“Una massima giapponese recita: Kantan na mono yoku sho o seisu, ‘L’equilibrio tra la vittoria e la sconfitta dipende spesso da cose semplici’”.
GICHIN FUNAKOSHI, Karate – do Nyūmon, Edizioni Mediterranee, Roma 1999, p. 9, corsivi in originale,
“Duecento anni fa in Giappone, prima dell’epoca Meiji, un maestro di kendo, di nome Shoken, era infastidito dalla presenza di un grosso topo nella sua casa. Il congresso d’arti marziali fra gatti, questo è il titolo della storia che mi accingo a narrare:
‘Tutte le notti un grosso topo penetrava nella casa del maestro, impedendogli di dormire. Era costretto a riposare durante il giorno. Andò allora da un amico che allevava gatti: “Prestami” gli chiese “il più forte dei tuoi gatti”. L’altro gli diede un gatto dei tetti, molto rapido ed abilissimo nel catturar topi; le sue unghie erano forti, i suoi salti potenti! Ma quando entrò nell’alloggio, il topo lo affrontò e lo vinse, mettendolo in fuga. Era un topo davvero misterioso. Il maestro chiese allora in prestito un secondo gatto, di color fulvo, dotato di un ki potentissimo e di un forte spirito combattivo. Entrò nella casa del maestro e combatté, ma il topo ebbe la meglio e il gatto fuggì!
Stessa sorte ebbe un terzo gatto, di colore bianco e nero, ed allora il maestro Shoken se ne procurò un quarto, nero, vecchio, intelligentissimo, ma meno forte degli altri, e se lo portò a casa. Quando il topo lo vide, incominciò ad avvicinarsi per aggredirlo. Il gatto si sedette, calmissimo, e restò immobile. Il topo allora rimase perplesso, dubbioso. Si avvicinò ancora, e repentinamente il gatto lo ghermì e lo uccise.
Shoken andò allora a consultare il suo amico e gli disse: “Ho spesso inseguito questo topo con la mia spada di legno, ma ogni volta è stato lui a graffiarmi. Come ha potuto questo vecchio gatto nero vincerlo?”. L’amico gli rispose: “Bisogna indire una riunione ed interrogare i gatti. Sarete voi a porre le domande, visto che siete un maestro di kendo. I gatti son esperti in arti marziali [ben si sa]”.
Vi fu quindi un’assemblea di gatti presieduta da quello nero, che era il più anziano [“Japan style”]. Il gatto dei tetti disse: “Io sono il più forte”. Quello nero allora gli chiese: “Perché dunque non hai vinto?”. “Sono il più forte” rispose “e possiedo molte tecniche per catturare i topi, i miei artigli son micidiali e i miei salti potenti, ma quel topo non era come gli altri”. Il gatto nero dichiarò: “La tua forza e la tua tecnica non potevano battere quel topo. Anche se i tuoi poteri ed il tuo waza sono molto forti”. Allora parlò il gatto tigrato: “Anch’io sono molto forte, alleno incessantemente il mio ki e la mia respirazione attraverso zazen, e mi nutro solo di verdure e zuppa di riso. Perché dunque non ho potuto vincere quel topo?”. Il vecchio gatto nero gli rispose: “La tua attività ed il tuo ki son forti, ma quel topo era al di là del ki. Se rimani attaccato al tuo ki, esso diventa una forza vuota. Se il tuo ki è troppo intenso, troppo repentino, sei sopraffatto dalla passione [dunque offuscato, dunque sbagli]. Si potrebbe dire, ad esempio, che la tua attività è paragonabile all’acqua che esce da una fontanella, mentre quella del topo è un getto possente. Ecco perché la forza del topo è superiore alla tua. La tua attività, pur essendo forte, è debole, poiché hai un’eccessiva fiducia in te stesso”. Fu quindi il turno del gatto bianco e nero: non era particolarmente forte, ma intelligente. Aveva raggiunto il satori. Aveva sperimentato tutti i waza e praticava zazen, ma non era mushotoku, ossia senza scopo né profitto, così aveva dovuto soccombere a sua volta.
Il gatto nero gli disse: “Sei molto intelligente e forte, ma non hai potuto battere quel topo perché tu avevi uno scopo, e la sua intuizione era più profonda della tua. Quando sei entrato, lui ha capito la tua condizione mentale, per questo non hai potuto vincerlo. Non hai saputo armonizzare tra loro la tua forza, la tua tecnica e la tua coscienza, che sono rimaste separate anziché unificarsi. Io, invece, in un sol istante, ho fuso queste tre facoltà inconsciamente, naturalmente, ed ho potuto uccidere il topo. Ma qui vicino, nel villaggio accanto, conosco un gatto più forte di me. È molto vecchio ed il suo pelo è grigio. L’ho incontrato, e non sembra affatto forte! Dorme tutto il giorno, non mangia carne né pesce, ma solo zuppa di riso … qualche volta bene un po’ di sake. Non ha mai preso un solo topo: tutti lo temono e non osano avvicinarsi a lui. Un giorno è entrato in una casa piena di topi. Tutti son fuggiti via terrorizzati. Avrebbe potuto cacciarli anche dormendo. Questo gatto grigio è veramente molto misterioso. Tu devi diventare come lui, essere al di là di te stesso, di tutto.’
Grande lezione per Shoken, il maestro di kendo!”, TAISEN DESHIMARU, Lo Zen e le arti marziali, SE, Milano 1995, pp. 63-65, corsivi in originale, grassetti miei, mie osservazioni fra parentesi quadre.
Grande lezione davvero!, e NON SOLO per “il maestro di kendo”, GRANDE LEZIONE per tutti noi …!
Andrea A. Ianniello