domenica 30 giugno 2013
sabato 29 giugno 2013
“De Arte Venandi Cum Avibus”, link utili
“In questo trattato di falconeria è nostra intenzione
mostrare le cose che sono, come sono,
e presentarle come un’arte precisa,
perchè finora sono mancate, in proposito,
mostrare le cose che sono, come sono,
e presentarle come un’arte precisa,
perchè finora sono mancate, in proposito,
così l’arte che la scienza.”
(Federico II, De arte venandi cum avibus)
(Federico II, De arte venandi cum avibus)
“DE ARTE VENANDI CUM AVIBUS”, Federiciana (2005), articolo di Anna Laura Trombetti Budriesi, Treccani.it
“L’ARTE DELLA FALCONERIA E IL ‘DE ARTE VENANDI CUM AVIBUS’ SIGNORI DEL CIELO A SIRACUSA”, di Laura Cassataro
“IL ‘DE ARTE VENANDI CUM AVIBUS’”, di Giulia Grassi
“De Arte venandi cum avibus”
“Il de Arte venandi cum avibus e i trattati ad esso collegati” (Centro Studi Normanni)
“L’ARTE DELLA FALCONERIA E IL ‘DE ARTE VENANDI CUM AVIBUS’ SIGNORI DEL CIELO A SIRACUSA”, di Laura Cassataro
“IL ‘DE ARTE VENANDI CUM AVIBUS’”, di Giulia Grassi
“De Arte venandi cum avibus”
“Il de Arte venandi cum avibus e i trattati ad esso collegati” (Centro Studi Normanni)
“Trattato sulla falconeria De Arte Venandi cum avibus”, falconeria.org, di questo mese
Bella Immagine di Federico II, da www.falconeria.org
Federico II ed aquila, Wikimedia Commons
Bella Immagine di Federico II, da www.falconeria.org
Federico II ed aquila, Wikimedia Commons
venerdì 28 giugno 2013
“Il Documento di Damasco” e la Cairo “Genizah”
Scopritore della Cairo Genizah fu Solomon Schechter, fonte orig.: Schechter, S.: Documents of Jewish sectaries/ edited from Hebrew MSS. in the Cairo Genizah collection, now in the possession of the University Library, Cambridge (Cambridge: University Press, 1910) 2 v
Da tale “Genizah” proviene il Documento di Damasco, che non si capì mai bene cosa fosse, finché ne fu ritrovato un documento assai simile a Qumràn...
Ecco un qualcosa, tal similarità, che poco si nota...
“Cairo Genizah”, Wikipedia in inglese
“La Genizah del Cairo”, Wikipedia in italiano
“Documento di Damasco” da **Qumràn, Wikisource in inglese
“Regola della Comunità”, solo passi, sempre da Wikisource, in inglese
Ma meno nota “Afghan Geniza”. da Wikipedia in inglese
“The Cairo Genizah”, da jewishvirtuallibrary.org
“The Cairo Genizah: a Medieval Mediterranean deposit and a modern Cambridge Archive”
Esempi di Manoscritti della Genizah del Cairo
“The Cairo Genizah Collection”
”Taylor-Schechter Genizah Research Unit.”
“Genizah Fragments” - The Newsletter of Cambridge University’s Taylor-Schechter Genizah Research Unit at Cambridge University Library - online
“La Genizah del Cairo”, Wikipedia in italiano
“Documento di Damasco” da **Qumràn, Wikisource in inglese
“Regola della Comunità”, solo passi, sempre da Wikisource, in inglese
Ma meno nota “Afghan Geniza”. da Wikipedia in inglese
“The Cairo Genizah”, da jewishvirtuallibrary.org
“The Cairo Genizah: a Medieval Mediterranean deposit and a modern Cambridge Archive”
Esempi di Manoscritti della Genizah del Cairo
“The Cairo Genizah Collection”
”Taylor-Schechter Genizah Research Unit.”
“Genizah Fragments” - The Newsletter of Cambridge University’s Taylor-Schechter Genizah Research Unit at Cambridge University Library - online
“28 giugno 1228, ‘Vigilia Sancti Petri”, Federico II partiva per la VI Crociata”
“Da Brindisi salpa la Crociata di Federico II”, brindisiweb.it
“Almanacco del 28 giugno 2012”, ma valido ancor oggi, poiché son date storiche passate
Altre immagini
Federico II, “Exultet”, Salerno
Napoli P.zza Plebiscito, statua di Federico II di Svevia
“Le Crociate”
“Federico II parte per le Crociate”
“Federico II riceve gli ambasciatori del Sultano al-Malik al-Kamil, VIa Crociata”
“Federico II viene incoronato imperatore da Onorio III”
“Federico II attorniato dai sudditi, da un ’Exultet’ in Salerno”
“Cartina di Gerusalemme, nel periodo delle Crociate”
“Federico II e il falco”, ricostruzione immaginaria da: “La storia di Altamura a fumetti”
Immagine, “Crociati”
“Almanacco del 28 giugno 2012”, ma valido ancor oggi, poiché son date storiche passate
Altre immagini
Federico II, “Exultet”, Salerno
Napoli P.zza Plebiscito, statua di Federico II di Svevia
“Le Crociate”
“Federico II parte per le Crociate”
“Federico II riceve gli ambasciatori del Sultano al-Malik al-Kamil, VIa Crociata”
“Federico II viene incoronato imperatore da Onorio III”
“Federico II attorniato dai sudditi, da un ’Exultet’ in Salerno”
“Cartina di Gerusalemme, nel periodo delle Crociate”
“Federico II e il falco”, ricostruzione immaginaria da: “La storia di Altamura a fumetti”
Immagine, “Crociati”
giovedì 27 giugno 2013
Pietro d'Abano, “Noterelle”, su di lui
Tra le migliori edizioni delle Opere di Pietro d’Abano: “Opere di Pietro d’Abano” / a cura di G. I. Ludwig F. C. H. - Padova : Il glifo, copyr. 1982. - 2 v. (181 p.; 59 c.) ; 30 cm.
Nome reale del curatore: Ludovico Montaldo.
Su questo stesso autore, Ludovico Montaldo (G. I. Ludwig FCH), vi è un link molto interessante: “Il Grande Atanòr della Creazione”
Qui Ludwig FCH considera vicine Cabala ed Alchimia, ma non nel senso cui spesso si è tentato di avvicinarle, in ambienti occultistici.
Da rivalutare.
Chi volesse considerare l’alchimia fuori del mondo filosofico, ed anche religioso, del Medioevo, commetterebbe un errore di valutazione molto grosso, per quanto la questione sia, come semre, controversa. In linea generale: non conosco una questione che sia fondamentale che non sia allo stesso tempo controversa.
Sembra impossibile che esista una questione fondamentale che non sia pure controversa...
Qui Ludwig FCH considera vicine Cabala ed Alchimia, ma non nel senso cui spesso si è tentato di avvicinarle, in ambienti occultistici.
Da rivalutare.
Chi volesse considerare l’alchimia fuori del mondo filosofico, ed anche religioso, del Medioevo, commetterebbe un errore di valutazione molto grosso, per quanto la questione sia, come semre, controversa. In linea generale: non conosco una questione che sia fondamentale che non sia allo stesso tempo controversa.
Sembra impossibile che esista una questione fondamentale che non sia pure controversa...
Sulla contiguità fra l’alchimia e la filosofia medioevale, ma pure con la religione di quei tempi, si può citare l’Aquinate stesso. Non che le due cose fossero uguali o poste sullo stesso livello, e tuttavia di certo avevano un punto di tangenza, di contatto, dove operava una certa vicinanza e contatto, in altre parole: di contiguità, di prossimità e di adiacenza. Ovvero: si toccavano in un punto, pur rimanendo appartenenti a due insiemi differenti.
“Anche il discepolo di Alberto Magno, Tommaso d’Aquino famoso quasi quanto il primo, credeva che fosse possibile produrre alchimisticamente l’oro e l’argento, sebbene affermasse che quell’arte fosse difficile come nessun’altra. Tommaso si rifà infatti ad Aristotele sostenendo che i metalli sono, in definitiva, il prodotto di un’esalazione secca o fumosa, umida o acquosa della terra, quantunque queste esalazioni si mutino, alla prima, rispettivamente in zolfo e mercurio. Ritiene tuttavia che la formazione dei metalli richieda anche i misteriosi interventi di una celestiale potenza non sempre in potere degli alchimisti, per cui costoro avrebbero divuto proporsi anzitutto di stabilire le condizioni nelle quali tale potenza potesse convenientemente operare” (1).
La teoria alchemica, infatti, sosteneva che tutti i metalli derivassero da una stessa causa, e solo la maggior o minor purezza delle matrici dove questa stessa causa sarebbe venuta ad intervenire faceva sì che si avesse ferro o stagno, per fare un esempio.
Se la causa è la stessa, ergo i metalla si potevano trasmutare l’uno nell’altro fino alla perfezioene dei metalli: l’oro. Similmente si ragionava per l’alchimia interiore.
(1) Eric J. Holmyard, Storia dell’alchimia, Odoya editrice Bologna, 2009, p. 122.
“Anche il discepolo di Alberto Magno, Tommaso d’Aquino famoso quasi quanto il primo, credeva che fosse possibile produrre alchimisticamente l’oro e l’argento, sebbene affermasse che quell’arte fosse difficile come nessun’altra. Tommaso si rifà infatti ad Aristotele sostenendo che i metalli sono, in definitiva, il prodotto di un’esalazione secca o fumosa, umida o acquosa della terra, quantunque queste esalazioni si mutino, alla prima, rispettivamente in zolfo e mercurio. Ritiene tuttavia che la formazione dei metalli richieda anche i misteriosi interventi di una celestiale potenza non sempre in potere degli alchimisti, per cui costoro avrebbero divuto proporsi anzitutto di stabilire le condizioni nelle quali tale potenza potesse convenientemente operare” (1).
La teoria alchemica, infatti, sosteneva che tutti i metalli derivassero da una stessa causa, e solo la maggior o minor purezza delle matrici dove questa stessa causa sarebbe venuta ad intervenire faceva sì che si avesse ferro o stagno, per fare un esempio.
Se la causa è la stessa, ergo i metalla si potevano trasmutare l’uno nell’altro fino alla perfezioene dei metalli: l’oro. Similmente si ragionava per l’alchimia interiore.
(1) Eric J. Holmyard, Storia dell’alchimia, Odoya editrice Bologna, 2009, p. 122.
Link utili 2
Professor John P. Meier - Fields - Biblical Studies/Christianity and Judaism in Antiquity
http://theology.nd.edu/people/faculty/john-p-meier/
http://theology.nd.edu/people/faculty/john-p-meier/
Link validi sul Professor J. P. Meier
“Catholic University scholar John P. Meier discusses how the Jesus of faith is linked to the Jesus of history. By John Bookser Feister”
“John P. Meier: Jesus the Jew - But What Sort of Jew?” - interessante
“John P. Meier: Jesus the Jew - But What Sort of Jew?” - interessante
“The Historical Jesus” - Discussione (in ingl.) sulle posizioni di J. P. Meier -
“John P. Meier’s Quest for Jesus”
“The Historical Jesus and the Life of Faith”, by David L. Bartlett
“Historical Jesus Theories”
Quest’ultimo link è da un sito benemerito, in inglese, ma ricchissimo d’informazioni.
“THE HISTORICAL JESUS AND PURITY”, articolo di John P. Meier
“John P. Meier’s Quest for Jesus”
“The Historical Jesus and the Life of Faith”, by David L. Bartlett
“Historical Jesus Theories”
Quest’ultimo link è da un sito benemerito, in inglese, ma ricchissimo d’informazioni.
“THE HISTORICAL JESUS AND PURITY”, articolo di John P. Meier
Link utili 1
“Professor Francesca Stavrakopoulou - Professor of Hebrew Bible and Ancient Religion / Director of Liberal Arts”
http://humanities.exeter.ac.uk/theology/staff/stavrakopoulou/
Un utile link, soprattutto sulla questione Asherah, per quanto la questione sia decisamente controversa.
http://humanities.exeter.ac.uk/theology/staff/stavrakopoulou/
Un utile link, soprattutto sulla questione Asherah, per quanto la questione sia decisamente controversa.
Per il Solstizio (d’estate), Considerazioni
1.
Riguardo alle “Porte solstiziali”: quella di giugno è la “Porta degli uomini”, che segna l’inizio
della parte discensiva
del ciclo annuale.
2.
Le due
Porte solstiziali han due significati differenti. La Festa dei
“Fuochi di San Giovanni (Battista)” è sempre stata festeggiata,
al contrario la Festa del solstizio d’inverno è stata assorbita
dal Natale.
Mi ha sempre più interessato il solstizio invernale piuttosto che quello estivo, ovvero i
“Fuochi di S. Giovanni”, che sono ancor oggi una festa popolare, tra l’altro spesse volte oggi
considerata “tipica del mondo celtico”, cosa inesatta, visto
che nel Sud d’Italia, ancora negli anni Trenta del secolo
scorso, li si vedevano ben diffusi. La Seconda Guerra Mondiale, anche per ovvi motivi,
ne segnò il declino. Oggi, al contrario, stanno riprendendo l’usanza, ma con
senso ben diverso, non più “popolare”/folkloristico, ma su imitazione del
mondo anglosassone, imitazione spesso viziata da motivi politici “neopagani” e/o “di destra” del
tutto estranei al significato della festa, sul cui significato “pagano” c’è ben poco da sottolineare o aggiungere.
Spesso tale senso si acuiva con il “bagno di S. Giovanni”, tra l’altro occasione coloratasi di simbolismo erotico, che fa parte dell’elaborazione tardiva delle varie “leggende sul Battista”, famose soprattutto nel decadentismo. Difatti, è una giovane donna che ne chiede la testa (una “prostituta”, una “donna scarlatta”, per fare un inciso sulla questione di A. Crowley, scarlatto: colore della passione e del delitto passionale, non del delitto a “freddo”); e sul significato anche erotico di questa richiesta molti hanno sin troppo facilmente speculato. Non è che non vi sia, ma il senso più antico non aveva niente a che spartire con il lato erotico, che vi si è aggiunto: il senso più antico, infatti, alludeva al sacrificio annuale del sole per poter rigenerarsi. Il passaggio al simbolismo erotico nasce dal legame fra il sole e la vitalità, che ci sta, chiaro, ma la degenerescenza nasce sempre dal ridurre il tutto alla parte, ad una parte di significato chiaramente che si ritrova all’interno del simbolo in se stesso sin dall’inizio, ma che è e rimane parte.
Spesso tale senso si acuiva con il “bagno di S. Giovanni”, tra l’altro occasione coloratasi di simbolismo erotico, che fa parte dell’elaborazione tardiva delle varie “leggende sul Battista”, famose soprattutto nel decadentismo. Difatti, è una giovane donna che ne chiede la testa (una “prostituta”, una “donna scarlatta”, per fare un inciso sulla questione di A. Crowley, scarlatto: colore della passione e del delitto passionale, non del delitto a “freddo”); e sul significato anche erotico di questa richiesta molti hanno sin troppo facilmente speculato. Non è che non vi sia, ma il senso più antico non aveva niente a che spartire con il lato erotico, che vi si è aggiunto: il senso più antico, infatti, alludeva al sacrificio annuale del sole per poter rigenerarsi. Il passaggio al simbolismo erotico nasce dal legame fra il sole e la vitalità, che ci sta, chiaro, ma la degenerescenza nasce sempre dal ridurre il tutto alla parte, ad una parte di significato chiaramente che si ritrova all’interno del simbolo in se stesso sin dall’inizio, ma che è e rimane parte.
La degenerescenza
s’inaugura sempre
dalla riduzione
del tutto ad una sua parte,
da una riduzione
dell’amplitudine
del significato dei simboli. Questa è
legge sicura, questo è un segno certo.
Il significato delle due feste, quindi, è
opposto.
Va, infatti, ricordato questo: che il solstizio d’estate segna il
punto più alto del corso apparente
del sole. Da quel punto preciso a seguire, il sole non può che
scendere.
L’altra porta solstiziale, al contrario, segna l’inversione
positiva del cammino del sole nel cielo. “L’ora più oscura è
quella che precede l’alba”, dice un adagio popolare. “Quando la
luna è piena non può che cominciare a calare”, dice un adagio
cinese che parafrasa l’Yijing
[I-Ching].
Tale senso si chiarisce ancor più qualora si
pensi al “demone meridiano”. Si reputava che a mezzogiorno
(solare, ovviamente, non “legale”), con il sole che martella,
come Thor, ma non i giganti, bensì le teste della gente - e ne
fa impazzire taluni ... - si liberasse, in quell’aria immota e
silente dove nessuna creatura della natura osava fiatare e si poteva
soltanto stare sotto un albero, si pensava, dunque, che un demone si
liberasse: il demone “del mezzogiorno”, del metà del giorno, “meridiano” appunto.
Era un demone “panico”, affine a Pan. E quindi
era cosa buona e giusta togliersi di torno, perché il suo corteggio
di satiri e ninfe non era quanto di più salubre. Ma, in tal caso,
dal simbolismo anche erotico - che si denuncia dal corteggio “panico”
di satiri e ninfe -, si è passati poi ad un senso più sottile. Il
demone meridiano è il demone tîs
akedhìas,
accidiæ,
dell’accidia “mediterranea”, così diffusa nel Mediterraneo, e
che colorò delle sue scure pennellate l’autunno del mondo antico.
Il legame fra S. Giovanni Battista > Salomè ci
riporta alla questione “donna scarlatta” > Grande Babilonia.
3.
Venendo al nostro tema, la “donna scarlatta” -
nome che Crowley dava alle sue medium,
quelle che si distinguevano per ricettività - è la “prostituta
famosa” dell’Apocalisse
di Giovanni, capitolo 17.
Molti siti web riprendono la vecchia idea che si
tratti di Roma, la Roma pagana, ma attribuiscono tale caratteristica
alla Roma papalina e vaticana. Che “la lupa perda il pelo ma non il
vizio” non ci piove. Da qui a farne la “prostituta”, la “donna
scarlatta” con la quale “tutti i re si sono prostituiti”
(allusioni dell’Apocalisse
di Giovanni ad Ezechiele
16), però ce ne corre.
La “prostituta” è una potenza precedente
al Cristianesimo – su questo l’ Apocalisse
di Giovanni è chiara -, ed è chiara l’allusione di Giovanni
Evangelista ai culti orgiastici, propri di Babilonia (di qui la
qualifica della Prostituta con “babilonese”). Un legame c’era
pure con i culti del Vicino Oriente, soprattutto Adone (il “Signore”,
alla lettera, l’ “amato dalle donne”). Diciamo che
l’“erotizzazione” del simbolismo del taglio della testa di
Giovanni il Battista nasce da una “contaminazione” con culti come
quello di Adone, che avveniva in Siria, vicino alla Palestina, e
quest’ultima poté facilmente esserne influenzata per mezzo del
Libano, con il quale la Palestina sempre intratteneva rapporti. E’
una contaminazione di significato: è vano cercare legami
“materiali”. Le idee non si possono rinchiudere.
Ora, la Prostituta siede su di una bestia, dalle
dieci corna e dalle sette teste, che sono anche colli, e qui
l’allusione a Roma è chiara, ma non se ne può dedurre né che
l’Impero Romano “in se stesso” fosse sempre male, come fanno
taluni, né che la Roma cristiana sia tale Prostituta. Roma potrà essere
anche un ibrido fra Israele spirituale e le Genti (Kittìm [dai Kittìm, ed altri popoli, vengono le “genti”: “Testo ebraico e traduzione italiana della “Parashàt’ di Noah”, articolo online]), ma rimane che essa non
è necessariamente ipso facto la “prostituta di
Babilonia”.
Infine, Giovanni Apostolo parla di un “ottavo re” - si legga con attenzione il testo - “diverso da tutti quanti gli altri”. Quest’“Impero” che è “diverso da tutti quelli che l’hanno preceduto” si caratterizza da dieci corna: “12 Le dieci corna che hai viste sono dieci re, i quali non hanno ancora ricevuto un regno, ma riceveranno potere regale, per un’ora soltanto insieme con la bestia. 13 Questi hanno un unico intento: consegnare la loro forza e il loro potere alla bestia” (Ap. 17).
Infine, Giovanni Apostolo parla di un “ottavo re” - si legga con attenzione il testo - “diverso da tutti quanti gli altri”. Quest’“Impero” che è “diverso da tutti quelli che l’hanno preceduto” si caratterizza da dieci corna: “12 Le dieci corna che hai viste sono dieci re, i quali non hanno ancora ricevuto un regno, ma riceveranno potere regale, per un’ora soltanto insieme con la bestia. 13 Questi hanno un unico intento: consegnare la loro forza e il loro potere alla bestia” (Ap. 17).
Ed arriviamo al punto, poco notato, ma che è un
“segno”: “15 Poi
l’angelo mi disse: ‘Le acque che hai viste, presso le quali siede
la prostituta, simboleggiano popoli, moltitudini, genti e lingue.
16 Le
dieci corna che hai viste e la bestia odieranno la prostituta, la
spoglieranno e la lasceranno nuda, ne mangeranno le carni e la
bruceranno col fuoco’” (ibid.,
sottolineature mie).
Che le “acque” siano i popoli (le “Genti”, sì, quelle), è anche cosa
comprensibilissima (Populus,
in Geomanzia, khatt
ar-raml,
affine agli esagrammi dell’I-Ching,
appartiene all’elemento Acqua). Ora ecco il punto vero: i
“dieci re”, mandati dalla Bestia, che hanno potere “per un’ora
sola” - cioè solo e soltanto per mandare la Bestia direttamente,
e non più indirettamente,
al comando dell’intero
globo – “dieci re” che, a
rigor di logica,
dovrebbero sostenere,
amare
la prostituta di Babilonia, invece
la odiano, la divorano
dopo averla “denudata” (spogliata degli ornamenti,
di ciò che la rendeva “attraente”), e i suoi resti “duri”,
non eduli, saranno semplicemente bruciati.
La cosa
non quadra con la logica. Come stanno, allora, le cose?
4.
Qualche sito - numericamente
assolutamente minoritario
- si chiede, quasi sottovoce, se
davvero sia l’America la “Grande Prostituta”. Qualcuno si
risponde: nooooooo! Ma qualcun altro si risponde un po’ impaurito:
e se fosse così?
Diciamo chiaramente che la prostituta di Babilonia
non è, non è stata né può essere una nazione qualsivoglia, perché è una
“potenza cosmica”, ma che essa è, piuttosto, ciò che sta
dietro l’attuale sistema ormai in
crisi gravissima ed irreversibile. Ed è proprio questa potenza cosmica la “Prostituta”, che seduce con le sue
attrattive cioè gli “ornamenti”, dei quali i “dieci re”
spogliano la prostituta stessa. Quest’ultimo fatto vuol dire che
essi (“dieci re”) monopolizzeranno
tutto ciò, e lo sotrarranno alla Prostituta. Ora dunque poiché nelle vene della prostituta, nonostante i suoi
belletti, scorre nero petrolio, verde denaro e giallo oro, è
possibile che la questione di ciò che nel Medioevo si chiamava “aqua
diaboli” (olio di pietra ovvero
petrolio) vi sia connessa, come - d’altro canto - vi è
sicuramente direttamente connessa la questione dell’oro e delle
riserve auree.
Ora l’oro è simbolo del sole, ma pure del sole meramente vitale, ovvero che “soddisfa i desideri”, soddisfacimento del quale l’oro è facilmente simbolo. Infatti, nello Shrîmad-Bhâgavatam al Kali-Yuga si connettono il gioco d’azzardo, la macellazione incontrollata d’animali e – non certo per caso - la prostituzione, ma soprattutto l’oro e la sua brama, che genera questi ed altri mali.
Ora l’oro è simbolo del sole, ma pure del sole meramente vitale, ovvero che “soddisfa i desideri”, soddisfacimento del quale l’oro è facilmente simbolo. Infatti, nello Shrîmad-Bhâgavatam al Kali-Yuga si connettono il gioco d’azzardo, la macellazione incontrollata d’animali e – non certo per caso - la prostituzione, ma soprattutto l’oro e la sua brama, che genera questi ed altri mali.
Ciò che sta
dietro all’attuale sistema ha
attualmente ancora il suo centro
negli Usa,
questo è certo. Ma è molto ma molto indebolitosi.
Quindi c’è sì, davvero, un legame,
ma non certo
diretto.
Ora quel che sta succedendo lo si può
riassumere come segue.
La “Bestia”, per assumere direttamente il potere, deve in qualche modo “togliere di mezzo”, ma dall’interno, la Prostituta. Il che spiegherebbe questo loro comportamento.
La “Bestia”, per assumere direttamente il potere, deve in qualche modo “togliere di mezzo”, ma dall’interno, la Prostituta. Il che spiegherebbe questo loro comportamento.
Combattere la prostituta per noi, che siamo nati
nel suo
mondo, alla fin fine non è difficile: basta che non apri la porta. E sei solo
tu che puoi aprirla. Tale potenza
cosmica ti può sedurre
acciocché tu l’apra, ma non può
costringerti. Che poi molti amino aprire quella porta è indubbio, ma è altro discorso...
E se viene una tigre che abbatte
la porta? Tal eventualità
ovviamente non balena nel modo più assoluto in certi cervelli, le
cui idee sono ferme a cinquant’anni
e più
fa.
Se queste considerazioni posseggono una parte di
verità, si spiega la tendenza sempre più pronunciata a chiudere le
decisioni in àmbiti sempre più ristrette, ad intaccare le “libertà
civili” e via dicendo.
E il web? E’ il necessario, temporaneo sfogo.
E il web? E’ il necessario, temporaneo sfogo.
5.
Un’ultima notazione va fatta riguardo al
linguaggio delle Sacre Scritture. In esse si chiama “re” il
potere temporale, qualunque sia la
forma per mezzo della quale funziona.
E’ importante sottolinearlo. Di solito la
democrazia vien vista come “femminile” - di qui l’evidente
legame fra gli Usa e la
“Prostituta babilonese” - mentre la monarchia è “maschile”.
Tali caratterizzazioni non devono farci cadere nella trappole:
monarchia = bene, democrazia = male. O viceversa.
Per esempio, l’oligarchia, la degenerescenza
della democrazia, è femminile anch’essa, mentre la tirannide, la
degenerescenza della monarchia, è anch’essa maschile. In altre
parole: la distinzione “maschile/femminile” non
è in se stessa un “giudizio di
valore”: c’è la forma buona e quella cattiva di ambedue. Essa si
riferisce solo e soltanto al modo di esercizio del potere: più
indiretto
(= “femminile”) o al contrario diretto
(= “maschile”).
IN ALTRE PAROLE, QUESTA CATEGORIE NON SONO “POLITICHE” IN NESSUN SENSO, SON FUNZIONALI, PRENDONO NOTA DELLA FUNZIONE, ATTIVA O PASSIVA.
IN ALTRE PAROLE, QUESTA CATEGORIE NON SONO “POLITICHE” IN NESSUN SENSO, SON FUNZIONALI, PRENDONO NOTA DELLA FUNZIONE, ATTIVA O PASSIVA.
Il passaggio dall’epoca “prostituta” a
quella “bestia” è precisamente
il cambiamento di modalità
- non
di finalità - nell’esercizio della dominazione globale.
Un’ultima considerazione, doverosa. Anch’io
penso che la “prostituta” non può durare per sempre, ed anch’io
sostengo che ad un certo punto è meglio che le cose si chiariscano
piuttosto che continuare confuse. Ma non
è che la prostituta crolli perché si vada verso un “ritorno alla
Tradizione”!
Sta in questo punto preciso l’opera di
seduzione, dove la lotta esteriore alla POTENZA della “PROSTITUTA” di fatto viene inevitabilmente a saldarsi
con l’opera della Bestia. Ed è precisamente qui che la cecità di troppi è un errore molto grosso.
Poiché è chiaro: cadere in questa trappola
significa di fatto favorire la Bestia. E a poco
servono le giustificazioni a
posteriori. Ciò che si è fatto si è
fatto.
P.S.
E’ interessante sottolineare il simbolo
dell’O.T.O. (almeno nella versione della Loggia “scarlet
woman”, cioè la “prostituta di
Babilonia”, perché la “donna scarlatta” non è altro che
questa potenza cosmica (non
è un individuo, ovviamente)).
Tale simbolo è una stella invertita, ma non il
ben noto Pentagramma, stella “a cinque punte”, ma l’Eptagramma,
stella “a sette
punte”.
Ovviamente sempre invertita.
“IL BUON (BEL) PASTORE ”
IL BUON (BEL) PASTORE
(2013)
Introduzione
Il Cristianesimo non è una mera
dottrina, lo è anche, ma non in modo sostanziale, il Cristianesimo è
una Persona, Cristo. E Cristo è il Buon Pastore par
excellence,
dunque lo scopo del Cristianesimo è “pastorale” in una
dimensione sostanziale per cui: non si tratta di accessorio né di
mere aggiunte strumentali. Lo scopo del Cristianesimo è la sequela
Christi,
la sequela del Pastore: pastori che diventano pastori. La conoscenza
fondamentale non è mera ripetizione, ma piuttosto imitazione
(imitatio
Christi),
non sola conoscenza “mentale”, ma esperienza di vita. La
conoscenza del Cristianesimo è la salvezza.
In effetti, prima che il nome
“Xristianòs”
fosse udito per la prima volta ad Antiochia, i (futuri) “cristiani”
erano detti: coloro i quali seguivano il Cammino, la Strada, la Via,
che in greco è odòs
(At.,
cap. XVIII). Non certo per caso o senza una ragione precisa che,
dunque, Cristo stesso disse di Sé: Ego
sum Via
Veritas Vita, dove,
solitamente, si sottolinea le ultima due parola, ma non certamente la
prima… Il senso del Cristianesimo come cammino si è, in linea
generale parlando, alquanto perduto negli ultimi tempi. Certo: “La
Verità vi farà liberi”, recita la nota affermazione
dell’Evangelo, ma se la Verità non sarà un concreto cammino, una
“Via”, la Verità rimarrà sterile e non potrà, piaccia o non,
andar oltre le affermazioni di principio.
Proprio partendo da tali
assunti, non si può fare a meno di sottolineare la grande differenza
tra l’insegnamento di Cristo e quello dei coevi Rabbini, nel novero
dei quali, nonostante l’autorevolezza e la “potenza” con la
quale Cristo insegnava e dava “segni”
(i “miracula”,
le cose degne di ammirazione), Cristo non fu mai posto né mai si
pose, salvo il titolo onorifico di “Maestro”, che, però, ci
dobbiamo guardar bene d’interpretare nel senso del coevo Giudaismo.
Il “rabbi”
si poneva sul mercato, per così dire, ed accettava discepoli, i
quali stavano con lui allo scopo d’apprendere la Legge rivelata
giudaica. Terminato l’insegnamento, terminava la relazione. Vi era
una concorrenza nel seguire i “rabbìm”
più autorevoli o famosi. Paolo sì che seguì l’insegnamento
regolare e comune giudaico della sua epoca: fu, com’è noto,
discepolo dell’importante rabbi Gamaliele. Per Cristo, non solo lo
scopo dell’insegnamento non era quello di ben conoscere i meandri
della Legge giudaica in se stessa, ma piuttosto era quello d’imitare
Lui, ma lo stesso Gesù sceglieva i suoi discepoli. Non solo questo,
ma Gesù distingueva tra l’insegnamento per la folla, e quello per
i discepoli. All’interno di questo novero, si segnalano gli
Apostoli. Di nuovo, si sottolinea la disparità e la differenza
rispetto al coevo insegnamento rabbinico.
Sicuramente oltre alla Via ed
alla Verità, la Vita (“eterna”) è il nocciolo dell’insegnamento
di Gesù, la Vita “in se stessa” (zoè),
e non
la vita come manifestazioni biologiche (bìos).
Qui l’insegnamento di Gesù opera una paradossale inversione: la
Crux,
in Giovanni - a differenza di Paolo – non è il luogo della
“kènosis”,
ma della “dôxa”,
della Potenza-Gloria (kavòd)
di Dio che “vince il mondo”, nella prospettiva giovannea.
Questa scena “finale”, sotto
la Croce, ha la sua rilevanza, perché Gesù di nuovo inverte le
prospettive: Egli prega per coloro i quali lo crocifiggono. Questa
stessa inversione “apocalittica”, ovvero “rivelativa” e
“rivelante”, si è però già mostrata quando Gesù aveva pregato
per i suoi discepoli. Ora, all’epoca era totalmente
impossibile che i
discepoli pregassero per il loro maestro, era una cosa impossibile a
concepirsi. Il contrario, al contrario, accadeva spesso.
Altra cosa da sottolinearsi è
che l’ insegnamento di Gesù, il suo “stile”, ben lungi
dall’essere “istituzionale” come all’epoca lo era quello dei
rabbini, e come lo è oggi quello della Chiesa (come lo è quello di
ogni chiesa religiosa), era di tipo che “chetonico”,
cioè occasionale, non
formale. Si nota, tuttavia, come Gesù ben conoscesse la Scrittura,
che citava come un Libro materno, e su questo, da più parti, gli si
riconosceva una grande autorità: questo è davvero molto importante
da sottolinearsi.
Per sintetizzare: Cristo Gesù
fu Maestro di Vita. Fu piuttosto Paolo ad introdurre le
preoccupazioni dottrinali. Ma di cosa fu Maestro di Vita Cristo?
Della “vita buona”? No, questo termine è insufficiente a
denotare il Suo Magistero che fu anche l’opera di una vita. Egli
fu, piuttosto, Maestro della Vita Nuova, sì, come la Vita
Nova di Dante, un
rivolgimento totale, un cambiamento completo di prospettive.
Per Lui i discepoli non sono
allievi. Egli insegnava alla sequela, alla sequela di Lui stesso.
Egli preparava a dare la propria vita per la Vita eterna.
Parola (e Nome). Tra i titoli di Cristo, il Buon
(Bel) Pastore
Quello di “Buon (Bel) Pastore”
è un Titolo cristico, un appellativo dato a Gesù Cristo, la cui
origine è nella Bibbia veterotestametaria - già nella figura di
Mosè vi è, in nuce, quella del Buon Pastore -, ma che, come Titolo
applicato a Cristo stesso, acquista inevitabilmente una tutt’altra
dimensione.
Nella religione giudaica, Dio
crea il mondo con la Parola. La Parola si restringe al Nome di Dio,
impronunciabile, che, tuttavia, diventa la pietra miliare di tutta
una teoria del linguaggio1.
Dio dona all’uomo il suo pneuma,
la sua ruàch,
il suo spirito, per cui è questo che lo rende “a Sua immagine”
(tzelèm),
e questo si manifesta nella capacità umana di usare il linguaggio,
non con la creatività divina, e tuttavia l’uomo “partecipa”
parzialmente di tale creatività, in modo riflesso.
Il Nome divino diventò
impronunciabile anche per una serie di abusi magistici2,
un abuso che vediamo ritornare, in epoca cristiana, nella costruzione
del golem,
quest’ultimo essendo dotato di sola “vitalità” legata al
nephesh,
“la” bìos,
l’anima “vital-passionale”, non la “vitalità pura” della
nishamàt chaym.
Nel Cristianesimo è Cristo che
è la Parola di Dio (Lògos,
Gv.,
Prologo). Egli è anche il Nome rivelato, e per questo i Titoli
cristici hanno tanta importanza e non son casuali. Essi sono la
rivelazione di aspetti
dell’Unica Parola, “che creò il Cielo e la Terra”, il
Logos-Cristo.
In altre parole: nel
Cristianesimo la Parola di Dio, il Suo Nome si
può dire, anzi, si
deve dire, anzi nel “Suo Nome” ogni cosa fu fatta e si continua a
fare, oltre il tempo, perché non vi fu mai un tempo in cui “non
fu” o “non sia”.
Questo è il senso profondo del
Vangelo di Giovanni, unito al tema di Cristo “che ha sconfitto il
mondo”, recalcitrante ad ammettere questa rivelazione,
impossibilitato ad accettare il “Nome Nuovo”, cui fa riferimento
anche l’ Apocalisse,
dello stesso Giovanni (secondo i dati tradizionali, posti in
questione oggi, ma che, tuttavia, non son falsi, se si pensa che
l’Apocalisse
fosse parto della scuola giovannea).
Anche negli Atti
è il “Nome” del Cristo che è il Salvatore, che è il Logos,
che è la Parola di Dio: “Dio ha costituito Signore e Cristo quel
Gesù che voi avete crocifisso” (At.
2, 36).
Ancora: “Il Signore Risorto è
lo Spirito datore di vita” (1 Cor.
15, 45).
Ogni “Titolo cristico”,
allora, è rivelazione di un aspetto
della Parola-Logos,
la qual è Cristo stesso. Il Buon Pastore rivela l’Amore del Padre,
la sollecitudine verso tutte le creature.
Questa centralità della figura
cristica è stato il senso, o un
senso importante, del Vaticano II3.
Diciamo che, negli ultimi tempi, la centralità della figura del
Cristo è quasi passata in secondo piano, piuttosto è la Madonna che
sta al centro della scena ecclesiale.
In tal senso, potremmo dire, a
proposito del Vaticano II, che taluni nodi fondamentali non sono
stati recepiti, o non assunti a dovere, o insufficientemente, in
particolare proprio la centralità cristica, l’accento essendo
stato posto, anche giustamente, di certo inevitabilmente, sulla
presentazione al mondo e sulla necessaria revisione di certi aspetti
datati. E tuttavia, non ci si può dimenticare di questo fatto:
«La Chiesa del tempo apostolico
si valeva delle Scritture in modo cristocentrico. Si trattava di un
elemento essenziale del suo modus
vivendi, essendo
quindi un elemento appartenente al depositum
fidei. Nel tempo
attuale, la ripresa e l’indagine a fondo – mediante lo studio del
tema dell’ispirazione – della centralità del Cristo nella Sacra
Scrittura sono requisiti necessari»
4.
Come si è appena detto, però,
non sembra che tale tema sia stato sufficientemente recepito. E lo
stesso autore appena citato lo afferma con chiarezza: “La ripresa
dell’importanza di Cristo per l’insegnamento sul concetto
teologico di ispirazione è stata solamente iniziata. C’è ancora
tanto da fare in questo senso. Saranno mai sfruttate le prospettive
che indicano il ruolo essenziale di Cristo in questo campo teologico?
La risposta è ovviamente un’incognita”5.
Probabilmente questa sarà la
frontiera appena immediata della ricerca teologica di qui a breve.
I due sensi del Buon Pastore
Si riflette molto poco sul fatto
che, in greco, il “buon” Pastore è anche, allo tempo stesso, il
“bel” Pastore perché in greco sono la stessa parola. Si dovrebbe
sottolineare questo punto, che si perde nelle traduzioni. Qui “bello”
non ha evidentemente che ben poco a spartire con le considerazioni
estetiche, ma è la bellezza che rivela “il Volto del Padre” e,
in tal senso, si fa simile alla bontà che è Amore.
Essa è la bellezza del “Vieni
e seguimi” e dell’attività del Missionario6.
Tale bellezza è l’esternarsi,
l’esprimersi della Misericordia di Cristo, che rivela il Volto del
Padre7.
“Il Buon Pastore deve essere
nell’intimità del mistero d’amore di Dio. La sua gioia è data
dallo stupore della corrispondenza vitale con il suo Signore. Ma è
così che gli uomini vedono la sincerità e la trasparenza della sua
testimonianza”8.
Questo porta, tuttavia, una
grave difficoltà, che è lo «spirito di autonomia che dirige la
coscienza degli uomini, che deve incontrare. Adamo dal primo momento
del suo esistere si allontana dalla presenza del suo Signore e
afferma la sua qualità di essere libero. Solo l’inventiva di Dio è
in grado di rintracciare l’uomo che si nasconde. (…) Eppure
soltanto l’amore salva. (…) Si comprende, allora, che il posto
del Buon Pastore è ai piedi della Croce. Il Cristo della Croce è il
punto centrale in cui tutte le linee del mondo umano confluiscono, il
punto su cui tutto precipita. Il punto che tutto raccoglie e che
tiene insieme ogni cosa. Questo punto centrale, in quanto estrema
profondità del dolore, è comprensione per ogni uomo e per ogni cosa
dell’uomo, perché il dolore è purificazione, il dolore è
espiazione, il dolore è liberazione. Ogni essere è connesso al
Crocifisso, ogni essere è sorretto dal Crocifisso, ogni essere viene
riempito di vita dal Crocifisso, ogni essere viene salvato dal
Crocifisso: “Quando sarò innalzato da terra attirerò tutti a me”
(Gv.,
12-, 32). Il Buon Pastore è il crocifisso della storia, che rifonda
per gli uomini mortali “la speranza piena d’immortalità”,
perché egli è colui che ama e l’amore non viene mai crocifisso.
Rimane vivo ed assoluto per donare la vita eterna ad ogni uomo»9.
In tal senso, quest’Amore che
“non può esser crocifisso” è non solo “buono” di una bontà
sovrumana e divina, ma rimane “bello”. Il Buon Pastore, assiso
sulla Croce, non perde mai la sua bellezza (con buona pace di M.
Gibson e di tutta una visione penitenzialistica…), perché non è
un mero uomo posto sul supplizio della Croce, ma ben altro.
Il sacrificio ed il dolore, per
il Buon pastore-Cristo, non sono mero dolore ma sono piuttosto
l’essere innalzato, sono un evento di vittoria, sono il c
capovolgimento della “logica” di questo mondo. In tal senso, la
Croce è “buona” e “bella” al tempo stesso. Purtroppo gli
uomini hanno troppo spesso visto in tutto ciò un mero fatto di
dolore, del quale si son caricati, come se avessero potuto
“aggiungere” al dolore di Gesù del proprio. Ogni dolore che
l’uomo possa subire tutt’al più è “partecipazione” a quello
del cristo, e non vi aggiunge nulla. Ed ogni dolore che diventi
salvifico non lo è in quanto tale, ma solo, e soltanto, a misura che
il Cristo v’intervenga e lo purifichi e lo assuma su di Sé, come
il Buon pastore che va in cerca pure dell’ultima delle pecorelle,
il che ha una logica del tutto paradossale. Quale pastore reale,
concreto, storico, sacrificherebbe mai l’intero suo gregge per una
misera pecorella?
Aspetti. Kènosis
e Pax
Parlare di tutti gli aspetti del
“Buon Pastore” è davvero difficile. Qui ci si concentrerà solo
su due aspetti: la “kènosis”
e la “Pax”,
la Pax Christi,
collegata direttamente alla figura del Buon Pastore.
In altre parole, gli aspetti del
Buon pastore sono un’ulteriore specificazione
del Titolo di Buon pastore, che, a sua volta, non è altro che la
rivelazione di un lato, di una spetto del Logos-Cristo in “Sé
Stesso”.
La scelta dei due aspetti nasce
dal fatto che mi hanno più colpito, ed inoltre dal fatto che
sembrano paradossali (sul lato missionario si è già detto, in
estrema sintesi, nel capitolo immediatamente precedente).
La “kènosis”
è la dimensione di allontanamento, il “diminuire” e
l’allontanarsi che Dio fa per avvicinarsi all’uomo.
La “kènosis”
è la Croce, essa è l’apparente “negarsi” di Dio che è la
cagione della ricerca stessa, ed è la ragione profonda della
vittoria di Cristo sul mondo. Proprio perché si abbassa Cristo è
innalzato: paradosso incomprensibile al mondo con le sue logiche
inverse, dove abbassare gli altri è al chiave di volta di ogni
azione che ha successo.
In tal senso, tale dimensione
“kenotica” richiede una libera risposta da parte umana, ed è la
fede.
Punto decisivo è il render
presente il tempo della salvezza avvenuto, non “da venire” chissà
quanto, ma già presente. Certo imperfetta, incompleta, e tuttavia
non falsa: è il tempo del già ma non ancora completo, il tempo
delle primizie e non del raccolto. Ma le primizie avvengono forse in
inverno o non è già primavera? Certo, ripetiamolo, non è il tempo
del raccolto finale, il giugno dello spirito, ma è già qualcosa di
vero, di attualmente prendete ed operante.
Ecco il senso
pieno del Buon (Bel) Pastore, al di là ed alla radice di tanti
aspetti e specificazioni ulteriori successive.
E che cosa va predicendo in
effetti il Buon pastore?
Qual è l’essenza di ciò che
annuncia, al di là dei tanti aspetti, ulteriori?
Il Buon Pastore predica
la Pace. Questa è
l’essenza
vera ed imperitura di tutta la sua predicazione, anzi, l’essenza di
ciò che è. Pace fra uomini in base alla Pace tra uomo e Dio, che è
la struttura portante della successiva
pace umana.
Non vi è, infatti, pace umana
possibile senza una Pace con Dio: questo il Buon Pastore lo sa, nella
sua stessa carne.
Questo perché “La
pace è il Messia”10,
è la sua natura profonda, sostanziale.
Kènosis
et
Pax,
un binomio inscindibile, come morte e risurrezione.
Proprio perché c’è stata
la kènosis vi è la pace, e l’effetto della kènosis è la pace,
così come la pace, per poter perdurare, richiamerà sempre la
kenosis.
Ben lungi dall’essere un
accessorio secondario, o una mera conseguenza incidentale ed
accidentale, la Pax
è la compagna necessaria
della kènosis.
La kènosis
è la compagna necessaria
della Pax.
In altre parole, non vi può
essere l’una senza l’altra, in un’ottica autenticamente
cristiana. La discesa e l’allontanamento son volti al ritrovamento
di una Nuova Alleanza, che è, in se stessa, la Pace che promette,
che è, in se stessa e sempre nel rispetto della libertà umana, la
Pietra Miliare di tutto
l’edificio successivo.
Bibliografia
Fonti
Scritturali
La Bibbia di Gerusalemme,
Nuovo Testamento vol. XII, Lettere
di San Paolo II Lettere
cattoliche
- Apocalisse,
commento di Gianfranco Ravasi, Corriere della Sera, Milano 2006.
Libri
Andrade
Alves C.,
Ispirazione e Verità.
Genesi, sintesi e prospettive della dottrina sull’ispirazione
biblica del Vaticano II (DV11),
Armando Editore, Roma 2012.
Nogaro
R., Il
Buon Pastore. Note di spiritualità pastorale,
Diocesi di Caserta, 2006-2007.
SCHOLEM G., Il
Nome di Dio e la teoria cabalistica del linguaggio,
Adelphi, Milano 2010.
NOTE
1
Cf. G.
Scholem, Il Nome
di Dio e la teoria cabalistica del linguaggio,
Adelphi, Milano 2010.
2
Cf. Ibid, p. 35 e
sgg.
3
Cf. C.
Andrade Alves, Ispirazione
e Verità. Genesi, sintesi e prospettive della dottrina
sull’ispirazione biblica del Vaticano II (DV11),
Armando Editore, Roma 2012.
4
Ibid., p. 388.
5
Ibid..
6
Cf. R.
Nogaro, Il Buon
Pastore. Note di spiritualità pastorale,
Diocesi di Caserta, 2006-2007, p. 42 e sgg.
7
Cf. Ibid, p. 47 e
sgg.
8
Ibid, p. 49.
9
Cf. Ibid, pp.
49-50.
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