Si è svolta ieri, il 26
novembre, la presentazione, alla Libreria Pacifico di Caserta (Via Alois), del
libro di T. Zarrillo, La democrazia nell’agorà antica e moderna. Teorie,
movimenti, soggetti e pratiche partecipative, Edizioni Melagrana, San
Felice a Cancello (CE) 2017. La Prefazione è di Biagio De Giovanni, che, come prefatore,
è intervenuto, oltre all’autore ed al magistrato della Cassazione R. Piccirillo,
che ha parlato di alcune problematiche recenti della legge. Il libro era
presentato e riassunto da M. Bologna. Ne è seguito un vivace dibattito.
Sul libro e sulla
serata qui si diranno poche cose, davvero poche osservazioni minime, si rimanda
ad esso per chi voglia vedere – “a volto d’uccello”, come suol dirsi – lo sviluppo
della democrazia dal mondo antico al moderno, al contemporaneo, dominato dai
dispositivi digitali. La serata ha offerto vari spunti di riflessione, che qui
son ciò che interessa; non interessa fare la cronaca della serata.
Ma veniamo a qualche
spunto sul libro, come si diceva.
Giustamente Zarrillo
dice che il “popolo”, nella pòlis, è
il gruppo armato che si difende dagli aggressori esterni, non è dunque il “popolo”
nell’accezione odierna, men che meno nell’accezione “populista”. E, a questo punto,
io direi che, nell’accezione moderna, sarebbe più esatto parlare di “corpo
elettorale” piuttosto che “popolo”, termine ormai troppo generico.
Altra osservazione valida
di Zarrillo è come la tecnica abbia cambiato la democrazia, contribuendo alla
crisi dei corpi intermedi, individuata dal professor De Giovanni – e su questo
vi è stato l’assenso dei tre relatori – come la causa immediata della crisi
della democrazia occidentale, si
vedrà poi la centralità del termine “occidentale” in tal fenomeno, che stiamo
esperendo ormai da vent’anni almeno. Da più di vent’anni, lo incalzava una
domanda ed un’osservazione fatta al termine della presentazione. Sulla questione
della tecnica si registra il parziale disaccordo di Bologna, che pure si
limitava ad esporre il pensiero dell’autore del testo presentato. Per Zarrillo,
il problema non è sociale, ma fondamentalmente istituzionale: la voglia di partecipazione
ci sta, ma sta fuori della politica. Si deve pensare a delle soluzioni, che
Zarrillo chiarisce: sono solo suggerimenti pratici, nessuno sa oggi quale sia
la “soluzione” o “le” soluzioni al problema in atto. Una domanda era proprio
critica dell’impostazione di Zarrillo, e cioè che la crisi attuale fosse in
sostanza istituzionale, perché le cause di tale crisi sono invece sociali, per esempio la questione dei
migranti. Chi poneva la domanda si chiedeva – e chiedeva, senza trovar risposte
(che, in realtà, invece ci sono) – perché questi migranti vengono in Europa o
in America del Nord. Non certo per
la democrazia! Giustamente osservava che sì, c’è stato il patto di dopo la
Seconda Guerra Mondiale fra democrazia e liberalismo, un tempo alternativi –
patto solo e soltanto occidentale, in Oriente c’è la democrazia, ma non il liberalismo, per esempio in Cina
o Russia così funziona – ma un tale patto, attivo soltanto in Europa ed America
del Nord, ha provocato di fatto la più grande
disuguaglianza della storia. Ed è vero, è così, esattamente così, cosa che gli
occidentali non amano vedere. Cos’è successo, poi, aggiunge chi scrive: che,
per una serie di complessi motivi – in ultima analisi: per la natura del capitalismo – la diseguaglianza
si è andata accumulando anche in Occidente, con il conseguente impoverimento della
classi medie. Ma di ciò s’è detto anche su questo blog, cf.
Che cos’ha fatto la “sinistra”
rispetto a tutto ciò, se non l’essere del tutto sorda? Anche il tema dell’identità,
che ha portato al chiudersi, giustamente condannato da De Giovanni come
risposta regressiva, ma non è vero che è stato consegnato alle “destre”?
Chi è causa del suo mal …
Chi è causa del suo mal …
Il punto dove c’era tuttavia
pieno accordo fra i relatori è sulla crisi dell’istituto della rappresentanza:
qui ci siamo, è stato ed è molto dibattuto in letteratura, vi è nel libro di
Zarrillo dell’utile bibliografia per chi volesse approfondire il tema. Tal tema,
però, qui lo diamo come assodato e pacifico (mo’ ce vo’) e dunque non ci si
sofferma su.
Trattasi semplicemente
di un dato di fatto. Non di un dito di fatto … né di una dote disfatta … E’ che
il patto democrazia – liberalismo si è disfatto – ormai disciolto nell’ “acid rain”
del mondo digitalizzato. E’ che: “L’accelerazione
crescente ha bruciato i circuiti”, diceva J. Baudrillard in altri tempi[1],
ovviamente la “sinistra” ha bellamente continuato a dormire, paga ed appagata,
com’era diventata, di una globalizzazione che sembrava realizzare le ambizioni “universaliste”
dell’ideale democratico, quando invece ne minava la fondamenta! Infatti, minava
quella classe media che è sempre stata la maggiore fruitrice, come la più
convinta sostenitrice, dell’alleanza fra democrazia e liberalismo. Alleanza che
non esiste più, come poi la Cina ha dimostrato che ci può essere liberalismo
economico senza democrazia formale, cosa esaminata, e non da ieri, da qualche
autore[2],
divenendo, di fatto, così, la principale mina al predominio del “modello
occidentale” nel mondo, predominio oggi terminato. “Il problema è l’Occidente,
non solo l’Italia”, afferma De Giovanni. E, in ciò, ha ragione.
Questo in estrema sintesi.
Veniamo a degli altri punti
utili di riflessione, come si diceva, che, poi, tra l’altro, è lo scopo del
presente blog.
Questo con un occhio al
presente ed un altro all’immediato futuro, le elezioni del maggio dell’anno
prossimo, ricordate proprio da De Giovanni.
Prima osservazione: se
la tecnica consente il sondaggio diretto del corpo elettorale, che si può
interfacciare con i sedicenti “leader” direttamente, che ci stanno a fare i corpi intermedi? Qui né Zarrillo né De
Giovanni dicono alcunché. La realtà è che i corpi intermedi sono inutili, a causa, per l’appunto,
della tecnica, come diceva già Heidegger, sia detto per inciso. Quindi l’idea
di “rivedere la mediazione”, migliorandola ed aprendola anche a dei contributi “dal
basso”, idea che mi pare predominasse nella discussione, non risponde al nocciolo del problema.
E’ che sembra pochi
siano disposti a capire quanto radicale sia
la crisi dell’ “istituto” della “rappresentanza”.
Secondo punto. Nella sua
Prefazione De Giovanni parla dello scollamento tra la dimensione sovranazionale,
chiaro che si riferisca soprattutto a quella europea, e quella dei singoli
stati.
Un tal scollamento ha
contribuito non poco, secondo De Giovanni, alla crisi della democrazia “in sé”.
Ed anche questo è vero.
Ma la sua difesa dell’attuale
situazione “perché ci ha dato la pace” oggi è ben poco convincente. Non solo perché,
sulle più nuove generazioni, non ha praticamente presa, e genera rabbia nella pletora di non più giovani però esclusi dalla follia globalista (ma di
questi si è mai occupata la “sinistra”? li ha mai considerati “esistenti”?
direi di no, però fan parte del corpo elettorale …), ma perché è una mera
difesa. E, in politica, la mera difesa non è una buona via. Si deve rilanciare,
ma in maniera del tutto diversa. Come prima cosa, occorre dire che l’Europa com’è
stata costruita è un fallimento; sì, ha comportato anche qualche aspetto
positivo, ma vi prevale l’aspetto negativo. Bisogna cioè invertire le cose,
rispetto a come la pensa De Giovanni, e tanti come lui. Poi, seconda cosa, va
rilanciata, ma su base federale.
E tu non puoi passare
dagli stati ottocenteschi, in sostanza, ad una costruzione sovranazionale: vi è
un salto di qualità che non puoi
costruire “dal basso” né meramente “assommando” gli stati fra loro e sottraendo
loro pian piano delle competenze, perché non vi arriverai mai, come dimostra
proprio la vicenda dell’UE e della sua crisi.
Qua il discorso si
farebbe troppo lungo. Alcuni spunti su questa questione sono in nota[3].
In ogni caso, una
serata interessante, più per gli spunti di discussione forniti, e per i
problemi posti, che per le soluzioni suggerite.
Andrea Ianniello
[1] Cf.
[2]
Cf. N. Ferguson, Il grande Declino. Come crollano le
istituzioni e muoiono le economia, Mondadori Editore, Milano 2013, cioè cinque anni fa: forse si era
ancora in tempo. Le la “sinistra”? E dove stava o è stata, nel frattempo, in questi
cinque anni? A sognare, a sostenere le peggiori politiche, completamente presa
nel suo narcisismo auto riflettente. Ferguson è parte di quegli storici dell’economia
che pone al centro le istituzioni, in
questo è simile a Zarrillo, da tutt’altro lato, chiaro. Pone proprio a
confronto Occidente e Cina. Chi ha un po’ di tempo, se lo legga, con attenzione:
è breve, potreste anche sottrarre qualche minuto alle necessità di dibattere banalità
sui social …
Ora proprio oggi – Sant’Andrea Apostolo – mi è giunta una vecchia copia di “All’ombra delle maggioranza silenziose” di J. BAUDRILLARD, avendo perso la copia che avevo, ed ho subito letto quel passo che mi ricordavo. Bene, questo testo (pur di quarant’anni fa!! (*)) è utilissimo – in attesa della sua ripubblicazione l’anno prossimo (si spera con un’interessante Prefazione) – per parlare della rappresentanza e della crisi della rappresentatività di cui si parla (anche) nel post qui sopra.
RispondiElimina(*) Cf. https://associazione-federicoii.blogspot.com/2018/11/quarantanni-topo.html
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