venerdì 30 agosto 2019

La “RAPPRESENTANZA”, 2 – ma **NON** “la VENDETTA’” –: “Frenesia votante”, “TYPOS” la “frenesia alimentare” (come quella degli squali o dei piranha)































“Scacco alla rappresentazione. Si è potuto credere per un attimo (era questa ancora l’illusione dell’estremismo) che esso si sarebbe espresso nell’astensione generalizzata – in altre parole in un’apoteosi dell’indifferenza critica, che avrebbe posto fine al sistema elettorale. Ma le vie dell’indifferenza sono più sottili. Lo scacco alla rappresentazione si opera attraverso un eccesso di consultazione elettorale, dovuto in parte alla demagogia governativa, ma non più di tanto. La cosa più notevole è la crescita della domanda elettorale: la gente vuole votare, vota sempre più spesso e vorrebbe votare sempre di più. Anche tutti i giorni. Questo non significa che abbia un’opinione né che creda al significato del suo voto, anzi, significa piuttosto una bulimia elettorale degna del padre Ubu – un modo di digerire il sistema della rappresentazione su un registro bulimico ed escremenziale, […] non per rigetto ma per indigestione – e di trasformare tutto il sistema in un grande ventre, la gidouille ubuesca.
I sondaggi son solo apparentemente uno strumento di manipolazione da parte della classe politica. In realtà, essi corrispondono a quest’esacerbazione della domanda di consultazione (voi ci avete dato la rappresentazione, noi ne vogliamo sempre di più!). La rappresentatività, la legittimità muoiono di questa consultazione incessante, ma ciò delizia il popolo, che dopo aver avuto a lungo del sistema consultivo […] un’esperienza alienata, di cui era la cavia, ne ha oggi una perversa, quella del voyeur[1].
Parole del lontano 1984!! …
In ogni caso, “laggente” vuole votare sempre più, voterebbe ogni dì, via telematica, se potesse.
Come se le elezioni fossero come quei programmi – demenziali[2] – dove c’è o il televoto oppure si vota con i social o le applicazioni dei telefonini. A tal proposito, vi sono altre frasi, preveggenti, di Baudrillard, il che dimostra come certe cose erano “già scritte”, da tempo, in un modello demente, distruttivo, che dovrebbe “risolvere i ‘problemi’” mentre può soltanto perpetuare se stesso[3].
















Andrea A. Ianniello
















[1] J. Baudrillard, La sinistra divina, Feltrinelli Editore, Milano 1986, p. 81, corsivi in originale. Per l’esattezza, il libro raccoglie una serie di articoli e di riflessione dell’autore francese dal 1977 al 1984, e le frasi citate son esattamente del molto ma molto lontano settembre 1984 … Non so se qualcuno abbia, oggi, anche solo il briciolo della consapevolezza del passaggio del tempo e della deriva che non nasce certo da oggi, e che è sostanziale, radicale. La “cura” di questo problema di sostanza non è il “ritorno alla ‘nazione’”, men che meno far finta di nulla o la deriva cosiddetta “plebiscitaria”, neppure la mera protesta. Ed è chiaro che un discorso sulle vie d’uscita è complesso e lungo, e non si può dare con la mera copia del passato o con il “rimproverare” il problema perché esiste, perché ci sta. Anzi, solo dal riconoscimento del problema, come primo passo – necessario, ma del tutto insufficiente – può venire una possibile via d’uscita o, almeno, una prospettiva. Questo testo (La sinistra divina) è stato già citato in un post precedente, cf.
[2] Cf. F. Battiato, “Bandiera bianca”, canzone nell’LP intitolato: La voce del padrone, 1981, cf.  
https://www.youtube.com/watch?v=KBfgbUzz1nA. 
Ci rendiamo conto della “data”? Da un bel po’ – da un bel Po, un bell’Adige, quanto ai fiumi del centro sud, forse a parte l’Arno: ma scherzate!, non pretenderete certo d’esser citati?!, che gente ridicola esiste … – è da un bel po’, dunque, che “Sul ponte sventola Bandiera bianca”, da un brutto Po (il “p’o”, la parte yin dell’anima umana, secondo certe dottrine cinesi, sia taoiste che confuciane ma in realtà precedenti ad ambedue, la parte che ritorna alla Terra e andrebbe “fissata” alla tomba perché non “svolazzi” dando luogo a disastri – tra l’altro, questo era lo scopo originario del feng-shui), è da un brutto Po – si diceva – che la “Fortezza Bastiani” è quasi sguarnita … Vi è anche una canzone di Battiato sulla “Fortezza Bastiani”, cf.
https://www.youtube.com/watch?v=0f_C5GTeKNg.
Fa parte del CD: Dieci stratagemmi, 2004. A noi più propinquo, più propinqui, ma meno pingue, tuttavia … o, se non tutta la via, per lo meno, se non per lo più, parte della via.
[3] Dovrebbe risolvere il “problema dell’Amazzonia”, che si conosce da decenni e le cose non fanno che andar peggio: ma che dovete fare, prendete atto della vostra impotenza: la politica è impotente perché la sua logica fondante – amico/nemico, cioè – non esiste più: non può esistere / perché c’è solo il consenso. Se non v’è dissenso, non può “passare l’energia politica”, cioè “manca la posta in gioco” avrebbe detto Baudrillard. Ma il dissenso non può esserci se manca la coscienza “critica”, ed oggi manca, perché vi è il consenso “a prescindere”, come dato di partenza: chiaro che la “politica” non può essere che spettacolo, oggi: cf.
https://associazione-federicoii.blogspot.com/2019/08/conversazione-con-paolo-broccoli-su-due_4.html. (Ha il “4” perché è la quarta versione, a causa di varie correzioni che son stato costretto a fare, correzioni di errori di battitura, più “limature” varie, poiché i temi son complessi e non poco “spinosi” e “spigolosi”, aggiungerei … Pànta rhèi, non “Panda” rei “Pan” darei …)  






giovedì 29 agosto 2019

La “RAPPRESENTANZA” – il “COSÌ COM’è” – COS’è??



























“Nella testa dei politici e dei politicanti si ha da qualche parte il barlume, un’idea del fatto che tutte le loro energie e i loro discorsi possano essere divenuti qualcosa di simile a prestazioni iper-realiste, in altre parole iper-rappresentative di un realtà introvabile?
Una tavola è sempre ciò che è, ma non ha più nessun senso rappresentarlacosì com’è’.
Una merce è sempre ciò che è (benché Marx abbia già mostrato che ai suoi tempi non era già ciò che era), ma non ha più alcun senso parlare del suo valore d’uso, né probabilmente del suo valore di scambio, che appartiene ancora ad uno spazio rappresentativo della merce.
Il potere è sempre ciò che è, ma che non ha più alcun senso parlare di ciò che rappresenta, né rappresentarselo come ‘reale’”[1] [i].














Andrea A. Ianniello














[1] J. Baudrillard, La sinistra divina, Feltrinelli Editore, Milano 1986, p. 24, corsivi miei. Per l’esattezza, il libro raccoglie una serie di articoli e di riflessione dell’autore francese dal 1977 al 1984, e le frasi citate son esattamente del molto ma molto lontano settembre 1977 … Non so se qualcuno abbia, oggi, anche solo il briciolo della consapevolezza del passaggio del tempo e della deriva che non nasce certo da oggi, e che è sostanziale, radicale. La “cura” di questo problema di sostanza non è il “ritorno alla ‘nazione’”, men che meno far finta di nulla o la deriva cosiddetta “plebiscitaria”, neppure la mera protesta. Ed è chiaro che un discorso sulle vie d’uscita è complesso e lungo, e non si può dare con la mera copia del passato o con il “rimproverare” il problema perché esiste, perché ci sta. Anzi, solo dal riconoscimento del problema, come primo passo – necessario, ma del tutto insufficiente – può venire una possibile via d’uscita o, almeno, una prospettiva. Questo testo è stato già citato altrove, cf.








giovedì 22 agosto 2019

“Minarì” (**NON** “minare”), cioè l’ **ASPETTO esteriore**, che, spesso, “mina” ….


















La condotta della guerra si basa sempre sull’inganno[1].









“Per prima cosa, dovete sapere che il vostro aspetto esercita un’enorme influenza sul vostro spirito, e ciò può dar via ad una reazione a catena di eventi. Se apparite forti e possenti, cominciate a pensare in maniera risoluta.
Questa condizione vi permette, a sua volta, di agire in maniera risoluta. Il risultato è il seguente: mostrandoci più forti di quanto realmente siamo, riusciamo spesso a conseguire più di quello che normalmente riusciremmo a conseguire. Il secondo sostanziale vantaggio di tal atteggiamento è l’effetto che esso esercita sul vostro avversario. Un’immagine positiva può spingere il nemico a ritardare, o persino annullare, i suoi piani d’attacco: le migliori vittorie sono sempre quelle che vinciamo senza dover combattere. Per finire, un’immagine positiva è la condizione indispensabile di un vero stratega. E’ un segno di disciplina personale […]. Anche se dovreste mettere in risalto il vostro aspetto positivo, possono esserci dei casi in cui è preferibile assumere un atteggiamento negativo. Ad esempio, se volete indurre il vostro avversario ad attaccarvi […], dovreste apparire più deboli di quanto siate in realtà”[2].
Il punto nodale, il “nocciolo”, di tutta questa serie di stratagemmi è il seguente: “dovreste smettere di pensare alla vostra vera faccia, a chi siete veramente; al contrario, pensate a cosa vede il vostro avversario quando vi guarda. Ciò che voi considerate un aspetto appropriato non è così importante quanto ciò che lui pensa essere un aspetto appropriato.
Ci son molti fattori da prendere in considerazione.
L’abbigliamento, la cura del proprio aspetto e le armi che s’indossano son i fattori più ovvi. Tuttavia, una cosa ancor più importante è la propria postura. Una postura solida e possente è universalmente accettata come il segno di un corpo e di uno spirito forti e stabili. Ad esempio, è risaputo che i rapinatori scelgono spesso le loro vittime dal loro modo di camminare. Mentre una persona finirà sicuramente per essere una preda, un’altra se ne tornerà sana e salva a casa, semplicemente perché non cammina come una vittima. Agendo come se avesse la certezza di non venire mai attaccata, molto probabilmente non lo sarà mai. Questa è un’ eccellente applicazione quotidiana del ‘minarì no heihò’ [strategia (concreta, pratica, metodo) dell’aspetto].
[…] Oltre ai vantaggi psicologici – la giusta postura ci fa sentire più forti mentre il nostro avversario si sente più debole – una buona postura ci fornisce un vantaggio fisico nel combattimento. […] Una colonna vertebrale piegata è come un albero del motore storto.
Per quanto riguarda l’abbigliamento, la cura del proprio aspetto esteriore e le armi, c’è poco da dire. […] Gli uomini d’affari sono i più grandi praticanti di questa strategia. Loro sanno per esperienza che un aspetto florido è tanto importante quanto il vero e proprio profitto. Molte aziende sopravvivono non perché hanno veramente successo, ma perché sembrano aver successo. In qualunque business, se pensate che la vostra azienda sia la migliore sul mercato e agite di conseguenza, il pubblico presumerà che lo sia davvero, senza preoccuparsi di verificarlo. […] Quando […] vi vestite nel modo che gli altri si aspettano un professionista si vesta, noterete che le persone tendono ad accettare la vostra autorità più facilmente. Questa posizione psicologica positiva può essere impiegata per compensare qualunque vostra eventuale debolezza. Anche se esistono alcune eccezioni a questa regola di abbigliamento formale (come ad esempio il mondo dell’intrattenimento), sono in realtà piuttosto rare. Nessuno prende sul serio gli attori se non gli altri attori. Lo stesso vale per qualunque altra subcultura che indossa costumi invece di vestiti.
In qualunque confitto, dovete prima di tutto determinare quali siano i modelli di riferimento dell’arena. Osservate i concorrenti e identificate il loro stile d’abbigliamento, la loro postura e il loro atteggiamento. Quindi, superate questi modelli, stabilendo un nuovo modello di riferimento che si trova leggermente al di sopra del loro. In questo modo vi ritroverete in una situazione di comando. Per un individuo è molto difficile competere con voi quando, a livello inconscio, non si sente pari a voi[3]. Generare questo “comando ‘inconscio’” è la “chiave di volta” in molti campi, anche a livello di comunicazione di massa. Questo è un punto che non sarà mai e poi mai rilevato abbastanza. Ed invito l’attento, eventuale, lettor, a ponderarlo con grande attenzione, ma davvero grande ….


Come si controbilancia il “minarì”.
“Per controbilanciare gli effetti del minarì, dovete imparare a guardare al di là dell’ omote e scorgere l’ oku, ossia [punto, questo, decisivo: si deve acquisire questa mentalità in tutte le cose]. I samurai dicevano: ‘Non farti influenzare dal colore dell’armatura del tuo nemico’. Nel Giappone feudale, gli ufficiali di alto grado indossavano armature molto più colorate rispetto a quelle dei soldati di fanteria. Trovandosi ad affrontare un avversario dotato di un’armatura così colorata, un samurai avrebbe potuto far l’errore di credere che le sue [dell’avversario] capacità combattive corrispondessero alla sua tenuta. E tale pausa mentale sarebbe potuta essergli fatale [chi sa usare la “pausa mentale”, quello acquisisce un vantaggio fondamentale: ma “usare” la “pausa mentale” = saperafferrare” il momento di “vuoto” …].
Quando studiate un avversario dovete essere in grado di scorgere le sue vere capacità invece della sua forza apparente [punto decisivo]. Nel campo militare e in quello degli affari, quest’informazione viene fornita dai vari servizi segreti. Nel combattimento individuale, dovete essere il vostro stesso servizio segreto, ma le regole sono le stesse.
A una prima occhiata, un avversario che è molto più grande di voi può sembrare molto pericoloso. Osservatelo di nuovo. Osservate la sua postura e il suo modo di camminare. Questi due elementi vi forniranno indizi preziosi del suo equilibrio. Se il suo equilibrio è instabile, per quanto forte possa essere, non sarà […] in grado di far uso di una dose significati di potenza (Un esercizio divertente consiste nello starsene seduti in macchina o osservare la gente che cammina lungo il marciapiede. E’ incredibile quante persone sembrano sempre sul punto di cadere a terra. Inclinano il corpo a ogni passo per poi riprendersi all’ultimo momento).
Adesso osservate l’abbigliamento del vostro avversario. […] Lo stile dei suoi abiti indicherà se è un leader o un seguace. I leader si vestono in maniera tradizionale; i seguaci si vestono in maniera più licenziosa. […] Lo fanno per sentirsi speciali, e questo è il primo segnale di uno spirito debole [si noti].
Per finire, osservate il tono muscolare del vostro avversario. E’ un indizio della sua velocità, della sua forza e della sua resistenza. […] Quando questi elementi vengono combinati assieme, possono fornirvi un’immagine alquanto diversa della vostra impressione iniziale. […] Da strateghi, dovete cercare […] debolezze negli altri e utilizzarle a vostro vantaggio”[4].















Andrea A. Ianniello









[1] Sun-tzu in L’arte di vincere. Antologia del pensiero strategico, a cura di A. Corneli, Guida editori, Napoli 1992, p. 38. Si tratta di un prezioso libro, proprio perché trattasi di un’ “antologia” (che va dall’Oriente antico all’epoca nucleare), anche se, ormai, è un libro introvabile. Ancor aggiunge questo passo (sempre di Sun-tzu [Sunzi]): “Quando si è in grado di attaccare, si deve apparire incapaci; quando si muovono le truppe, bisogna sembrare inattivi; quando si è vicini al nemico, bisogna fare in modo ch’egli creda che si è molto lontani; quando si è lontani, il nemico deve crederci vicini. Lancia esche per ingannare il nemico: fingi disordine, per esempio, e annientalo. […] Se il comandante nemico è di temperamento collerico, cerca d’irritarlo: fingendoti debole, aumenterà la sua arroganza. Se cerca un po’ di riposo, non dargli tregua. Se le sue forze sono unite, fa’ in modo di separarle. Attaccare il nemico dove è impreparato; mostrarsi dove non se lo aspetta. Questi stratagemmi militari, che conducono alla vittoria, non devono essere divulgati né previsti rigidamente prima della guerra”, ibid., corsivi miei. In realtà, sarà sempre il nemico che ti “dirà” come vincerlo. Il libro riporta di seguito l’intero capitolo sull’ “Uso delle spie”, cf. ivi, pp. 38-39. Questo riflette la rivalutazione di Sun-tzu nell’epoca della “guerra fredda” cosiddetta, al cui termine tal libro fu pubblicato: ma la visione di Sun-tzu come limitata all’ “uso delle spie” – seppur importante – risulta riduttivo. Vi è ben di più, in effetti.
Importante la citazione di un passo di Musashi, perché dà la chiave di tante cose. “E’ basandosi su piccoli particolari che il comandante bushi prende le grandi decisioni. Tutto questo risulta simile a costruire una grande statua del Buddha partendo da un modellino di pochi centimetri. Riesce difficile scrivere di cose come queste nei particolari. Conoscere ‘uno’ è conoscere ‘diecimila’”, in ivi, pp. 60-61, corsivo in originale. La frase-chiave vi è questa: “E’ basandosi su piccoli particolari che il comandante […] prende le grandi decisioni” … Altra osservazione molto importante di Musashi è quella riguardo al ritmo: tutte le cose hanno un ritmo, che occorre saper distinguere, per individuare il “punto del cedimento”; se, quindi, esaminiamo le vicende attuali del System da tal punto di vista, in vista del “punto di cedimento”, le cose cambiano aspetto. Diventano molto interessanti. Dove sta tal “punto” allora, oggi? E, poiché il “punto” porta verso il “momento” del cedimento, questo può aiutare ad individuare le condizioni che portano al momento di cedimento systemico? Questioni decisive, alle quali, ragionando sulle direttive appena suggerite, si può dare maggior luce.
[2] F. Lauvret, La via della strategia. I segreti dei guerrieri giapponesi, Edizioni Mediterranee, Roma 2009, pp. 165-166, corsivi miei.
[3] Ivi, pp. 166-168, corsivi miei, miei commenti fra parentesi quadre.
[4] Ivi, pp. 168-169, corsivi in originale, miei commenti fra parentesi quadre.