“Disse
Huitang:
Le
cose trascurate per lungo tempo non possono essere ripristinate in un batter
d’occhio.
I
mali che si son andati accumulando per anni non possono essere spazzati via in
un attimo.
Non
ci si può divertire sempre.
Le
emozioni umane non sono perfette.
Non
si evita la sventura cercando di sfuggirla.
Chiunque
insegni o abbia capito queste cinque cose, potrà vivere senza infelicità”.
(Lezioni di Zen. L’arte di comandare, Edimar,
Milano 1996, p. 40, corsivi miei; [si ponga attenzione sul fatto che qui si
dice di “vivere senza infelicità” e non sul fatto di vivere “felici” o sulla
“ricerca della felicità”: qui vi è tutta
la differenza fra modernità e Traditio, e fra le vere discipline spirituali e il “New Age” o cose simili, o dovunque
lo scopo sia l’essere “felici”, che non è
lo scopo della spiritualità, perché, per aver accesso a quest’ultima, ci
vuole un piccolo passo iniziale, ma
decisivo, quello di lasciare il piccolo “io”, il “piccolo io” che “agisce”,
l’ “io” faccio).
“Hyams
fornisce numerosi esempi di come le lezioni imparate nel dōjō gli siano servite in altri settori della vita. Per esempio, un
istruttore gli disse: ‘Hai dimenticato lo scopo della lezione […] Ti sei
bloccato, quando pensi di mettere in mostra quello che sai fare o di
sconfiggere un avversario, l’autocoscienza
interferisce con l’azione […] La sensazione di essere tu ad agire dev’essere assente […] Adesso hai la chiave per risolvere l’antico koan zen; “Quando lo cerchi non puoi trovarlo”’
(Hyams, 1979, p. 85). Forse questo
principio si applica principalmente agli sport e alla scherma (vedi D. T.
Suzuki), ma in senso lato è evidente che
si applica a tutta la vita”.
(W. L. King, Lo Zen e la via della spada. La formazione
psicologica del samurai, Ubaldini Editore, Roma 2000, p. 273, corsivi in originale, grassetti miei).
“Per l’
ennesima volta, viene messa in
risalto l’utilità di vivere nel presente
(il passato è morto, anche l’attimo appena trascorso), di
fare solo una cosa alla volta, dedicando con naturalezza e spontaneità tutta
l’attenzione al compito imminente, che si tratti una mossa di karate o delle
faccende quotidiane [cosa veramente difficile oggi, poiché l’ attenzione
scappa via, come “assorbita” da tante, troppe cose]. Secondo
un’altra lezione, appresa durante una
competizione (Hyams, 1979 […]), quando si perdono le staffe, si perde l’autocontrollo e la capacità di dominare la situazione
presente, di qualunque genere essa
sia”.
(Ivi, p. 274, corsivi miei, miei commenti
fra parentesi quadre).
“L’unico motivo pittorico tradizionale è
individuabile nel volo in cielo di Sant’Antonio, che nel pannello sinistro
vediamo librarsi sopra mare e montagne, preda di uno stormo di demoni”.
(W. Fraenger, Hieronymus Bosch: le tentazioni di Sant’Antonio, Abscondita SRL,
Milano 2007, p. 16, corsivi miei).
“Le battaglie aeree dei navigatori tra le
nuvole[1] guidano il nostro sguardo stupefatto dal pannello sinistro a quello centrale”.
(Ivi, p. 18)[i].
“I
pastori si allarmavano grandemente. Quegli stranieri avrebbero irritato i genii battendo sulle rocce nelle quali questi risedevano, e disseccato il succo della
terra scavando buche. Allora i genî riterrebbero la pioggia, manderebbero
malattie, l’erba non crescerebbe più nei pascoli disseccati e il bestiame
morrebbe di fame”.
(A.David-Neel, Magia d’amore e magia nera, Libritalia, 1997, pp. 228-229, corsivi miei; in realtà, l’edizione originale è
della seconda metà degli anni Trenta del secolo scorso, come si evince dalla Prefazione dell’autrice,
datata 1937).
“Sono un servitore del Fuoco Segreto”.
(Gandalf in J.
R. R. Tolkien, La Compagnia dell’Anello in Id., Il
Signore degli Anelli, Rusconi Libri, Milano 1977, p. 411, corsivi miei).
“ ‘“Preferivo
il bianco”, dissi.
“Bianco!”, sogghignò.
“Serve come base. Il
tessuto bianco può esser tinto. La pagina bianca ricoperta di scrittura, e la
luce bianca decomposta”.
“Nel qual caso non sarà
più bianca”, dissi.
“E colui che rompe un oggetto per scoprire cos’è, ha abbandonato il sentiero della sapienza”’”.
(Ivi, p. 327, corsivi miei; il primo
Libro della trilogia tolkienniana è il più ricco di “allusioni” simboliche, poi
il tema “etico” prenderà sempre più peso).
“
‘Signori miei’, disse Gandalf, ‘ascoltate le parole del Sovrintendente di Gondor
prima della sua morte: Trionferete forse
per un giorno sui campi di Pelennor, ma contro il Potere che è sorto non vi è
vittoria. Non voglio che disperiate,
come fece lui, ma che ponderiate la verità di queste parole. Le Pietre Veggenti
non mentono […] Le nostre forze sono state appena sufficienti a respingere il
primo assalto. Il prossimo sarà più massiccio. Questa guerra è quindi senza
speranza, come Denethor aveva intuito. La
vittoria non può raggiungersi con le armi, sia che rimaniate qui […] sia
che avanziate […]. Non avete che una scelta fra mali diversi, e la prudenza vi
consiglierebbe di rinsaldare la fortezza che avete […] solo così potreste
allungare il tempo che vi rimane prima della fine’.
‘Allora tu vorresti che
ci chiudessimo a Minas Tirith, o a Dol Amroth, o a Dunclivo, come bambini
imbronciati mentre arriva la marea?’, disse Imrahil. Non sarebbe certo un
consiglio nuovo […]’, disse Gandalf. ‘[…] Ma no! Ho detto che sarebbe prudente.
Io non consiglio la prudenza. Ho detto che la
vittoria non si può raggiungere con le armi”.
(Id., Il
Ritorno del Re in ivi, pp. 1051-1052,
corsivi in originale, grassetti miei).
(1)
“Ieri
ed Oggi”. Riguardo
al fenomeno UFO, ne scrisse illo tempore
J. Vallée a riguardo della sua mobilità ed elusività, che sfida
l’interpretazione “classica” dei “‘viaggi’
spaziali” cosiddetti: “Se qualcuno volesse aggirare l’intellighenzia e la Chiesa, restare nascosto al sistema militare, lasciare
indisturbati i livelli politici e amministrativi della società e allo stesso tempo impiantare in profondità,
nella realtà sociale, dei dubbi concernenti le sue dottrine
filosofiche più basilari, questo è esattamente il mondo in cui
agirebbe. Tal processo dovrebbe anche
fornire una interpretazione di se stesso, per rendere impossibile una sua comprensione esaustiva. In altre parole,
dovrebbe proiettare un’immagine di sé che vada appena oltre le strutture di
pensiero della società bersaglio.
Io ritengo che la credenza attualmente diffusa tra la maggior parte degli
appassionati di dischi volanti, secondo cui gli oggetti volanti non
identificati sarebbero semplicemente delle navi spaziali usate da visitatori
provenienti da un altro pianeta, sia un
concetto ingenuo. Questa spiegazione è troppo semplicistica per
giustificare la diversità dei comportamenti degli occupanti e con gli esseri
umani percepita dai testimoni”[2].
Queste parole sono, in
realtà, state scritte da Vallèe nel lontano 1975,
con, poi, una Prefazione aggiunta per l’edizione citata (2017), Prefazione del 2016: ed è interessante che, in ben
lunghi quarant’anni!, non ci siano dei cambiamenti sostanziali sulle tesi
fondamentali del libro! A significare come il dibattito sia rimasto come
“incagliato” in certe tematiche depistanti.
Ma si vada un po’
innanzi, al contrario.
Ammettiamo che Vallèe
abbia, nella sostanza, ragione, che, dunque, l’operazione “Target” – alla
lettera: “bersaglio” – sia stata portata innanzi per tanti anni, per quaranta lunghi anni, unita con un
processo di sostanziale
dissoluzione prima dell’Occidente, e,
poi, del mondo intero (ben
studiata “sociologicamente” da Baudrillard, anch’egli illo tempore), per cui quei
“germi” dei “dubbi” suddetti da Vallèe ormai siano ben “impiantati” (la tecnica come “impianto” (Heidegger)
essendo stata lo strumento dell’ “impianto” dei dubbi – se piace, anche nel senso dell’ufologia “di frontiera” … –), ben
impiantati nella società.
E senza che né stati, né chiese, né intellighenzia, né militari, né
amministratori, né la “foglia di fico” della nostra epoca, la “politica” cosiddetta
(ombra di sé stessa[3]) se ne
avvedessero …
Diamo dunque per certo
che quei “dubbi” siano stati definitivamente “impiantati” nella società, e, in apparenza, tutto continui a “funzionare”; bene, cos’accadrebbe,
allora?
Esattamente
quel che abbiamo sotto gli occhi!
La radice – profonda, come in profondità è stato sepolto il “germe” – di tutti questi
movimenti che appaiono e scompaiono, messi in moto da parole d’ordine
(“password”!) cangianti, mutevoli e che cercano di volta in volta un “capro
espiatorio” – perché questo è oggi! –, capro espiatorio che muta e cambia, ma
che mai può esser altro se non un’apparenza, un simulacro, dunque la radice, di
nuovo: profonda, di ciò che appare
come “crisi della democrazia” è da ricercarsi nella profondissima discrepanza che si è ormai aperta, definitivamente, fra
la giustificazione che dà di sé il sistema sociale, su tutta la Terra – si osservi: su
tutta la Terra (ed immaginiamoci cosa succederà col 5G[ii])
– e quei “dubbi”, ormai definitivamente instillati. Per questo nulla funziona
bene: la potenza del germe[iii]
– nel germe – vi è massima.
Detto in modo
esplicito: nel germe vi è la massima
forza.
In quel che non vedi vi
è la massima forza che poi “germoglierà” in ciò che vedi.
Ancor più
esplicitamente: ciò significa che la radice di ciò che vedi è in ciò che non
vedi.
Se ragioniamo così, se
diamo per certo l’ “impianto” di quelli che Vallèe, alla sua epoca, considerava
ancora dei “germi”, per cui questi ultimi son ormai “germogliati”, non possiamo
che giungere ad una tale conclusione.
Dalla quale due
deduzioni, minime: 1) se ormai è germogliato, il fenomeno è
dunque molto più avanzato di
quanto non sembri e che le “agenzie” sociali non se ne avvedano non è altro che
l’effetto della “natura” del fenomeno stesso, che dà di sé tante
interpretazioni fuorvianti, lo scopo vero essendo (stato) quello di “minare” la
(o le) società “bersaglio”; 2) quelle opposizioni che appaiono non è detto sin delle reali
opposizioni, ma possono essere solo un gioco di specchi, poiché tu non puoi
fare una cosa con una forza sola, ed hai sempre bisogno di un’opposizione
“dialettica” se vuoi portare avanti un fenomeno (= “ciò che appare”) qualsiasi.
Ma questo i “complott®isti”
non lo han mai capito: non possono, l’ostacolo è
dentro di loro[4].
(2)
“Il
Sistema di Controllo”. Si
tratta di un termine – “sistema di
controllo” – che Vallèe trae dai
(“controversi”) lavori di uno psicologo, Skinner.
“Il controverso lavoro
dello psicologo B. F. Skinner ha mostrato quali siano le condizioni le condizioni
in cui un organismo che reagisce a un fenomeno esterno impara un nuovo comportamento, e oggi sappiamo anche in quali casi
questo apprendimento sarà irreversibile. Tali condizioni sono molto simili a
quelle che sembra stia seguendo il fenomeno ufologico. […] Skinner ha dedicato
mezzo secolo a studiare il comportamento e il processo attraverso cui esso si
modifica. I suoi esperimenti […] complessi […] possono essere sintetizzati in
poche righe. Una drastica modificazione del comportamento d un animale (uomo
incluso) può essere ottenuta rinforzando
selettivamente certe azioni (per esempio dando del cibo a un piccione solo
quando spinge una particolare leva). Tuttavia, alcuni tipi di comportamento
rinforzato conducono a un apprendimento migliore rispetto ad altri. Se l’addestramento è troppo uniforme e
monotono, l’apprendimento potrebbe
interrompersi e il soggetto potrebbe
addirittura regredire ad uno stadio precedente. Il miglior programma di rinforzo è quello che combina la periodicità con l’imprevedibilità. In questo modo
l’apprendimento è lento ma continuo,
conduce al più alto livello di adattamento ed è irreversibile. E’ interessante osservare che lo schema seguito dalle ondate di avvistamenti di UFO ha la stessa
struttura di un programma di rinforzo. In un commento apparso su un
quotidiano riguardo all’apparente mancanza di realtà del fenomeno ufologico si
legge: ‘Non ci attaccano. Non influenzano le nostre vite. Non ci aiutano a
risolvere i tanti problemi che ci affliggono. Non ci hanno portato nessuna cosa
di valore. Potranno anche aver spaventato qualcuno qua e là, ma altrettanto
accade con le tempeste di fulmini e con i tornado. L’intera faccenda, da un
punto di vista sociale, è del tutto irrilevante’. All’apparenza, il giornalista
che ha scritto quest’articolo non ha tutti i torti, ovviamente. Ma ha
dimenticato un altro fatto: la vita umana non è riducibile ad una mera
giustapposizione di esercizi di problem solving. Essa è dominata dal mito e dall’immaginazione, che a loro volta obbediscono a regole ferree e sono
governati da sistemi di controllo. Qualora
gli Ufo stessero agendo sul piano mitico e spirituale, sarebbe quasi
impossibile individuare i loro effetti con metodi convenzionali [grossa intuizione di Vallée]. Se
l’attività degli UFO funziona in un modo simile al rinforzo di Skinner – il più
stabile – allora l’apprendimento richiederà molto tempo, ma non sarà mai dimenticato”[5].
Appunto: “Non sarà mai
dimenticato”, si è consapevoli della radicalità
di una cosa simile, della vera, reale posta in gioco?
Non
credo.
La cecità delle “agenzie sociali”, tutte, senza eccezione, cioè il loro
“punto cieco” è stato, ed è, grande. Non si son accorti di niente,
proprio per quel che osservava illo
tempore il giornalista citato da Vallée qui sopra: si trattava – e ancora si tratta – di un fenomeno “irrilevante dal punto di vista sociale”, ma è stata la sua forza!
Da tutto ciò possiamo
dedurre questo: qualsiasi cosa potranno dire a favore della “democrazia” e
qualsiasi cosa faranno in questa direzione, non potrà che accrescere
l’ebollizione del modo e portare sempre più lontano dall’ effettiva democrazia rappresentativa come noi l’abbiamo
conosciuta, e solo in una certa parte del
mondo, peraltro. Quindi tutt’altro che un sistema “valido per tutti” o che
una determinata cultura potesse aver trovato “il” sistema “unico” e sedicente migliore. Non è un caso che
non sia la “democrazia ‘in sé’” sotto attacco, ma la sua natura “rappresentativa”,
non è un caso. A questo punto, lungi da
me il suggerire di difendere questa vecchia
ciabatta[6],
senza contare che son sempre stato un critico
della democrazia (e ci son vari post al riguardo, dunque non si potrebbe esser
più chiari), figuriamoci se la cosa in sé stessa mi
dispiaccia!, ma dobbiamo pur comprender bene
cosa ci sia oggi, per davvero, in questione. Che senso ha l’uscire dal forte
condizionamento della “democrazia”, prima, e, poi, da trenta lunghissimi,
osceni ed orrendi anni di “globalizzazione” cosiddetta “felice” – termine ironico –, cioè dal 1989 al
2019, per quindi entrare in una fase ancor più
“critica”?, in una fase, cioè, di
ancor maggiore “Crisi del mondo moderno” (per usare
l’espressione di Guénon)? Non ha proprio nessun senso positivo, ma questo è in
questione, oggi, senza giri di parole o illusioni.
Senza illusioni di
“difesa” (in questa “lotta di ombre”[7]),
perché dove tu potrai connetterti con ogni altra parte del mondo del cosiddetto
“mio” rappresentante non so proprio cosa farmene.
Ma è “democrazia”, nel
senso di doxacrazia, il dominio
dell’opinione – la “doxa” da Platone detestata,
egli voleva che vi fosse l’ epistème al posto della doxa, ma è rimasto sogno di filosofi – è tutto. E chi domina
l’ opinione, quegli domina il mondo. Così funziona,
oggi.
Ed oggi, tutti questi
che straparlano non hanno la benché
minima o menoma percezione
della radicalità della “cosa” in atto[8].
I cosiddetti – o presunti … –
“oppositori” non fanno che combattere
ombre. Combattere ombre …[iv]
A buon intenditor …
Andrea A.
Ianniello [“Shun”]
[1]
Cf. J. Robin, Ufo, la grande
parodia, Edizioni all’insegna del Veltro, Parma 1984, pp. 59-60.
[2]
J. Vallée, Il Collegio invisibile. Le scoperte di un gruppo di scienziati riguardo
all’influenza degli UFO sul genere umano, Venexia Editrice, Roma 2017, p. 32, corsivi in originale,
grassetti miei. Interessate come Vallée termini l’ultimo capitolo del suo
(importante) libro con una citazione da Il
re giallo, sì quello di R. W. Chambers (peraltro recentemente ripubblicato
dalla Vallardi, nel 2014), Atto 1,
Scena 2 (cf. ivi, p. 187), da cui si evince che in realtà il fenomeno “UFO” non
ha mai avuto alcuna maschera, è sempre
stato ciò che è, ma non
vien visto per ciò che davvero è:
“Come lo Sconosciuto nel libro Il re
giallo, gli UFO non indossano maschere. Sono esattamente quello che vediamo, ma per capirli dobbiamo
osservarli nel modo giusto”, ivi, p. 193,
corsivi in originale, grassetti miei.
[3]
Neanche una mera ombra, che, alla fin fine, si può ancora
ricercare: persino l’ombra non c’è più!!
… Il che ricorda “Ombra mai fu” di Haendel, cf.
https://www.youtube.com/watch?v=N7XH-58eB8c.
[4]
Come dice il titolo di questo post, così è, così
è, cf.
Pertanto non
perdiamo tempo con chi non può capire, con chi cerca le risposte fuori di sé
…
[5]
J. Vallée, Il Collegio invisibile, cit., pp. 190-192, corsivi in originale,
grassetti miei, miei commenti fra parentesi quadre. Si tenga – sempre – ben
presente che il libro appena citato è, nella sua edizione originale in inglese,
del lontano 1975!!
Non si può,
dunque, dire che “certe” cose “non si sapevano”, quando, al contrario, gli indizi
son ben notti, e da molto tempo. Se
così è, se questo “programma di rinforzo” sta dietro il fenomeno degli “UFO”
cosiddetti, se ne deve dedurre che l’intelligenza che v’è dietro – della quale
Vallée non dubitava, pur ponendosi un
grosso punto interrogativo sulla
“qualità” della detta intelligenza! – se ne deve dedurre che l’intelligenza che
c’è dietro tratti gli uomini come … piccioni! Per quest’intelligenza, gli
uomini non son altro se non piccioni … Il che dà un potente, utile indizio sulla natura “non umana” – ma
non “benevola” – di una tale “intelligenza”. O di tali intelligenze, al plurale.
Per esempio, chi aveva legami con detta (o dette)
intelligenza (intelligenze) –
Adolf Hitler e la cerchia “occultizzante” del nazismo, cioè una ristretta minoranza poiché ben pochi sapevano di tali legami
nel corso della guerra (Churchill fra i pochi ma non volle se ne trattasse a Norimberga, per cui le cose sono venute
fuori “a spizzichi e bocconi” nel corso del secondo
dopoguerra) – alla fin fine si comportò in modo “umano”, nel senso da
essere umano, non nel senso di “comprensivo”, ché fu l’esatto contrario di
questo!! Nel senso che Hitler agì come avremmo fatto noi, ognuno di noi, e cioè
venne subito “all’incasso” e tentò di assicurarsi, come prima cosa, un grosso
risultato all’inizio; e fallì
proprio per questo motivo, come capì Churchill, che comprese di semplicemente
dover “tener duro” nella sua isola e poi, proprio per la natura umana di
Hitler, quest’ultimo avrebbe fatto il classico “passo più lungo della coscia”:
nella sua Storia della Seconda Guerra
mondiale Churchill diceva di Hitler che “a furia di pensare alla ragnatela,
si era dimenticato il ragno”, a furia di voler espandersi senza fine, aveva
lasciato il centro sguarnito, errore
strategico fondamentale. Beh, questa
volta non sta succedendo così. Questo punto, preciso, ci fa ben capire “il” perché c’è il
“go-and-stop”; c’è perché proprio l’arrivare subito “all’incasso” non farebbe “apprendere” ai piccioni umani
una lezione irreversibile. Ed
“irreversibile” vuol dire che non
si può revertere, rigirare sul (o intorno) al suo vertex e tornare indietro, facendo “come se” nulla fosse stato:
questo è una cosa reversibile. No, la lezione dev’essere irreversibile: questo punto è decisivo.
I “complott®isti”,
difatti, si “rompono la testa” su questo preciso punto, non certo per caso, ed
attribuiscono a ciò che non è umano intenzioni umane – risibili, peraltro – mal
intendendo tutto, alla fin fine. Ma non c’è niente da fare; questi meccanismi
li possiamo pur dire apertamente in mezzo alle piazze, non possono essere
capiti: i piccioni umani non
possono “de-piccionizzarsi”: è impossibile.
Chiaro che non
tutti gli umani son come piccioni, ma è altro
discorso: sono comunque minoranze, che, alla fin fine, possono poco; queste minoranze avrebbero un effettivo potere se
potessero “de-piccionizzare” le masse, ma è super
impossibile.
Magari Putin andrebbe
subito anche lui all’incasso, però ha capito la lezione: ha studiato gli errori
di Hitler e non ha nessuna intenzione di commetterli di nuovo; poi, c’è pure qualche
“consigliere” particolare, che gli dice: “Ma do’ vai!, lassa sta: falli cuocere
nel loro brodo”, e così le cose continuano per la loro strada. Il sistema –
anche “democratico” – è stato minato nelle
sue basi. E, attenzione,
per tornare alle minoranze: qui, per esempio, usiamo la ragione, la mente, il
“mentale”, che può ben poco a
livello delle masse. Queste ultime
apprendono in modo irreversibile quando l’apprendimento avvenga con le modalità
dette qui sopra, riportate da Vallée.
Diceva Hitler –
riportato da una fonte “da trattare con le molle”, ma non del tutto falsa, come
invece si è pensato sin troppo negli ultimi tempi (nel senso che prende brani e
frasi sparsi, però non del tutto falsi), cioè Rauschning (in Gespräche mit Hitler) – che quel che le
masse ricevono in determinate condizioni, è come se fosse stato detto con “comando
ipnotico” e si stagli e fissi nella loro mente in modo definitivo. Le masse
imparano dai fatti e dai comandi che ricevono, come un animale, non nel senso cattivo di quest’ultimo
termine, ma nel senso d’apprendimento istintivo.
In un’altra terminologia si potrebbe “chiosare” la precedente affermazione –
correggendo le parole dette da (o attribuite a, ma non su basi del tutto fantasiose) Hitler, cioè che “si fissa nella
mente della masse” –, con quest’aggiunta: si fissa nella loro mente istintiva. Ma vi si fissa. Ed
aggiungeva Hitler che si ha un bel parlare alle masse: quando vi si è fissato,
non c’è niente da fare, come un comando post ipnotico, appunto. Così è, così è,
precisamente. Poi, Hitler aggiungeva una serie di frecciatine – meritatissime –
alla “classe colta” che, è vero, è verissimo, di tali cose non ci capisce
niente di niente, manco un’acca. Naturalmente, ed è ovvio, conoscere il
meccanismo psichico di funzionamento di tali fenomeni non significa, ma proprio
per niente, poter farci qualcosa, anzi. Solo ch’è meglio sapere, per chi ha
interesse a farlo, per chi non ha interesse a sapere di tali meccanismi
psichici, al contrario, non fa proprio alcuna differenza che se ne parli. Tali
meccanismi funzionano lo stesso. Devono solo aspettare, ed “il frutto maturo cade ai piedi
dell’albero” (esagramma n.23 dell’ I-Ching
[Yijing] – linea mutevole finale). Niente super “attacco”, il
metodo all’ “allegro Cancelliere” (come Hitler chiamava le serate di
“spaventosa vitalità” che concedeva alla sua corte: il “Ristorante ‘all’ allegro Cancelliere’”) non funziona, nicht funktionieren.
Questi
meccanismi han fatto quel che vediamo
sotto i nostri occhi: le basi della “civilizzazione occidentale” sono state
poste in dubbio e con modalità che le varie “agenzie sociali”, dalle chiese,
all’educazione, ai partiti politici, alla scienza ed alla filosofia ed
all’economia, non possono in alcun modo neanche vedere, sono modalità per loro
“impercettibili” ed invisibili. Tranne una cosa, una cosa sola serve: la tecnica, ch’è divenuta sempre più
indipendente da qualsiasi controllo, ed oggi è incontrollabile. Metti certi
strumenti tecnici nelle mani delle masse e non dovrai più interessarti di chi
fa le leggi. Questo perché, quando la mentalità sarà cambiata, di conseguenza
le istituzioni stesse dovranno cambiare o rassegnarsi alla perdita di
legittimità e di valenza che oggi costatiamo. La diffusione alle masse di certi
strumenti tecnici è cosa fatta oggi: per realizzarla effettivamente, avevano
soltanto bisogno della forza economica, e queste forze ce l’hanno avuta, e ce
l’hanno ancora, tra l’altro. “Metti certi strumenti tecnici nelle mani delle
masse, e non devi più interessarti di chi fa le leggi”. Ovviamente, di tanto in
tanto, c’è anche un interevento nella cosiddetta “politica”, ma molto meno
pressante di quel che non si creda, siccome avrai comunque in mano “le leve”
della civilizzazione. D’altro canto, le due cose sono strettamente legate, solo
l’illusione marxista poteva non vederlo: senza
la potenza della tecnica, la finanza “globale” non avrebbe mai avuto la Terra intera nelle sue mani,
la seconda necessitando la prima, non
altrettanto viceversa, cioè: Technica mundialis
globalisque finantia tibi sufficiunt …
[6]
Si leggano i suggerimenti – del 1 9 7 8
!, 1 9 7 8, ma che incredibile, totale cecità! – di Baudrillard sul far
saltare il gioco del “sociale” in luogo di star lì, a difender l’indifendibile,
cf.
https://associazione-federicoii.blogspot.com/2019/02/una-breve-recensione-della-prefazione.html.
Ignoranza invincibile.
E noi abbiamo
dovuto far fronte a ‘sta gente qui, che oscenità direi, “che tristezza” direbbe
invece Chuang-tzu – o Zhuangzi, è lo stesso, con diversa traslitterazione.
Per cui, tutti
costoro che sono sempre rimasti sordi e ciechi, non credano d’essere stati
dimenticati, cf.
In ogni caso,
nei libretti “rapidi e sapidi” Baudrillard dà il meglio di sé, nessun dubbio al
riguardo.
[7]
Un esempio, “pop”, cf.
https://www.youtube.com/watch?v=FOSyYLL_of8.
Anche cf.
https://www.youtube.com/watch?v=XgxNZGUiuEQ.
[Aggiunta del 09/12/2019]. UN interessnate riferimento: la citazione in calce al link seguente, cf.
https://associazione-federicoii.blogspot.com/2016/04/su-di-un-interessante-recente-articolo.html.
[Aggiunta del 09/12/2019]. UN interessnate riferimento: la citazione in calce al link seguente, cf.
https://associazione-federicoii.blogspot.com/2016/04/su-di-un-interessante-recente-articolo.html.
[8]
Il fine, lo scopo, cf.
A buon
intenditor …
[i]
“L’anatra
è anch’essa un simbolo della caducità [si legge nella nota del traduttore: “In
tedesco: Ente, anatra; Ende, fine”]. Il linguaggio popolare ha
trasformato il termine Antichrist in Antenchrist/Entenchrist. Quest’assonanza ha dato origine alle favole secondo
cui, nel tempo della fine (Endzeit), nasceranno
uomini dalla testa d’anatra (Endköpfige).
Per quanto riguarda l’Olanda, il dottor Bax ha fornito tre diversi tipi di
documentazione. In un’incisione è rappresentata un’anatra che porta sul dorso la
sfera del mondo, l’iscrizione dice: «’t Endt draggt de last». I termini hanno
un doppio significato escatologico: Endt
= anatra/fine (in tedesco: Ente/Ende);
draggt = porta; last = peso/ultimo (in tedesco: last/letzte).
Una seconda incisione mostra una slitta stracarica, trascinata e guidata da due
anatre. L’iscrizione, anch’essa ambivalente, dice: Het lastigh Endt. Infine Jacob Jordaens ha dipinto una testa di
morto posta sulla schiena di un’anatra, intitolando questo quadro Vanitas of de dood in’t End (Vanità del
morto sull’anatra/fine). Bax non è tuttavia riuscito a ricollegare i suoi
esempi, peraltro significativi, alla nostra nave-anatra […] ignorando così
tutta la simbologia della vanitas”,
ivi, pp. 54-55, corsivi in originale,
mie osservazioni fra parentesi quadre. Questo tema dell’ “anatra” è interessante:
merita un piccolo approfondimento che, apparentemente, ci condurrà un po’ lontano dal tema, in un excursus. Ma ciò è solo un’ apparente lontananza. Serrano parla dei
“cagots, gli abitanti dei Pirenei
catari. Nel lato spagnolo son chiamati ‘agotes’,
questi misteriosi esseri esiliati, che si nascondono da secoli nelle catene
montuose, come inseguiti da una maledizione. Li s’incolpa di aver costruito la
croce di Cristo. Portano sulla loro spalla il simbolo della zampa d’oca, di sciocco, di colore
rosso. Sicuramente erano seguaci di Lucifero, il dio dei perdenti [del Kali-Yuga,
secondo Serrano, ed è appena il caso di precisare che tal Lucifero per lui è “buono”, e che l’ “hitlerismo” vi si
ricollegava perché avrebbe voluto “revertere”
il cammino del Kali-Yuga stesso, davvero chiaro …]. Non si conosce il
significato del nome cagots, che è
stato loro imposto. Si suppone ‘cane
dei goti’ […]. Otto Rahn ritiene che il vocabolo derivo dal cataro e dal
gotico. I cagot sarebbero così gli
ultimi discendenti dei Catari non convertiti, della ‘razza catara’, visigotica
[…]. Al contrario di quello che Charpentier pensa e vuole far credere, la
tradizione risale molto più indietro di Atlantide, il cui affondamento –
abbastanza recente – è un dramma ripetuto [in un altro passo si ricollega alle
teorie di Spanuth per il quale Hligoland sarebbe
l’ultimo lembo dell’Atlantide, sparita intorno al 1222 a.C., o poco tempo
prima, dalla cometa “Phaëton”, dunque ricollegabile al cosiddetto “Doggerland”,
la zona del Mar del Nord emersa grazie alla glaciazione: al di là se sia “vero”
o non tutto ciò, quel che interessa è che, grazie a Spanuth (ed altri) il “mito
nordico” si ricollega con quello “atlantideo”]”, M. Serrano, Il Cordone
dorato. Hitlerismo esoterico, Edizioni Settima Sigillo, Roma 2007, pp. 104-10, corsivi in originale,
grassetti miei.
I “cani dei Goti” sono,
appunto, i cosiddetti “cagot” di alcune regioni dei Pirenei, dove “cagot” è un termine
francese che ha, di seguito, preso il senso di “falso credente”: “Non si sa
bene da dove fossero giunti: per alcuni abitavano da sempre nelle caverne della
regione, da cui uscivano molto raramente […], dove si erano rifugiati nel corso
della migrazione dei popoli portatori della cultura dei campi di urne (1200
a.C. circa); per altri discendevano dai Goti (‘chiens de Goths’ = cagots),
dai popoli alleati ai Saraceni, o dai primi Catari. Di certo è che le prime
testimonianze scritte risalgono alla fine dell’800 d.C. e si perdono quindi con
la Rivoluzione Francese che abbatterà ogni discriminazione tra loro e la
popolazione ‘normale’. Sembra infatti che membri di questa ‘razza maledetta’
presentassero evidenti deformità: sono calvi (e li si obbligherà pertanto a
portare un cappello), sono privi di padiglione auricolare, hanno mai e piedi
palmati. E’ per questo che devono portare, ben visibile e cucita sulla camicia,
una zampa d’oca, dipinta in rosso, equiparata ad un ‘segno
d’infamia’, per analogia con i ‘marchi’ che lebbrosi, ebrei o eretici
erano costretti a mostrare nel corso del Medio Evo. Spesso accomunati ai
lebbrosi, son da questi assolutamente
ben distinti, come fa fede un’ordinanza del Parlamento di Bourdeaux del 14
maggio 1578”, M. Bizzarri, Rennes-le-Chateau, dal Vangelo perduto dei
Cainiti alle sette segrete, Edizioni Mediterranee, Roma 2005, p. 167, corsivi in originale,
grassetti miei. Il fatto che Serrano dia una valutazione positiva dei
cosiddetti “cani dei Goti” la dice lunga
sull’ “ispirazione” del suo “hitlerismo”, checché ne pensi lo stesso Serrano,
ch’è molto evidentemente del tutto sincero e non si avvede in alcun modo di
una tale ispirazione.
Tornando al libro di
Serrano, è chiaramente un testo dove l’antisemitismo si fa pseudo “gnosi” e
dove s’insiste sulle basi “occulte”
dell’antisemitismo, senza contare – ma questo era scontato – che si pone in
dubbio la Shoah e si dice, con J.
Evola, che i famigerati Protocolli “Se […] non sono autentici, sono
veridici”, cf. M. Serrano, Il Cordone dorato, cit., p. 275. Della serie: anche se non vero,
anche se non ci son prove – anzi le prove sono a
favore del falso – vogliamo crederci lo stesso: fate come vi pare, ma
non scomodate alcuna “sophìa” d’alcun genere. Sulle radici dei famigerati Protocolli, cf. C, G. De Michelis, La giudeofobia in Russia, Bollati Boringhieri, Torino 2001, con un’antologia di testi, dove,
per i Protocolli, correttamente
segnanti come autore Anonimo, cf. ivi,
pp. 83-143. Nascono in Russia, su questo c’è poco dubbio, e sono un
“assemblare” fonti diverse, coagulate attorno ad un viscerale antisemitismo. “Secondo la vulgata, tuttora avallata da
autorevoli studiosi, i Protocolli dei
Savi di Sion sarebbero stati compilati intorno al 1897 dalla sezione
parigina della polizia segreta sotto la guida di P. Račkovskij e trasmessa in
Russia da S. Nilus nel 1901per contrastare la perniciosa influenza di monsieur
Philippe a corte. […] L’esame delle contraddizioni di questa versione e la sua
incompatibilità con altre notizie pur date per fondate, alla luce della
trasmissione testuale del documento, della sua natura linguistica, (che esclude
trattarsi di una versione dal francese, rivelando semmai inflessioni ucraine) e
dei dati interni, porta a formulare uno scenario di poco posteriore m assai
diverso: che cioè i Protocolli siano stati compilati in russo (salvo,
beninteso, i passi tratti dal Dialogue
di Joly) tra il 1902 e il 1903, certamente in Russia e con ogni probabilità a
Pietroburgo, negli ambienti dell’antisemitismo «militante»”, ivi, studio introduttivo, pp. 32-33,
corsivi in originale.
Va detto, tuttavia, per
correttezza, che, per quanto Serrano citi Evola, pone in luce la “differenza”
fra quest’ultimo e l’ “Hitlerismo” divenuto pseudo
“gnosi” (“ariosofia” è il termine
più esatto e, come ha dimostrato G. Galli, l’ “ariosofia” non è una specificità dell’ “Hitlerismo”
che, tuttavia, l’ha portato ai suoi estremi):
“Consideriamo necessario dirlo: Julius Evola, il più significativo pensatore
del nostro tempo, […]non riuscì neppure a superare i limiti impostigli dalla
sua nascita romana e dalla sua
ammirazione per René Guénon – al quale era molto superiore –. Il barone Julius Evola non capì Hitler e non
poté capire l’Hitlerismo Esoterico. […] Julius Evola […] mi spiegò che ‘il
suo ideale politico non era né
fascista, né nazista, ma conservatore nello stile di Metternich’. Queste sono parole di
Evola, trent’anni dopo che rimase paralizzato a causa di un attacco aereo
nordamericano su Vienna”, M. Serrano,
Il Cordone dorato, cit., pp. 139-140,
corsivi miei; notevole come Serrano sia chiaro
su questo punto e sul fatto che, per lui, Evola era “molto superiore” a Guénon,
quest’ultimo avendo subito “sentito puzza di zolfo” al riguardo del nazismo,
cosa che molti non perdonano a Guénon. Ciò, a sua volta, non toglie che sia
vero lo stesso quel che ho scritto
altrove, cf.
https://associazione-federicoii.blogspot.com/2019/11/due-lobby-attualmente-in-lizza-nel.html,
nota finale ii.
In altre parole, Evola
fu negativamente influenzato da queste
forze, anche se rimane, senz’alcun dubbio, basilarmente nella prospettiva di un
Metternich, un’ottica sostanzialmente “tradizionalista” e non “tradizionale” che, pur
rispettabile, nel senso di comprensibile, non
è condivisibile, dal nostro punto di vista, ma che rimane tuttavia ben distinta
da quella dell’ “hitlerismo”, seppur “esoterizzante” (meglio sarebbe dire:
“occultizzante”) à la Serrano.
[ii]
Vero è che – col 5G (per quel che riguarda i tempi, si parla del 2022; sui tempi, cf.
https://associazione-federicoii.blogspot.com/2018/04/su-duna-non-sud-duna-ri-cor-renza.html)
– stan facendo un passo in avanti allo scopo di avere un comando unico. Questo
perché stan ponendo le basi del controllo: è lo stesso modello delle guerre
dell’oppio – ma è il modello della modernità direi –, di tutta la modernità,
soltanto che oggi tali tattiche sono applicate ad “altro”, per così dire … Beh straordinario, proprio ciò che dico – tra
le righe – nel blog da tempo, sulle
tattiche nascoste: prendi la fortezza in modo che i suoi stessi
occupanti te la cedano come nella “Fortezza Bastiani”, saran così pochi che
alla fine son zero. E contano, già ora,
per zero …
Sulle tattiche
non evidenti, cf.
Questo comando unico potrà,
se del caso, bloccare tutte le attività, ormai digitalizzate ad un livello
pazzesco – con la follia
collettiva che tutto ciò sta sempre più chiaramente generando, perché sono una droga ed una dipendenza pubbliche –, e operare nel senso della
“emersione pubblica”, come da qualcuno (chi scrive) pensato anni fa – e costui
l’ha pure scritto –. Quest’accenno alla droga, tuttavia, richiede che ci si
soffermi un po’ su. In primis, vi è
la questione delle “radiazioni elettromagnetiche”, come si dice oggi (le quali non sono quel che oggi si pensa siano);
in secundis, il fatto che sia “come” una
droga. Sul primo punto: “il fuoco è una luce calda, pura, ossia priva di quelle correnti magnetiche che
la luce elettrica o fredda espanderebbe in un ambiente, saturandolo”, G. P. Bona,
Magia sperimentale. Manuale pratico,
Edizioni Mediterranee, Roma 1977 (ristampa 1997), p. 25, corsivi miei. Nonostante il titolo, è un libro
abbastanza serio, che non solo condanna le droghe, ma mette in guardia
l’eventuale “sperimentatore” (per lui la “magia” è una scienza sperimentale, come per Guénon, che parla dell’ interazione fra l’ “astrale” ed il
“fisico” corporeo, non dello spirituale tout
court, che fa parte della teurgia, invece) dai pericoli, ovviamente
difficili da riscontrarsi, poiché una “evocazione” non è per niente quella
“cosettina facile facile” che dipingono i “telefilm” o altre superficiali
sciocchezze, per fortuna dell’umanità, e non perché “tutte” le “creature” del
mondo “astrale” siano “cattive”, ma perché quelle cui dà l’accesso la “magia
sperimentale”. Tra l’altro, l’ “evocazione” non
è affatto facile anche a
causa delle forze elettromagnetiche che stan coprendo sempre più la Terra
tutta, e il “5G” è la punta massima di tale tendenza, ormai in atto da due secoli,
dal sec. XIX cioè. Dunque: le correnti magnetiche tendono a bloccare le
“evocazioni”, che altro non sono altro, chi ha orecchie per intendere intenda,
che “permettere alle energie astrali di rivestire un’ ‘apparenza’”, ivi, p. 123. Tali “apparenze” non sono per nulla le “energie” astrali
stesse, si ponga mente a tutto ciò, ma, per l’appunto, un’ “apparenza”
soltanto. In effetti, la “chiave” non è
la forma che viene ad apparire,
appunto, una mera apparenza, ma è “la luce astrale, detta il grande agente
terrestre” ivi, pp. 106-107, corsivi
miei. Ma, se tali “campi elettromagnetici” (il problema non è la mera “corrente” elettrica, ma lo è il magnetismo),
che oggi letteralmente impestano
l’ “atmosfera terrestre” (con conseguenze sul
mondo della natura circostante che gli attuali esseri umani non immaginano nemmeno), rendono le
evocazioni così difficili, per cui chi si dà a queste cose ancor oggi ed
“evoca” in ambienti impestati da tali correnti o non raggiunge niente – il più
delle volte solo effetti di “autosuggestione”, pur spesso gravi lo stesso – oppure “evoca”, sì, un cosiddetto “qualcosa”, ma non sa cosa
sta evocando, se, dunque, tali “campi elettromagnetici” rendono le evocazioni
così difficili, com’è possibile quel che diceva, illo tempore, Vallée? Legittimo chiederselo. La risposta è la più
semplice: quest’infestazione di elettromagnetismo è una sorta di droga –
rendersene conto non è difficile: basta girare per le strade, vedendo quanta
gente sta, quasi ipnotizzata, guardando il suo cellulare, e non siamo ancora
davvero entrati nell’epoca del cosiddetto “5G” –. E la droga non è che dia
l’accesso al cosiddetto “astrale”, ma ne dà l’accesso: 1) alle zone più basse
del cosiddetto “astrale”; 2) ai
fantasmi nati dalla mente umana
stessa. “Nell’antichità e ancor oggi alcuni magisti hanno usato e usano questi
vegetali psichici per realizzare poteri occulti durante le operazioni. E’ un grossolano errore. Le droghe risvegliano soltanto false sensazioni, forme di proiezione psichica o allucinazioni. Chi crede che le loro
proprietà sviluppino la vista interiore o provochino fenomeni di tipo magico, ignora ch’esse possono soltanto suscitare impressioni già esistenti
nella sua psiche, anche se dimenticate allo stato di coscienza. […]
‘La potenza delle droga non permette
di agire su di essa con qualche operazione magica, poiché l’operatore, in tal
caso, non è più padrone della materia,
ma suo schiavo. Anziché ottenere
effetti magici, si realizzano suggestioni,
forme-pensiero che prendono una vita apparentemente autonoma; si
realizza un circolo che l’individuo crede magico, ma che al contrario egli vive
in modo allucinatorio’ (L. K.). Gli
effetti delle droghe rassomigliano
alle esperienze dei medium”, ivi, p. 61, corsivi miei. La differenza, davvero fondamentale, fra un vero “magista” ed un “medium”, o un
“sensitivo”, cosiddetti sta nel
fatto che il “magista” ha, per principio, un atteggiamento attivo verso ciò che sta “evocando”,
mentre un “medium” o un cosiddetto “sensitivo” ne hanno uno passivo. Vi è qui una differenza
fondamentale, qualitativa ed irriducibile ad altro: un “numero
primo” insomma. Da qui deriva il fatto che le donne possono essere ottimi medium ed avere visioni o “fare”
lo sdoppiamento (perché questo è, in realtà, il cosiddetto
“viaggio” astrale), ma l’evocazione non è bene che le donne la facciano, anche
se possono essere ottimi aiutanti durante
la stessa evocazione, cf. ivi, p. 101. Questo non è un “privilegio” cosiddetto “cattivo” che il cosiddetto “uomo”
avrebbe sulla donna per la semplice ragione che non ha proprio alcuna base
“sociale” o sociologica, bensì è basato su di un mero fatto, che chi pensa nel
senso di una sorta di “privilegio sociale” non sa, o ignora, dando così prova di mera, crassa (o come dico: grassa) ignoranza. Quando tu “evochi” i
cosiddetti “elementali”, oppure un “genio”, devi – se tieni alla tua salute,
per lo meno mentale, spesso anche molto fisica!! – non aver mai un’esitazione, ci
vuole un’attitudine di una volontà di ferro, che non tentenni un microsecondo,
ben sapendo che tali forze (questo sono in realtà) ti “sentono” e ti
“percepiscono” come tu non immagini: il minimo, sottilissimo sentore di una
“caduta” della ferrea volontà che ci vuole e ti saltano addosso o ti seducono,
spingendoti ad uscir fuori dal “cerchio protettivo” o dalla protezione di un
sigillo, di un qualcosa del genere. Poi manco tu saprai “come cavolo è stato
possibile” che venissi fuori dalla protezione. Ma, intanto, è successo, e
spesso colpiscono il corpo, se la psiche è ben salda; se, poi, la corrente si
riesce a bloccarla dal ricadere sul proprio corpo, allora colpisce chi c’è
vicino in modi sorprendenti (di nuovo: non sono le modalità il punto, non sono l’apparenza
il punto: si deve uscir fuori dalla fissazione umana per le apparenze
esteriori se si vuol capire ‘ste cose, sennò non le si capirà mai; nel campo
della cosiddetta “magia” (scienza “sperimentale”) si ragiona in termini di forze, ma non forze corporee, fisiche). L’autore citato paragona la
cosa all’entrare dentro una gabbia con dentro una muta di cani selvaggi:
paragone davvero esatto. Ben pochi uomini lo farebbero, e quasi nessuna donna,
salvo eccezioni, che confermano la regola. Se a qualcuno è capitato di dover
avere a che fare con una masnada di mastini inferociti, napoletani o altro (Marco
Polo diceva che i mastini tibetani erano i mastini più aggressivi), sa di cosa
parlo. Ben pochi uomini ne sarebbero capaci e quasi nessuna donna, appunto. Ci
vuole non certo la smargiassa
supponenza del presuntuoso, ma la volontà
di ferro di chi sa fare tali cose. E non si parla qui della testardaggine,
che ce n’è a iosa: il testardo è come una cosa troppo secca, cioè all’apparenza
è duro, ma, se ci pressi su, si rompe facilmente. Non è questo che ci vuole, ma
la vera volontà di ferro. Né poi è l’
“idea fissa” l’avere la “volontà” – ch’è una forza dentro di noi – poiché chi
sia schiavo dell’ “idea fissa” è, appunto, schiavo di un “contagio psichico” e,
dunque, così dimostra di non avere
alcuna volontà. L’esatto contrario, quindi di ciò che potrebbe apparire.
Detto per chi avesse
qualche residuale ambizione: Ce l’hai tu questa volontà di ferro? No? Allora
meglio che lasci stare tali “evocazioni” … I cosiddetti “spiriti” (“elementali”
(o “esseri elementari”, qualcuno li avrebbe chiamati “inorganici” … per distinguerli
dagli esseri “organici”, cioè le creature viventi esperibili coi cinque sensi),
oppure “geni”, che siano) sono forze,
e rispondono solo alla forza, ma
rispondono alla forza interiore, non esteriore. I muscoli, qui, non servono a niente. Ha tu questa
forza, interiore, ce l’ “hai”
(meglio sarebbe dire: la “sei”)? No?
Allora meglio che lasci stare … Molti credono
di “averla” e qui, su questo
punto, cascano. Purtroppo cascar su questo punto fa molto male, non è come fare
un incidente con la macchina o prendersi una malattia esteriore. In effetti, la
stragrande maggioranza degli uomini non ha alcuna volontà e quasi nessuna donna
ce l’ha: questo è. Non si deve presumere di “averla”, per usare questo termine di
“avere” la volontà è del tutto impreciso. Non vi sarebbero le masse
manipolabili se più uomini “avessero” la volontà, ma, perché ciò accada, ci
vorrebbe un altro mondo: la logica di questa deduzione sfuggirà a molti, ma è
rigorosamente precisa ed esatta, senza per questo cadere nella trappola delle
“cose precise ed esatte”, poiché non di tutto si può avere un’idea “esatta e
precisa”; ma su questo punto, sì, si può avere un’idea esatta e precisa. Per
certi versi, la modernità, le sue radici, sono nell’ apprenti sorcier, in “evocazioni” andate a finir male … In ogni
caso, sono delle forze “sottili”, per continuare il punto detto: ed è di queste
che si occupa il vasto campo del “magismo”, per usare un termine un po’ più
preciso di “magia”, ch’è troppo generico.
Parlando dei “tre mondi”, alcuni hanno “specificato”, portando il numero a
sette o nove. Riguardo al simbolismo dei “sette mondi”, alcuni “sufi, come Semnânî,
hanno trasposto questo in termini di «sette profeti» del nostro essere
interiore e li hanno fatti corrispondere alle sette sfere di esistenza
generalmente accettate”, A. Kielce,
Il Sufismo, SugarCo Edizioni, Milano 1985, p. 64. Bene, il mondo di cui si
occupa il magismo è il secondo, ma si cita il passo anche ponendo il primo,
cioè il più basso in questa tradizione – scegliendo il simbolismo “dal basso in
alto” –, per dare il “senso” di che cos’è la magia “sperimentale”, scienza
“sperimentale” secondo Guénon, e su questo Bona è d’accordo: “1. Alam i-tabîat: il mondo della natura o
il mondo sensoriale. E’ percepito dal corpo, e il profeta corrispondente è
l’Adamo del nostro essere. 2. Alam
i-surât: i mondo dell’umanità o il mondo delle forme. Percepito dai sensi
vitali, è il Noè del nostro essere”, ibid., corsivi in originale. Ovviamente,
ci son altri cinque mondi superiori,
che qui non si nega proprio per
niente, ma che vanno oltre il
mondo della magia “sperimentale”; e, se si vuol capire che cos’è “andato male”
alle radici della modernità,
bisogna focalizzarsi sul secondo “mondo” che si è detto, chiamato qui sopra
“mondo delle forze” sottili. Interessante
che sia Noè il profeta a simbolizzare con
il mondo delle forze sottili, poiché le leggende concordemente affermano che
Atlantide fu “sommersa” grazie all’abuso delle forze “sottili” come il mondo
d’oggi è sempre più “sommerso” grazie all’abuso di forze corporee. Occorre qui
guardarsi dagli ottusi schematismi moderni: ciò ch’è “sottile” implica
conseguenze nel campo dello spesso, e viceversa, per cui l’abuso di forze
corporee comporta squilibri “sottili” come si vede crescentemente dall’abuso
dell’elettromagnetismo in atto nel “nostro” (loro) tempo. D’altro canto, l’uomo
contemporaneo, che vive nella sua “cittadella tecnologica”, da un lato ha perso
contatto con le forze “materiali” stesse – gli anca quella conoscenza delle
trasformazioni della materia che necessita di un contatto diretto con essa, di
“andare a bottega” da un artigiano –, per cui ha perso contatto persino con
Adamo!, dall’altro è affascinato dal “Noè” del suo essere, come si vede da
segni concordanti e numerosi, non ultimo quello di vari telefilm o serie che
trattano di cosiddetta “magia”, ma che, di quest’ultima, forniscono versioni
caricaturali. In pratica, per costoro la “magia” è come accendere o spegnere un
interruttore, il che davvero è ridicolo:
le cose non funzionano così. Ma
questo è il motivo l’uomo contemporaneo, pur essendo attratto ed affascinato da
queste dimensione delle “forze sottili” non ne capisce il bel resto di nulla,
ed anche il mondo accademico ha qui una sorta di “punto cieco” (detto anche
“macchia cieca”), quel punto, dell’occhio, dove non si può vedere. Di
conseguenza, oggi che la “cittadella tecnologica” è sempre più “forata dal
basso”, non vi è alcuna difesa efficace. Il che può far usare questo fenomeno
da parte di forze sottili “avverse” in un senso molto differente (eufemismo), rispetto all’influsso
“avverso” sempre presente nella
storia umana, con fasi di maggiore forza o maggiore debolezza (che poi è ciò di
cui trattano – molto male, con
tanti erronei pregiudizi – i “complott®isti”):
questo è un cambiamento effettivamente qualitativo.
L’ombra oscura di “Noè” si proietta ancor oggi, nel
e sul mondo contemporaneo … Interessante
tra l’altro come, nel libro appena citato, ci sia una illustrazione d’Iblîs, cf. ivi,
p. 133. Vi si legge: “Iblis, principe dei
Djin”, ibid., corsivi in originale, traslitterazione alla francese. In
questa illustrazione son molti volti ed orecchie appuntite, un aspetto che
ricorda certi “UFO” cosiddetti, con in più teste umane ed animali mescolate:
sulla bruttezza profonda d’Iblîs tutte le fonti islamiche, coraniche e non,
sono concordi: “Parlando dell’albero […] che sbuca dalle profondità degli
Inferi, il Corano (37, 62-65) paragona i suoi
frutti alle «teste degli shayatîn»,
sottolineandone, in tal modo, l’aspetto terrificante. Incarnazioni. Lo shaytân
può assumere numerose forme animali. Il serpente e il pavone appartengono alla
leggenda della tentazione in Paradiso. Il cammello e il cavallo hanno una
natura demoniaca. Vendendo un uomo rincorrere alcuni piccioni svolazzanti, il
Profeta avrebbe detto: «Uno shaytân
che insegue un altro shaytân». Questi
e molti altri animali possono incarnare occasionalmente lo shaytân, ma esistono forme animali mostruose che rappresentano le
sue manifestazioni permanenti. Sono, in particolare, il ghul [come i Nazgùl di
Tolkien, i nove “ghul”], la si’lât, il dalhâth, il ghaddâr, lo shiqq, più spesso, in questi mostri si vedono incarnati dei ginn
[termine traslitterato all’italiana]”, AA.VV., Geni, angeli e demoni, Edizioni Mediterranee, Roma 1994, p. 154, corsivi in originale,
miei commenti fra parentesi quadre. Un jinn
malvagio è, dunque, un “satana”, per cui va quindi precisata l’affermazione di Kielce: Iblîs è il capo dei jinn malvagi, non di tutti i jinn.
Questi ultimi, difatti, son tanto buoni che cattivi, cioè, in definitiva, né buoni né
cattivi, sono forze sottili, come animali, non
nel senso cattivo del termine animale, va ridetto, ma nel senso di forze attive
prive di connotazione positiva o negativa: un animale, in realtà, non può esser
detto “buono” o “cattivo” mancando della volontà direttrice. O, se piace, sono
come un vulcano: il vulcano può far gravi danni, ma, in sé stesso, non è né
buono né cattivo. E’ una forza naturale,
ma temibile. Questo è il paragone
più corretto, forse. Se tale forza naturale sottile prende un aspetto contrario
all’uomo - d’Iblîs – allora la possiamo dire “cattiva” senz’altro: ed Iblîs è
nemico dell’ uomo, non di Dio, ch’è troppo grande per lui. Chiaro
che tali considerazioni sono inesistenti nell’ambito della modernità,
semplicemente incomprensibili, condannandosi così i moderni a non poter mai
capire che cosa ha dato l’origine a loro stessi, a loro moderni, la modernità
definendosi come quella “fase del mondo” dove l’origine si perde di vista,
perdendosi così di vista anche l’ origine della modernità stessa, per apparente
paradosso.
Ma torniamo al punto
centrale, dell’infestazione delle forze magnetico elettriche, come di una sorta
di droga. Se ne deve dedurre che,
chi manipola tali “forme-pensiero”, ergo
può, grazie a tale manipolazione “sottile” – fra
“scienza tecnica” moderna e
“magismo” – condizionare la doxa,
l’opinione, cioè, oggi, tutto. “Fantascienza”, diranno molti,
senza dubbio. “Forse, ma ci sono altre
cose”, si potrebbe rispondervi con Chesterton. Intanto, poi, lo stesso Bona
– illo tempore – consigliava di non aprirsi “all’imprudenza di
sottovalutare il ‘contagio astrale’”, ivi,
p. 141. Il termine “astrale” può esser
malinteso; parliamo allora di “contagio psichico” basato sui “germi”; direi
allora, in tal caso, che ci siamo: nonostante
quel che ne pensino i nostri contemporanei, la cosa è – “tecnicamente” – del
tutto possibile; certo è una sorta
di mescolanza “inusitata” fra “scienza-tecnica” moderna e “magismo” – come
scienza “sperimentale” …
[iii]
Dal dialogo fra il dottor Ochs (come l’inglese “ox”,
cioè bue, con lo stesso senso derisorio, plurilaureato e inventore di problemi
scacchistici, non a caso) e “l’uomo col
vestito a scacchi”, in realtà un
reporter, a riguardo del dottor Steen (stessa radice di stein, pietra), che si
diverte ad instillare “complessi psichici” nelle persone per “esperimento” …: “Il dottor Steen era
appena salito ed aveva aperto una porta. La vividissima luce accecante di un
riflettore da sala di proiezione risplendette per un istante dall’alto […]. Il
dottor Ochs sembrò intuire i pensieri dell’uomo a scacchi e sorrise in modo
strano. L’uomo a scacchi fece il gesto di avviarsi, che gliene importava […]!
Ma, d’un tratto, si risvegliò in lui la curiosità […] ‘Oppure non c’è alcuna
suggestione eh, dottor Ochs?’. ‘Beh, suggestione nel vero senso della parola,
no. Se per suggestione s’intende un tipo particolare di costrizione diretta.
[…] C’è qualcosa di molto più demoniaco di una simile rozza violenza … Ad
esempio, insinuare in qualcuno un pensiero incompiuto, che poi cresca da solo
come la gramigna’. L’uomo a scacchi intuì che Ochs alludeva al dottor Steen, e
fu d’un tratto tutt’orecchi. ‘Certo, un seme del genere può attecchire solo se
cade sul concime’. ‘Concime … che intende dire?’. ‘Quasi tutti gli uomini
interiormente sono un letamaio. La tendenza a mentire a se stessi, per esempio,
produce un tal concime. Supponiamo che qualcuno aiuti un altro e si esalti
intimamente per quest’azione, si creda magnanissimo; questo è un autoinganno. Aiutare
un altro è semplicemente un dovere’. Il reporter provò una leggera fitta”, G. Meyrink, La Casa dell’Alchimista. L’orologiaio, Libri del Graal, Roma 1990, p. 43. Siamo “servi inutili”,
dice il Vangelo (di Luca, 17, 10),
e bisognerebbe non dimenticarlo mai.
Di Meyrink pensava
questo Eliade: “25-26
ottobre Raffreddato, son costretto a restarmene a casa. Cerco di
leggere la prosa […] di Yeats, ma senza successo, tanto è insopportabile la
banalità del suo «messaggio esoterico» (com’è del resto anche in Gustav
Meyrink, ma che però leggo o rileggo con piacere per il suo talento di «narratore»,
e non certo per il preteso contenuto «esoterico» dei suoi libri”,
M. Eliade, Diario 1870-1985, Editoriale Jaca Book, Milano 2018, p. 162,
corsivi in originale. Si può esser in
disaccordo con Eliade, in questo (come in altri punti), ma non su tutti, ovviamente. Personalmente,
quel che trovo “insopportabile” – ma che hanno quasi tutti – è proprio il
trovare “insopportabile”, quando, invece, ogni cosa, anche la peggiore, ha
qualcosa da insegnarci: questa è la perfetta ascesi del pensiero e l’
“equanimità” che tanto predicava Sri Aurobindo e i cui discepoli tanto ne son
lontani. Purtroppo, sono cose, queste, che s’imparano solo nella pratica,
predicare serve a poco, salvo indicare una meta, “goal”, per cui, alla fin
fine, anche il predicare ha un suo posto. “Più si sa, meno si giudica”: ci fu
un tempo in cui una cosa del genere mi sarebbe parsa quasi oltraggiosa;
accidenti!, ora la penso proprio così! Ah, ah … Per me – ahimè – vale il: “Più
si sa, meno si giudica”, me ne scuso profondamente … in una parola: oggi
“giudico” pochissimo, come una passata e desueta inutile abitudine, che si
trascina: purtroppo, vedere le cose sub
specie aeternitatis spegne tutta
la “fissazione” sul piccolo “sé”, non puoi aver più le vecchie “motivazioni”,
per cui lo auguro solo ai miei più acerrimi nemici (nella carne o disincarnati,
cioè i peggiori), e Dio solo sa quanti ne sono!! Ma torniamo
a noi.
Vi è qualche altro
passo così, d’ annotarsi, en passant: “Anche se il mio corpo si
disgrega … lei rimane giovane. Sono certo che se io muoio, lei rimane! Forse
che il sole si spegne quando chiudo gli occhi!? … L’uomo muore ora dopo ora, è
un altro ogni giorno. E’ un morto; tuttavia vive, perché sa: ancora un istante fa
ero qui. E’ solo forma, ma ricorda se stessa, una successione d’immagini. Le
immagini vivono, mentre lui è morto”, G. Meyrink,
La Casa dell’Alchimista, cit., p. 58.
Trattasi di chiaro riferimento “cabalistico”, all’ “immagine” (“tzelèm”),
dunque all’ “immagine d’ Iddio” nell’uomo, per esempio,
all’immagine di chi è passato, il cui corpo non è più, ma ne rimane, appunto,
l’ “immagine”, tzelèm. Quindi
qualcosa di “esoterico” – termine abusato ed ormai dal senso ben poco preciso –
anche Meyrink ce l’ha.
A questo punto, che cos’è, davvero, l’ “immagine” della
“bestia” …? Chiaro che, poiché l’ Apocalisse
di Giovanni è il libro più “giudaizzante” del Nuovo Testamento, vi s’intenda,
per “immagine”, il termine – ed il concetto – di tzelèm … Non si risponderà qui a questo – peraltro decisivo –
quesito: ci si limita, però, a proporlo. Tornando a noi: dunque di ogni
trapassato rimane l’ “immagine”, appunto ….
Il dottor Ismael Steen tenta
il suo metodo (d’inoculazione di “complessi psichici” per mezzo d’ innocui
“germi”) sulla sorellastra, Ismene,
in un dialogo. Eccone un passo. Occorre
sapere l’antefatto: che Steen rincontra la sorellastra dopo dodici anni. “La
signora, appoggiata al bracciolo della poltrona, è rimasta seduta, sorride – se
pure un po’ forzatamente – e gli porge la mano. ‘Sono arrivata da poche ore. Giù,
a casa nostra, mi hanno detto che ora abiti qui su e che non ti si vede da mesi
in città. Ripartirò molto presto […]. Però come sei cambiato, Ismael!’. ‘Dodici
anni son lunghi, Ismene!’. Si vuol complimentare per la bellezza di lei; ma,
avendolo intuito, la donna l’interrompe bruscamente. ‘Sei diventato un gran
studioso, dall’ultima volta che ci siamo visti. Non c’è un giornale straniero
che non dedichi pagine e pagine a te e alle tue nuove teorie; io, veramente, li
ho letti solo di sfuggita, mi devi scusare, ma queste cose non m’interessano. Non
mi riesce neppure di condividere la tua convinzione che il bolscevismo ed altri
importanti movimenti nati di recente, non abbiano origine dagli uomini, bensì …’.
‘Bensì da un regno di … “spettri”, diciamo brevemente’ aggiunse il dottor
Steen, con tono beffardo. ‘Sì, avrei detto anch’io all’incirca così, Ismael. E’
un pensiero che mi sconcerta. C’è un’irreligiosità che mi irrita. Anche tra gli inglesi questa bizzarra teoria
incontra generalmente una netta opposizione. Direi addirittura una decisa
avversione’. ‘Gli inglesi? Non vuoi dire forse: tra le inglesi?’. ‘E perché?’. ‘Perché loro sentono istintivamente che,
se riflettessero a lungo sull’argomento dovrebbero rivedere un poco le loro
concezioni da raso di seta Liberty
sul buon Dio. La prima delle due cose non sta loro bene, ché potrebbe condurre
ad accettare gli orrori più inauditi, come, ad esempio, il poter giocare a
carte di domenica, giornata che dovrebbe essere dedicata, la mattina alle
preghiere, il pomeriggio alla procreazione. E per quel che riguarda il pensare
a fondo qualcosa?! Ma santo cielo, che ne sarebbe allora della loro sacrosanta
tradizione di ottusità … ma lasciamo perdere quest’argomento’, aggiunse
frettolosamente, notando che sul volto d’Ismene stava crescendo il rossore per
la rabbia a stento dissimulata, ‘pardon,
non c’era nessuna cattiva intenzione: mi era dimenticato che tua madre era
un’inglese purosangue’. ‘E il nostro padre comune’, l’interrompe Ismene; la sua
voce ha un tono duro. Il dottor Steen la osserva a lungo e intensamente,
sorride ironico, in silenzio, e rivolge poi lo sguardo alla statua di Gengis
Khan. Ismene se ne accorge. So che vorresti dire, Ismael! Tu sei orgoglioso che
…’. Che mia madre abbia origini
mongole; le sue origini risalgono al grande sterminatore Gengis Khan … che io
sia proprio suo figlio’, aggiunse il dottor Steen con rapide frasi, ‘e …’
s’interrompe bruscamente, stringe le labbra sottili e si mangia le parole: ‘… e
voglia spazzar via questi topi bianchi dalla Terra’. ‘Beh … e allora?’
Soggiunge Ismene, pronta a scattare. ‘Allora … proprio nient’altro’. Il dottor
Steen è maestro nell’arte di reprimere l’ira che gli divampa nel cuore”,
ivi, pp. 88-89, corsivi in originale.
La “paura” è,
ovviamente, uno degli strumenti più noti dell’ “arsenale” delle potenze
tenebrose, legate all’uso distorto
della forza sottile del vajra (sulla
quale scrissi un post, poi cancellato).
Ora – per tornare a noi
–, e se tutta la storiella degli “UFO’s” non fosse altro se non un “germe”,
“psichico”, germe pensato per
condizionare nascostamente la società, senza per questo esser “visibile” dalle
“agenzie sociali” della società “bersaglio” stessa? E, in tal caso, se fosse
avvenuto il “Mission Accomplished”, Missione compiuta, cioè: se la cosa fosse, in sostanza compiuta,
cosa succederebbe? Uno “scollamento
generale” della società ne sarebbe l’ inevitabile
conseguenza, perché le istituzioni e le mentalità non potrebbero coincidere. Mancando
poi, però, altre idee, la società intera si mostrerebbe aperta per suggestioni
di varia natura: cioè oggi! E,
attenzione, non si tratterebbe di “democrazia”, ricerca della “democrazia”, o di
mera “redistribuzione economica”, per quanto la gente che si muove – inevitabilmente, peraltro – non potrebbe
che riusare le vecchie categorie
novecentesche, ma del tutto fuori contesto. L’assenza di contesto dell’uso dei
residui novecenteschi è, mi pare, una delle caratteristiche più distintive
della “nostra” epoca. Quest’uso è chiaro ed evidente sia per quel che riguarda
le vecchie idee liberaliste, sia per le vecchie idee, sempre vecchie, ma non liberaliste, con la pretesa, da parte di chi usa le non
liberaliste, di esser “diverso”, e qui ci si fa molte risate: son altrettanto novecenteschi di coloro ai quali si
oppongono, o credono d’opporsi.
Per esempio:
l’antisemitismo c’è sempre stato, il Terzo Tempio **non c’è sempre stato**, anzi non c’è stato mai!! Dunque, del banale
buon senso suggerirebbe che c’è una differenza **qualitativa** qui, dico **banale buon senso** del quale costoro, i
soliti antisemiti, son del tutto
privi: perdono così l’essenza della situazione.
Tra l’altro, il locale
dove il reporter vede – da lontano – “il
dottor Ismael Steen” è un locale (in una sedicente “Salpetergasse”) che
si chiama: la “Casa del Pavone”, cf. ivi, p. 27. Esso in realtà è “la
caffetteria del persiano Khosrul Khan”, ibid. Ed ecco la descrizione
dell’insegna del locale, che sovrastava la porta ed era coperta da neve: “Il
caso volle che in quell’istante il mucchio di neve cadesse, rendendo visibile
un animale araldico scolpito nella pietra: un pavone con un ciuffo di
ghiaccioli, un’opera d’arte d’inaudita vivacità; la coda con le piume arruffate
dall’ira, le ali aperte e negli artigli una lanterna verde-rame. Con
un’espressione di malignità infernale nei lineamenti, ghignava verso il cielo,
più maschera diabolica che volto d’uccello. Il contorno del suo corpo era
corroso, già quasi disfatto dall’azione dei secoli”, ivi, p. 28. Sul pavone – per di più, “blu” – cf. “La Valle del pavone blu”
il cui link è citato nella parte finale
della nota n.2 del seguente link, cf.
Voglio qui terminare
con il motto che c’era scritto nella stanza dove lavorava l’ “orologiaio”: “Dietro
di lui, su muro bianco, in circolo, come in un grande quadrante, c’era, in
caratteri arabescati, il motto: Summa
Scientia Nihil Scire. Respirai profondamente: qui sono al
sicuro … il magico detto tien lontano ogni odiato obbligo di pensiero, ogni
chieder ragione”, G. Meyrink, La Casa dell’Alchimista. L’orologiaio,
cit., p. 126, corsivi in originale.
In
ogni caso, cf.
[iv]
“Se si distinguono i modelli e si diversificano
le ragioni, non si può guardare unilateralmente”, Il Libro del sublime Mo-Tzu. Il filosofo
dell’amore universale, saggio e rivoluzionario, antagonista di Confucio,
traduzione di F. Tomassini, Gian Marco Bragadin Editore, Milano 1996, p. 332, corsivi
miei. Anche quest’affermazione può contener un consiglio utile: “Misurare il peso delle cose essenziali dicesi pesare. […]. Misurare il peso per compiere le imprese dicesi cercare”, ivi, p. 323, corsivi miei. “Informarsi della malattia di un uomo è
informarsi dell’uomo, detestare la malattia di un uomo non è detestare l’uomo. Lo spirito di un uomo non è l’uomo, ma lo spirito del fratello è il fratello,
offrire i sacrifici allo spirito del fratello è offrirli al fratello”, ivi, p. 334, corsivi miei. “Il Maestro
Mo-Tzu ha detto: ‘Ieri ed oggi gli spiriti non sono altri che questi: vi son
gli spiriti celesti, i geni dei monti e dei fiumi e i defunti che divengono
spiriti [analoghi ai Manes degli antichi Romani], anche se è
vero che vi sono figli che muoiono prima dei padri e fratelli minori che
muoiono prima dei fratelli maggiori, tuttavia l’esperienza dice che prima muore
chi prima nasce […]’. Ora, noi prepariamo vini dolci e vassoi di miglio puri da
offrire in sacrificio con reverente cura: se gli esseri sovrannaturali esistono
veramente, significa che invitiamo a banchetto il padre o la madre, il fratello
maggiore o la sorella maggiore (defunti). Come non sarebbe un gran beneficio?
[…] Anche se gli esseri sovrannaturali veramente non esistono, questo banche
può riunire la gente nella gioia e portare affetto al villaggio [si noti questo
secondo scopo, tipicamente cinese, le categoria di “spiriti” (kuei [gui]), però, quelle sono e quelle son rimaste nella “religione
popolare” cinese]”, ivi, p. 287, mie
note fra parentesi quadre. Sui Mani (Manes) degli antichi romani: “Il termine
Mani sembra derivare dall’etrusco munth, contenitore di cose sacre, o mun, luogo sotterraneo, o dal latino manes, dall’arcaico manis, buono, o dal sanscrito mana,
spirito, energie, da cui l’inglese man.
Si ricollega anche al culto antichissimo della dea Mania, venerata assieme ai
Lari nelle Compitalia e ritenuta
madre dei Mani e degli sessi Lari. A differenza dei Lari i Mani indicavano
indistintamente tutti i defunti. Tale culto era già noto agli etruschi. Gli dei
Mani potevano esercitare il loro potere solo di notte (erano dotati di
preveggenza e il postulante doveva sacrificare animali, o a volte se stesso,
per veder esauditi i propri desideri, come ad esempio ottenere la vittoria in
battaglia). I Mani vegliavano sui vivi
sui sepolcri dei morti. Fin dalla concezione due Mani erano assegnati ai
corpi, e poi abitavano nei sepolcri anche quando i corpi erano distrutti. E’
controverso il motivo per cui i Mani e i Lari dovessero esser due”, A. Orlandi, Genius familiaris, genius loci, egreggori e forme pensiero. Culto degli
antenati nel mondo antico e trasmissione iniziatica, Stamperia del
Valentino, Napoli 2019, pp. 34-35,
corsivi in originale. In nota, si legge quest’appunto: “Quando di un morto
restavano solo le ossa, i superstiti dicevano che ‘era divenuto un dio’ [esattamente come in Cina, e qui per
“dio” intender devesi un “mane”]. Se il morto giaceva insepolto in terre
lontane [eventualità tutt’altro che da negligersi, viste le molte campagne
militari o i commerci], una persona cara poteva invocare i suoi Mani perché
abitassero nella tomba vuota. S’invocavano per tre volte i Mani e poi si
diceva: ‘Vale, vale!’”, ibid., corsivi
in originale, mie osservazioni fra parentesi quadre. La varie considerazioni fatte
dall’autore appena citato nella parte finale del suo agile libretto, sulla
“frattura” interna nel mondo “della Tradizione” fra un sentiero iniziatico che
si è andato, negli ultimi due o tre secoli, sempre più invischiando “nella
materia” o sbandando in prospettive basate solo sull’ “ego” di alcuni suoi
membri, sono giustissime: sono delle osservazioni di fatto, niente di più, niente di meno. Ma ciò è avvenuto, a sua
volta, per causa della fratture, per cui ciò che lui osserva, non è la causa ma
l’effetto. L’effetto è derivato dall’effettiva “frattura”, successa soprattutto
dentro il mondo iniziatico occidentale, fra un gruppo che si è voluto sempre
più intromettere nel “sociale” ed un altro che si è dedicato al “magismo”,
quella “invocazione finta male” cui si è alluso – in modalità ironica – in un
passo precedente. Questa frattura, nata nel XVIII, con origine, in effetti,
precedente, si è approfondita col “ritorno alla ‘magia’” nella prima metà del
XIX secolo, cioè la liaison dangereuse
fra “romanticismo” e “magismo” che avvenne, in ambienti molto chiusi, in quel secolo, e che ci ha condizionato sin ora.
Si è detto a
sufficienza in questo lungo, troppo lungo post … quasi un piccolo saggio, in
effetti. Per cui occorrerebbe ben ponderare queste parole: “L’uomo prudente
esamina a fondo nel suo cuore ma parla poco, molto si sforza ma non si vanta
dei suoi meriti […]. Non è necessario che le sue parole siano molte ma che
siano sagge, non è necessario che siano eleganti ma che siano perspicaci”, Il Libro del sublime Mo-Tzu, cit., p. 143.
A buon intenditor …
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