giovedì 5 agosto 2021

Effetti pandemici: rafforzamento dello stato??

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La manipolazione consapevole e intelligente, delle opinioni e delle abitudini delle masse svolge un ruolo importante in una società democratica, coloro i quali padroneggiano questo dispositivo sociale costituiscono un potere invisibile che dirige veramente il paese. Noi siamo in gran parte governati da uomini di cui ignoriamo tutto, ma che sono in grado di plasmare la nostra mentalità, orientare i nostri gusti, suggerirci cosa pensare. Questa è la logica conseguenza di come è organizzata la nostra società democratica basata sulla cooperazione del maggior numero di persone, necessaria affinché possiamo vivere in un mondo i cui funzionamento è ben oliato. Molto spesso i nostri capi invisibili non conoscono l’identità degli altri membri di quell’esecutivo ristretto di cui fanno parte. Ci governano in virtù della loro autorità naturale, ella loro capacità di formulare le idee che ci servono e della posizione che occupano nella struttura sociale. Poco importa come reagiamo individualmente a questa situazione, poiché in tutti gli aspetti della vita quotidiana, dalla politica agli affari, dal nostro comportamento sociale o ai nostri valori morali, di fatto siamo dominati da un piccolo gruppo di persone – un’infima parte […] di abitanti di questo paese – capaci di comprendere i processi mentali e i modelli sociali delle masse. Son loro che tirano le fila, controllano l’opinione pubblica [tutta cioè compreso il “non mainstream” e la suggestione per gli apparentemente “liberi” sta proprio nel far loro credere di esserlo solo perché si oppongono allo apparentemente “dominante” pubblicità], sfruttano le vecchie forze sociali esistenti, inventano altri modi per organizzare i mondo e guidarlo”.

H. L BERNAYS, Propaganda. Della manipolazione dell’opinione pubblica in democrazia, logo fausto lupetti editore, Bologna 2008, pp. 25-26, corsivi miei, mie osservazioni fra parentesi quadre.  (*)

 

 

Esiste quindi una struttura invisibile che legando intrinsecamente innumerevoli gruppi e associazioni, costituisce il dispositivo attraverso cui il regime democratico organizza il su spirito di gruppo e semplifica il proprio pensiero collettivo. Deplorare l’esistenza di tal meccanismo significa volere una società che non è mai esistita e che non ci sarà mai [molti chiamano “democrazia” questa cosa qui, che non c’è mai stata né mai ci sarà: ma non è la democrazia regime storico, concreto, la “democrazia reale”, quanto piuttosto una cosa utopica, e l’utopia è sempre stata l’anticamera del disastro]. Altrettanto rivo di senso è ammettere la sua esistenza, ma auspicare che resti inutilizzato [i “democratici moderati”, di solito, resisi conto dell’impossibilità del sogno-incubo di cui s’è detto nella precedente nota fra parentesi quadre, “optano” per questa seconda scelta: ma se c’è davvero la possibilità di usare un dispositivo sociale, ergo esso sarà usato!, punto]. Emil Ludwig dice che Napoleone era sempre attento a cogliere i segnali che giungevano dall’opinione pubblica, pronto ad ascoltare la voce del popolo […] ‘Sapete – disse – ciò che ammiro di più nel mondo? L’impotenza della forza per organizzar qualcosa’. Questo libro si propone di spiegare la struttura del meccanismo di controllo dell’opinione pubblica e dimostrare come viene manipolata da da coloro che puntano a raccogliere il generale consenso per un’idea o per un particolare prodotto [di un’idea come di un’apparente “contro” idea: i meccanismi son gli stessi, e chi subisce un genere di propaganda può altrettanto subire un’altra propaganda – che per Bernays non è affatto un “male”, anzi, è inevitabile, si tratta solo di usarla bene – ma non è che una sia propaganda e l’altra la “verità”: ogni propaganda sostiene che quella da lei detta sia la “verità” … non per questo diventa meno ciò che è, cioè propaganda!”.

Ivi, pp. 33-34, corsivi miei.

 

 

Riscoprire nel segreto dei corpi un’energia «libidinale», liberata, che si opporrebbe all’energia incatenata dei corpi produttivi, riscoprire una verità fantasmatica e pulsionale del corpo nel desiderio, vuol dire soltanto ancora una volta dissotterrare la metafora psichica del capitale. Così è il desiderio, così l’inconscio: deposito di scorie dell’economia politica, metafora psichica del capitale. […] E’ ciò che ci dice Foucault (suo malgrado): niente funziona nella repressione, tutto funziona nella produzione; niente funziona nella rimozione, tutto funziona nella liberazione. Ma è la stessa cosa. Ogni forma di liberazione è stimolata dalla repressione: quella delle forze produttive come quella del desiderio, delle donne, ecc. [Ed è quella cosa che oggi chiamano “estensione dei diritti”, cioè “liberazione” cosiddetta, che procede, ma è funzionale ad una certa logica] Non vi sono eccezioni per la logica della liberazione: ogni forza, ogni parola liberata è una voluta in più nella spirale del potere [cosa che tanti non riescono neppure ad immaginare alla lontana]”.

J. Baudrillard, Dimenticare Foucault, PGreco Edizioni, Milano 2014, pp. 19-20, corsivi in originale, mie osservazioni tra parentesi quadre.

 

 

Ora, se il potere fosse questa infiltrazione magnetica all’infinito nel campo sociale, da tempo non incontrerebbe più alcuna resistenza. Inversamente, se esso fosse l’unilateralità della sottomissione […] da tempo stato rovesciato ovunque. Sarebbe sprofondato sotto al pressione delle forze antagonistiche. Ora non è mai andata così, salvo qualche eccezione «storica». Per il pensiero «materialista», ciò non può che apparire […] insolubile: perché una massa «dominata» non rovescia immediatamente il potere? Perché il fascismo? Contro questa teoria unilaterale (ma si capisce perché essa sopravviva, particolarmente nei «rivoluzionari»; è proprio perché questi vorrebbero il potere soltanto per sé [ed oggi i vari “complottisti” e “no qualcosa”, non direttamente loro, ma chi diffonde spesse volte certe “parole d’ordine” in realtà “vorrebbe il potere soltanto per sé”]), […] visione ingenua […] anche la visione funzionale di Foucault in termini di collegamenti e di trasmissioni […] Dietro il potere c’è il vuoto, o anche nel suo stesso cuore, nel cuore stesso della produzione, e questo vuoto dà oggi [1977!] al potere e alla produzione un ultimo barlume di realtà”.

Ivi, pp. 33-35, corsivi miei, mie osservazioni fra parentesi quadre.

 

 

 

 

 

 

 

E’ ormai divenuto quasi dominante, se non il nuovo “mainstream” (cosiddetto, parola che non amo, ma che non ho problemi ad usare), quanto meno è divenuto fortissimo il lamento perenne contro le misure sanitarie in base alle “libertà individuali” sempre più compresse dalle misure stesse, più o meno giuste, più o meno efficaci che siano: non è quanto siano efficaci la questione qui. Alcuni – se non molti ormai, se non la quasi maggioranza, non più quella silenziosa, ma la maggioranza rumorosa – pensano che la restrizione della libertà individuale – e della proprietà privata! (questi son tutti liberisti “vecchio style” e cioè quella gente che ha dominato incontrastata da tanto e per tanto tempo!) – pensano che le restrizioni della libertà individuale siano il segno di un “rafforzamento dello stato” in un senso direttamente opposto a quello che ha portato all’indebolimento del ruolo dello stato dalla fine degli anni Settanta in poi, e, soprattutto, dagli anni Ottanta del secolo scorso, anni quasi del tutto dominati, a spada tratta, dal “mainstream” dell’anti-stato e della “libertà” individuale.

Al punto che quest’ultimo “mainstream” venne imposto, di fatto e per mezzo di abili propagande (ma soprattutto perché le maggioranze silenziose sono conformiste per definizione), venne imposto alla società senza problemi e senza lasciar spazio ad altro, “altro” che venne, a partire da quei dì, sempre più compresso in spazi sempre decrescenti.

Ma non perdiamo di vista il punto, senza considerazioni storiche, pur sempre interessanti, ma che  rischierebbero di  farci perdere di vista la centralità della questione.

 

Torniamo alla tesi sostenuta da costoro, che le misure anti-contagio siano state usate per rafforzare il ruolo dello stato: finalmente viene fuori la tesi sottostante a tante proteste, tutte concordi con delle stesse parole d’ordine comuni: la libertà, si sa, porta senza dubbio alla varietà e non certo all’uniformità … 

Non si potrebbe sbagliare più grossolanamente! Le cose sono direttamente opposte a quanto costoro credono essere.

Al contrario di quello che pensano costoro, assistiamo al crescere del ruolo di forze sovra statali, non più solo sovranazionali (vi è differenza), e dunque in diretta continuità precisamente con il cammino intrapreso dalla fine degli anni Settanta, cammino che oggi trova la sua conclusione logica. Dunque non vi è alcun “Reset” ma solo un “Iperset”, un compiere un cammino. Costoro non riescono a vederlo perché partono da delle analisi del tutto errate: non han visto tutta la deriva cominciata dagli anni Settanta, non sanno nulla della crisi dell’istituto della rappresentanza, crisi storica e strutturale, con sempre la mitologia, del tutto moderna, del “ritrovare” la sana e “giusta” relazione fra rappresentante e rappresentato, il tutto in una raffigurazione del ruolo dell’ “individuo” e della “libertà” (individuale) di stampo sostanzialmente ottocentesco, circolo chiuso – come quello che si dice (si dice eh) rinchiuderebbe lo yezida, secondo Gurdjieff (è un paragone, ma efficace) – fuori del quale non riescono ad andare. Purtroppo per loro, lo stesso System che li ha nutriti e sostenuti è ben oltre quei limiti, ai quali sembrano così legati. Lo è di fatto, non de jure, come poi è sempre successo: ti si pone di fronte al fait accompli. Punto.

Qui, in questa incomprensione, vi è l’essenza – l’essenza – della base dell’errore, ed è ciò contro cui si dice in questo blog ormai da molti anni –; peraltro che contraddizione, che manco vedono: da un lato denunciano il “marchio” (proveniente dunque da un potere sovrastatale) che starebbe dietro tutto ciò, e dunque lo stato da tempo è stato superato da delle altre strutture – tanto visibili, poche, quanto invisibili, tante –, e dall’altro: si rafforza il potere statale come un effetto della pandemia, dunque si ritorna alla retorica anni Ottanta dell’ “individuo” e della “libertà” individuale über alles: ah ecco! Mettetevi d’accordo con la vostra testa, prima cosa!

 

E non se ne avvedono che le due cose sono opposte, o avviene il rafforzamento di strutture – mo’ ce vo’ – sovra statali, non dico sovra nazionali (già ci sono), ma sovra statali, oppure su rafforza lo stato vecchio style.

Se siamo in presenza del rafforzamento di strutture, solo parzialmente “visibili”, di tipo sovra statale, il combatterle in nome della libertà solo individuale è una falsa risposta, che non intacca il nocciolo della questione, anzi che dimostra solo incomprensione. E che ha successo proprio perché 1) “mitizza” il recente passato, e 2) consente di essere seguito con zero sforzo di cambiamento della propria mentalità, cioè successo assicurato. Vi era il “buon” tempo – sedicente tale – della “libertà individuale” attaccata dai “totalitarismi”, questa la mitologia moderna costruita, ma ecco che i “cattivi”, installati negli stati, stanno “privando” i “buoni ‘cittadini’” delle “libertà individuali”, confuse con solo diritti, ovvio, con lo scopo di “rafforzare” il “Leviatano”, cioè lo “stato” occhiuto e malefico: son rimasti un po’ indietro, all’epoca del rafforzamento del potere statale moderno, epoca trapassata. E così, giù a dire sciocchezze totali, come paragonare il vaccino a Hitler – forzatura della storia ormai diffusissima, dove si usa Hitler come un babau per spaventare i bambini – o, peggio ancora, paragonare il vaccino con … l’anticristo!

E qui raggiungiamo vette di totale incomprensione di cosa sia l’anticristo: una complicata storia viene cancellata in due secondi: l’anticristo è il vaccino. Il “marchio della ‘bestia’” sarebbe il “green pass” cosiddetto, e, tutti felici, eccoli costruire la loro mitologia à rebours.

A questo punto, che determinate forze possano aver interesse a rafforzare tale resistenza deviata, che, così perdendo di vista il vero, reale oggetto della contesa, svia tanti, è semplicemente logico e non può che accadere, nel nostro mondo così manipolato e per nulla “libero”.

Occorre dir chiaramente a costoro che stanno combattendo una simia philosphiae, un simulacro. La mancanza della nozione di simulacro devia tutti costoro.

Ma la resistenza alla vaccinazione ha, in realtà, radici antiche, qualcuno potrebbe osservare, peraltro giustamente. Infatti, è così. Ma perché il cosiddetto “mainstream” sarebbe, appunto, dominato da parole d’ordine e tendenze costruite a tavolino, mentre la cosiddetta “resistenza” – la cui vera ideologia, lo si è visto, è solo un riedizione di liberalismo trito e ritrito – sarebbe “libera”? La risposta di costoro è questa: la “resistenza” è “libera” perché inneggia alla libertà (individuale, chiaro, e solo individuale!). e fa di questa parola la sua divisa. Chi parla della libertà è libero, e chi si muove in suo nome non può essere manipolato: molto divertente, davvero. Tutti questi confondono sempre l’induzione di stati d’animo – e cioè il vero potere (**) – con la costrizione: se manca la costrizione, ergo si “è liberi”, ma ciò non è vero, perché, se manca la costrizione, siamo in diritto di dedurne che manca solo una forzatura evidente. Non è detto manchi l’induzione di stati d’animo nelle masse, quindi la persuasione, cioè la manipolazione della mentalità delle masse, masse che, chiaramente, sono assai meno sprovvedute di quanto credano costoro (***). Costringere non può essere che un ripiego, il vero potere sta nell’induzione di stati d’animo.     

 

Andrea A. Ianniello

 

 

 

 

(*) Bernays era il nipote di Freud. A lui si devono due cose: 1) l’invenzione del “comunicato stampa”, oggi usatissimo; 2) l’uso della “libera” – cosiddetta – “associazione d’idee” freudiana per costruire parole d’ordine per influenzare le masse. Per esempio, l’uso di “green” o “verde”, tipo economia “verde”, “green” passa ecc. ecc., si chiama: “acclimatazione” dei termini per preparare le masse. Si tratta di ciò che si è fatto, e si continua, per i cosiddetti “Ufo” …

Attraverso i loro studi, Trotter e Le Bon son giunti alla conclusione che il ragionamento, nel senso stretto del termine, non trova spazio nella mentalità collettiva, guidata dall’impulso, dall’abitudine o dall’emozione. Al momento della scelta, il primo impulso è, generalmente, quello di seguire l’esempio di un leader che ha saputo guadagnarsi la sua fiducia. […] Quando la folla non può regolare il suo comportamento su quello di un leader, ma deve decidere da sola, allora ricorre a cliché, slogan o a immagini che simbolizzano un insieme d’idee o d’esperienze”, BERNAYS, Propaganda, cit. pp. 64-65, corsivi miei. Bernays fa il caso del propagandista che vuole far sì ce, invece di far comprare automobili, si vendano invece pianoforti. Cosa farebbe, dunque? “Quali sono allora le vere ragioni che spingono una persona a spendere il suo denaro per una nuova vettura piuttosto che per un nuovo pianoforte? Egli è pienamente consapevole de perché sceglie l’auto invece del piano? Non esattamente, compra l’auto perché è ciò che si fa in quel momento. Il moderno propagandista cerca quindi di creare le situazioni che consentano di modificare questa tendenza [quella di comprare auto invece di pianoforti: la “parola chiave” qui è “creare le situazioni”]”, ivi, pp. 68-69, corsivi miei. Il consenso di costruisce dando forma a delle situazioni nelle quali appaia inevitabile che – per continuare col nostro esempio – sia “indispensabile” l’avere pianoforti … Chi controlla l’opinione controlla il mondo. E questo si chiama: consenso. Se tu devi metter disordine in una società, dunque devi diffondere dissenso, finché la certezza di quanto da costoro – buoni o cattivi che siano qui non c’interessa, qui c’interessa solo dei meccanismi di controllo della pubblica opinione – detto sia rimessa in – perenne – questione, cioè: Oggi! Se, poi, tu vedi che ogni cosa dica una fonte, l’altra nega, ecco che c’è una lotta dentro al sistema, tutto il sistema, dunque vi è una battaglia per il controllo della pubblica opinione. Ambedue i partiti che oggi sono in lizza cercano di “arruolare” gente sui social o altrove per i propri fini, non è che lo fa un partito e l’altro – i cosiddetti “no qualcosa”, ovvero “no mainstream” (diciamo così per raggrupparli tutti) – non lo fanno. “Così fan tutti”, perché queste sono le regole del gioco. Un gioco di simulacri, si badi bene! Non un gioco di “realtà”, in un sistema che si auto replica, come un virus. “Tutte le cose hanno fine nella loro simulazione raddoppiata [ovvero: replicazione, come i virus, per cui, sì, c’è un “biopotere”, ma oh quanto diverso da quello di cui parlava Foucault e che vien perpetuato dai suoi vari epigoni!, Foucault che non riusciva proprio a venir fuori dall’epoca del “Panopticon” e del potere della prima fase della modernità, senza però mai cogliere il senso della relazione vero-falso che sta così al centro di tutto ciò che è “barocco”, senza coglier il lato inquietante dell’ “angelo di stucco”], fornendo così il segno che un ciclo si è concluso. Quando l’effetto di realtà viene, come l’inutile Messia dell’indomani [quello di cui parlava Kafka, citato appena prima da Baudrillard], e raddoppiato inutilmente il corso delle cose [come oggi quasi tutto ed in ogni cosa], è il segno che un ciclo sta esaurendosi in un gioco di simulacri, in cui tutto si ripete prima di morire. Inutile quindi correr dietro al potere o dibatterne all’infinito, poiché […] esso pure è là soltanto per nascondere che non ve n’è più o, piuttosto, che essendo stata varcata la linea di apogeo del politico, comincia l’altro versante del ciclo [scritto nel 1977], la reversione del potere nel suo stesso simulacro”, J. Baudrillard, Dimenticare Foucault, cit., p. 39, mie osservazioni fra parentesi quadre. Questo è molto importante, che, poi, è il “nodo” che tanti non riescono a capire: la “Grande Prostituta” è già crollata, mille volte, in molti modi, come simulacro ed ora si attende l’effetto minimo, l’effetto di realtà, il “trucco” della “realtà”, ovvero al cosa secondaria. Il sistema è crollato esattamente vent’anni fa col crollo delle Torri Gemelle, poi la realtà – pian pianino ed arrancando, con mille deviazioni pazze, disorientanti e fuori luogo – sta, molto lentamente, cercando di giungere al “vero”, che è il “simulacro”. Ecco l’inversione: da un certo momento in pio – con radici alla fine degli anni Settanta – la realtà è andata pian piano sparendo nel simulacro, grazie al raddoppiamento, la simulazione che si raddoppia, ovvero si replica! “La storia reale del capitale, tutto il pensiero critico del materialismo è il tentativo di arrestare il capitale, di cristallizzarlo nel momento della sua razionalità economica e politica. «Stadio dello specchio del capitale cullato dalle sirene della dialettica». […] Fortunatamente il capitale non si lascia imprigionare in questo modello, lo supera nel suo movimento irrazionale, e abbandona sul posto, raggomitolato sulla propria dialettica nostalgica e sull’idea già perduta [scritto nel 1977] della rivoluzione, un pensiero materialistico che in fondo è stato solo un momento molto superficiale della storia, e soprattutto un freno, un tentativo di neutralizzare [il movimento “irrazionale” del capitale]”, ivi, p. 40, corsivi in originale, grassetti miei, mie osservazioni tra parentesi quadre.

Sfida al potere di essere il potere: totale, irreversibile, senza scrupoli e di una violenza senza limiti. Nessun potere osa arrivare sino a questo punto (dove in ogni modo si annienterebbe). Ed è allora, di fronte a questa sfida senza risposta, che esso comincia a sgretolarsi. Vi fu un tempo in cui il poter accettava di sacrificarsi secondo le regole di quel gioco simbolico cui non può sfuggire. Un tempo in cui il potere era la qualità effimera e mortale di ciò che dev’essere sacrificato. Da quando esso ha cercato di sfuggire a questa regola, vale a dire ha cessato di essere un potere simbolico, per diventare un potere politico e una strategia di dominio sociale, la sfida simbolica non ha cessato di insidiarlo nella sua definizione politica, di disfare la verità del politico [non vi è alcuna “verità” nel “politico”]. Oggi [scritto nel 1977] […] è tutta la sostanza del politico che crolla [com’è poi stato]. Siamo al punto in cui nessuno più assume il potere [considerazioni significative in tempi di pandemie, dove tutto fuorché di “Hitler” si son visti, anzi], nessuno ne vuol più sapere [oggi si opera col “dialogo” e l’induzione di stati d’animo oppure l’incentivo], non per qualche debolezza storica o caratteriale, ma perché se n’è perduto il segreto e nessuno vuol più riprendere questa sfida. Tanto è vero che basta rinchiudere il potere nel potere per farlo crepare. Contro questa «strategia», che strategia non è, il potere si è difeso in tutti i modi possibili [ed ha continuato a farlo dagli anni Settanta ad oggi, ed “Agenda 2030” in realtà questo è, come tutto il sedicente “Reset”, e cioè un’ulteriore “strategia” – in realtà tattica di sopravvivenzaper difendersi dal vuoto che lo intacca sempre di più] (proprio anche in questo consiste il suo esercizio): democratizzandosi, liberalizzandosi, volgarizzandosi, più di recente decentrandosi, deterritorializzandosi, ecc.”, ivi, pp. 42-43, corsivi in originale, grassetti miei, miei commenti fra parentesi quadre. Ecco perché questa resistenza, che riusa vecchie tiritere neo liberiste, simulacri del XIX sec., è solo parte di un gioco di autoregolazione cibernetica sistemica, in un’ottica in cui certe parti dello stesso sistema stanno solo tentando di “prendere il potere” – che oggi è simulacro – ma non quella di sfidar davvero il sistema. La sfida sarebbe quella di dire: siete Hitler? Bene, siatelo davvero! Siete Stalin? Allora siatelo davvero! Non possono, il potere di oggi “dialoga”, perché non è potere, ma il suo simulacro, la sua immagine. Certo che vi è il controllo, ma è quello elettronico digitale, dove la digitalizzazione è stata la risposta del sistema capitalistico alla crisi delle economie “di mercato” iniziata negli anni Settanta del secolo scorso, e che si è unita ad una crisi politica: la crisi del principio di rappresentanza “democratica”, crisi dalla quale non ne siamo mai usciti, ma si son visti soltanto palliativi vari. Né “l’anticristo” è “Hitler” – salvo che per la seduttività della parola, questo sì, ma per nient’altro –, e quelli che agitano certi spettri dimostrano solo di esser fuori epoca. L’anticristo sarà più come Rasputin, se si vuol dare un’immagine, che come Hitler, salvo la seduttività della parola, come s’è detto, cosa che il Rasputin storico non aveva. Ma questo paragone con Raspuin può fornire un’immagine: è il “maestro deviato” molto più che un politico di grossa rilevanza, buono o cattivo che sia quest’ultimo. Nel contempo, il sistema deve ulteriormente sgretolarsi, e il digitale è ottimo in ciò: esso attua la miniaturizzazione “foucaultiana” che, di nuovo, si dimostra perfettamente funzionale al sistema piuttosto che una sua critica, pretesa “radicale”, ma che radicale non è affatto. Il “politico” – il cui apogeo è ormai lontano nel tempo – accetta quest’asservimento come “soluzione ai suoi problemi”, ma in realtà è solo una sostituzione, un “changeling” politico, che indebolisce il politico – che ormai è ridotto all’ombra di se stesso – nel momento stesso in cui crede di rafforzarsi.     

 

 

(**) Cf.

http://associazione-federicoii.blogspot.com/2021/08/detti.html

 

 

(***) Ascoltiamo qualcuno che di “masse” se ne intendeva, qui citato non a  sproposito, come ormai si fa spessissimo: “Poi Hitler affrontò il tema del dominio delle masse. Disse di possedere un dono infallibile  circa i sentimenti delle masse, di che cosa si poteva crederle capaci e che cosa si doveva evitare in ogni caso. Era un suo dono particolare e nessuno poteva spiegargli perché lo avesse. Ma il dono non bastava. Bisognava anche essere assolutamente sicuri dei mezzi. Guidare le folle era un’arte nel vero senso della parola e arrivarle a dominare presumeva una grandissima mole di lavoro faticosissimo. «I miei avversari arricciano il naso quando parlano di me e chiedono pieni d’invidia: come fa quest’uomo ad aver successo con le masse? I socialisti e i comunisti consideravano le masse di loro proprietà. Avevano persino delle sale per le riunioni ed erano i padroni della strada. E all’improvviso è comparso qualcuno ed è sorto un grande movimento popolare! E’ dipeso dalla fortuna e dalla mancanza di senso critico delle masse? Quella gente si sbaglia, è dipeso anche un po’ da noi, dal nostro ardore e dalla nostra tecnica. La mancanza di spirito critico delle masse ha giocato senz’altro un ruolo importante, ma non nel senso che s’immaginano questi sciocchi marxisti e reazionari. Le masse sono come un animale che dà ascolto agli istinti. Non si mettono a fare delle riflessioni raziocinanti. Se son riuscito a mettere in moto il più grande movimento popolare di tutti i tempi è perché non ho mai fatto nulla contro le leggi della vita e contro i sentimenti delle masse. Ammettiamo pure che questi sentimenti sono primitivi, ma possiedono la costanza e l’indistruttibilità delle forze della natura. Le dure esperienze che le masse hanno vissuto, come al tempo dell’inflazione e delle tessere per il pane, rimarranno impresse nella loro carne. Le masse hanno uno schema intellettuale ed emotivo semplice. Quando non riescono ad inquadrare qualcosa, ciò provoca loro inquietudine. Soltanto se tengo conto delle loro leggi naturali, sono in grado di dominarle. Mi hanno rimproverato di spingere al fanatismo le masse, di portarle ad uno stato d’estasi. Secondo questi sapientoni, invece, bisogna tranquillizzare le masse [l’abbiam visto nella pandemia, nessuno – né a livello nazionale che internazionale – che sia stato capace di chiamare ad un’opera comune con la forza necessaria] e mantenerle in uno stato d’apatia letargica. Eh no, signori, è vero il contrario. Posso guidare le masse solo se le strappo dal loro letargo. Solo le masse fanatiche sono manipolabili [punto molto importante]. Masse apatiche, letargiche costituiscono il pericolo più grande per ogni comunità. L’apatia per le masse è una forma di protezione e di difesa. Esse si nascondono nell’apatia, finché esplodono all’improvviso in azioni e reazioni del tutto inaspettate. L’uomo di Stato che non interviene subito quando vede che le masse vengono colte dall’apatia merita di apparire davanti alla Corte di giustizia! Io ho fanatizzato le masse, per farne lo strumento della mia politica! Io ho risvegliato le masse! Le ho costrette ad elevarsi al di sopra di se stesse, ho dato loro un senso e una funzione. Mi hanno rimproverato di risvegliare gli istinti più bassi delle masse. Non è quello che sto facendo. Se mi rivolgo alle masse con argomenti ragionevoli, esse non mi capiscono! Ma se risveglio in esse i sentimenti loro congeniali, allora seguono le mie semplici parole d’ordine. In un’assemblea di massa non c’è posto per la ragione. E siccome ho bisogno di un tal ambiente, per assicurarmi che i miei discorsi ottengano il massimo effetto, mando alle adunanze ogni tipo di gente, per amore o per forza, intellettuali, borghesi ed anche operai, per creare la massa. Provvedo a mescolare il popolo. E mi rivolgo a lui come massa!»

«Mi rendo conto», proseguì dopo una breve riflessione, «che nessuno può rivaleggiare con me nell’arte del dominio delle masse, neppure Goebbels. Se c’è da ottenere qualcosa con la ragione e con le idee geniali, allora questo è compito di Goebbels, ma il vero dominio delle masse non è una cosa che si può imparare. E tenga presente questo: più grandi sono le masse e più sono manovrabili. E più sono miste, contadini, operai, funzionari, più emerge il loro tipico carattere. Non stia a perder tempo con gli intellettuali e con i rappresentanti di categoria. Quanto può ottenere da loro per mezzo della ragione, il giorno dopo verrà distrutto dall’argomentazione opposta. Ma quanto lei dice al popolo, nella sua forma di massa, quando si trova in uno stato percettivo di devozione fanatica, rimane incancellabile come una parola pronunciata in uno stato d’ipnosi, e resiste ad ogni dimostrazione logica. Ma come ci sono nevrosi nel singolo individuo che è meglio non rinfocolare, così anche le masse hanno i loro complessi che non dobbiamo risvegliare, come per esempio l’inflazione e le tessere per il pane!»”, H. RAUSCHNING, Hitler mi disse, Tre Editori, Roma 1996, pp. 192-194, corsivi miei, miei commenti fra parentesi quadre.

 

 

 

15 commenti:

  1. Errata corridge.

    ‘“green” passa’, qui sopra, va cambiato in: “green pass”.
    “far sì ce”, qui sopra, va cambiato in: “far sì che”.
    “de perché”, qui sopra, va cambiato in: “del perché”.





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  2. Sulle strategie di controllo del consenso, cf.
    http://associazione-federicoii.blogspot.com/2019/01/da-il-montaggio-13-punti-tratti-da-sun.html






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  3. Sull’ultimo articolo di Cacciari su “L‘Espresso”: l’apogeo del “politico” **è stato superato**, piaccia o non.
    Pertanto criticare il “politico” perché non ha strategie non ha senso, una volta che si sia compreso che ‘l’apogeo del “politico” è stato superato, piaccia o non’.
    Chiaro che il dominio di economia e tecnica, che il “politico” novecentesco **ha generato** - non dimentichiamocene, pur fra tanti che erano critici (che però han fallito, manco di questo dobbiamo dimenticarcene!) - sia, per molti versi, “post politico”, neanche su questo possono esserci dubbi.
    Che un tal “dominio”, però, sua di forma del tutto diversa da un “ritorno allo stato autoritario”, lo è **altrettanto**, ed è il punto che Cacciari – ed altri – tanto han difficoltà nel recepire.

    Il Novecento è finito, può piacere o non piacere, ma questo è un fatto. Che dico, non finito: stra finito. Sfatto, direi, ormai.






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  4. Errata corridge, 2

    “i cui funzionamento” va cambiato in: “**il** cui funzionamento”
    “ella loro” va cambiato in: “della loro”
    ‘allo apparentemente “dominante”’ va cambiato in: ‘**alla** apparentemente “dominante”’
    “organizzare i mondo” va cambiato in: “organizzare il mondo”
    “Altrettanto rivo di senso” va cambiato in: “Altrettanto privo di senso”.





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  5. Una “resistenza” che si basi solo sull’ “io” e sul “mio” ha perso già in partenza.

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  6. Cacciari mi pare come il medico che, diagnosticato lo stato comatoso del paziente, poi gli chieda: perché non danzi? Non danza perché sta in coma, e l’unica cosa che può fare si è il “dare segni attendibili di presenza” (Baudrillard) intestandosi varie battaglie “identitarie”, come si dice oggi.
    Pseudo battaglie che, però, non intaccano in nulla il vero decisore oggi: la tecnica.
    Purtroppo è il fallimento del Novecento, che inizia con la prima guerra mondiale e la susseguente epidemia di “spagnola” e termine con la terza guerra mondiale “a pezzi” e la susseguente epidemia di “febbre di Wuhan” cosiddetta – né la “spagnola” era della Spagna – né la febbre di Wuhan è di Wuhan …






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  7. Altra questione: che si agiti sin troppe volte lo “spettro” di uno “stato autoritario”, “come la Cina”, spesso si sente dire. Vediamo il caso della censura in Cina, che vi è fortissima, nessun dubbio. Ma, di fronte al mondo digitalizzato, può sino ad un certo punto.

    E non oltre quel punto.

    Sull’ “anticristo” come “conquistatore invincibile”, si è detto varie volte che trattasi d’incomprensione clamorosa. Anzi, il suo interesse - ben lungi dallo schierarsi col “systema” - è quello di schierarsi contro di esso, di chiamare ad una sorta di “rivolta globale”, solo che la “libertà” è un qualcosa di così vieto, sgualcito e frustro, da non bastare alla bisogna.






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  8. Molto visualizzato questo post. Non moltissimo, solo molto. Ma nemmeno poco visualizzato.



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  9. Ben lungi, dunque, dall’andare nella direzione di un rafforzamento dello stato, quel che sta succedendo, al contrario, è un rafforzamento di strutture sovrastatali.

    Non so se si sta seguendo la vicenda Evergrande, ma – a parte l’instabilità sostanziale dell’economia globale – qual è la ragione di questo fatto, in Cina, oggi? La ragione profonda? Ricorda, infatti, tanto le vicende del 1998, la prima, grande “crisi asiatica” da me studiata “illo tempore” (vi è anche un post, in questo blog, a tal proposito [*])? La ragione sta nel fatto che un paese non può costruire tutto il suo successo economico sull’esportazione: come le “piccole tigri” asiatiche nel 1998, anche la Cina (“la grande tigre” asiatico) se ne sta oggi accorgendo.



    [*] Cf.
    https://associazione-federicoii.blogspot.com/2013/12/di-una-crisi-passata-che-si-e.html
    E già in quel tempo – chiaro, del tutto inascoltato, ma non sia mai!! – ragionavo di prospettive più vaste, sempre in relazione a queste questioni, cf.
    https://associazione-federicoii.blogspot.com/2013/12/di-cose-gia-passate-che-hanno-avuto.html






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    1. Ma vi è un’altra – e ben più grande – questione da ricollegarsi a tutto ciò, quella del “katèchôn”, che che può esser sia “’ò” che “tò”, sia maschile – dunque un individuo – sia un’ **istituzione**. Sulla prima questione, significative le parole di Francesco, recentissime. Sulla seconda, nel corso della storia si è attribuito questo “tò” o all’Impero romano cristianizzato, oppure alla Chiesa cattolica, come istituzione, chiaro. Tra l’altro, le due cose non si contrastano, pur apparentemente divergendo, perché si tratta dello stesso concetto in due diverse declinazioni. In tal senso, l’interessante testo di Cacciari (“Il potere che frena”, Adelphi 2012) viene molto a proposito, ben diversamente dalle tendenze che Cacciari ha preso ultimamente, che rimontano più a Hegel, come influenza, pessima dal mio punto di vista, dove Cacciari come se tornasse a posizioni molto meno “essenziali” di quelle da lui espresse nel testo suo appena citato. Se, infatti, siamo al termine della vicenda del “tò katèchôn”, se lo stato moderno – pur opponendosi alla “fine” ma insieme spingendo verso di essa – sta in crisi irreversibile (ma non vedo perché difenderlo a spada tratta, trattasi di forma passata, con buona pace di Hegel, che vi vedeva invece il “fine della storia”, seppur in modo “dialettico”, di quella dialettica che ha infettato irreversibilmente Marx), “ergo” questo è il “signum” (neutro) che **lo** “katèchôn” (neutro) è ormai esaurito. Tal “katèchôn” (sempre di genere neutro) è come ka catena di Fenrir, tutta costruita di “cose impossibili” per denotare ch’essa **non è** “materiale”, **non è** un “limes” materiale … Chi ha orecchie per intendere, intenda …


      Su Fenrir, cf.
      https://treccani.it/enciclopedia/fenrir/






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  10. Quanto sta succedendo in Cina non fa che confermar il cammino intrapreso da circa il 2011 o 2012: senza interventi delle banche centrali, l’economia globale va in crisi. E questo è un cambiamento strutturale.





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    1. Notiamo come la scelta della Cina oggi sia diversa da quella – forzata dagli eventi – degli USA nel 2008, almeno in parte diversa. Ognuna delle scelte ha costi. E costi mai completamente prevedibili.

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  11. La Cina ha contribuito a fermare gli USA, questo è stato il suo ruolo storico (assieme alla Russia che si è giustamente voluta vendicare, i due però rimanendo ben distinti e diversi) – come vi hanno anche molto contribuito le lunghe campagne militari americane, **dissennate** oltre che sostanzialmente fallimentari (Toynbee avrebbe parlato, **giustamente**, a tal proposito, del “militarismo deviato” che pone termine agli imperi) – ma ciò *non significa* che la Cina sostituisca gli USA! Né che i meccanismi fondanti “systemici” siano altri negli USA ed altri nella Cina: **non è così**, “i meccanismi systemici” son esattamente gli stessi.











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    1. Ed il problema è **sempre** lo stesso, di fondo, di base, “strutturale” come dicesi oggi: cf.
      https://associazione-federicoii.blogspot.com/2018/10/il-vero-problema-del-capitalismo-e.html






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