lunedì 18 aprile 2022

Un – fino a quel momento – inedito di Schmitt (pubblicato da Dolcetta [nel 2007], come detto nel post precedente, peraltro)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

«Nel parlare dell’unità del mondo non voglio immischiarmi nella politica attuale. Voglio discutere la questione su un piano fondamentale, ma concreto. Il gran problema dell’unità in generale ha aspetti diversi. Già il numero uno è un problema per la stessa matematica e l’unità un problema teologico, filosofico, morale e politico d’ingenti proporzioni. Lo sono anche, di conseguenza, la dualità e la pluralità. Non è inutile ricordare la profondità di questi problemi davanti alle tendenze verso l’unità del mondo, così ampiamente diffuse come superficiali. Lo spirito umano si trova in un un trance critico. […] L’unità del mondo di cui sto parlando adesso, non è la comune unità del genere umano, specie di Ecumene evidente in se stessa, e che sempre è esistita al di là di ogni antagonismo umano. Non mi riferisco nemmeno all’unità mondiale delle comunicazioni, del commercio, dell’unione postale universale o cose simili. Parlo di qualcosa di più difficile ed arduo, si tratta dell’organizzazione unitaria del potere umano, che avrebbe per obiettivo pianificare, dirigere e dominare la terra e tutta l’umanità. È il gran problema: l’umanità ha già la maturità per sopportare un solo centro di potere politico? [Possiamo rispondere: No]

Nell’ordine delle cose umane l’unità ci si presenta a volte come un valore assoluto. Immaginiamo l’unità come umanità, pace e buon ordine. Pensiamo al Vangelo dell’ “unus pastor bonus”, dell’ “unum ovile”, della “una sancta”. Si può dunque affermare, in termini astratti e generali, che l’unità è meglio della pluralità? In nessun modo. Non tutta l’organizzazione centralista che funziona bene è l’ideale dell’ordine umano. Non bisogna dimenticare che l’unità ideale vale per il regno del Buon Pastore, ma non per tutta l’organizzazione umana. L’unità astratta in quanto tale può ridondare nell’apice del bene come nell’apice del male [a seconda se sia uniformizzazione oppure vera unità].  Anche il regno di Satana [il Regnum Antichristi NON È “il regno di Satana” ma una sua “prefigurazione” terrena, “nella misura in cui” ciò è – concretamentepossibile = “storicizzazione” di esso, dunque NON MAI la realizzazione delle “sciocchezze slave” (1), come le chiamo, le tonnellate di scemenze a iosa dette sull’ “Anticristo” de “noantri”] è un’unità, e Cristo stesso, parlando del diavolo e di Belzebù, diede come certa l’ unità del male. La Torre di Babele rappresenta un’unità [così come la “Grande Prostituta di Babylonia” una est]. Davanti a molte forme moderne artificiali e forzate di unità [come quella portata avanti dal “System” o quella “liberalistica”, che questo sono: forme forzate o artificiali di pseudo “unità”, per questo generano inevitabili “guerre civili mondiali” a ripetita non juvant], mi spingo addirittura a dire che la confusione babelica può esser meglio che l’unità di Babele.

L’ideale dell’unità globale del mondo in perfetto funzionamento [il punto si è che il funzionamento non è MAI “perfetto”, ma sempre – SOLO – imperfetto] corrisponde all’attuale pensiero tecnologico industriale. Non confondiamo quest’ideale tecnico con quello cristiano [ma, oh!, quant’è diffusa questa cosiddetta “confusione”!]. Lo sviluppo tecnologico produce per essenza sempre maggiori organizzazioni e centralizzazioni [fino all’epoca della digitalizzazione, quando è iniziata invece una direzione contraria, punto decisivo]. Si può dire che oggi [da un bel po’ d’anni …] il destino del mondo è la tecnologia più che la politica [nessun dubbio, ed è chiaro ed evidente da molto, ma molto tempo!], la tecnologia come processo d’irresistibile centralizzazione assoluta [e qui NON ci siamo, perché ciò è la BASE di tutte le paure che si leggono da parte cosiddetta “complott(r)ista” e cioè non aver capito nulla della fase della “polverizzazione” (Guénon), la fase “implosiva”, che la digitalizzazione inaugura, fase **incompleta** poi aggiungeva G., insomma: non sufficit perché possa “darsi” la “fine del Cyclo”].

Di questo [processo d’ “irresistibile centralizzazione”, cioè] si resero conto  buoni osservatori politici, storici e sociologi, più di cento anni fa [e qui si capisce la data di tal scritto di Schmitt]. Già nel 1848 durante la prima guerra civile europea [si noti il termine usato!], si fece evidente questo fatto centrale. La teoria marxista dell’accumulazione si nutre dell’esperienza […]. È presente in molti altri pensatori del tempo. Qui calzano a pennello alcune considerazioni di Donoso Cortés, che stava vivendo a stessa esperienza. Sopratutto il suo discorso del 4 gennaio 1849, sulla gigantesca macchina del potere, in modo irreversibile, senza rendersi conto del bene e del male, rende il potere politico ancor più potente. Donoso traccia qui l’immagine di un Leviatano che divora tutto [e, sostanzialmente, molte parti del “pensiero di ‘destra’” – cosiddetto – che sta, poi, alla radice di tanto “complott(r)ismo”, fondamentalmente, non fa che agitar e ri-agitare questo fantasma, parzialmente vero in certe fasi della storia, ma oggi passato: e la ridicolaggine sta nell’attribuire all’ “A.” questo genere di cose: “Regno dell’ ‘A.’”, ma vuol forse dire che l’ “A.” sta lui direttamente “a capo” di ciò?, e chi l’ha detto?, credono lor signori che il ruolo dell’ “Imperàtor” sia necessariamente quello di un capo politico, o solo di esso?, mica è detto!, il “Regno della Quantità” non presenta un certo “signor Quantità” al suo comando!, ma è uno STATO del MONDO: similmente, si necessita d’uno stato del mondo perché la “possibilità (“metaphysica”) dell’ “A.” possa “darsi”], che la tecnologia modera dota di mille mani e orecchie, e contro il cui potere, centuplicato dalla tecnologia, tutti i tentativi di controllo o contrapposizione son vani o assurdi [OGGI!, e nulla più delle sciocchezze “no vax” o “no green pass” l’han dimostrato “al di là di ogni ragionevole dubbio” (ma il dubbio può perfettamente esser irragionevole!), è bastata una guerra per rimettere in RIGA le società, anche se, in realtà, i fenomeni implosivi san procedendo in questo momento che parliamo, scriviamo: solo si son immersi nell’anonimato ancora una volta, pronti a riesplodere: la loro origine, infatti, non è MAI nel fenomeno che, in APPARENZA, ne scatena la virulenza, ma nella crisi – irreversibile – delle democrazie, vale a dire nella crisi della **rappresentanza**, cioè: chi – davvero rappresentano, quest’oggi, gli eletti alle cariche pubbliche nel meraviglioso, bellissimo, supremo e quasi perfetto  – ci manca poco alla perfezione!, un piccolo sforzo, ed È FATTA! – “Occidente”?].

Gli osservatori e i pensatori del 1848, erano impressionati dalla ferrovia, dalle navi a vapore [che tanto peso ebbero nel “dominio dell’ ‘Occidente’” (liberale!!)], dal telegrafo [che oggi fa ridere]. Avevano davanti agli occhi una tecnologia che era ancora vincolata a binari e fili, una tecnologia che a qualsiasi bambino oggi sembra primitiva ed antiquata [nessun dubbio al riguardo]. Che cos’era la tecnologia del 1848 comparata con le possibilità dell’aereo contemporaneo, le onde elettriche e la bomba atomica? [Era un giocattolo, eppure proprio il giocattolo ha condotto qui] Pensando come un ingegnere bisogna ammettere che il mondo attuale, comparato con quello del 1848, si avvicina all’unità centralizzata nella stessa misura in cui i mezzi di trasporto si muovo più rapidamente che prima, le attuali possibilità di comunicazione superano in efficienza quelle di una volta, o la portata dei mezzi di distruzione odierni surclassa quella delle armi d’un tempo. Per questo il nostro pianeta ci sembra oggi infinitamente piccolo, […] conseguenza inevitabile dell’ampliamento delle possibilità tecnologiche. E così, per questo pensare tecnocratico, la composizione dell’unità del mondo risulta un nonnulla, a cui si oppongono soltanto alcuni reazionari [sì, però tutto ciò NON implica necessariamente quel che diceva Schmitt all’inizio, e cioè un GOVERNO unitario globale: qui, anzi, la tecnologia è un gigantesco “flop” e il liberalismo occidentale sa solo riprodurre, senza fine, la “guerra civile” avendola fatta passare da guerra civile **europea** – dove il liberalismo, lo si è visto nell’ultimo post, ha stravinto con il crollo di ogni VERA opposizione, non parliamo delle sciocchezze “no qualcosa”, che son solo la “quinta colonna” di manovra per “certe” forze – a guerra civile **globale** o “mondiale”, se piace usar quest’ultimo termine (fa esattamente lo stesso)].

Per milioni di uomini questo è banale ed evidente [nessun dubbio al riguardo, e torniamo al discorso dell’ “americanismo” di cui qualche commentatore su tal blog ha fatto delle osservazioni, dei “commenti”, appunto]. Ma non è solo una casualità, è il punto essenziale [si noti] della nuova visione del mondo e anche una visione di unità del mondo [l’ uniformizzazione del mondo, please!], che include, come la maggior parte delle concezioni del mondo, una specie di religione o pseudo religione [ce ne sono tante!], una specie di mito [idem], di religione di scorta [giusta espressione, come una ruota di scorta …]. Ma qui non si tratta solo di una pseudo religione diffusa tra le grandi masse di città e Paesi industrializzati. Anche dirigenti che hanno nelle proprie mani le decisioni supreme della politica mondiale son posseduti [letteralmente, direi …] da queste visioni tecnico-industriali dell’unità del mondo. A questo proposito è molto importante, come documento, la genesi della cosiddetta “dottrina Stimson”, la tesi pan interventista [che vediamo rispolverata quest’oggi, perché QUESTO È, chi non l’ha capito vive, come di consueto, di sogni, o di chiacchiere da social, cioè solo propaganda, “e nulla più”, per dirla con il “Corvo” di Poe: che poi tale dottrina debba sortire un pieno successo o quali ne siano gli scopi da parte di chi spinge gli Usa, ricorrentemente, su tal cammino, è un ALTRO DISCORSO, qui ci si limita solo ad osservarlo], proclamata nel 1932 dall’allora Ministro degli Affari esteri degli Stati Uniti d’America, Henry L. Stimson. Stimson definì il senso delle sue teorie in una conferenza svoltasi il 9 giugno 1941. Le parole che utilizzò sono un vero Credo della nuova unità del mondo [che NON È il cosiddetto “New World Order”, ormai passato]. Disse che la terra non è oggi più grande di quanto lo fossero gli Stati Uniti nel 1861, troppo piccola per gli antagonismi di allora tra gli Stati Uniti del Nord e quelli del Sud. La terra – affermò Stimson – è oggi troppo piccola per i due sistemi contrapposti [e qui si legge la “fine” del “comunismo” ma pure gli eventi attuali].

Mi soffermo un momento su quest’importante affermazione del celebre autore della “dottrina Stimson”. Non solo ha un’importanza pratica per la politica del mondo, in quanto esprime la convinzione di un politico dirigente della prima potenza del mondo. […] Ma se mi ci soffermo, è perché qui la politica mondiale e la filosofia s’incontrano. Un importante statista americano si esprime […] a favore dell’unità politica del mondo, mentre fino a poco tempo prima, la concezione tipica degli Usa era il pluralismo filosofico. Perché il pragmatismo, la filosofia dei pensatori americani […], era pluralista. Rifiutava l’idea dell’unità del mondo come passata e vedeva l’autentica filosofia moderna nella pluralità delle concezioni del mondo e anche nella pluralità delle verità e lealtà. In trent’anni, in una sola generazione umana, il Paese più ricco e con più potenziale industriale e bellico del mondo, è passato dal pluralismo all’unità. Di conseguenza, l’unità del mondo sembra oggi la cosa più evidente del mondo», M. DOLCETTA, Gli spettri del Quarto Reich, Oscar Mondadori, Milano 2007, pp. 220-223, corsivi in originale, grassetti miei, mie osservazioni fra parentesi quadre.

 

 

 

 

 

 

Andrea A. Ianniello

 

 

 

 

 

(1) Ricordo qui un vecchio libro: R. BASCHERA, Il mistero di San Pietroburgo, Oscar Mondadori, Milano 1992: n’è passato di tempo! Si parla del cambiamento del nome della città fatta edificare da Pietro il Grande come signum di cambiamenti nel mondo. Al di là dei tanti errori, tipici peraltro, si tenta di “capire”, con delle basi molto deboli, gli eventi della”fine del ciclo” (peraltro non si usa certo un tal termine!), eventi del tutto incomprensibili con un retroterra religioso, di un tipo qualsiasi. Ci son però spunti sempre utili, per cui non lo considero un libro “inutile”, solo che va “maneggiato con cura” e letto cum gran salis.

 

 

 

 

 

1 commento:

  1. Peraltro mai ho sostenuto che “non c’è alcun progetto”, ma solo che “il progetto” non ha niente a che fare con quel che i “complottisti” s’immaginano sia: è un po’ diverso …




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