“Si usa, in Occidente, attribuire
al Tantrismo un carattere ‘magico’, o per lo meno credere che la magia vi
giochi un ruolo preminente; vi è qui un errore d’interpretazione per ciò che
concerne il Tantrismo, e […] anche per ciò che concerne la magia, a proposito
della quale noi contemporanei abbiamo generalmente solo idee estremamente vaghe
e confuse […], non torneremo qui su quest’ultimo punto; ma, prendendo la magia
nel suo senso rigorosamente proprio, e supponendo che sia proprio così come la
s’intende, ci chiederemo soltanto se c’è qualcosa, nel Tantrismo, che possa
offrire il destro a questa famosa interpretazione, dato che è sempre più
interessante spiegare un errore che limitarsi a constatarlo.
Innanzitutto,
ricorderemo che la magia, per quanto sia in sé d’ordine inferiore, è tuttavia
una scienza tradizionale autentica; come tale, essa può legittimamente ottenere
un posto tra le applicazioni d’una dottrina ortodossa, a condizione che si
tratti d’un post subordinato e secondarissimo come si conviene al suo carattere
contingente. D’altra parte, dato che l’effettivo sviluppo delle scienze
tradizionali particolari è di fatto determinato dalle condizioni proprie dell’una
o dell’altra epoca, è naturale e in certo qual modo normale che le più
contingenti tra esse si sviluppino soprattutto nel periodo in cui l’umanità è
più lontana dall’intellettualità pura, cioè nel Kali Yuga, e che vi acquistino, pur restando nei limiti loro
assegnati dalla loro stessa natura, un’importanza che non avrebbero mai potuto
avere in epoche precedenti. Le scienze tradizionali, quali che siano, possono
sempre servire da ‘supporto’ per innalzarsi ad una conoscenza d’ordine
superiore, ed è ciò, più che quello che sono in se stesse, a conferire loro un
valore propriamente dottrinale; ma, come dicevamo, tali ‘supporti’ divengono
sempre più contingenti man mano che si compie la ‘discesa’ ciclica, al fine di
adattarsi alle possibilità umane di ciascuna epoca. Lo sviluppo delle scienze
tradizionali inferiori, insomma, non è che un caso particolare della necessaria
‘materializzazione’ dei ‘supporti’ di cui abbiam parlato; ma, nello stesso
tempo, va da sé che i pericoli di deviazione divengono sempre più forti quanto
più si va lontano in questo senso, ed è per questo che una scienza come la
magia è palesemente tra quelle che danno più facilmente luogo ad ogni sorta di deformazione
e di uso illegittimo; la deviazione, in ogni caso, non è del resto imputabile, in
definitiva, che alle stesse condizioni di quel periodo di ‘oscurità’ che è il Kali Yuga.
E’ facile comprendere
la relazione diretta che hanno queste considerazioni con il Tantrismo, forma
dottrinale specialmente adatta al Kali
Yuga; e, se si aggiunge che […] il
Tantrismo insiste in modo affatto speciale sulla ‘potenza’ come mezzo e base
possibile di ‘realizzazione’, non ci si dovrà meravigliare che esso debba per
ciò stesso accordare un’importanza piuttosto considerevole, si potrebbe dire il
massimo di importanza compatibile con la loro relatività, alle scienze che, in
un modo o nell’altro, sono suscettibili di contribuire allo sviluppo di questa ‘potenza’
in un qualche campo. Dato che la magia è evidentemente uno di questi casi, non
è minimamente da contestare ch’essa trovi posto in questo campo; ma ciò che
bisogna chiaramente dire è che essa non potrebbe in alcun modo costituire l’elemento
essenziale del Tantrismo: coltivare la magia per se stessa come pure porsi come
scopo lo studio o la produzione di ‘fenomeni’ non importa di qual genere,
significa chiudersi nell’illusione invece che tendere a liberarsene; ciò è solo
deviazione e, in conseguenza, non si tratta più di Tantrismo, che è invece l’aspetto
di una tradizione ortodossa e una ‘via’ destinata a condurre l’essere alla vera
‘realizzazione’”[1].
Questo tema c’interessa
qui perché Michele Scoto (studioso al servizio di Federico II di Svevia) era un
noto studioso di “magia”, per questo
motivo – tra l’altro – da Dante stesso condannato nella sua Commedia. Ma, in ogni caso, quanto
riportato qui sopra può esser d’interesse in
generale.
Si ricordi – per tornare
a M. Scoto – che la magia era considerata fra le “scienze tradizionali sperimentali” nel Medioevo …
Andrea A.
Ianniello
[1]
Articolo “Tantrismo e magia” in R. Guénon,
Studi sull’Induismo, Fratelli Melita
Editori, La Spezia 1989 (trent’anni
fa!!), pp. 77-79, corsivi in originale. Tra l’altro, Studi sull’Induismo è stato già
citato una volta, in questo post, cf.
Naturalmente vuoto d’ogni senso quel che **oggi** mal intendono per “magia”, una sorta di procedimento fisso che inevitabilmente dà un certo risultato privo di causalità, cioè la produzione di fenomeni senza causa! Ma è ridicolo! Semplicemente risibile. La “magia” – intesa “tecnicamente” qui e **non** come **base** per un lavoro **iniziatico**, com’è invece intesa in senso “tantrico” (e questo Guénon lo dice chiaramente) – la “magia” **non è** schiacciare un interruttore, **non è** un fenomeno “fisico” che si produce inevitabilmente se si pongono certe cose assieme. Non funziona così. Da questo loro errore – ma proprio **totale** - i moderni derivano tutta una serie d’incomprensioni a catena, quand’anche ammettano la possibilità di “fenomeni”, come accade crescentemente oggi. per cui, quando si dice che “certe” si stanno facendo (e si faranno) più “comuni” non si può interpretare quest’affermazione sullo stesso piano del dire: son sempre più frequenti i fulmini, per esempio; oppure: ci son sempre più telefonini o auto ad idrogeno. Vi è una differenza “qualitativa”, ma capirla significherebbe iniziare ad uscir fuor dalla “bolla mentale” della tecnica moderna divenuta sistema autoreferenziale ed auto riproducentesi “ad libitum”, senza un termine. Il post moderno tende alla sparizione della “natura”, cioè a rifiutare di conferire una sua oggettività alla relazione di causalità indipendente dal sistema tecno scientifico capitalistico, per cui non si dà nulla fuori da questo quadro. “Ergo”, la “natura” non esiste, perché tutto può esser manipolato: la “manipolabilità” totale, il totalitarismo della “nostra” epoca è questo.
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