Il discorso introduttivo sarebbe lungo – e chissà non si trovi tempo per farlo – ma veniamo al punto. Si tratta di un passo dal primo di due racconti che Ouspensky scrisse 110 anni fa – 1914 – all’epoca dell’inizio del Primo Conflitto Mondiale (poi li rivide, ma solo in parte). Si tratta della storia di un inventore che va incontro ai classici (grossi) problemi degli inventori e che sta pensando di farla finita con la vita, ma quando, entrando in un negozio d’armi per acquistare una pistola, ha l’idea della pistola automatica, non più solo “a tamburo” come si dice. Trova un finanziatore stavolta, e mette su un’industria di produzione d’armi automatiche. Altra precisazione da farsi: qui è “un diavolo” che parla e racconta la storia dell’inventore, “Hugh” di nome.
“Iniziò l’epoca d’oro delle guerre. Le guerre, che un tempo scoppiavano ad intervalli di decenni, si susseguivano senza interruzione. E tutte queste guerre, stragi e rivoluzioni erano precedute da colossali ordinazioni delle armi prodotte nella fabbrica di Hugh. Tutto ciò mi faceva molto piacere. Come sai, io ho simpatia per il genere umano, desidero per gli uomini il meglio possibile e tale animazione della scena politica indicava una rapida crescita della civiltà. È noto che la guerra è al più alta espressione della civiltà e del progresso. Cosa ne sarebbe stato degli uomini se non ci fossero state le guerre? Ferocia, barbarie e totale assenza di qualsiasi evoluzione. Eppure l’importanza delle guerre nello sviluppo politico e morale dell’uomo non è mai stata apprezzata nel giusto valore. Si parla troppo di pace duratura. I sogni di pace rendono anemiche anche le nazioni più civili e di solito indicano che il paese è depresso. Tutto sommato, indulgono a sogni di pace duratura solo i popoli stanchi, sfiaccati e spiritualmente vuoti. Il principio creativo dle mondo è la guerra. Senza gurra si sviluppano fenomeno patologici, misticismo, erotismo, decadenza dell’arte e un declino generale della salute e delle forze. I lunghi periodi di pace portano sempre a degenerazione. “Ti stupisce che io parli così? È mia ferma convizxione” disse il Diavbolo inarcando la coda, “che la guerra è una necessità morale. Solo il materialismo la ostacola, perché la guerra insegna, non con le prediche ma con la pratica, che i beni di questo mondo son estremamente effimeri, che tutto ciò che è terreno e temporale è transitorio”. Di conseguenza non potevo che salutare con gioia l’inizio della guerra continua”, P. D. OUSPENSKY, Colloqui con un diavolo. Due allegorie metafisiche, Edizioni Mediterranee, Roma 1983/2021, a cura di J. G. Bennett, Prefazione alla prima edizione di G. de Turris, Prefazione - aggiunta nel 2021 - di S. Fusco, Introduzione generale – del lontano 1972 – di J. G. Bennett (e qui Bennett parlava della rottura – guarda caso avvenuta cento anni fa esatti! (1924) – fra Ouspensky e Gurdjieff!), p. 94, corsivi in originale.
In nota i curatori dell’edizione italiana (G. de Turris e S. Fusco) scrivono, a proposito di tal passo – peraltro assai “calzante” rispetto alla situazione presente –, questo: “Il concetto espresso dal Diavolo sull’azione positiva delle guerre è lo stesso su cui è basato il saggio dal titolo Report from Iron Mountain on the Possibility and Desirability of Peace, pubblicato nel 1961 a firma del giornalista L. C. Lewin, il quale affermava di aver riprodotto un documento di studio segreto commissionato dal governo statunitense. Il libro uscì l’anno dopo in Italia da Bompiani, col titolo Rapporto segreto da Iron Mountain sulla possibilità e desiderabilità della pace, a cura di Furio Colombo. Ci furono molte polemiche sull’autenticità ed effettiva esistenza del “Rapporto”, e naturalmente sulla tesi del libro, secondo cui i periodi di pace prolungata provocano la stagnazione del progresso scientifico e civile. Infine, lo stesso Lewin ammise che gran parte del materiale era farina del suo sacco. Fra le sue fonti d’ispirazione citò anche il Diavolo di Ouspensky”, ibidem, corsivi in originale, grassetti miei.
Non solo Lewin ha tratto ispirazione da Ouspensky, ma pure gli autori de “L’avvocato del diavolo”, film del 1998, a loro volta – sia Ouspensky che gli autori di tal film – avendo tratto ispirazione da Milton: un diavolo che “ha simpatia per l’uomo” e vuol “evitargli” di staccarsi dalla “realtà materiale” (concetto, questo, che, peraltro, lo Ouspensky stesso fa dire al suo diavolo più volte).
@i
PS. La Prefazione aggiunta (nel 2021), di S. Fusco, presenta dei temi alquanto significativi: e non è detto non vi si ritorni su. Ovviamente con i “se” del caso.
Cf.
RispondiEliminahttps://ia601603.us.archive.org/10/items/pdfy-A5uQx1ByqfwWuHma/Report_from_Iron_Mountain%201967.pdf
Con altro tema, ma sempre attinente, cf.
https://risk.princeton.edu/img/Historical_Collapse_Resources/Tainter_The_Collapse_of_Complex_Societies_ch_1_2_5_6.pdf