetta? Una forza decisa a imporsi può portare tutte le etichette che vuole, a seconda di come gira il vento: nessuno può eliminare un’idea semplicemente cancellandone il nome, così vi dico che la potenza nazista è più che mai presente sulla Terra; si è rivestita di abiti onorevoli, e s’è perfezionata nella padronanza di una tecnologia che sarà ben presto capace di modificare i climi, quindi l’equilibrio economico delle nazioni; si basa anche e soprattutto sulla scarsa resistenza fisica ed emozionale della maggior parte delle persone che sono in risonanza con ciò che potremmo chiamare ‘una certa lunghezza d’onda’”, A. e D. Meurois-Givaudan, L’incontro con Lui, Edizioni àrista, Torino 1990, pp. 121-122, corsivi miei; si noti la data, e dunque ben ventinove anni fa … Tra l’altro, s’immagina quest’incontro in … Siria! A testimonianza del fatto che è vero, , il conflitto in Siria dunque ha effettivamente anche un altro senso, non solo di conflitto geopolitico, questo lato vi è chiaro ed evidente. Solo che non è il senso che alcuni conferiscono a tal conflitto! Continuando a domandarci del “male” di questa “forza d’ombra”, nome molto appropriato, quanto si è appena letto ricorda un’affermazione di Gurdjieff: che nessuno fa qualcosa per amore del male, ma tutti fanno qualcosa per il bene, così come lo comprendano. Dunque, questi fan qualcosa in nome del bene come lo comprendono, e cioè “dominio, potenza e perfezionamento di una sola ed unica razza sembra loro un bene” …
Per finire, ricordiamoci che, per Guénon, la Francia avrebbe avuto un ruolo fondamentale negli eventi “finali” ciclici, e non un ruolo positivo …









4 commenti:

  1. Sul nazismo, una rivista, recentemente uscita, non è male, fra tante pubblicazioni di basso valore, cf. «Il Nazismo e il volto “magico” del Terzo Reich», gli Speciali di “Enigmi” n. 1, “Enigmi” Anno IV, n°35. A p. 23 si cita il buon lavoro di R. ALLEAU su queste tematiche, ancor oggi uno dei migliori, e a p. 50 quello “classico” di N. G. CLARKE. Interessanti le foto, alcune delle quali a colori: una bella ricerca iconografica, che vale la spesa. Non eccessiva.











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  2. In gran parte la sapienza è scuola di diffidenza. Guénon era piuttosto diffidente, non è un caso, cosa che molti prendevano come “affronto ‘personale’”, non lo era, la diffidenza era verso delle “posizioni”, **non** verso delle persone …
    Ma d’altro canto, l’ “Avversario” non è il “maestro delle illusioni” … ??




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    1. Sulla potenza dell’ “illusione” – “cosmica” – cf.
      https://associazione-federicoii.blogspot.com/2018/09/del-vajra-sparse-considerazioni_16.html



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