venerdì 10 agosto 2018

Già Pasolini … (“Un ‘giorno di san Lorenzo’ da ricordare …”)













Già Pasolini ebbe l’intuizione di tutto ciò che sarebbe stato, sottoproletari li chiamava, sottoproletari con l’ apparenza dei soldi: si tenga conto che non solo le proprietà “fisse”, tipo casa, son sempre più difficili da avere o da gestire, se li si ha (costi crescenti a fronte di redditi decrescenti), ma **lo stesso denaro** sta sempre più perdendo la sua concretezza: diventa una transazione elettronica, un flusso di bit insomma.
Allora si può dire: che differenza c’è; ecco: tu vai a un bancomat, prendi i soldi, quei soldi son tuoi, a quel punto e non possono esser “ripresi”; una carta di credito o altro denaro elettronico, invece, non è così. Non funziona così.
Se il gestore non ti vuol far avere niente, non hai niente.
In altre parole: **Tu non hai nulla**, hai un mero titolo di credito, tanto fasullo quanto i famosi “conti russi” dopo la Rivoluzione d’Ottobre; hai un titolo di credito totalmente sotto dominio di chi ti **concede** il credito stesso ... E chi ti “concede” il credito, con la transazione elettronica, può impedirti totalmente l’accesso al credito, con le vecchia modalità poteva sì, certo, impedirtelo, ma parzialmente, fino ad un certo punto. Se giungevi ad impossessarti della valuta, poteva valere come quel titolo d’un vecchio film: “Prendi i soldi e scappa”. Oggi possono anche impedirti proprio di prenderteli. Ecco cos’hanno fatto, per te, caro imprenditore che tanto menavi vanto della ricchezza italiana negli anni ’80, per te, che hai accumulato “qualcosina” per la vecchiaia e che hai dato il tuo consenso per tutti questi decenni a quel System che ti spenna, e non può che farlo.
E se sostieni i vari Trump, guarda cosa stan combinando: i dazi alla Turchia stan facendo crollare la lira turca, e il “contagio” cosiddetto si estende, in Italia soprattutto al mondo bancario. Agosto è sempre il mese in cui si accendono le scintille, poiché il volume degli scambi è ridotto. Ricordiamoci che la crisi dei subprime ebbe il suo detonatore nell’inizio d’agosto di dieci anni fa, quando la crisi della Lehman Brothers esplose[1], così oggi la lira turca può essere quella “scintilla che dà fuoco alla prateria” (Mao[2]) estremamente secca, in questo caldissimo agosto 2018, con Marte che giganteggia nel cielo e l’11 c’è l’eclissi parziale di Sole[3]? Si vedrà, certo si è che l’economia globale ha dei problemi ancor più strutturali di quelli di dieci anni fa, che da dieci anni sono stati messi “sotto il tappeto”, senz’alcun tentativo di soluzione.

Ma torniamo a noi, al nostro discorsetto sul credito e sulla sua natura: quando hai solo credito, tu non hai nulla; ha tutto “chi” – o quelli (senza volto) – che concedono il credito. E’ una concessione, non è un diritto, e qui giova ripeterlo. E il lavoro è sempre più corvée: tu paghi per lavorare, non sei pagato per farlo, ed è il lavoro “servizio” rispetto al lavoro “produttivo”, sul qual punto già Baudrillard – alla fine degli anni Settanta!! – su questo criticava Marx.
Tutto questo sistema di credito si chiama: capitalismo, il sistema del credito, nato prima dello “scatenamento delle forze produttive”, cui Marx tanto dava importanza, con mentalità ottocentesca e sbagliando il bersaglio, pur avendone avuto sentore, per la verità, di questa natura. E qui posso solo accennare alla mia teoria, sviluppata in altri post, del System capitalistico come del “gran Dybbuk”, il gran “Le Revenant”, tra l’altro titolo di un film di tre anni fa[4], quel System che pratica lo stockaggio di materia morta (detta “materia prima”, parodizzando il termine alchemico, che ha un altro senso). E lo scambia: solo valore di scambio (quantitativo) può esistere nel mondo del capitale. Non valore “d’uso”, cioè “qualitativo” …
Per poter “tutto scambiare”, la materia dev’essere materia “prima” nel System del capitale, cioè morta. La materia morta deve “rivenire” in un sistema artificiale di scambi. Tal sistema può – e deve – poter viaggiare per canali artificiali, per nulla naturali.
Su questi temi, però, non posso che rimandare ad altri post, sparsi su ed in questo blog.
Ricordiamo un’altra data agostana, pericolosa: la fine del Gold Exchange Standard, 15 agosto del 1971, data che inaugurava la centralità del dollaro come moneta di scambio sistemica, centralità che oggi è stata difesa a scapito del resto del sistema di scambi, che soffre, ormai, la gabbia del dollaro (e su questo, mi limito qui a qualche link di vecchi post in nota[5]).
Infatti uno degli esiti più semplici per la soluzione della crisi (mai passata) nata dieci anni fa, e per altro conformi anche alle teorie vigenti dell’economia, per quanto esse possano essere fallaci dal punto di vista teorico generale, sarebbe stato quello della svalutazione del dollaro. Ecco il modo classico, e conforme alle “regole” del capitalismo – regole fasulle, per i gonzi – per risolvere il problema.
Certo che gli Stati Uniti avrebbero dovuto rivedere la loro posizione dominante, e iniziare a pagare un pesante scotto per gli effetti del 2008. Attenzione, però, non “gli” Stati Uniti, ma la classe dominante gli Stati Uniti, perché le classi subalterne americane han già pagato pesante scotto. Ed anche una parte importante delle classi medie ha pagato, donde Trump, sulla cui vittoria personalmente non ho mai avuto alcun dubbio. Si tratta non del “fascismo ‘eterno’”, del quale parla un recente libro di Eco[6], non esageriamo, ché non esiste una dottrina politica “eterna” (contraddizione in termini), ma di un riflesso condizionato della crisi delle classi medie, che volgono a destra, verso le destre nazionalistiche, in quanto vedono nella “difesa” delle “propria” cosiddetta “nazione” (che oggi non può aver lo stesso significato che nei secc. XIX e XX) la risposta alla crisi della globalizzazione, che è strutturale al sistema capitalistico, lo si è detto più volte, giova ripeterlo fino alla nausea.
Ora però:una tale “risposta” precipita la situazione, come dimostra proprio lo stesso Trump e le sue decisioni sui dazi prima alla Cina e poi all’Iran, per finire alla Turchia, dulcis in fundo. E la crisi non ha ancor toccato il petrolio (tra l’altro, titolo del libro postumo di Pasolini, nel quale accusava Cefis, che aveva un ruolo nella P2 di Gelli[7], in una fase precedente sistemica, quella di costruzione di ciò che – oggi – sta crollando!!); alla fin fine l’Iran se ne sta buono buono. Per quanto ancora, con una crisi economica galoppante all’interno?
E se – con la Turchia, abbandonata dagli usa in una follia geopolitica che prosegue quella già commessa con l’Iraq, non certo riaggiusta il danno fatto, che va con la Russia – e se l’Eufrate sarà superato, cosa faranno gli Usa, interverranno? Molto difficile[8].
Di questi han parlato Putin e Trump, delle mosse per indebolire quel che resta della globalizzazione del NWO tanto criticato. Ma lo scopo era “guadagnarci” – in termini di consenso, non certo meramente di soldi – dalla fine del NWO stesso.



Andrea A. Ianniello








[1]  Cf.
https://www.ilfattoquotidiano.it/2014/09/05/crisi-e-dintorni-1-lehman-brothers-lestate-della-grande-peste/1111452/
La radice della crisi, però, già vi era dal precedente anno, il 2007
[2]  Cf.
http://www.bibliotecamarxista.org/Mao/libro_2/scintilla_prateria.pdf,
cf.
https://www.marxists.org/reference/archive/mao/selected-works/volume-1/mswv1_6.htm. Sono frasi del gennaio del 1930 
[3]  La recente eclissi di Luna della fine di luglio è stata sin troppo pubblicizzata, ha comportato un grosso seguito di disastri, ma nulla di sistemico. Questa di sole, seppur parziale, sembra contribuisca all’ oscuramento del giudizio di molti “decisori” attuali, già largamente ciechi per loro stessa natura …
[4]  Cf. https://it.wikipedia.org/wiki/Revenant_-_Redivivo.
[6]  Cf. U. Eco, Il fascismo eterno, La nave di Teseo editore, Milano 2017. Eco si sbaglia credendo che, per il fascismo, ci voglia un noi e un loro; basta un loro, i cattivi: questo dimostra la presente situazione. Se hai un loro, allora il noi è un non-loro - ed è fatta.
[7]  Cf.
http://pasolinipuntonet.blogspot.com/2012/10/petrolio-la-bomba-di-pasolini-di-gianni.html.









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