venerdì 1 novembre 2019

Due “lobby” attualmente “IN LIZZA” –**NEL** mondo d’ OGGI –: “La nemesi della democrazia”



















Tagliare l’erba per svegliare i serpenti”.
(I 36 Stratagemmi, Guida editori,
Napoli 1990, p. 123, corsivi miei).


Lo stratagemma della città vuota”.
(Ivi, p. 259, corsivi miei).


Grazie alla protezione del drago celeste,
[il comandante]
ha fortuna con il suo esercito”.
(Ivi, p. 279, corsivi miei - frase tratta dall’esa. vii dell’
Yijing [I-Ching]).


Secondo il dizionario Shouwen (200 d.C.), delle 369 specie di rettili con scaglie (come pesci, serpenti e lucertole) il capo è il drago; ha in sé il potere della trasformazione e il dono di rendersi visibile o invisibile a proprio piacere. In primavera sale in cielo, in autunno si nasconde nelle acque più profonde. All’equinozio d’autunno si copre di scaglie, e riemerge solo in primavera. In questo modo annuncia il ritorno delle energie della natura”.
(M. Sotgiu, La coda del drago. Vita di Deng Xiaoping,
Baldini&Castoldi, Milano 1994, p. 9, corsivi miei;
ricordiamoci che vi è una figura della geomanzia –
ma non quella cinese – ed è Cauda Draconis).


“Tutto segue un ritmo ben determinato […]. Ogni arte ha il suo ritmo. Esiste anche un ritmo del vuoto. Tutta la vita di un samurai è soggetta alle leggi dell’armonia con i suoi tempi e le sue cadenze, quando agisce bene e vince o quando sbaglia e perde. Nel commercio c’è il ritmo di quando si guadagna e il ritmo di quando si fallisce. Bisogna saper cogliere con esattezza il ritmo del successo e quello dell’insuccesso. […] E’ indispensabile aver esatta cognizione di questi ritmi per procedere nel modo migliore a seconda delle circostanze. Solo quando sarete pienamente padroni di quest’elemento di valutazione progredirete nell’arte della strategia. Conoscendo il ritmo del vostro avversario potrete seguire un ritmo che lo sconcerti e sconfiggerlo”.
(Miyamoto Musashi, Il  libro dei cinque anelli,
a cura di L. Coppé, Edizioni Mediterranee,
Roma 1984, p. 59, corsivo in originale, grassetti miei).








Precisazione iniziale: qui per “lobby” non s’intende “gruppo d’individui legate da interessi comuni” e che fanno “pressione” sul mondo politico”[1] come unicamente legato al campo economico, ma in senso lato, e cioè come anche eccedente il campo strettamente economico, e, dunque attinente al campo della “pubblica opinione” e della propaganda in genere.

Nel mondo d’oggi – praticamente – vi sono **due** lobby che si combattono, una più forte – nata più d’un ventennio fa – e l’atra da poco ma che sembra in fase ascendente, come l’altra, la più vecchia, sembra aver raggiunto il culmine, stando essa sulla cime: tutto il mondo è influenzato da tale lobby, difatti[2].
Il che non significa che la seconda – e più recente – come **radici**, sia effettivamente più recente, ma essa è la modificazione della “sinistra storica” ormai oltre la frutta e che ha passato il suo momento da un ventennio, ormai. Su ciò mi son espresso varie volte in questo blog e non mi ripeterò (in nota solo uno fra i vari post a tal tema dedicati[3]).
Tu – per realizzare una cosa qualsiasi – non la potrai mai fare per mezzo di “una cosa sola”, ma, invece, devi “suscitare” **sempre** un gioco “dialettico”; ed ecco la lezione della dialettica “maoista” nel senso d’ “yin-yang applicato a Karl Marx”, e questa lezione oggi è totalmente incomprensibile ai “complott®isti”, ma è il modo normale di procedere da parte degli “architetti del binario”, cosa che Anthony C. Sutton fu tra i pochissimi a capire.
Per cui quasi tutti abboccano all’ apparente opposizione che viene loro presentata, senza mai chiedersi le ragioni non di questa o quella posizione, ma dell’ opposizione stessa, e se essa, intendo l’opposizione che si presenta – il “fenomeno” = ciò che appare –, sia poi effettivamente rispondente ad una causa profonda di mutazione del sistema d’interrelazioni che abbiamo di fronte.
Se vuoi modificare un sistema – qualsiasi –, che è, sempre, un sistema d’ interrelazioni (come una rete, o campo di forze), devi necessariamente procedere con un’ opposizione, con due forze, in apparenza opposte, ma che incidano sullo stesso punto. Quel che farà capire che sono proveniente da una stessa ispirazione è proprio il fatto che incidano su di uno stesso punto. Ed abbiam visto come queste due lobby, le cui diverse manifestazioni qui non si terranno in alcun conto – e chi vorrà cercarsele, lo dovrà fare da solo (non è difficile eh) –, quella “neo ultramontanista” e quella “neo verde”, siano in grado di “afferrare” l’opinione pubblica “globale”, dell’intero mondo, grazie alla tecnica.
Il punto decisivo qui – ma che diverrà sempre più difficile attuare (“e qui si varrà de la tua nobilitate”) – si è quello di non prendere posizione.



Or dunque vediamo – a questo punto giunti – qual è, o quale potrebbe quindi essere, il punto dove “incidono”, dove – se così è – convergono ambedue i movimenti, nati, ovviamente, da dei mutamenti sociali – dunque nient’affatto “fatti a tavolino”, secondo l’illusione dei “complott®isti” (che però, che strano, amano vedere la natura “artificiale” della lobby che si oppone a chi sostiene loro stessi) – mutamenti sociali, resi tuttavia “virali” da chi ha, però, accesso alle “chiavi” del sistema di comunicazione attuale: perché, se non si hanno queste chiavi, un fenomeno, anche di comprensibile “ribellione” per una delle tantissime storture del sistema di oggi, rimarrà isolato, locale, chiuso nel suo piccolo, e non diverrà mai un fenomeno “globale”, mondiale.
Bene dunque. Tutt’e due i movimenti (di cui uno potremmo chiamarlo l’Internazionale “nera”[i], l’altro la “Lobby verde”) incidono su di uno stesso punto: quello del neoliberismo neocapitalista e della democrazia rappresentativa. Quest’ultima viene attaccata, oggi. Anzi, lo è da un po’ di tempo direi, ormai.
Ora però, il “neoliberismo neocapitalista”, più la “democrazia rappresentativa” è stata la “divisa” da più d’un trentennio, ormai – direi dalla “Grande Ristrutturazione” capitalistica iniziata colla fine degli anni Settanta del secolo scorso e che doveva portare (Baudrillard docebat) alla **fine della sinistra** “classica” tout court – e la “bandiera” della cosiddetta “globalizzazione”, cioè la costruzione del “System” della “Grande Prostituta” di Babylonia, quel sistema che oggi è in gravissima crisi.
E che niente o nessuno sembra in grado di curare, non dico guarire, limitandosi così solo a farlo perdurare il più possibile, perché le attuali anti-élite non sanno neanche lontanamente immaginare uno stato differente del mondo – tra l’altro, sia detto en passant, l’anti-élite verrà sostituita da una contro-élite … 
Ma di quest’ “intenzione” di “sostituzione” systemica ho già detto altrove[4][ii]
Se – dunque – vediamo qui, attorno a noi, queste due forze emergenti, seppur in fase diversa – la prima, la neo ultramontanista (la “Nuova ‘Santa Alleanza’”, qualcuno l’ha chiamata), in fase di grande forza (ricordiamoci difatti che ha iniziato più di vent’anni fa, se non prima, ché in Russia già dal tempo di Brezhnev c’erano le prime avvisaglie del “nazional bolscevismo”), e la seconda, la “neo verde”, col ritorno alla natura para “hippie”, convergere sullo stesso punto, se ne deve dedurre che vi sia una non evidente comune radice.
La radice non appare, ma dev’esserci, per logica deduzione.
Insomma il risultato dev’essere uno solo: minare “quel che resta del Nwo” in vista di una mutazione sistemica[iii], “intravista” abbastanza chiaramente, seppur inevitabilmente in modo frammentario, in un precedente post[5].
Chiaramente “quel che resta della Traditio” è poco e sempre più in recessione. Ed anche questo fu detto, seppur poco compreso anch’esso, discuterne ci porterebbe troppo lontano in quanto si deve necessariamente far un discorso generale per poter trattare di queste cose.
Della serie: non si può dire “in due parole”, in ogni caso Guénon lo scrisse, anche molto chiaramente.
Molti suoi seguaci, però, non l’han mai davvero accettato.
E l’han visto attraverso delle spesse lenti distorcenti; ma questo è un altro discorso.












Andrea A. Ianniello








[1] Cf.
https://dizionari.corriere.it/dizionario_italiano/L/lobby.shtml.   
[2] Fa dunque ridere chi continua, in modo stanco e stantio, ad agitare il sedicente “pericolo” della “sinistra” cosiddetta estrema; il che non vuol dire non ci sarà la seconda lobby, ma, così come la “nuova destra” è stata un “dislocamento” della vecchie destre – che ha portato ad un diverso campo di confronto e d’interazioni – allo stesso modo sta per succedere alla “nuova sinistra” nei confronti della stantia e polverosa ed impresentabile, stanca, insopportabile vecchia “sinistra” – e l’abbondanza di aggettivi negativi fa capir bene (personalmente non solo non sono di “destra”, ma son contrarissimo in modo particolare ai neo “ultramontanisti”, eppur non posso fare a meno di denotare in modo negativo questa vecchia cosa perché al presente Zeitgeist repelle proprio quella vecchia cosa lì) quanto la “sinistra” sia ormai fuori tempo proprio. Fuori epoca. Il che non significa non vedere come il “nostro” tempo sia quello dell’ “identitarismo” militante, della “difesa”, dell’individuo über alles, e via dicendo, e cioè fondamentalmente un tempo di destra, nel suo profondo. La sinistra è sparita, la destra si è riciclata come populismo, anche se, su questo Tarchi ha ragione, il populismo in sé stesso non è né di destra né di sinistra cf. la definizione di populismo nell’Introduzione di Tarchi ad Anatomia del populismo, a cura di M. Tarchi, Diana edizioni, Napoli 2019, p. 10. E però in Europa, oggi, e negli Usa, ha libero seguito un populismo “escludente” (su di esso lo studio di H.-G. Betz, cf. ivi, pp. 209-231), dunque l’accezione di “destra” del populismo stesso che rimane, tuttavia, secondo la giusta definizione di Tarchi, cui già s’è fatto riferimento. Anche per Tarchi la nozione di “popolo” è quella di una “totalità organica artificiosamente divisa da forze ostili” (ivi, p. 10), e cioè una costruzioneex post”, a posteriori. Non è una costruzione “costitutiva” dell’ “agire politico”, ma un sua “condizione” – ambigua e mobile – di manifestazione, di efficacia, di produzione direi (nel senso del Dimenticare Foucault di Baudrillard, per chi vuol capire …). Questo non ne diminuisce l’efficacia, secondo Tarchi, e qui si può esser d’accordo, come nel fatto che il populismo non può quindi, se è ciò che s’è detto (questa mentalità), esser ridotto ad uno “stile politico”, sul qual punto critica de Benoist, ed anche qui si può esser d’accordo con quel che sostiene.
Tornando al “riciclo” della destra non conservatrice, ma “sociale”, nel populismo, va sempre precisato che quest’ultimo non si equivale alla destra tout court. In altri contesti culturali, come in Sudamerica, per fare un esempio, la “sinistra” populista è ben presente. Vi è un “peronismo di sinistra” che, per quanto indigeribile nella “nostra” Europa neo ultramontanista, ha un suo “pedigree” ed una sua dignità di studio. Tutto ciò lascia spazio a due considerazioni: 1) la “sinistra”, ormai tramortita in Europa occidentale ed orientale, ha necessità di un nuovo terreno nel quale insediarsi, ora che sia il discorso di tutela economica è strafallito a causa dell’allineamento, colpevole, delle “sinistre” al progetto globale sta, sia il discorso dei “diritti” ha fatto, com’era prevedibilissimo, super cilecca: ed ecco il mondo “green”, la tematica dell’ambiente, con magari qualche venatura “apocalittici sta” che spiacerà – ma è un punto di forza e non di debolezza – ai “nostri” pessimi e perenni neoilluministi insediatisi fermamente nel centro delle residuale, nulle “sinistre” e che tanto han contribuito a che la distanza tra “popolo” e “sinistre” si allargasse oltre la soglia di guardia, indubbiamente tra le concause maggiori della fine della sinistra politica; 2) se il populismo subisce un clima culturale, chi – nel senso di “quali forze” – condizionano il clima culturale stesso?? Così, “una semplice domanda”, per dirla con Totò … 
[4] Cf.
http://associazione-federicoii.blogspot.com/2019/10/dieci-corna-e-tre-re.html, in particolare, cf. Ap. 18, 13. Si legga – con attenzione – questo passo, e ci si mediti su, confrontandolo colla situazione attuale mondiale ….    


[i] Sui temi del coinvolgimento dell’ “Internazionale” di “destra”, cf. G. Patton – R. Mackness, L’enigma dell’oro scomparso. Dal tesoro dei templari al potere nazista, Newton & Compton editori, Roma 2000, pp. 208-209. Il discorso sarebbe davvero lungo, ma qui, per i fini del presente blog, vanno dette due cosettine, di scarso valore: 1) detta “Internazionale” c’è sempre stata; 2) quelli che ne vengono sedotti non ne possono fare a meno, perché chi li seduce sa benissimo usare certi “meccanismi mentali subconsci” e “fissazioni mentali” del tutto inconsapevoli da parte di coloro che abboccano all’amo. Il discorso sarebbe lungo, ma qui basti dir quanto detto.
In realtà, il grosso problema è sempre la suggestionabilità – facile – dell’uomo, cf. J. G. Bennett, L’enigma Gurdjieff, Ubaldini Editore, Roma 1983, p. 56. 
[ii] Giusto per gradire … Una “semplice informazione” (Totò, quando chiede alla guardia nel centro di Milano) … ma è interessante leggersi questo passo: “Non potrebbe darsi che Žirinovskij abbia tratto le dovute lezioni dagli errori di Hitler, e decida così di fermarsi dopo il primo round e concedere al mondo un attimo di respiro”, G. Frazer – G. Lancelle, Il libretto nero di Zirinovskij, Garzanti editore, Milano 1994, p. 197, corsivi miei passo che continuava dicendo che Zhirinovsky avrebbe posto una “dittatura […] corredata da lacune ‘libertà’ rispetto all’epoca staliniana”, ibid., e cioè proprio ciò che Putin ha fatto). Ora però, come scrissi altrove, in realtà Zhirinovsky era una ballon d’essai per qualcosa di più strutturato, ed ecco Putin, come scrissi altrove, cf.
E Putin è chi ha portato avanti ciò di cui Zhirinovsky era solo il ballon d’essai, si ricordi, quindi quel che sta facendo è precisamente questo. Va all’attacco, poi si ferma, lascia il tempo di respirare e l’Occidente, ormai oltre la frutta, ci sta, e cioè l’idea di Zhirinovsky ovvero, leggendo tra le righe, non essendo quest’ultimo un grande stratega, è la linea di pensiero del centro ex Kgb. In una parola, Putin ha studiato gli errori di Hitler, e non ha la più pallida intenzione di commetterli. Per questo, stavolta, diversamente da quando ci fu Churchill – senza il quale Hitler avrebbe vinto – ce la stanno facendo, anche perché l’Occidente ormai è oltre la frutta, è perso, cf.
Questo non significa condividere le idee di Churchill sulla democrazia come il “meno peggio”, peraltro messe sotto la lente della critica recentemente (cf. D. A. Bell, Il modello Cina. Meritocrazia politica e limiti della democrazia, Luiss University Press, Roma 2019), ma solo e soltanto apprendere dalla lezione strategica che quel tornante politico non smette di ricordarci: il saper guardare oltre la propria convenienza del momento, in un momento in cui tutti guardano solo alla convenienza del momento; che lezione per i nostri contemporanei!, con la nota a margine che “guardare oltre” la propria convenienza non significa esser succubi di agende etero dirette!
“L’anticomunismo di Churchill era viscerale e assoluto, ma il primo ministro seppe guardare oltre la convenienza del momento [che faceva sì che la stragrande maggioranza dei conservatori, per anticomunismo, di fatto, simpatizzava con Hitler o fosse, almeno in parte, disponibile ad un accordo separato con lui]. Intuì che il patto di non aggressione nazisovietico non poteva avere vita lunga, che l’esercito hitleriano si sarebbe dissolto nelle steppe russe, che prima o poi gli Stati Uniti sarebbero entrati in guerra, e che l’equilibrio delle forze si sarebbe rovesciato. Si trattava di resistere, da soli, all’attacco tedesco che si faceva di giorno in giorno più violento [e questo fu senz’altro il suo capolavoro strategico, non tattico, un rischio tremendo, perché c’è stato un momento in cui l’Inghilterra era da sola contro Hitler]”, Introduzione a Le grandi battaglie della Seconda Guerra Mondiale raccontate da Winston Churchill, a cura di G. B. Guerri, Mondadori Editore, Milano 1994, p. 10, corsivi miei, mie osservazioni tra parentesi quadre. Grossa intuizione, strategicamente esatta, ma è oggi lo stesso, ci si potrebbe chiedere. Più specificamente sul “metodo” attualmente in uso (da parte cosiddetta “orientale”), cf.
Cavalli – nel lontano 1995!! – già vedeva la crisi all’orizzonte, cf. L. Cavalli, carisma. La qualità straordinaria del leader, Edizioni Laterza, Roma-Bari 1995, p. 97, ma concludeva che “il fatto è che, per una serie di ragioni, i sistemi politici occidentali non producono leader con la creatività, l’energia e il fascino che la crisi mondiale urgentemente richiede”, ivi, p. 98. Ed ha continuato a non produrne, anzi: ad impedirne la produzione!, sicché, alla fine, son venuti fuori, da fuori dell’orbita cosiddetta “democratica”, degli pseudo leader che hanno un solo scopo, fuori e dentro l’Europa: la fine dei sistemi politici democratici “occidentali”, ma non per fare una riedizione di Hitler, stiano pur calmi lor signori!, quanto invece per un qualcosa per loro inimmaginabile. E così, coloro i quali sono andati nel delirio di narcisismo della democrazia, sono stati coloro i quali l’hanno più minata, dal di dentro, dall’interno. La “nemesi” della democrazia.
Una immagine della copertina del libro su Zhirinovsky (ed anche del “libretto rosso”, edizione dell’epoca) si trova qui, cf.
[iii] Ora qui un’annotazione “particolare”, “deviante”, da un particolar punto di vista: “‘La ricerca di un ordine mondiale, suggellato da una dominazione di una ristretta élite globale di supervertice darebbe consistenza al progetto edificatorio di una civiltà universale sorretta da una cultura altrettanto universale ed altrettanto legittimata, immaginato da Federico II. Chi ne sarebbe presto alla guida?’ ‘Se dobbiamo dare retta alle profezie  e risalire alle discendenze genealogiche, alla guida di questo processo ci sarebbe l’erede di Federico II, Vladìmir Putin, in combutta con organizzazioni neotemplari’”, S. Panvini. Il tempo della fine [Codice Arquer], Edizioni Il Punto d’Incontro, Vicenza 2006, p. 329, corsivi miei. Non so se questa genealogia sia vera, non mi pronuncio, poiché è difficile ricostruire queste cose, ma, di certo, nello spirito, siam ben lontani dalle vedute di Federico II. Il passo d’origine di quest’idea genealogica è questo: “Una recente ricerca genealogica, ha posto in evidenza che i Bush discenderebbero dai Plantageneti, mentre Wladimir Putin dal re Poto, nipote di re Desiderio. Re Poto era figlio di Adelchi, nipote di Carlo Magno in quanto figlio di Gisla e nipote anche di Carlomanno in quanto nipote di Gerberga e di Ermengarda, entrambe sorelle di re Adelchi. La sorella di Re Poto era l’imperatrice Adeltrude-Gerberga, moglie dell’imperatore Guido di Spoleto. La madre di Federico Barbarossa, Giuditta di Baviera, discendeva non solo dal re Desiderio, ma anche dal Duca di Spoleto  ed era nipote dell’imperatore bizantino Comneno. E Wladimir Putin avrebbe dunque nelle sue vene il sangue dei Beinstein di Svevia, gli Hohenstaufen. Le due dinastie dei Plantageneti e degli Hohenstaufen ascendevano ad Avril de Saint Genis, da cui discendeva la linea Veiblingen-Beinstein Stufer [sic] Friius. Plantagenet significa ginestra, una pianta profumatissima dai fiori gialli che nasce in terreni rocciosi, quasi generata dai sassi. Questa simbologia cela il significato dei Buren Plantagenet. ‘Il conte Suvolov, capo dei servizi segreti dello zar Alessandro III, nel 1873 fece assassinare, mentre dormiva nel Palazzo di San Pietroburgo, il Principe Aymar Buren, ultimo discendente di Federico II ed Isabella d’Angiò […]. Si volle eliminare la possibilità che dopo tanti secoli un discendente di Federico II potesse riprendere il potere della sua casata. E il Mago Grigorevich, che mutò il suo nome in Ras-Putin, che significa “contro Putin”, venne chiamato a corte per scongiurare con la sua magia l’avverarsi della Profezia”, ivi, pp. 304-305. Questioni genealogiche sulle quali non mi pronuncio, essendo maschere di “altro”, nella migliore delle ipotesi, e cioè le lotte dinastiche vengono usate da dell’ “altro”, ed è questo l’ “altro” che conta, non le fissazioni genealogiche, alle quali non son né legato né interessato … Che cos’è (tì estì) – davvero – questo “altro” e quali sono i suoi – veri – fini: ecco la domandina … E come sta operando, oggi – poi, sarebbe da chiedersi.
Colgo qui l’occasione per fare una precisazione. In un libro, recentemente pubblicato in Italia, ma in realtà la cui prima edizione ha la data del 1956 – ed è interessantissimo anche per questo, perché ci fa vedere la situazione del “magismo” in quel tempo – si legge questo passo: “Le campane sono considerate potenti amuleti, e vengono utilizzate anche nei riti dei maghi cinesi. Si ritiene che questa credenza sia arrivata dall’India, di certo era molto diffusa in Arabia quando Maometto proibì di suonare le campane a scopo propiziatorio, usanza importata nell’Hegiaz da Bisanzio e ancora in uso presso gli Yezidi del Kurdistan”, Idries Shah, Magia orientale, Edizioni mediterranee, Roma 2019, p. 205 (tra l’altro, l’importanza delle pratiche “spiritiche” in Cina, perlomeno all’epoca, vi è confermata, cf. ivi, pp. 209-214). E, nella nota del traduttore, aggiunta per queste recente italica edizione, si legge: “Lo Yezidismo è una religione monoteistica preislamica, i suoi seguaci sono stati definiti ‘adoratori del diavolo’ perché alcune confessioni cristiane e musulmane identificano il loro dio, Melek Ta’us, con Satana”, ibid. Affermare che lo yezidismo sia una religione “monoteistica” non è proprio esatto, perché il loro Mèlek Taùs – il cui simbolo è un pavone – sia un “dio unico” non corrisponde nemmeno alle dottrine yezide. Per gli Yezidi (“Ezidì”), difatti, l’ “Angelo pavone” è un angelo che “peccò” ma che Dio ha perdonato. Il che implica che non sia Dio lui stesso, intendo il “Dio monoteista”, chiaramente. E difatti, non si capirebbe perché il nome di “Shaitàn” sia tabù fra di loro, così come il colore azzurro, o blu, colore che tutti sanno domini nel piumaggio del pavone, per l’appunto. Tra l’altro, in questo blog vi son due post relativi all’argomento yezidì, il primo essendo un link che dà luogo a questo vecchio link, dove si arriva quindi ad un link relativo ad un libro del XIX sec.: cf.
Inoltre – da testi religiosi dei yezidi – vi è un’immagine, la seconda, da questo link, cf.
NB. Se Putin mostra più responsabilità verso le armi nucleari – pur non temendole – Zhirinovsky non ne ha invece alcuna. Nella Premessa si cita un detto di Mao Zedong, “Mao Tse-tung e Zirinovskij hanno […] un elemento in comune: nessuno dei due teme la potenza distruttiva delle armi nucleari, o, per esser più precisi, entrambi hanno voluto dare l’impressione di non averne paura. […] Da quel vecchio saggio cinese dell’era moderna qual era, Mao Tse-tung ebbe a dire nel 1955: ‘Il bluff atomico degli Stati Uniti non può certo spaventare il popolo cinese. Il nostro paese conta seicento milioni di abitanti [oggi quasi il doppio] e un territorio grande 9,6 milioni di chilometri quadrati. Se anche gli Stati Uniti disponessero di bombe atomiche più potenti e le usassero contro la Cina, se anche facessero un bel buco sulla Terra o la riducessero in frantumi, per quanto grandi possano essere le ripercussioni di un tale atto sul sistema solare, esso sarebbe pur sempre una vicenda di poco conto per l’universo’. Mao aveva sicuramente idee molto originali”, in G. Frazer – G. Lancelle, Il libretto nero di Zirinovskij, cit., p. 21, corsivi miei, miei commenti fra parentesi quadre.
La fonte dell’affermazione di Mao sono da una sua conversazione con il Primo Ambasciatore della Finlandia in Cina.
Terminiamo quindi ancora con un “libretto”, ma stavolta non nero, “Contraddizioni qualitativamente differenti possono essere risolte solo metodi qualitativamente differenti. […] Ogni questione di natura ideologica, ogni questione controversa in seno al popolo non può essere risolta che con il metodo democratico, il metodo della discussione, della critica, della persuasione e dell’educazione, e non con quello della coercizione e della repressione”, Mao Tse-tung, Citazioni. Il «libretto rosso», Tascabili economici Newton, Newton Compton editori, Roma 1994, p. 25. Naturalmente, “predicava bene ma razzolava male”, come suol dirsi (infatti disse anche: “Non si discute con la ‘perla del drago’”, cioè con la parola del “capo”), ma faceva così anche per quel che riguarda la bomba atomica …
Per cui, non è avvenuto alcunché d’irreparabile, solo che, davvero: “Mao aveva sicuramente idee molto originali”, occorre ribadire …
“L’arte della politica è la faccia nascosta della legge. Questa riguarda tutti, quella è di proprietà esclusiva del principe. L’arte della politica è segreta, impenetrabile, la legge è pubblica, universale … Ho scritto su questo un breve testo. Vuoi leggerlo? […] Li Si cominciò a decifrare:
Non cambia e non muta,
muovendosi con i Due
senza cessare mai.
Seguire il perché delle cose:
tutto è là dove dev’essere.
Il non-agire
dall’alto in basso:
che il gallo vegli nella notte,
che il gatto prenda i topi,
ciascuno ha il suo posto
e il Signore non ha turbamenti.
I nomi son doppi,
le cose s’intorbidano.
Senz’agire, il Saggio tiene l’Uno,
i nomi si nominano,
le cose si dànno.
[…]
Tutte le opinioni verso lui convergono
senza che Egli le abbia riunite.
Vuoto e calma – è il modo del Tao
appaiati-classificati,
per tre, per cinque,
è la forma delle cose.
[…]
Il tronco resta fermo. Nessun errore.
Egli si muove, Egli si trastulla, e senz’agire
Egli governa.
Il piacere provoca guai.
L’odio provoca rancore.
Bandite il piacere, bandite l’odio
E fate del Tao la vostra casa
Con il vuoto nel cuore.’.
[…] Per cui è necessario che il principe divenga padrone del linguaggio per stabilire l’univocità tra nomi e cose e procedere alla giusta applicazione delle pene. In altre parole, […] il linguaggio diventa un efficace strumento di controllo”, J. Lévi, Il Grande Imperatore e i suoi automi, Einaudi editore, Torino 1986, pp. 131-132, corsivi in originale. Nella parte finale, si parla della fine dei Qin e del saccheggio della loro capitale, cose che l’autore non s’inventa certo, ma trae da fonti cinesi. Si legge anche: “Poi fu saccheggiata la tomba dell’Augusto Primo Imperatore. La città bruciò per tre mesi prima che il fuoco si spegnesse”, ivi, p. 277. Ma il fatto si è che la tomba dell’ “Augusto Primo Imperatore” [Qin Shihuangdi] è inviolata, per quel che se ne sa, senza contare il famoso “Esercito di terracotta” di cui non si sapeva. Quindi, come interpretare che la tomba fu “saccheggiata”? Forse vi erano degli edifici adiacenti, che furono saccheggiati, mentre la collina piramidale della tomba, con sepolta dentro la tomba vera e propria, sopravvisse?
Al momento, non sappiamo. Bisognerebbe indagare un po’ più da vicino sulla “quistione”, ma non havvi tempore, al momento, e non mento, poiché ancor ho ‘l mento.
In ogni caso, la frase dal libro di Lévi, di qui sopra, è tratta dallo scritto di Han Fei, noto filosofo cinese antico, sul cui libro cf.
Si tratta di un “legista”, e i fondatori della scuola, soprattutto Shen Dao [Shen Tao], son citati da Cuang-tzu [Zhuangzi], cf. Chuang-tzu, a cura di F. Tomassini, TEA Editori Associati, Milano 1989, pp. 279-280, come persone che eccedevano nel sottolineare l’aspetto di “uniformità” del Tao, che, però, pur ci sta, pur esiste. Tant’è che si legge: “Quello ch’egli chiamava Tao non era il Tao, e quello ch’egli diceva di giusto non sfuggiva al diniego. P’eng Meng, T’ien P’ien e Shen Tao non conoscevano il Tao, tuttavia in generale ne avevano sentore”, ivi, p. 280, corsivi miei. Come a tanti che “toccano”, o son toccati, da “certi” temi, vi è la tendenza nell’enfatizzare l’indifferenza, “P’eng Meng ammaestrava dicendo: ‘Gli antichi uomini del Tao giunsero fino a dire che nulla è bene e nulla è male, nient’altro’”, ibid. Ma questo è un tipico esito della vicinanza con le cose davvero “sacre” – non parlo di mera “religione” –, cioè che tutto pare “uguale”, cioè indifferente. Infatti, l’affermazione di P’eng Meng è corretta – dal punto di vista “esoterico” – se e solo se vi si aggiunga “in sé”, cioè se sia così: “nulla è bene e nulla è male ‘in sé’”; ma la società e il “divenire” contemplano “bene-e-male” cangianti e mutevoli, e che chi serve una causa superiore ha il preciso dovere di non schierarsi col male, per quanto relativo. Vi è, però, un male “in sé”, ed è il rifiuto della luce. Dunque, quelli che, pur seguendo cose “sacre”, tuttavia si schierano col male – relativo, sanno che così è, ma non possono che schierarsi con esso –, in realtà sono rappresentanti del “rifiuto della luce”, che è un peccato imperdonabile, “il” peccato “in sé”, stavolta quest’ultima espressione calza bene. Pertanto si può, sì, criticare Evola per la sua “irregolarità”, cf. L. M. A. Vona, Julius Evola e l’alterazione della ricerca regolare dell’iniziazione: problemi, danni, pericoli, ARQ Ed. Victrix, Forlì 2018, ma l’ “irregolarità” è un effetto, o al massimo una concausa, la causa essendo quel che non va – di profondo – in Evola, oltre i suoi errori “pratici”, che possono anche perfettamente venire da un determinato contesto storico, e bisogna sempre porsi nel contesto prima di dar giudizi (come ci saremmo comportati noi concretamente nello stesso contesto?, sicuri che non avremmo fatto errori?). E quel che non va in Evola è la sua tendenza al “titanismo”, all’individuo cosiddetto “assoluto”, queste sue tendenze l’han condotto all’ “irregolarità”, la quale non si equivale affatto alle tendenze “titanistiche”, peraltro criticate da Guénon che, quando parlava di probabili deviazioni dovute al Tantrismo o anche all’Ermetismo, però mal digerito, non parlava per caso, ma con cognizione di causa, cf.
Chiudiamo qui quest’ excursus. E tuttavia, questo problema, che non si può non affrontare, trattando di cose “sacre”, ricorda la storiella narrata da Sri Aurobindo su quel tipo (un mahout, se ben ricordo) che, preso dall’estasi del “Tutto è Uno”, considerava anche l’elefante che stava per travolgerlo, e si salvò perché qualcuno gli gridò: “Attento, che il Brahman elefante sta travolgendo il Brahmian mahout!”, e si riscosse. Cioè vi è un certo moment, nell’ascesa dell’uomo, dove tutto par eguale, tutto è “lo stesso”, ed è così. Ma questo non significa che si annullino le differenze, attenzione! Il crinal è perennemente sottile … come un crine … E’ il problema ricorrente delle scuole “classiche” d’esoterismo – come quella d’Ibn ‘Arabî, o il Vedânta si Shankara – secondo cui vi è “solo l’Uno” e siamo “solo noi” a vedere il “molteplice” che, dunque, non ha proprio “alcuna” realtà; “bisognerebbe però sapere perché le creature vedano l’Uno in modo molteplice, e perché Dio medesimo, in quanto crea, legifera e giudica, veda il molteplice e non l’Uno. Questa è la risposta giusta: la molteplicità è sia oggettiva che soggettiva […] è la molteplicità o la diversità è in realtà una suddivisione, non del Principio divino ovviamente, ma della proiezione manifestante, che è la Sostanza esistenziale ed universale; […] ora è necessario contemplare i fenomeni nella loro realtà interiore, quindi come proiezione diversificata e diversificante dell’ Uno. La causa metacosmica del fenomeno della molteplicità è l’ Onnipossibilità […]. Il Principio divino […] propende […] ad irradiare, dunque a comunicarsi; a proiettare o a rendere esplicite le ‘possibilità del Possibile’. Irradiamento equivale ad allontanamento, pertanto debilitamento progressivo od offuscamento, il che spiega il fenomeno privativo – e in definitiva sovversore – che chiamiamo il male; da noi denominato così a ragione […] non a motivo di una prospettiva particolare, perfino arbitraria. Ma il male, altrimenti non sarebbe possibile, deve avere una funzione positiva nell’economia dell’universo”, F. Schuon, Il Sufismo: velo e quintessenza, Edizioni Mediterranee, Roma 1982, p. 138, corsivi miei. Ovviamente, il male ha una funzione positiva non direttamente, ma invece malgré il meme.
La “proiezione” èwahm”, quella “potenza dell’anima” che ben conosciamo in magia, nella costruzione di forme pensiero, ecc. ecc., che può “dannare” l’uomo, che il diavolo ha sommamente, ecc. ecc. In Dio, però, essa non è “male” in alcun modo, però, per il processo di allontanamento – dovuto alla capacità “proiettante” –, e in determinate condizioni, giunge fino al “rovesciamento” che, nel mondo “iniziatico”, è la “contro iniziazione” della quale Evola non era parte, ma che commise l’errore di “troppo ascoltare”, il che lo portò ad una “irregolarità” con delle “venature” di tipo particolare, “titanistico” o con venature tali che, ahi noi, vediamo sorgere e risorgere – ma perché non n’è stata mai espunta – oggi. queste cose facevano parte non del “nazismo” tout court – ché la stragrande maggioranza dei nazisti n’era del tutto ignara – ma della parte del vertice nazista ch’era influenzata dall’occultismo, dall’ “ariosofia”, come giustamente ha messo in luce G, Galli, e non solo lui. Solo che Galli, correttamente, peraltro, ha dato all’ariosofia il suo vero posto, altri studi, per quanto assai dotti, han sempre teso alla sua “minimizzazione”, “Per il modo in cui ha anticipato il nazismo, l’ariosofia, più che una causa, è un sintomo”, N. Goodwick-Clarke, Le radici occulte del nazismo, SugarCo Edizioni, Carnago (VA) 1993, p. 289, corsivi miei. No che non è un mero sintomo, anche se, sicuramente, non è la causa unica, ma è concausa, e di non piccola importanza, perché ha colorato di sé tutto il mondo mentale della parte “occulta”, od “occultizzante”, del vertice nazionalsocialista.
Contro Hitler si oppose Aurobindo, e pour cause, direbbero “lè fransè”, ecc. ecc., e ciò si sta ripresentando oggi, ecc. ecc. – ne ho detto qua e là – ed oggi “questi qui” stanno avendo successo. Ne ho detto qua e là, chiaramente nella misura in cui si può farlo pubblicamente (dunque in modo assolutamente sufficiente), chi ha orecchie per intender intenda, se uno vuole, sennò non ci posso proprio farci nulla. Ora, wahm corrisponde a Marte, in altri termini è il “Marte interiore”; ora, guarda caso, Samaèl – cioè Satana – corrisponde a Marte nella Kabbalah











6 commenti:

  1. La Cina è pericolosa, ma **non** per ciò che si crede di solito: il rischio è il crollo, l’implosione, della Cina; e si tenga conto che c’è già andata pericolosamente vicino …


    Non so se il virus sia sfuggito al laboratorio o semplicemente arrivato (in ogni caso, senza mercato della carne selvatica e senza festività del capodanno cinese, non saremmo dove siamo), ma le autorità locali han fatto una figuraccia e se Pechino, il centro, non fosse intervenuto direttamente, avremmo visto ben altro film …


    Ora l’accartocciamento della Cina non è una possibilità impossibile, anzi.


    Per questo il contenimento è una cosa, ma una politica aggressiva, dove Biden è anche più radicale di Trump, è quanto dire!, è ben altra cosa!





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    1. Ora cosa dobbiamo vedere nei cambiamenti attuali, a noi contemporanei? Che si è ottenuto un certo “appeasement” tra le due fazioni che stavano in lizza, due anni fa, il che non toglie certo contrasti né nega la possibilità che ritornino, però al momento è così …

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  2. “Il ridicolo molte spesso è la porta di servizio della verità”, “Uno Studio in Blu”, “Sherlock Magazine” n°6, p. 164.
    Proprio la limitazione del “principium individuatiònis” fa sì che possa esser superato, dunque che vi sia dell’ “altro” – e superiore – ma, ed ecco il punto, non è la mera riproduzione senza fine dell’individuo il punto!, e su ciò il pensiero antico è **unanime**, unanime.

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  3. “– Veda Watson – così Holmes interruppe il filo dei miei pensieri – il diavolo è meno cattivo di quel che si dice. Ed è **questa** la sua trappola”, “La valle del Pavone blu”, “Sherlock Magazine” n°15, p. 84.






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    1. Cf.
      https://www.lulu.com/en/us/shop/enrico-fortunia/la-valle-del-pavone-blu/ebook/product-18npg696.html






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