“«Io ho posto il mio arco nella nuvola, ed esso sarà il segno del patto tra me e la terra». (Genesi 9, 13). Dopo il Diluvio, Dio mostra a Noè un arcobaleno come segno che egli non inonderà mai più il mondo. Ezechiele (1, 28) paragona la presenza divina a «l’aspetto dell’arcobaleno tra le nuvole». Nello Zohar, Arcobaleno è uno dei tanti nomi della Shekinah, la presenza divina femminile che mostra i colori delle sefiròt. Sul Sinai essa apparve avvolto in una nuvola”.
L’Essenza della cabala, il cuore del misticismo ebraico, a cura di D. C. Mtt, Newton & Compton editori, Roma 1999, p. 191, corsivi e grassetti in originale.
Come ho scritto in un commento (al post il cui link è riportato nel “PS” qui sotto), ora questo mondo “deve” finire, tuttavia non può finire più con il Diluvio, la Parola divina non si contraddice, infatti; dunque, deve cercare un “altro modo” per la sua fine, quindi: ED “ECCO” le “stirpi di Gog e Magog” …
“3. Venuti via di là dopo dieci giorni s’imbatte in uomini con sei mani e sei piedi, innumerevoli, tutti quanti nudi che, visto il numero dei soldati, pensarono bene di radunarsi. 4. Quando li vide, Alessandro comandò di accendere un fuoco e muovere contro di loro. Appena ciò avvenne, subito tutti fuggirono ed entrarono in caverne sotterranee. 5. Ne catturarono uno che destava grande meraviglia a guardarlo. Lo portarono con loro per un giorno di marcia, ma, trovandosi senza nessuno dei suoi compagni, a un tratto si mise a tremare e ad emettere grida e morì. 6. Dopo tre giorni di cammino giunsero nella terra dei cinocefali. Erano completamente uomini, ma avevano tutti la testa di un cane e una voce in parte umana, in parte canina. Si schierarono ed erano pronti alla guerra, ma Alessandro costrinse alla fuga anche loro col fuoco. 7. Faticosamente, in dieci giorni, ci lasciammo indietro la terra dei cinocefali”.
Il Romanzo di Alessandro, a cura di R. Stoneman e T. Gargiulo, Fondazione Lorenzo Valla Arnoldo Mondadori Editore, Milano 2012, vol. II, p. 223. Si tratta del passo seguente a quello in cui Alessandro Magno aveva incontrato prima le donne selvagge, poi gli uomini selvaggi. Di seguito avrebbe incontrato i “Bragmani” dell’India da lui toccata nella parte ovest, i quali “Bragmani” gli avrebbero, tra l’altro, parlato della dieta senza carne con i benefici “per lo spirito” che tale dieta produce … Nel commento si dice che “kynokèphalos” era il termine greco per indicare i babbuini.
“CINOCEFALO (m.; sloveno: Pesoglavci), Nella tradizione dei paesi slavi meridionali si narra di esseri demoniaci antropomorfi, con corpi sovrastati da teste di cani (Kynokephaloi), che si aggirano abbaiando e spargendo il terrore. Questi dèmoni cinocefali erano già noti nell’antichità: son citati infatti dal geografo Strabone, che li ritiene di origine etiopica,e da Plinio il Vecchio, che li chiama «Cynamolgi caninis capitibus» [Naturalis Historia, Libro VI, 30, nota mia]. Degli esseri dalla testa canina compaiono anche in Persikà, opera scritta dal medico greco Ctesia di Cnido, il quale rimase prigioniero in Persia per diciassette anni (intorno al 400 a.C.). I Cinocefali descritti da Ctesia sono un popolo giusto e pacifico di bravi arcieri e cacciatori, dediti a scambi commerciali. Come in tutti i racconti di questo tipo, elementi storici e fiabeschi si mescolano a dati etnografici e a vaghe conoscenze geografiche. In una sua descrizione delle popolazioni orientali, Adamo di Brema (nato nel 1081) scrive: «In pari tempo sembra che sulle coste del mar Baltico, in una regione ormai detta il paese delle donne, vivano le amazzoni. I loro figli maschi hanno teste di cane, mentre le femmine sono creature bellissime. Vivono in comunità e sono capaci di respingere gli uomini, sostenendo con loro violenti combattimenti. I cinocefali son esseri che hanno la testa sul petto. In Russia ce ne son molti che sono prigionieri ed usano la voce per abbaiare le parole. Lì vivono anche gli Alani e gli Albani che, nella loro lingua, son detti ‘Wizzen’: sono delle bestie molto ghiotte ed avide di sangue che nascono con capelli grigi ed il cui paese è difeso dai cani. In caso di combattimento, infatti schierano questi cani in ordine di battaglia». Nel 1544, Sebastian Münster scrive nella sua Cosmographia, che: «sulle montagne dell’India vivono degli esseri umani che hanno teste canine e musi come quelli dei cani […] Parimenti è stata scoperta in India un’altra popolazione di esseri che nascono con capelli grigi e le cui chiome diventano nere soltanto con l’età […] Molti non hanno testa, ma il loro volto è sul petto». Fra la descrizione di Adamo di Brema e la Cosmographia vi è un nesso evidente, nel senso che di fronte alla diversità dei popoli stranieri si reagisce sempre con rappresentazioni ricche di luoghi comuni”.
L. PETZOLDT, Piccolo Dizionario di Demoni e Spiriti Elementari, Guida editori, Napoli 1995, pp. 50-51, corsivi in originale (il commento finale dell’autore citato non c’entra il bel resto di niente con il problema). Si tenga conto che nel Medioevo l’India e l’ “Etiopia” venivano spesso confuse tra loro: ciò consentì al “Prete Gianni” di “passare” dall’ “India” all’ “Etiopia” – mitiche – senza batter ciglio. Tra l’altro, si parla dei “popoli selvaggi” in questo volumetto, cf. ivi, pp. 168-170. Ed essi son considerati NON “uomini”, bensì “dèmoni”, in forma umana, chiaramente.[1]
“I Longobardi, volendo passare in Mauringa ne son impediti dagli Assipitti
Abbandonando quindi questa regione mentre si disponevano a passare in Mauringa, gli Assipitti impedirono loro il cammino, negando in qualsiasi modo il passaggio attraverso il loro territorio. I Longobardi, vendo il gran numero dei nemici, e, per l’esiguità del loro esercito, non osando combattere, erano assai incerti sul da farsi, quando la necessità fece trovar loro finalmente uno stratagemma. Fingono di avere nel loro campo dei cinocefali, cioè degli uomini con la testa di cane, e spargono fra i nemici la voce che questi cercano smaniosamente la battaglia, bevono sangue umano e, se non riescono a raggiungere il nemico, bevono il proprio sangue. Perché si dia credito a questa diceria ampliano il numero delle tende e accendono moltissimi fuochi nell’accampamento. Udite e viste queste cose, i nemici non osano più dare battaglia, come già minacciato”.
PAOLO DIACONO, Storia dei Longobardi, Libro I cap. 11, Electa, Milano 1985, p. 41, corsivi in originale. Gli “Assipitti” sono una popolazione ignota, la “Mauringa” poi sarebbe – si dice in nota al testo citato – la zona del fiume Elba.
“Per non parlar poi dei cinocefali, che sembrano in realtà più animali che uomini, per le loro teste di cane e per i latrati. Non è indispensabile credere a tutto quello che si dice su questa razza di uomini”.
AGOSTINO, La Città di Dio, Libro XVI cap. 8.1, a cura di L. Alici, RCS Libri, Milano 2001, p. 758. In una sua nota, il curatore così scrive: “Cinocefalo è Anubi, il dio dei mori dal corpo di cane […]. Scrive in proposito TERTULLIANO: «Serafide [vale a dire Serapide, cioè quello del mercato antico romano di Pozzuoli per intenderci; nota mia] e Iside e Arpocrate col suo cinocefalo furono relegati fuori del Campidoglio, vale a dire fuori dello stesso consesso degli dèi di Pisone e Gabinio consoli che non facevano certo professione di cristianesimo» (Apologeticum, VI, 8; trad. it. di E. Bonaiuti, Apologetico, Bari 1972, p. 41)”, ivi, p. 144, nota a pie’ pagina n.2, corsivi in originale, grassetti miei.
“Cinocefali, Regno dei. Fin dall’antichità classica si favoleggiava dell’esistenza d’un popolo mitico di uomini a testa di cane (tal è, in greco, il significato del nome), che abitavano in regioni remote dell’Oriente, verosimilmente in India. Molto sinteticamente, Isidoro di Siviglia (556-636), nelle sue Etimologie, scrive di essi che “hanno tal nome in quanto aventi testa canina e perché il loro stesso latrare li manifesta più animali che uomini: nascono in India” (XI, iii, 15). Nei secoli il mito dei Cinocefali non mancò d’esercitare il suo fascino su scrittori diversi”.
A. FERRARI, Dizionario dei luoghi letterari immaginari, UTET, Torino 2006, p. 119, grassetti e corsivo in originale. Uno che ne ha perpetuato il “fascino” è stato John de Mandeville: “Nacumera o Natumeran. Nei Viaggi attribuiti a John o Jean de Mandeville (sec. XIV) viene descritta un’isola grande e importante situata forse nell’Oceano Indiano chiamata Nacumera o Natumeran. Di grande estensione […], essa è abitata da uomini di alta statura e con testa di cane, i Cinocefali, che amano la guerra e si nutrono per lo più della carne dei nemici uccisi [in questo son come le “stirpi” di Gog e Magog, nota mia]. Venerano una divinità in forma di bue e portano sulla fronte ornamenti d’oro e altri metalli preziosi sui quali è raffigurato il bue sacro [si riecheggia il vitello d’oro biblico, ed anche il Bue Apis egizio, un tema interessantissimo: mi limito qui a sottolinear solo che il Bue Apis è lunare, mentre il “vitello d’oro” – essendo “d’oro” …! – è solare; nota mia]. La loro forma di governo è la monarchia e il loro re passa per esser estremamente religioso, al punto di pregare trecento volte il dio-bue prima di accingersi a ogni pasto. Volendo dare a tale isola una collocazione geografica precisa [ma non è mai molto ben farlo …!, nota mia], si è tentato d’individuala nelle isole di Nicobar, a nord-ovest di Sumatra [colone danesi che il regno d’Italia tentò di comprare tra il 1864 e il 1865, ma poi la Danimarca cedette i diritti all’Inghilterra nel 1868; gli indigeni più recenti parlano lingue austroasiatiche, simili alla lingua khmer di Cambogia, ma prima vi era un popolo, con pochi sopravvissuti oggi, molto “primitivo”, come dicesi oggi, di “cacciatori-raccoglitori”; nota mia]. Cinocefali son menzionati anche da Marco Polo a proposito delle non lontane isole Andamane [vicine alle Nicobare, abitate da molti più indigeni “primitivi”, quindi adatte per “installarvi su” i “cinocefali” che, in realtà, NON SONO “uomini”]”, ivi, p. 365, grassetti e corsivo in originale.
“Magog. Il nome compare nella Bibbia, associato a quello di Gog, del paese di Magog, in una famosa profezia di Ezechiele (XXXVII e ss. […]); è ricordato anche nell’ Apocalisse (XX, 7-8 […]). Magog era la terra della quale Gog era il re […]. Gog è detto anche il principe di Mosoch e di Tubal: queste località, come altre citate in relazione con Gog, sono probabilmente simboliche e difficilmente si riesca a collocarle su una carta geografica [ed è così ma non è mancato chi abbia collegato “Mosoch” con Mosca e “Tubal” con Tobol’sk, che però son due nomi geografici, mentre “Gog” è il “re” di “Magog”; nota mia]. Gog è inoltre stato messo in relazione con Gige, il celebre re della Lidia [dal punto di vista storico NON si può accettarlo, da quello “symbolico” invece potrebbe indicare la relazione con una dinastia nel senso di legami “religiosi” con certi culti, questo sì, praticati anche in Lidia; nota mia], oppure è stato ritenuto una figura storica, da identificare con un re scita vissuto verso al fine del VII secolo a.C. [idem]. A seconda dell’interpretazione che viene suggerita del personaggio di Gog, anche la collocazione di Magog cambia [niun dubbio avvi a tal proposito] […]. Le regioni abitate da tali nazioni erano collocate nell’Asia estrema; Gog e Magog finirono col venir identificati con tutti i popoli barbari che si riversarono dall’Asia nelle regioni europee e del Medio Oriente. [1]. all’epoca di Marco Polo le loro terre erano identificate con quelle abitate dai Mongoli [NB]. Secondo la tradizione [non solo islamica] Alessandro Magno costruì delle fortezze nel Caucaso per chiudere loro il passo (v. Ponte di ferro). Nelle mitiche terre di Gog e Magog sono ambientate alcune delle avventure narrate nel Guerrin Meschino di Andrea da Barberino (1379-1430 ca. [XIV sec, insomma; nota mia])”.
Ivi, p. 325, grassetto e corsivi in originale.
“Ponte di ferro. Secondo la leggenda Alessandro magno costruì a Berbent (in persiano, Darbent, ‘barriera’) un gran pote con un cancello e con delle fortificazioni che dovevano tenere lontane le popolazioni di Gog e Magog”.
Ivi, p. 438, grassetti e corsivo in originale.
“Il profeta nell’esilio annuncia per un avvenire lontano [dal tempo di Ezechiele!, chiaro; nota mia]l’ ultima vittoriosa guerra del Signore (38-39). Profetizza contro ‘Gog, del paese di Magog, principe supremo di Mescec e di Tubal’ (38, 2; Ap., 20, 8), sotto il potere del quale – ‘dopo molti giorni’ […] – Dio stesso [NB] raccoglie ‘molti popoli’ che vengono ‘dall’estremo nord’ con innumerevoli cavalli ([…] Ap., 20, 7-8) […]. È la ‘fine dei giorni’ [questa è la “fine dei giorni”, e questo signat la “fine dei tempi”!]”.
S. QUINZIO, Un Commento alla Bibbia II. Sui Libri Sapienziali, i Libri Profetici, e i Maccabei, Adelphi Edizioni, Milano 1973, Commento: “SU EZECHIELE”, p. 166, corsivi in originale, grassetti miei.
Se ne DEVE – DEVE – dedurre che saranno le “stirpi” a “segnare” la “fine dei tempi” – alias: la “fine del cyclo” – e, di conseguenza – DI CONSEGUENZA –, sia la “caduta della G. P.” sia la “manifestazione dell’ ‘A.’ (‘con segni e prodigi’ [menzogneri])” devono già – devono già – essere avvenute …
“Chi ha orecchie per …”
“Anche il giudizio su Gog, alla fine dei tempi, sarà lungo un anno”.
L. GINZBERG. Le leggende degli ebrei IV. Mosè in Egitto, Mosè nel deserto, Adelphi edizioni, Milano 2003, p. 105.
“In quel preciso momento la grandine cessò di cadere, rimanendo sospesa in aria: una parte poi sarebbe precipitata mentre Giosuè combatteva contro gli amorriti, mentre la parte rimanente Dio la farà cadere sulla terra nella sua furia contro Gog”.
Ivi, p. 113. “Grandine” symbolica … ricollegabile con quelle “acque superiori” di cui parlava Canseliet, citato nel mio libretto sull’alchimia in s. Tommaso d’Aquino …
“ ‘Se osserverete il giorno festivo,’ [parla del “sabato”] spiegò perciò Mosè ‘[…] sarete affrancati da tre gravi disgrazie, cioè dalle sofferenza all’epoca futura di Gog e Magog, dal travaglio nel tempo messianico e infine dal giudizio nell’ultimo giorno’”.
Ivi, p. 171. Dottrina tipicamente religioso-essoterica questa, ma NON priva però d’una sua “CONSISTENZA” symbolica.
“L’inseguimento a Toqtamish portò sulle rive del Volga, dove Timur restituì al figlio di Ursus-Khan il trono del Kapciak: la corona dell’Orda d’Oro tornava sulla testa di un sicuro rivale di Toqtamish, che stava eclissandosi al nord nelle steppe dei Bulgari Neri. Sulle sue orme i cavalieri timuridi cavalcarono lungo la catena degli Urali, la Cintura-del-mondo dove, dicevano i Russi, nidificano i girifalchi; e sotto meravigliose aurore boreali si avventurarono nella sconfinata tundra uniforme, paesaggio di muschi e licheni avvolto sei mesi l’anno nel buio della notte artica, «fino a quel luogo che è prossimo all’Oceano Tenebroso o Mar Glaciale» noto con il nome di Lucumorya, il Mare-dell’arco. D’estate invece le notti artiche erano un perenne crepuscolo. Il disco arancione del sole di mezzanotte tingeva di rosso le diacce solitudini marine scintillanti di neve. Trichechi e balene bianche risalivano dal mare la foce dei grandi fiumi come l’Ob; ed anche orsi bianchi, volpi artiche, lupi, renne, emioni animavano quelle latitudini del Circolo Polare. E lì «dicono certi uomini abitare, li quali sono di monstruosa e strana forma, percioché di quelli alcuni secondo il costume delle fiere vivono: hanno il corpo tutto peloso, irsuto e squallido; altri hanno capi di cani [ed eccoli, son questi dunque i Cynocephali!, nota mia]; altri totalmente senza collo, e hanno il petto per capo, e le mani lunghe per piedi […]» commenta Sigismondo d’Herberstein. […] Questi fantomatici abitatori di Lucumorya, comunemente detti Samojedi o divoratori-di-se-stessi, erano in certo qual modo soggetti al Granduca di Moscovia. Ma in quel momento giacevano senza saperlo sotto lo scettro d’un terribile zar-del-regno-dei-tumen, tümenski-zar. I domini di Moscovia là sul Circolo Polare continuavano ancora ad occidente fino alla penisola scandinava, dove vivevano i Lapponi ed altri piccoli uomini artici che parlavano garrendo come scimmie [sono sempre varianti dei “cynocephali” comunque, nota mia]; e dove c’erano vulcani in continua eruzione [probabilmente si echeggiano nozioni relative all’Islanda, ma sempre trasfigurate, sempre; nota mia] che si diceva contenessero il fuoco del Purgatorio. In terra europea i domini della Moscovia si perdevano poi nell’immensa Selva Ercinia, abitata da fiere fameliche, feroci bufali e lupi enormi, ed anche da innumerevoli sciami di api fecondissime, che deponevano cera e miele nelle cave di grossi alberi, […] paradiso degli orsi. […] E Timur, «al fine di far parlare di sé anche nei regni d’Occidente», decise d’invadere la Moscovia. Con l’inedito scettro di «Zar-delle-tenebre» si affacciava dunque sul balcone d’Europa lo spietato condottiero asiatico che l’Occidente chiamerà col nome di Tamerlano, acconciatura barocca dell’arabo e turchesco Temyr-Langh o Timur-Lank, Timur-lo-Zoppo; l’ Aksak-Temyr delle cronache russe”, F. ADRAVANTI, Tamerlano. La stirpe del Gran Mogol, Rusconi Libri, Milano 1992, pp. 146-148, corsivi in originale.[2]
In realtà, Timur lasciò perdere Mosca – “Il 26 del mese di agosto [1395], inesplicabilmente come Attila davanti a Roma, Tamerlano leva d’improvviso le tende [dell’assedio di Mosca]”, ivi, p. 151 –, e si volse verso il sud della Russia, verso il Mar d’Azov, dove non mancò d’insanguinare la steppa. Al contrario di Tamerlano, precedentemente, nel 1392, Toqtamish aveva assediato Mosca.
Tamerlano dunque “graziò” la Russia – la Moscovia, per l’esattezza –, Russia che, pur avendo sconfitto l’Orda d’Oro, non l’aveva realmente fiaccata: ci pensò invece Tamerlano, il quale produsse una sonora disfatta proprio all’Orda d’oro, definitivamente liberando la Moscovia ed inaugurando il suo potere. Tamerlano così ebbe, involontariamente, un ruolo molto maggiore di quel che poteva pensare.
“Secondo gli studiosi, l’avvenuto ritrovamento di scheletri senza testa né mani né piedi in quelle terre di Russia [dove c’era la capitale dell’Orda d’Oro, Saraj] testimonia il passaggio del terribile Zar-delle-tenebre e delle sue truppe”, ivi, p. 151.
Tamerlano salvò anche, ma per poco tempo, “quel che rimaneva” dell’Impero bizantino configgendo Bayazìd “la folgore”, il Sultano degli ottomani. Qui, sebbene di nuovo: del tutto involontariamente!, Tamerlano ebbe un ruolo importante, sì, ma temporaneo. Con la Russia n’ebbe invece uno sostanziale: il dominio mongolo sulle steppe non si riebbe mai dall’ “uragano” di Timur. Fu fiaccato per sempre. Infine, da questo nacque la – forte – credenza russa sul fatto che “chi tocca Mosca, paga”, paga pesante.
Tamerlano ebbe il buon senso di non farlo, e così sfuggì al fato di Napoleone, di Hitler. Era intelligente lo “Zar-delle-tenebre” quindi; era intelligente il vecchio “demone della steppa”! Che poi Hitler, solo IN PARTE però, voleva prendere Tamerlano come “modello”, ciò è vero. Ma commise “l’errore fatale” … Tamerlano, invece, non lo commise. Toqtamish invece lo commise.
Andrea A. Ianniello
[1] “Le genti tenebrose di Gog e Magog avevano però segnato il fato dell’Occidente e le Acque […], infrangendo il limes (linea di chiusura politico-militare, nonché sigillo di dominio dell’Essere sul Divenire) riprendono a scorrere segnando il tempo profano”, G. CASALINO, Il nome segreto di Roma. Metafisica della romanità, Edizioni Mediterranee, Roma 2003, p. 183, corsivo in originale. In copertina vi è un particolare della facciata del Pantheon di Roma. E il libro (ma non è certo una sorpresa, dopo averne letto il contenuto!) è dedicato a Julius Evola.
Il concetto che Casalino ha di limes, però, come una linea divisoria netta, non è reale: si sa che il limes non era una divisione netta ed assoluta, bensì aveva molte zone di scambio, distingueva però permetteva la relazione. Cosa intelligente, tra lìaltro. Le “stirpi” di Gog e Magog, però, NON ERANO quei popoli lì …
Delle varie, moltissime identificazioni proposte nessuna davvero “funziona” e nessuna “calza” davvero con i dati scritturistici.
[2] “Curiosa tradizione radicata in Armenia voleva che Timur fosse nato fra le montagne armene nel distretto di Sarthaph, alle falde del biblico monte Ararat che raccolse l’arca di Noè. Pareva che là avesse dimorato la Morte durante il Diluvio, dimenticando il suo lenzuolo opalescente sulle stanche acque salate di laghi senza pesci né conchiglie, su cui le nubi rispecchiate dal cielo scivolavano come fantasmi di vascelli vaganti. Un luogo ideale per il Dragone-degli-Abissi, com’era chiamato Timur dagli Armeni”, ivi, p. 96, corsivi e grassetti miei.
“Timur si avvolse del manto del giustiziere […]. Aiutato da fedeli compagni, estirpò uno ad uno i colpevoli, incluso il nuovo Khan. Nomadi capi tribù delle steppe del nord vennero a lamentarsi da Timur, che impersonava ormai l’ atteso Sahib-Kerân, il Principe-della-fortunata-congiunzione voluto dalla profezia [la “Magna Conjunctio” Giove-Saturno che indica i grandi cambiamenti di epoca, secondo al dottrina di Albumasar, e che spinse Ibn Khaldùn a cercar Tamerlano per incontrarlo, cosa che, poi, avvenne davvero]”, ivi, p. 24, corsivi in originale.
Non che Tamerlano non sapesse chi lui fosse: “A sud di Damasco il mondo guardava verso Gerusalemme e le città della Terra Santa, che per due secoli animarono le epiche crociate fra Cristiani e Saraceni. Correva il detto che «nell’intera regione orientale quelli di Damasco superano in malvagità ed ingiustizia gli altri, ad eccezione di quelli di Gerusalemme».
«Chi dite ch’io sia, che opero così grandi cose?» domandò Timur ad alcuni prigionieri, quasi imitasse Gesù.
«Tu sei un principe senza pari,» gli rispose un tale di Damasco «sommo per virtù, fede, clemenza, generosità …»
«Zitto! tu dici il falso!» lo tagliò Timur «perché io sono il Flagello di Dio destinato a castigarvi, in quanto nessuno, tranne me, conosce il limite della vostra malvagità. Voi siete malvagi, ed io sono ancor più malvagio di voi. Dunque tacete!»”, ivi, p. 192, grassetti miei. Dunque ben sapeva chi lui fosse. Ma fungeva da giustiziere, sorta di vendicatore, cosa che talvolta era davvero!
E consapevolmente …
Chi è il “giustiziere”? “Voi siete malvagi! ma io son più malvagio di voi! E ora ve la faccio pagare!”, questi – questi! –, davvero, È “IL”giustiziere.
Oggi nessuno – nessuno – è così, hanno voglia di “demonizzare” Putin! L’intera “macchina della propaganda” Usa si è mossa in tal senso, ma il massimo che puoi dire di Putin è che è un nazionalista, magari eccessivo, “sfegatato” come suol dirsi, ma questo è quanto. E nemmeno Saddam Hussein lo era. Poiché NESSUNO è “IL giustiziere”, oggi. E Dio solo sa se non ce ne sarebbe un gran bisogno! Ingiustizie si assommano ad ingiustizie, in ogni dove, in ogni luogo: nessun posto si salva sulla Terra di oggi, per quanto chiunque la eserciti, l’ingiustizia, la chiama “suo diritto”, e sostiene che, da lui, non ci sono certo ingiustizie!
La Terra tutta è sconquassata dall’ingiustizia che si ammanta di diritto e giustizia. E nessun cambiamento esteriore, di forma, di “procedimento”, in alcun modo può cambiare, poiché il problema è sostanziale, strutturale. Quindi, è certo che del “giustiziere” – più esattamente direi: del vendicatore – ci sarebbe gran bisogno. Ma niente da fare. Non ci sarà; qui da tempo discutiamo di un’ulteriore “discesa”, figuriamoci se ci può essere un “giustiziere”! Questa è un’epoca dove l’ingiustizia vince.
PS. In relazione al passato post, cf.
https://associazione-federicoii.blogspot.com/2024/05/gemelli-i.html
PPS. L’ “Estremo Nord del mondo” … Fra taluni dei “popoli del totem”, quelli della costa nordoccidentale del Nord America, quelli del potlatch per intenderci (i Kwakiutl per l’esattezza), si parlava di “Baxbakualanuxsiwae”, cioè de “Il Cannibale-dell’estremo-nord-del-mondo”: “Sui monti viveva poi Baxbakualanuxsiwae, il Cannibale-dell’Estremo-Nord-del-Mondo”, N. BANCROFT-HUNT, Popoli dei Totem, Istituto Geografico De Agostini, Novara 1979, foto di W. Forman, p. 70. Che sia un “cannibale” o che siano “Cinocefali” non cambia l’essenza di ciò di cui “Si” sta parlando, pur cambiando, questo sì, la forma …
Se dunque non può esserci alcun Vendicatore umano - e le forme di nazionalismo non sono in alcun modo alternativa oggi - allora “il Vendicatore” dovrà essere impersonato da Dio stesso – peraltro nel mondo islamico, uno dei 99 Nomi d’Iddio è “alMuntaqim”, e cioè “il Vendicatore” –, il che ci riporta qui al più volte ricordato passo dell’ “Apocalisse” di Giovanni, cap. VI vs. 10. E vien risposto a chi prega che si deve “compiere il numero degli ‘eletti’” – per tornare ad un post precedente –, solo quando “completato **quel** ‘numero’” allora “Si” procederà … Il “signum” del “procedere” sta sempre in “Apocalisse” (di G.), cap. XI, 18 …
RispondiEliminaTrump condannato: nessuna sopresa per me. Le armi date agli ucraini possono sempre più inoltrarsi in territorio russo: idem. Sono cosa che sono state dette in in “Impolitiche Considerazioni”, la deriva è in pieno svolgimento. Peraltro con Marte in Ariete non era diversamente che ci si poteva attendere le cose sarebbero andate. Sembra quasi che seguano gli eventi astrali. A breve ci sarà la quadratura fra Marte in Toro al 1° grado e Plutone in Acquario, sempre al 1° grado.
RispondiEliminaCon il 31 di maggio è terminato il vero decennale del blog. Essendo il giugno del 2013 il vero inizio del computo del blog.
RispondiEliminaI Cynocephali - da popoli lontani - ormai son fra noi, ci siamo in mezzo (symbolicamente parlando) . . .
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