lunedì 24 luglio 2017

Roma Con Acqua, ma Poca, MOLTO Poca. Dalla “Leggenda - **LEGGENDA** – dell’Anticristo” …






“Il sogno è un sessantesimo di profezia”[1].

“Diceva Rabbi Jochannan: il figlio di Davide [il Messia ebraico] verrà solo
o in una generazione interamente innocente
o in una generazione interamente colpevole[2].

“Tre cose sopravvengono repentinamente: il
Messia, un oggetto trovato
e il morso dello scorpione[3].







Dunque ormai è chiaro: Roma, la “capi tale” di “Taglia”, d’approvigionamento idrico ha problemini …

Ma questo ricorda un certo – vecchio –  libro, peraltro un passo del quale già è stato riportato su questo blog[4].
Questo libro è datato, nessun dubbio al riguardo, ma non è per questo che c’interessa qui: c’interessa per le molte fonti che cita, fra cui le poco note “sette dell’Anticristo”, di cui s’è accennato qualcosa in qualche altro post precedente.

Ma veniamo a questo passo.
Si precisa che si parla della **leggenda** dell’Anticristo.
Come detto più volte, le visioni e le profezie **non** s’interpretano letteralmente, come i sogni appunto – che “son un sesto della profezia”, come si dice qui sopra –, ma invece occorre far loro subire una “torsione” a “X” perché si possano applicare concretamente alla “storia”.
Quindi qui non parliamo – per quanto interessante possa essere “storicamente”, appunto – delle “attribuzioni” dell’Anticristo, di solito ai propri nemici: il Papa chiama Lutero Anticristo, e Lutero lo ripaga della stessa moneta: Lutero chiama il Papa l’Anticristo, e il Papa lo ripaga della stessa moneta. Né si contano le sbagliatissime attribuzioni del titolo di “Anticristo” a nemici non solo religiosi, ma politici; una cosa da ridere – ma fa piangere la mentalità che ha generato una tale scemenza – è l’attribuzione del “titolo” di “Anticristo” ad Obama: aah ah ah aah, siamo nel ridicolo più puro.
E c’è chi ci crede: dove vogliamo andare in questo mondo di superficialoni manipolabili … Tutti hanno “soluzioni”, ma, dal 1974, le cose vanno di male in peggio: nel mondo certe forze sono state scatenate completamente, ma tutti vogliono trovare “soluzioni” nell’ambito delle forze che hanno portato dove siamo, come dire che la cura della malattia è la malattia stessa, assurdità completa. Diversa cosa è la “vaccinazione”, ma si dà prima che si scateni la malattia: da un bel po’ sin troppo tardi per vaccinazioni …

Detto tutto ciò, veniamo all’antefatto di quel che poi si citerà in extenso, laddove si dice che l’Anticristo inizierà a predicare all’ombra “delle sacre colline” = a Roma; e lì sfamerà gli affamati, un po’ come fecero sia il Buddha sia Gesù Cristo, anche se Baschera, molto giustamente, si chiedeva se –  nel caso dell’Anticristo –  ciò non avesse un senso “metaforico”, e cioè nel senso che l’Anticristo avrebbe – falsamente, ovvio – soddisfatto la lunga ed umana aspirazione al “benessere per tutti”.
Vale appena la pena di dire che concordo con Baschera, su questo punto.
“Dopo il miracolo del pane, non poteva esserci che il miracolo dell’acqua, perché ‘negli ultimi giorni non solo le bocche dei forni daranno solamente parole, ma anche le fonti saranno divenute aride fino alla più profonda radice’. La ‘piaga della fame e della sete’ sarà lo scenario sul quale passerà l’Anticristo”[5].
Ancora: “per meglio capire questa ‘brama d’acqua’ dobbiamo tener presente che ‘nella città dei sette colli’, al tempo dell’Anticristo l’ acqua potabile sarà razionata. E le razioni, specie durante il periodo estivo, non basteranno mai, e allora fiorirà un vivace mercato nero delle acque. Molti uomini potranno disporre di palazzi e di ricchezze, ma non avranno una goccia d’acqua per alleviare la sete della loro agonia”[6].
Probabilmente il razionamento dell’acqua potabile si ripeterà più volte a Roma, siamo entrati in una fase stabilizzata di clima ormai alterato. 
L’Anticristo avrà più d’una chance per manifestarsi.

Non solo l’acqua, però, “sarà” – all’epoca di Baschera: tempo futuro, oggi quel tempo va cambiato in “è” – un problema, ma pure il cibo, non solo l’acqua, dunque, ma pure il pane. Vale appena la pena di dire, come ribadito in vari post, che questi due fenomeni sono conseguenza necessaria di tutto un sistema[7].
Il “Vangelo della spiga vuota”: “Le profezie del Mandorlo Fiorito dicono che negli ultimi tempi ‘l’uomo s’illuderà di avere il granaio pieno, mentre il suo granaio sarà vuoto più che mai. S’illuderà che le sue terre siano feconde, mentre un manto di sterilità sarà calato sulle zolle … ’ […] Sarà questo il quadro della confusione somma, dell’illusione, dell’inganno e della carestia”[8].
La “legge dell’universale prostituta[9], si dice, dominerà: ma è già il nostro presente 

Pro eruditioni publicæ. I cosiddetti “proverbi della quinta stagione”, quinta stagione che è quella che seguirà immediatamente la “nostra” presente “quarta” stagione, quella morente, la vecchiaia del mondo in cui viviamo, questo mondo non creativo ma pieno di messaggi depistanti e dispersivi, questo mondo impotente, inane, amara, funerea, quella del “tecnicismo senza gioia” – avrebbe detto il professor Dupin, peraltro giustamente –, dunque l’età della fuga, dell’ escapismo, del rintanarsi, del nascondersi, delle ubbie “complottiste” a fronte di una “visibilità” fastidiosa, importuna, in una parola oscena. Ora però, questi proverbi, più che altro, son effetto di un “cinismo” ipocrita peraltro già tipico della “nostra” epoca, e intanto nessun Anticristo si è manifestato. Di conseguenza, non sufficit. Più vicino al vero “spirito anticristico” è questo passo: “L’Anticristo non dichiarerà mai ‘i comandi ricevuti dal Padre, signore degli Inferi’. Non dirà ‘io sono con questo e io sono contro questo’. Il suo compito sarà quello di ‘seminare la cicuta sotto forma di chicchi di grano’”[10]. Questo non è “un” punto “qualsiasi”, questo è il punto decisivo. E chi non lo capisce, o non l’ha mai capito, oppure, semplicemente, non può capirlo perché accettarlo significherebbe rimettere in questione le “proprie” cedenze, si proibisce di afferrare le cose “che sono come sono” (Federico II di Svevia). Nella storia, in altri tempi, si poteva ancor ancora non dico accettarlo, ma diciamo tollerarlo; al contrario, questo è un errore dalle gravi conseguenze oggi, è proiettare sull’oggi quel che poteva esser valido, come pensiero – ché, poi, in realtà non si è realizzato mai –, molto ma molto tempo fa. Non si è realizzato mai perché, se davvero un certo Papa oppure Lutero o anche qualche famoso dittatore, fossero stati “l’” Anticristo (biblico), allora la storia sarebbe terminata. Invece non è terminata.

Andrea A. Ianniello





PS. Due link utili.




[1] Racconti dal Talmud, a cura di G. Laras, Boroli Editore, Novara 2003, p. 43.
[2] Ivi, p. 57, corsivi miei.
[3] Ivi, p. 69, corsivi miei.
[5] R. Baschera, L’Anticristo e le profezie sugli anni 90, Armenia Editore, Milano 1985, p. 140.
[6] Ivi, pp. 142-143, corsivi miei.
[7] Cf. ivi, pp. 123-124. Tra l’altro, per dire che si tratta della leggenda dell’Anticristo, e non dell’Anticristo “effettivo”, in questa leggenda l’Anticristo viene tradito – sì, come Gesù Cristo – e il suo traditore si chiama “Deva”, evidentemente: “Il termine deriva da Devadatta. Venne per la prima volta usato nel 1896 da un gruppo di seguaci della setta dell’Oregon”, ivi, p. 168, nota finale n°1 al sottocapitolo secondo.
[8] Ivi, pp. 129-130.
[9] Cf. ivi, pp. 124-127.
[10] Ivi, pp. 173, corsivi miei. Tra l’altro, nel precedentemente ivi citato libro, si parla de “Il cantico del Principe nero”, ivi, pp. 171-172, grassetto in originale, “cantico” che termina così: “E quando solleverà [l’Anticristo] la maschera/ salirà dalla terra un grido di sorpresa/ perché quell’uomo, con il segno sulla fronte,/ e gli occhi color del cielo,/ era tra i buoni della terra”, ivi, p. 172, corsivi miei.







domenica 23 luglio 2017

La causa profonda del “complottismo”









“Non viviamo più il dramma dell’alienazione, ma l’estasi della comunicazione. E’ un’estasi oscena. […] Osceno è ciò che pone termine a ogni rappresentazione. Ma non è solo il sesso che diventa osceno nella pornografia, attualmente c’è tutta una pornografia dell’informazione e della comunicazione […]. Quindi non è più l’oscenità tradizionale di ciò che è nascosto, rimosso, vietato, oscuro, ma invece quella del visibile, del troppo visibile, del più visibile del visibile – è l’oscenità di ciò che non ha più segreti […]. Già Marx osservava e denunciava l’ oscenità della merce, e quella oscenità era legata al principio della sua equivalenza, al principio abietto della sua libera circolazione, al di là di ogni valore d’uso dell’oggetto [la cosiddetta “libera circolazione”, se va oltre un determinato limite, porta alla fine di ognivalore d’uso”, cioè; nota mia]. L’oscenità della merce dipende dal fatto che essa è astratta, formale e leggera, in opposizione alla pesantezza, all’ opacità, alla sostanza dell’oggetto [la cosiddetta “rivoluzione informatica”, la sostituzione dei “bit” alla “concreta” materialità si ritrova, dunque, in nuce, sin già in quest’idea di Marx; nota mia]. La merce è leggibile, in opposizione all’oggetto che non svela mai completamente il proprio segreto, la merce manifesta sempre la propria essenza visibile,  il proprio prezzo. […] la forma merce è il primo grande medium del mondo moderno [fondamentale questo punto, nota mia]. Ma il messaggio prodotto dagli oggetti è già molto semplificato, ed è sempre lo stesso – è il loro valore di scambio [le due categorie classiche marxiane: il valore d’uso, qualitativo, e quello di scambio, quantitativo, dietro essendoci il “paradosso del valore”, studiato, tra gli altri, dall’abate Galliani; nota mia]. Dunque, in fondo, il messaggio già non esiste più, è il medium che s’impone nella sua circolazione pura. E’ ciò che chiamo, potenzialmente, estasi [dei messaggi svincolati, qualora il medium assorba in sé, totalmente, il messaggio; nota mia]. Basta proseguire quest’analisi marxista, o portarla alla seconda o terza potenza [qui è, poi, il merito vero di Baudrillard, che ha fatto proseguire l’analisi di Marx, ma svincolandola dal suo aspetto “materialistico” – suo grande merito, a partire dal suo Lo Specchio della produzione (Multhipla Edizioni, Milano 1979), che va studiato, come tutte queste cose, in caso contrario si fa o mera comunicazione, nel senso detto da Baudrillard qui sopra, oppure mera protesta “complottistica”, dove si può dire: giusta l’ osservazione, e poi?, le conclusioni? – e ha portato l’analisi di Marx alla seconda o terza potenza; nota mia], per capire che n’è della trasparenza e dell’oscenità dell’universo della comunicazione, che si lascia dietro […] quelle ancora relative all’universo della merce. L’oscenità prende tutti i volti della modernità[1]. Conviene qui precisar subito che la cosiddetta “libera” circolazione non è affatto un “dato di natura”, ma un portato della storia, e di una determinata storia precisa. Nelle civiltà “tradizionali” – ivi compresa quella romana antiche, checché ne pensino moltissimi – la cosiddetta “libera” circolazione non c’è mai stata, per la semplice ragione che non ogni oggetto era “merce”, non vi era l’ “equivalenza”, di cui parla “quivi su” Baudrillard, di “ogni merce” con “ogni altra merce”: questo non c’è mai stato prima nella storia, se non con quel sistema detto capitalismo, che oggi ha cambiato pelle come i serpenti, per divenire un sistema economico-tecnico – o tecno-economico, se si vuole – che qui si chiama “il” System, un sistema integrato. Che funziona ciberneticamente “in automatico” e che non ha più bisogno della “giustificazione” politica, di qui la crisi della rappresentanza che, però, non comporta la fine del sistema stesso, che ha, sì, delle crisi, ma nonla” crisi finale. Non lo “stallo” sistemico, insomma.
Quanto alla rappresentanza, essa sì che è in crisi finale. Il problema, però, per il funzionamento sistemico non si pone, in quanto non ha più bisogno di alcuna “giustificazione” politica, basta ormai a se stesso, è autoreferenziale. A>B>A>B>A …
Sia detto en passant: si noterà che il libro citato di Baudrillard qui sopra, non in nota sotto, sia del lontano 1979. E nel frattempo? Dov’è stata questa gente, dove sono stati i “politici”? Voglio dire che si è aperto uno iato incolmabile tra la “riflessione” e la “politica”, dove quest’ultima non sente assolutamente alcun bisogno di chiedere una riflessione.
La politica di oggi è autoreferenziale, proprio come il system. Non è un caso questo, poiché la politica oggi si basa sulla fede nel system, si basa, cioè, su dati fissi ed immutabili. In essi si crede, non li si discute. In essi ci si rispecchia, non li s’interroga. Se vi è tale fede, “ergo” si può “fare politica”, sennò nisba. Il peggio è che tale fede sia “tacita”, e cioè inconsapevole, irrazionale sempre, ma l’inconsapevolezza la rende particolarmente malefica. La politica, dunque, ostenta razionalità, ma è irrazionale, le manca la cosa decisiva – e minima  della razionalità critica: il chiedersi della giustezza delle proprie premesse, l’interrogare i propri fini, non meramente le modalità per mezzo delle quali li si vuole – i “fini”, gli “scopi” – raggiungere.
Chi scrive non potrà mai “fare politica” perché non crede in questi “dati fissi e immutabili”, e lo sa bene. Lo sa benissimo: chi non crede nel System sa bene perché non ci crede; chi crede nel System non sa perché ci crede. Di nuovo, questo non è un fenomeno casuale, non è “per mera coincidenza” che ciò accade, ma è l’effetto necessario ed inevitabile della natura e del funzionamento dello stesso System.
Dunque siamo scelti, e per ragioni “squisitamente” – direi di una squisitezza piuttosto “avariata” … – ideologiche, si ragioni bene su questo punto: ideologiche, ovvero afferenti a ciò che si “crede”, non a ciò che si “fa”.
Solo che tali ragioni “squisitamente” ideologiche (pur avariate) sono mascherate, ecco il punto: bene sarebbe invece che venissero fuori apertamente e “laggente” fosse spinta ad una scelta consapevole: senz’alcun dubbio, la super stras tra stras extra grandissimissima super giganteschissimissima schiacciantissima maggioranza starebbe con il sistema, però la minoranza avrebbe una sua visibilità, e cioè potrebbe finalmente entrare nel “gioco” dei “nostri” tempi, basato sulla visibilità.
Ed è anche vero che oggi ci son tanti che non sono – a “pelle”, a “naso” – a favore del system, però son divisi fra loro, ed ognuno per sé = peso sociale = 0.   

Venendo al problema dell’eccesso di dettagli, questo lo vediamo anche nella storia: tutta questa ressa di “dettagli” a che servono? Qualora non si capisca il senso di un evento, o di una serie d’eventi? Accumulare dettagli non garantisce la comprensione del senso (= sia nel senso di significato, sia nel senso di direzione) delle cose, o degli eventi. Queste ricostruzioni “uguali all’originale”, son davvero “l’originale” …?? Domanda retorica …
Il “come sono” non è mai il “come (davvero) furono”, sfugge sempre qualcosa, ed Achille non raggiunge mai la tartaruga. Più importante è chiedere ad Achille perché mai vuol tanto raggiungere ‘sta dannata tartaruga!! Insomma, l’indagare le ragioni, le cause, non i dettagli … Andare in profondità, esaminare la radice dei fenomeni, non il fenomeno stesso che, come ben si sa, significa “quel che appare”, ciò che vien fuori, ma non è mai nell’apparire che si ritroverà la radice delle cose: se una cosa è apparsa, ciò significa che ha fatto tutto un tragitto per poter infine apparire; appunto, “in fine”, alla fine del percorso. Ma la radice sta “all’inizio”, starei per dire “al Principio” – In Principio – del percorso che, alla fine, si manifesterà, per l’appunto, nel fenomeno stesso.
Il “perché”, non il “come”; sul “come” la scienza-tecnica dà tante risposte, sul perché dà solo balbettanti monosillabi sparsi, o cose note, arcinote, stranote, sempre diversamente permutate.
Osiamo chiamare questo “cultura”
Non scherziamo, please 

Dunque in un mondo dove, senza dubbio, eccessivo è il “visibile” – e “tutti” son obbligati alla “visibilità”, guarda caso … –, che cosa si ricercherà dunque? Il “segreto”. Se quel che si vede non ha alcuna causalità, sorge spontanea la domanda: ma da “qualche cosa” pur deriverà questo spettacolo di pubblica oscenità? Ed ecco la causa, profonda, del “complottismo” cosiddetto.

Il qual “complottismo”, tuttavia, resta profondamente ingenuo: esso ricerca la “perduta” rappresentanza, come tanti oggi che, al cospetto della crisi finale della politica, piangono in ricerca del principio di rappresentanza ormai sparito, come se si fosse giunti all’attuale situazione “per caso”, come se il “principio di rappresentanza”, sovraesponendosi, non avesse contribuito in maniera sostanziale a distruggere se stesso, o, almeno, a minarsi profondamente.

La realtà è diversa, ben più radicale: noi viviamo in un mondo senza rappresentanza, noi viviamo in un mondo dove non vi è alcuna causa profonda di alcun tipo. Dove persino il questionare le autorità in tal senso, ponendo il problema dell’Origine (origo) sarà essa stessa questionata, per subito tosto esser cassata come un toast crudo.
Questi hanno paura di vedere le cose. Questi hanno timore non dico ad affrontarle – non chiediamo troppo –, ma semplicemente a dirsele per come sono davvero. Questi hanno paura di vederesolo e soltanto vedere, eh – la radicalità della sfida in atto, ormai da due secoli.
Il “complotto” c’è stato, , e profondo, ed è stato quello che ha fatto sì che il semplice chiedere a riguardo dell’ Origine fosse cassato. Un metodo “di un’abilità veramente diabolica” …[2]

Che l’informazione dia “senso” è una mera pretesa, anzi: essa spesso ha correlazione diretta con l’ entropia[3]  


Andrea A. Ianniello










[1] J. Baudrillard, Il sogno della merce, Lupetti Editori di Comunicazione, Milano 2007 (prima edizione 1994), pp. 51-52, corsivi miei.
Già illo tempore, considerato che la prima edizione è del 1994, più di vent’anni fa …, Baudrillard si era reso conto della direzione resa, come si evince dal sottocapitolo intitolato “Pseudo-avvenimento e neo-realtà”, ivi, pp. 103-105, deducendone che il confine (border) fra vero e falso era saltato, cf. ivi, pp. 105-108. Potremmo dunque dire, oggi, a tal proposito: Mission Accomplished
[2] Cf.
http://associazione-federicoii.blogspot.it/2017/07/attila-la-grande-paura-la-caduta-senza.html, nota n°6, parte finale, sul “segreto”m vi è la frase precisa, citata in extenso.  
[3] Cf. J. Baudrillard, Il sogno della merce, cit., p. 76, nota n°1. 








sabato 22 luglio 2017

In realtà, già una volta è stato superato …










– Tutte le cose che vediamo, le vediamo attraverso qualche cosa.
Questo qualche cosa può essere un banco di nebbia oppure le divagazioni della nostra mente. Quindi perché non dovrebbe esser possibile vedere attraverso un muro se non abbiamo un’dea preconcetta dell’esistenza di una barriera insuperabile? Non c’è bisogno del contatto diretto dell’occhio per vedere delle immagini. Non vedi anche se chiudi gli occhi?
Kuchog [“signore”, titolo di rispetto]. Dal momento che potete leggere nella mia vita passata, conoscerete anche quella futura … ditemi se riuscirò a condurre a termine quello che sto per iniziare?
L’avvenire! Vuoi conoscere la tua vita futura; credi che essa sia scritta su di te com’è scritto il passato. Nel passato si trova veramente il germe dell’avvenire: il rgyu (la causa prima) è là, ma non le rkyen (le cause secondarie). Non è scritto come il germe sarà modellato … se sarà fortificato o indebolito … se nascerà un albero possente oppure il germoglio sarà distrutto prim’ancora di aver visto la luce del cielo. L’avvenire esiste, ma solo nelle cause che sono in grado di partorirlo, proprio come l’albero esiste nel seme. Le possibili combinazioni di queste cause sono infinite … comprendono incontri tra le forze di questo mondo e quelle di altri universi. Come potrebbe chi appartiene ad un mondo particolare, la cui percezione è limitata alle cose di questo mondo, prevedere l’irruzione di forze estranee la cui natura e attività sono diverse da tutto quello che egli è in grado di conoscere? Sai che forma prende l’avvenire quando lo si osserva? E’ simile alla danza della polvere nell’aria lungo le strade nei giorni di siccità. Essa è là … giace sulla strada immobile ma pronta ad essere mossa al primo accenno di vento. Il vento soffia e la polvere subito si solleva, viaggia e danza … si compone di mille figure e disegni diversi, imprecisi, che si dissolvono prim’ancora che si abbia il tempo d’individuarli. Sono abbozzi andati a male di quello che avrebbe potuto essere, ma che non sarà perché qualche urto imprevisto ha disperso il nucleo che si stava organizzando. Tutte le immagini del futuro che puoi contemplare non sono che possibilità … mai certezze.
Le idee che il vecchio monaco esponeva erano troppo complicate perché Mipam potesse comprenderle. La semplice fede del giovane […] derivava dalla religione popolare delle persone che aveva sempre frequentato”[1].









In effetti, l’Eufrate già più volte nella storia è stato superato, diventando, così, come un “segno” di qualcosa. Un esempio può esser questo: “La vignetta rappresenta Ciro il Grande, a cavallo in mezzo ai suoi capitani, che osserva una schiera di sterratori al lavoro per deviare il corso dell’Eufrate, al fine di aprire un varco all’esercito nelle mura di Babilonia attraverso il letto ordinario del fiume. L’impresa (338 a.C.) è narrata da Erodoto (I, 191) e da Senofonte (Cyri institutio, VII, 5, 9 e sgg.)[2]. Oggi, deviar il corso … Ma non esageriamo … basterebbe solo superarlo …


PS. Sul Tibet vi è un altro post interessante[3].


Andrea A. Ianniello









[1] A. David-Neel – Lama Yongden, Mipam. Il lama delle cinque saggezze, Arcana Editrice, Milano 1975, pp. 199-200, corsivi in originale: qui Mipam, il protagonista, interpella un monaco tsipa, ovvero astrologo. Il libro efficacemente dipinge il Tibet prima dei frequenti contati sia con la Cina che, in seguito, con l’Occidente, ben poco “alterato” dunque, dipingendolo nel bene come nel male, con anche, dunque, la commistione fra religione prebuddhista e buddhismo tibetano stesso; per esempio, cf. ivi, p. e p. 12 e sgg., tra gli altri passi. Mipam è un “t’ülku” che però, per vari motivi, non viene riconosciuto come tale (anche se, alla fine, riuscirà poi ad esserlo); i t’ülku “son uomini o donne che vengono considerati incarnazioni di grandi personalità scomparse, o di avatar di divinità, che erroneamente vengono definiti dagli stranieri: Buddha viventi”, ivi, p. 10, in nota. Non sono affatto, dunque, “Buddha viventi”, denominazione del tutto sbagliata, ma sono una “metempsicosi”, e cioè non il passaggio “dell’essere ‘intero’”, ma di una parte della sua “eredità psichica” in un altro essere, come ben spiegò Guénon illo tempore. Non, dunque, il “ritorno” di un “trapassato” in vita – che, poi, è tutt’altro fenomeno ancora … –, ma il passaggio di una parte, più o meno “estesa”, del “contenuto” psichico, da un essere ad un altro essere, ovvero la metempsicosi, la quale, dunque, non è la “reincarnazione” cosiddetta.
La “metempsicosi” si ha laddove “elementi psichici in teoria perituri di un morto s’inseriscono nell’anima di un vivo, cosa che dà l’ illusione di una ‘reincarnazione’. Il fenomeno è benefico o malefico, a seconda che si tratti di uno psichismo buono o cattivo; d’un santo o d’un peccatore”, F. Schuon, Sulle tracce della religione perenne, Mediterranee, Roma , p. 96, nota n°11, corsivi miei. Su Schuon sia detto con chiarezza che il suo “conciliazionismo” ad oltranza è sbagliato ed ha fatto il suo tempo, tanto più contraddittorio quanto più apertamente notava che l’ “Unità trascendente”, appunto, è “trascendente”, ha valore cioè di enunciazione di principio, ma che, quando si va nei particolari, diventa difficile da sostenere: in tal caso, qualora si vada nei particolari, sono le contraddizioni tra le religioni che vengono poste in evidenza.
In una parola: l’ “Unità trascendente” non è merce “spendibile” qui ed ora, hic et nunc. Perché, dunque, voler “conciliare” sempre e tutto? Non è meglio tenerci le contraddizioni? Tanto più che il “Passaggio delle acque” non avverrà certo a causa della “conciliazione” tra le varie religioni oggi esistenti sulla Terra. Diciamo che c’è stata una prima parte dell’opera di Schuon, dove lui ancor ammetteva chiaramente questa “inconciliabilità” de facto, non di “principio”; ma, poi, nell’ultima parte, perse di vista questo punto, che però è fondamentale, tentando di troppo conciliare. In ogni caso, questo modo di vedere – ed intendo la “metempsicosi”, chiaramente – implica che l’anima sia composta di parti ed elementi differenti tra loro, le “potenze dell’anima”, come si diceva una volta.  
E’ interessante sottolineare che Robin considerava l’ipotesi che Guénon fosse, almeno in parte – più influssi psichici da “metempsicosi” possono entrare nello stesso individuo, come uno stello “influsso” può manifestarsi in più individui, lo attestava la stessa David-Neel –, un t’ülku, cf. J. Robin, René Guénon. Testimone della Tradizione, Edizioni “Il Cinabro”, Catania 1993, pp. 325-327, e p. 337. Dunque vi era “R.G.” (= René Guénon) – e lo stesso Guénon così alludeva a se stesso –, e qualcosa d’ “altro”, un’ “influenza” che si manifestava “per mezzo” dell’ “individualità R. G.” – con i suoi limiti –, e questo i “guénoniani” mai l’han capito, attribuendo tutto a R.G., come quel tal individuo, e questa “influenza” che si è manifestata per suo mezzo, che, naturalmente, non si manifesta mai nell’insieme della sua opera o in modo costante, ma solo in certe parti. Direi, anzi, che questo conferma quella sorta di “duo strata di cui si osservò qualcosa, en passant, in un’ altra epoca – ma l’osservazione rimane vera – : cf. A. A. Ianniello, La Questione dell’élite, “Il Galeone”, Messina 2004, una copia del quale si trova nella Biblioteca Marciana di Venezia e un’altra fu donata alla “Bibliotheca Alexandrina” di Alessandria d’Egitto, che, però, l’ha distribuita in altra sede, come fu comunicato. Di questo stesso testo vi è una “scelta” di passi online, “ospitato” nel sito di altri, e, purtroppo, solo in inglese.  
[2] Francesco Filelfo e ilCodice Sforzadella Biblioteca Reale di Torino, Strenna Utet 1967, p. 78, Tavola iv.
[3] Cf. http://associazione-federicoii.blogspot.it/2015/04/due-immagini-da-l-austine-waddell-lhasa.html.