lunedì 1 ottobre 2018

Alcuni passi (sull’ “astrale”)













Ci fu un tempo in cui non c’era nome per
Dio e ci sarà un tempo in cui non ce ne sarà[1]






Come si è detto (in vari commenti) – e la cosa è conforme a quanto sostenuto da “Incànus” – al momento, poiché si deve passare dall’ “implicito” all’ “esplicito”, non è dunque questione d’azione, al massimo d’informazione. Questo **non** significa che l’azione “non ci sarà mai”, ma che non n’è il momento. Certo l’attesa è lunghissima, ma tant’è, le doglie del parto sono lunghe, dolorose, pare spesso che si stia “lì lì per”, ma poi non è così. Lunghi son i tempi, doloroso il cammino del “Mulino di Fròthi”, il “Grotti”, all’inizio mulino d’abbondanza, poi di sale, ma che – “in fine” – si trasforma in un gorgo infernale, il famoso “Maelstroem”[2], o, in altra grafia, Mälström.
Perché e per come si sia giunti ad una tale – gigantescaimpasse è questione interessante (e che mi pare lo stesso “Incànus” ebbe modo di trattare); ma sia come sia, una tale questione ci porterebbe troppo lontano[3]. In ogni caso, grosse forze son in atto, oggi, allo scopo di chiudere una partita” la cui “chiusura” – siccome un “ritual” – è già iniziata, ma tarda (per ragioni complicate a dirsi). Stando così le cose, togliersi dalla (loro) strada è il minimo … Per questo dicevo: tempo d’informazione, non d’azione.
Come atteggiamento consigliato qui, cf.
https://associazione-federicoii.blogspot.com/2018/07/la-questione-del-giorno.html. A causa del rapporto di forze, “accettare la situazione”, ma “non dare il consenso”, cosa molto importante. Anche questo, è il minimo, ma siamo rimasti troppo pochi, non si può fare diversamente.
Si può discutere, naturalmente, finché si può. Perché – ad un certo punto – “verrà ‘il’ giorno” … Ma non è ancora “quel” tempo …

Commentando un post precedente – cf.
http://associazione-federicoii.blogspot.com/2018/09/segnalazione-8.html – si diceva che, se manca il “supporto”, l’ “influenza spirituale” o si “adatta” (= riduce il suo spettro d’influenza, la sua “portanza”, la sua potenza, insomma diminuisce un o più “aspetti” per venire incontro ad un determinato “sostrato” storico), oppure si ritira. Che poi è quel che, in atto da molto tempo, da una decina d’anni in qua è divenuto un processo molto ma molto più forte.
E qui non voglio ricordare altro se non quel che Gurdjieff portò in Occidente, ed è particolare – non sono un suo seguace – tant’è che J. G. Bennett s’interessò sempre della sua fonte che non fosse sufi (probabilmente la “Confraternita Sarmoung” cosiddetta), vale a dire: “Il principio della discontinuità delle vibrazioni[4]. Secondo tale veduta, le vibrazioni non sono continue. Ma esse seguono un pattern che Gurdjieff descriveva usando le note musicali (e chiamava questo “la legge d’ottava”). Vi son dei “passaggi” che, se in quegli intervalli non interviene alcunché, il processo comincia a degradarsi, inevitabilmente andando secondo le sue forze intrinseche, interne, che Gurdjieff chiamava “meccaniche”.
Ed è proprio quel ch’è successo dopo che – circa una decina d’anni fa – si è aperta come un’ultima opportunità di modifica di “certe” forze.
Poi tale porta si è richiusa.
Al momento, le cose vanno proprio così, superatosi un certo punto, non ci si può far nulla, finché non venga un altro “incrocio”, nel quale si può “fare”, ma sempre in base alle condizioni di quel momento lì, non di ora. “Ora, ricordando la legge d’ottava, vediamo che un processo equilibrato che si è effettuato in un certo modo non può essere modificato a volontà in un momento qualsiasi. Un cambiamento può intervenire, una nuova via può essere presa, soltanto in certi ‘incroci’. Nell’intervallo tra un ‘incrocio’ e l’altro nulla può esser fatto. E se un processo passa per un ‘incrocio’ senza che nulla accada, senza che niente sia fatto, è già troppo tardi il processo continuerà a svilupparsi secondo leggi meccaniche; anche se coloro che prendono parte a questo processo vedono l’imminenza di una distruzione […], non saranno in grado di far niente. Lo ripeto, ci sono cose che non possono essere fatte se non in certi ‘incroci’”[5].



Ma veniamo all’ “astrale”. “Ricordate ciò che ho detto sul corpo astrale? Riassumiamolo brevemente. Gli uomini che hanno un ‘corpo astrale’ possono comunicare l’uno con l’altro a distanza, senza ricorrere a mezzi fisici, ma affinché tali comunicazioni siano possibili essi devono stabilire qualche ‘legame’ tra di loro. Con quest’intento, quando qualcuno di loro va in un’altra regione, prende talvolta con sé un oggetto appartenente alla persona con la quale desidera rimanere in relazione, di preferenza un oggetto che sia stato in contatto con il suo corpo e sia permeato dalla sue emanazioni. Nello stesso modo, per mantenere una relazione con una persona morta, i suoi amici hanno l’abitudine di conservare degli oggetti che le sono appartenuti. Questi lasciano in qualche modo una traccia dietro di sé, qualcosa come dei fili o filamenti invisibili, che rimangono tesi nello spazio. Questi fili legano quel determinato oggetto alla persona, viva o morta, alla quale l’oggetto apparteneva. Gli uomini hanno avuto questa conoscenza fin dalla più remota antichità e ne hanno fatto gli usi più svariati.
Se ne possono trovare tracce nei costumi di molti popoli. Sapete per esempio che son molto numerosi quelli che praticano il rito della fraternizzazione per mezzo del sangue. Due o più uomini miscelano il loro sangue nella stessa coppa e ne bevono. In seguito son considerati fratelli di sangue. Ma l’origine di quest’usanza deve essere ricercata su di un piano più profondo. Nei tempi primitivi si trattava di una cerimonia magica per stabilire un legame tra ‘corpi astrali’. Il sangue ha qualità speciali. Alcuni popoli, per esempio gli Ebrei, attribuiscono al sangue un significato particolare e proprietà magiche. Ra capite che secondo le credenze di certi popoli, se si stabilisce un legame tra ‘corpi astrali’, esso non è spezzato dalla morte”[6].
Il “legame” è il “legamento” magico, il vincolo (come il libro di Bruno De vinculis in genere, link in nota[7]). In inglese “bound” o, meglio, spellbound, che vale “incantesimo” nel senso di “legame vincolato” e che, poi, si “lancia”, “to cast a spellbound”, appunto.
Tra l’altro, il “fratello di sangue” – nella saga di Gengis Khan – è detto anda, ed era Jamuqa, fratello ed insieme rivale, come Romolo e Remo, ma fratello di sangue, non di carne. Jamuqa, superato dal suo anda Temujìn – futuro Gengis Khan – in ogni cosa, fu alla fine perdonato da Temujìn stesso, per quegli atti, a volte incomprensibili, di magnanimità che lo prendevano, “in nome dei vecchi tempi”, come suol dirsi. Ma Jamuqa non volle. Chiese di essere ucciso, cosicché il suo “spirito” – = l’anima vitale – sarebbe divenuta il protettore del futuro Gran Khan “Mare” od “Oceano” (Dengiz, o deniz nel turco di oggi, “Qara Denizi” = Mar Nero, o, in mongolo, “Dalai”). Gengis Khan, a malincuore, piangendo – ed è davvero difficile, a tanto tempo di distanza, sapere se fosse sincero o calcolata “ipocrisia”[8] –, accetta di far uccidere Jamuqa. Sempre Gengis Khan – la potremmo chiamare la sua “fixe” – cercava un avallo “giuridico” al suo agire. Sempre. Dunque sincero ed anche, al tempo stesso, un consumato politico. Tutto questo si avvicinerebbe di più alla realtà dei fatti. Spietato, ma generoso. Sincero, ma simulatore, al tempo stesso.
Ma ecco il punto: quest’ultimo (Jamuqa), però, non vuole che il suo sangue sia sparso, e Temujìn accetta questa richiesta, perché conosce tali usanze.
“Chiamuka [Jamuqa] fu dunque messo a morte. Poiché si riteneva che l’anima risiedesse nel sangue, la consuetudine imponeva che un principe a cui fossero resi gli onori non fosse scorticato. Secondo la cronaca, Chiamuka sarebbe stato soffocato in una coltre [calpestata dai cavalli]. […] Dal principio alla fine dei loro destini incrociati Temucin [Temujìn] e Chiamuka sono stati probabilmente segnati dalla stranezza dei loro rapporti, dove amicizia e inimicizia hanno continuamente suonato partiture discordi.
Probabilmente Chiamuka avrebbe potuto assurgere ai più alti destini, se invece di opporsi a Temucin, ne avesse sostenuto i progetti. […] Ma altrettanto ambiguo è l’atteggiamento di Temucin, che prima accetta di perdonare l’avversario e poi finisce per abbandonarlo. La storia di questa strana coppia e l’inquietante epilogo avrebbero potuto ispirare Shakespeare”[9].
Solo dopo questa fine, nel 1206, a cinquant’anni, Temujìn fu infine proclamato “Gengis Khan”[10].











Andrea A. Ianniello















[1] Isacco di Ninive, Discorsi spirituali, Edizioni Qiqajon Comunità di Bose, Magnano (VC) 1985, p. 143, corsivi miei. “Il regno e la gehenna non sono la retribuzione di opere buone e cattive, ma la retribuzione di (opposte) volontà”, ivi, p. 181. “Il beato Paolo ha scritto molto sulle (realtà) spirituali, ma l’uomo non può percepire dalle sue lettere quel ch’egli ha gustato se non ha avuto parte allo Spirito”, ivi, p. 190. “Altra è la conoscenza delle battaglie [spirituali] e altra è la conoscenza che (procede) da dottrine e abilità nei movimenti (del pensiero). La conoscenza delle battaglie abbisogna della prova. Quante volte i possessori d’intelligenza e sapienza per la loro dottrina son turbati in questa”, ivi, p. 200, corsivi miei, nota mia fra parentesi quadre.  
[2] Cf. http://bifrost.it/GERMANI/Immagini/OlausMagnus.JPG.
[3] Qualche indicazione sta nel nome divino islamico di “al-‘Azìz”, donde il nome, di persona, islamico ‘Abd al-‘Azìz, dove “’abd” vuol dire “servo”: “Colui che porta questo nome è incentivato ad affidarsi a Dio perché lo ponga al sicuro da ogni attacco e da ogni prevaricazione del potere terreno”, G. Mandel, I novantanove Nomi di Dio nel Corano, Edizioni San Paolo, Cinisello Balsamo (MI) 1998, p. 43, corsivi miei. Era quello il tempo – ben vent’anni fa ormai!! – nel quale si cercava il famoso “dialogo cristiano-islamico” – prima che i noti eventi (del 2001) complicassero tutto. Dunque, “al-‘Azìz” è quel “Nome divino” che si riferisce alle potenze di questo mondo, e cioè, precisamente, a quell’aspetto del mondo che è andato totalmente fuori controllo, dove le “forze del male” hanno preso sempre di più il controllo. Ed oggi è pressoché totale. Giusto per dire che non è ch’io sia per il “non far nulla”, ma ciò deriva dalla natura della situazione e dalle tonnellate d’errori compiute – soprattutto dai “tradizionalisti” – nel recente passato, dico che oggi l’unico “Nome divino” che m’interessa è un altro: “al-Muntaqìm”, “il Vendicatore”, cf. ivi, pp. 204-205. Si tratta di chi, interi popoli eh, pur essendo stato più volte avvertito di stare su di un sentiero malvagio, fa “orecchie da mercante”, come suol dirsi, finché non resta che quest’esito. Ed oggi, ben più che in passato, non abbiamo “grandi tiranni” (non Hitler, Stalin, Mao, Mussolini, Franco), ma pinches tiranos, piccoli tirannucoli osceni per i quali il loro misero, piccolo interessuccio è “dio”, è un “assoluto intangibile ed inattaccabile”, che per questo piccolo interessuccio fanno tutto, e non importa su quale cadavere debbano passar – purché nessuno veda, chiaro!! – né quanto debbano mentire, che per loro non è mentire, è solo un mezzo. Rispetto ai “grossi tiranni” la situazione si è molto peggiorata: non è possibile, con una guerra o con una pressione economica o stimolando i più moderati dentro i lor stessi regimi, farli cadere, ma è come un’iniezione di veleno. Fa parte del corpo. Senza contare che questi “grossi tiranni” comunque potevano, malgré eux mêmes, avere della qualità. Pinches tiranos e qualità: è un ossimoro. E questo la dice lunga sulla nostra pessima situazione.
Pertanto il consiglio di non intervenire, e rimanere solo nell’ambito della parola – chi può, ovvio –, non nasce affatto, dunque, da un’idea di appeasement, ma è solo un riflesso della situazione oggettiva; non ha nulla di “soggettivo”, quindi, ma deriva dal prendere atto del rapporto di forze instauratosi, da tempo, sul campo. Niente di più, niente di meno. Ed è importante precisarlo, di qui il consiglio di “accettare la situazione”, senza, però, assegnarvi il proprio consenso. Chi oggi, difatti, può davvero dire di essere “al sicuro da ogni attacco e da ogni prevaricazione del potere terreno”??
Nessuno.
Nessuno.
Nessuno.
Dunque s’impone la necessaria deduzione del caso. In quest’epoca, dunque, si deve “porre in evidenza le malvagità umane, […] rammentando a prevaricatori e tiranni la parola di Dio”, ivi, p. 205, per quanto ciò sia del tutto inutile, si sa. Oggi hanno il vento in poppa. Ma, quanto meno, va ricordato, visto che non può esser fatto. Ancora ….  
[4] P. D. Ouspensky, Frammenti di un insegnamento sconosciuto. La testimonianza di otto anni di lavoro come discepolo di G. I. Gurdjieff, Casa Editrice Astrolabio, Roma 1976, p. 139, corsivi in originale.
[5] Ivi. pp. 340-341, corsivi miei.
[6] Ivi. pp. 110-111, corsivi in originale. Ho citato già un passo sull’apparato linfatico e la “magia buddhista” (Hinayana), in un altro post, cf.
[8] Cf. M. Hoàng, Gengis Khan, Garzanti Editore, Milano 1992, capitolo “Il lamento del Khan” pp. 135-137. Più che sincero o non sincero, si avvicina meglio alla natura di Temujìn chi pensi: sincero e non sincero.   
[9] Ivi, p. 148, corsivi miei, note mie fra parentesi quadre.
[10] Cf., ivi, p. 151 e sgg.
“Di là dai fatti e dalle vicende che le varie fonti ci raccontano – quasi travisandole in leggenda – si fa strada il carattere […]: ben lungi dal lasciarsi abbattere dai rovesci e dalle circostanze negative, mai si scoraggia. Prigioniero, aspetta il momento migliore per evadere e sa trovare un alleato; sa riconoscere i possibili amici. Derubato, non molla la presa, ancora una volta acquista un amico, che affascina con la sua personalità. Non si abbandona a vendette pericolose o fuori luogo, ma si limita al necessario. Né poi, divenuto sovrano ed acquistata una potenza effettiva, si dimenticherà di quelli che l’hanno aiutato, né scorderà quanti l’hanno osteggiato”, G. Mandel, Gengis Khan. Il conquistatore oceanico, SugarCo Edizioni, Milano 1979, p. 90, corsivi miei.
La vendetta, com’è ben noto, è un piatto che si gusta freddo, anzi, gelato … ma non è certo un gelato … è veleno.





2 commenti:

  1. Il sangue...nelle sue varie "forme"...argomento vastissimo e profondissimo.
    Riguardo la "fratellanza di sangue", credo sia importante sottolinerare come ancora oggi nelle consorterie malavitose , questo sia uno degli elementi centrali , almeno della parte "rituale" ... sono retaggi antichi , forse oggi solo "folklore", ma non dimentichiamo ciò che Guenon scriveva sul folklore.

    RispondiElimina
    Risposte

    1. Sì argomento vastissimo. E cose antichissime, che oggi rimangono solo come “folklore”, ma il folklore è, oggi la traccia di quanto un tempo aveva ben altro senso, come Guénon diceva.


      Elimina