Europa
e Prima Guerra Mondiale
“Parla da saggio
ad un ignorante ed egli dirà che hai poco senno”.
Euripide
La Prima Guerra
Mondiale segnò, forse, la vera cesura
nella “seconda fase” de “La Crisi del mondo moderno” (Guénon), perché pose
termine tanto alla cosiddetta “Belle
époque”[1],
quanto pure all’ordine che aveva regnato in Europa e nel mondo a seguito degli
accordi del Congresso di Vienna del 1815[2].
Pur periclitante, pur
decadente, pur attaccato in mille modi, l’ordine nato da quegli accordi resse sostanzialmente
un secolo. Il Congresso di Vienna aveva fatto sì che le aristocrazie
europee, anche con molte concessioni e cooptando grosse parti delle varie borghesie “nazionali”, fossero in grado di
sostenere lo sviluppo capitalistico che produsse quella che, ormai, si usa
chiamare la “prima globalizzazione”.
Quel sistema vedeva
nell’Inghilterra e nell’Europa il centro
del sistema economico e tecnico mondiali. Quel
sistema crollò con la Grande Guerra, per molte ragioni, che ripercorrere
qui sarebbe troppo lungo; tuttavia, si cercherà di delinearne, in breve,
l’essenziale, soprattutto in relazione alla trasformazione che la Grande Guerra produsse. Se crollò l’ordine
della centralità dell’Europa occidentale, pure non crollò il sistema economico
e tecnico detto “capitalismo”, che semplicemente si spostò e cominciò a
considerare l’Europa come secondaria[3].
La cosiddetta “Europa
‘unita’”, sinora, non è che un succedaneo,
dove le ambizioni delle nazioni più potenti (soprattutto la Germania, con la
Francia comprimaria in style Vichy)
si fanno passare per “unità”, ma non
è un “bene comune”, una vera
cittadinanza europea che si ritrova al centro, quanto piuttosto uno scimmiottare,
in modo peggiore, quel che han fatto gli Stati Uniti d’America che, giova ricordarlo, sono nati unitari.
In Europa non si riesce
ancora, dopo tanti anni, a trovare un “proprium”
veramente comune, un Nostrum, che sia
Mare o Terra poco importa, pure Aër
andrebbe bene, purché sia qualcosa di comune
davvero[4].
Ricordiamo che una
rilevante differenza è il ruolo della Russia, fino alla prima metà del 2015
ancora non coinvolta attivamente
nella guerra in Medio Oriente, ruolo che si è dimostrato punto di “svolta” sia
nella Prima sia nella Seconda Guerra mondiale, anche se, negli ultimi tempi, sembra ormai che la necessità di formare una “Grande Coalizione” anti-Isis/Isil abbia
spinto ad un deciso riavvicinamento fra Russia ed Usa, in vista di una “Grande
Coalizione” tanto vasta, quanto debole, ed al suo interno molto divisa.
Or dunque, quando nasce il
mondo moderno? Con Lutero. La
modernità è nata dalla religione e solo dalla religione potrà essere abbattuta. Anche se questo fatto
non è da usare come i “pazzi per Trento”, inguaribili nostalgici con
quell’atteggiamento così “tipico” di un’Europina minima – piccola piccola -
tutta ripiegata su se stessa, dove l’abusatissimo termine d’ “identità” viene
stiracchiato e preso per narcisistico auto rispecchiamento: queste “chiuse
identità” la storia non ce le tramanda, anzi, l’identità è precisamente la
caratteristica che consente di assimilare gli stimoli esterni mantenendo un
nucleo interno intatto. Un’altra osservazione: mai nel Medioevo il nazionalismo
era stato tanto esplicitamente evocato prima di Lutero, esisteva
implicitamente, ma non esplicitamente.
Tornando alla vexata quaestio dell’ “identità”, è
proprio l’assenza di un nucleo interno
che genera le risposte isteriche che vediamo in questi tempi di nuovi muri:
hanno abbattuto quello di Berlino solo per costruirne altri … ah ah. L’Histoire: quelle ironie!! Tutto si
sarebbero aspettati – dopo “l’estasi della connettività” e l’aver “fatto entrare”
senza distinzioni - né “step” - i paesi dell’Europa dell’Est - noti e storici
portatori di guai –, tutto si sarebbero aspettati fuorché avesse portato a nuovi
muri: ma stava tutto scritto dentro, sin dall’inizio, che si sarebbe tornati ai
nazionalismi, mai sedati e mai passati dalla Prima Guerra Mondiale.
Certa gente vive nei sogni, che
però spesso son incubi o si trasformano in incubi; davvero come se si abbaiasse
alla Luna, cosa diffusissima nella nostra epoca[5].
Per quanto decada, per quanto
“post”, siamo ancora nell’ “Autunno del moderno”. Non abbiamo davvero
superato la modernità, nonostante gli sforzi di taluni autori, come De Benoist[6].
Tuttavia, una diversa, ben
diversa posizione su questi temi, qui, su questo blog, è semplicemente doverosa.
Come prima osservazione, si
può partire da quel che G. Masson, in una vecchia biografia su Federico II,
così concludeva, nell’Epilogo: “Federico di Svevia Hohenstaufen morì
apparentemente sconfitto e annientato dalle potenze del suo tempo. Con lui sembrò
scomparire anche tutto ciò che aveva voluto creare: soltanto pochi castelli
sparsi sulle solitarie [un tempo, nota mia] colline pugliesi, alcune statue
della porta di Capua [ne rimane qualcosa] e il manoscritto del suo libro di
falconeria restavano a testimoniare
della grandezza del suo ideale incompiuto”[7].
Dopo questo passo, appena
citato, l’autrice rovina le sue giuste osservazioni – dove la Masson, commette
il grosso errore dell’anacronismo,
attribuendo a Federico II lo stato moderno: questo
è un errore molto, troppo diffuso.
E tuttavia, pur puntualizza
un punto decisivo, nelle sue frasi
successive: “L’ultimo dei grandi imperatori non
è morto, ciò per cui è vissuto è
giunto fino a noi, per cui dell’altisonante susseguirsi dei suoi titoli
[...] potremmo aggiungere: Imperatore Immortale”[8].
Quel che c’è di vero è l’unità, una debole, ma continua unità: il Meridione è, in effetti, un’unità specifica e
caratteristica.
Esiste allora un’effettiva
“identità meridionale” specifica?
Direi di sì.
Che cosa possiamo intendere
per “identità”? La particolarità “specifica” s’intende per “identità”: la vera
particolarità dell’Italia del Sud, rispetto al resto d’Italia, è quest’unità ed
è lo stato forte, tendenzialmente accentrato, seppur spesso non lo si poneva in
essere, quindi ecco il termine dubitativo e sfumante di “tendenzialmente” unificanti.
In effetti, sarebbe molto da dire a tal proposito, ma nessuno cui dirlo …
Occorrerebbe quindi
valorizzare l’unità come punto distintivo del Sud, a fronte di un mondo
post-moderno caratterizzato sostanzialmente da individualismo e disunità.
Il Meridione è già, per sua
natura, tendente a separarsi e dividersi, disunirsi e frammentarsi, dunque la
tendenza sua propria dominante, è un’ “altra”: ma, proprio per questo, si è
sviluppato, al suo interno, come una sorta di “bilanciamento”.
Ed è tal bilanciamento la vera, l’unica via reale, una via che sembra paradossale solo in apparenza:
come può mai essere che un posto caratterizzato da comportamenti tendenti alla
separazione ed alla disunione porti avanti l’unità …
La risposta è nella domanda:
qualora, infatti, il clima generale di un’epoca, come quella nostra presente,
porti alla disunione, quasi alla dissoluzione, il Sud affonda.
Per sopravvivere - solo per
sopravvivere - il Sud ha la necessità, vitale, di avere un contraltare che
spinga al contrario ed all’opposto della disunione, oggi predominante e
conforme ai “desiderata” dei centri “decisionali” europei.
Se tendenza dell’epoca e
quella del luogo si assommano l’una l’altra, allora è la fine. Oggi, Oggi …
Ora però: chi fondò l’unità
del Süd? I Normanni, che han portato lo style
animalistico, pur non essendone affatto
gl’inventori, infatti era già presente, di radice classica, ma loro da
radici sia orientali che steppiche: lungo discorso …
Tutte queste questioni,
ovviamente, porterebbero alla fatidica domanda: Quand’è iniziato il Medioevo?
Punto controverso, che qui si può soltanto accennare.
Per sintetizzare una materia
molto fluida (come lava …), lo style
animalistico esisteva da ben prima dei Normanni, e vi sono testimonianze anche
nel mondo classico, che si pretende lontano dal simbolismo.
Ma è chiaro che hanno portato
qui un qualcosa in più, di diverso.
Per non concludere …
Nel mondo delle “piccole
patrie” e dell’ “identitarismo militante”, dei meschini egoismi di politicanti
piccoli-piccoli, dove ogni vera identità comune ormai è sopita - chi cammina sul
sentiero dell’unità cammina sul sentiero giusto.
Vincit Ominia Veritas.
Andrea A. Ianniello
[1] Quanto a quell’epoca non fu così “belle” come vorrebbe il nome. Con il
Primo Conflitto Mondiale cominciava quello che qualcuno ha chiamato “la guerra
civile europea” (C. Schmitt), ma che chiamerei più esattamente “prima fase della guerra civile globale”,
di cui siamo entrati nella terza – e conclusiva – fase.
Sulla “belle”
époque, cf. A. Butterworth, Il mondo che non fu mai. Una storia vera di
sognatori, cospiratori, anarchici e agenti segreti, Einaudi editore, Torino
2011.
[2] Sulla Restaurazione di Vienna, cf. “Il secolo lungo” in “La Conquista,
1815-1870. L’Unità italiana nell’era della borghesia”, 1. “Restaurazioni”, supplemento a “Il Manifesto”, s.d., pp. 12-17. L’interpretazione che se ne dà è: “Vienna
1814-1815, missione impossibile: riportare indietro l’orologio della storia,
cancellando il 1789 e tutto ciò che ne era seguito. La politica dell’aristocrazia è in antitesi alla società borghese”
(ivi, p. 12, corsivi miei).
Quest’interpretazione, di matrice marxista, è molto in auge, anche magari per
invertirla, com’è costume fra i cosiddetti “alternativi” d’oggi, che usano fare
una semplice inversione credendo, così, di risolvere il problema. Piuttosto, si
trattò di un’aristocrazia che si propose al comando dello sviluppo
capitalistico, cooptando parte delle
borghesie nazionali.
[3] “Abbiamo già sostenuto che l’immagine secondo
cui il capitalismo storico ha avuto origine dal rovesciamento di
un’aristocrazia arretrata da parte di una borghesia progressista è sbagliata. Invece l’immagine di base
appropriata è quella secondo cui il capitalismo storico è stato creato da
un’aristocrazia terriera che trasformò se
stessa in borghesia, perché il vecchio sistema si stava disintegrando. Piuttosto che lasciare
che la disintegrazione proseguisse verso esiti incerti, essa s’impegnò in una
radicale opera di chirurgia strutturale per mantenere e accrescere
significativamente la propria capacità di sfruttare i produttori diretti” (I. Wallerstein,
Capitalismo storico e Civiltà
capitalistica, Asterios Editore, Trieste 2000, p. 84, corsivi miei).
Nel gennaio
del 2015 è stato diffuso un dato ufficiale: l’1% della popolazione mondiale (di
oltre sette miliardi d’individui) possiede il 90% della ricchezza globale.
Questo ha portato la “democrazia” e la “libertà” con la tecnica al loro
servizio: al dominio globale delle minoranze
egoiste, sul popolino ipnotizzato da giocattolini tecnologici che sviano
l’attenzione di massa su strade senza uscita ed obiettivi che sono meri simulacri.
[4] Ben poco notato, è uscito un libro in
inglese: M. Rath, The Nazi Roots of ‘Brussels Eu’, che
contiene degli spunti interessanti. Vi è una pagina web sul libro, non tradotto
in Italia; la traduzione immediata di un tale testo sarebbe difficile, essendo
gli italici i più pigri del mondo in queste cose. Il link è: http://www.nazi-roots-of-brussels-eu.org/.
Quest’ultimo link, si arriva ad un altro link, che contiene la traduzione in
italiano.
Tra l’altro,
sia detto per inciso, anche nella Seconda Guerra Mondiale la Germania (del
Terzo Reich, stavolta) ebbe il ruolo di “apripista”, di “ariete di sfondamento”
dello sviluppo tecnologico, del quale sviluppo si avvantaggeranno, dopo la
guerra, sia la Russia, sia – ancor più – gli Stati Uniti d’America, che
portarono massicciamente intere legioni di scienziati tedeschi negli Usa
(“Operation paperclip”, “Operazione graffetta”). Senza questi ultimi, il nostro
presente non sarebbe quel che è, tante “invenzioni post-moderne” non ci
sarebbero, non farebbero parte del nostro presente e della vita quotidiana di
parti della popolazione mondiale (non di tutti però, come la cosiddetta
“immigrazione di massa” sta, ogni giorno, a ricordarci).
[5] Cf. P. Scaolo,
Contra Canes. Manifesto di liberazione dallo strapotere
e dall’intolleranza dei cinofili, Scipioni, Valentano (VT) 2003.
[6] A tal proposito, cf. A. de Benoist, Oltre il Moderno. Sguardi sul terzo
millennio, Arianna Editrice, Casalecchio (BO) 2005 (II Edizione, la prima
era del 2003), libro che, pur interessante sotto vari aspetti, fallisce
nell’andar realmente “Oltre”
il Moderno, oltre la “nozione” (Der Begriff) di “modernità” tout court (“Der
Begriff” come Der Begriff der Politik
di C. Schmitt (La “categoria”
del politico), “categoria” che, per
Schmitt, si sostanziava nell’opposizione amico/nemico, e così anche “il”
Moderno “in sé” si aggrega intorno ad un’opposizione “sviluppo”/“tradizione”,
opposizione che non esiste più oggi
nei termini detti “moderni”, appunto). Ed oggi, conviene esser chiari: contro l’
“Amerika” oggi ci son tanti, ma è l’esser contro il classico “gigante con i
piedi d’argilla”, contro i vari Putin, e tutti i populismi, invece nient’affatto;
anzi, son considerati “buoni”, e in un “senso comune” molto più diffuso di quel
che possa sembrare e che “dis-usa” parti del vecchio “tradizionalismo”,
volgendolo a ai loto scopi. Ecco, quest’abbraccio dissolutore troverà sempre in
“Noi” un ostacolo. Difatti, questo loro “orientamento-occidentamento” si
esprime, dal “nostro” punto di vista, in tali termini: contro il System della
“Grande Prostituta” e a favore della “Bestia”. Figurarsi se qui siamo a favore
del System! Super contro! Ma, se ciò vuol dire stare a favore della “Bestia”,
siamo ancor più contro questa “deriva” di quel che non si fosse contro il “Ventennio
osceno”, sempre avversato, pagato sulla propria pelle quando quelli che ora
protestano erano dalla parte del System,
e non potrà mai esser dimenticato.
In una parola: vi è differenza qualitativa
fra i due stadi della stessa cosa eh, due fasi della stessa cosa, eh … Su Putin, che ha preso delle pagine da
Zhirinovskij, cf. https://associazionefederigoiisvevia.files.wordpress.com/2014/03/il-e2809clibretto-neroe2809d-il-caffc3a8-30-dicembre-2003-anno-vi-n-48-274.jp.
Scritto, quest’ultimo, dell’AD 2003,
giusto per mettere i punti sulle “i”, sulle “a”, sulle “o”, sulle “e”, sulle “u”,
insomma giusto per porre “umlaut” un po’ su tutto, anzi tüttö …
Finché il
sottoscritto sarà in giro: Non si cadrà
nelle trappole, trappolette, trappolone, d’ogni fatta, forma e/o misura, che
dico: mizürä … Naturalmente, ognuno essendo padrone di fare come
crede.
[7] G. Masson,
Federico II di Svevia, Rusconi Libri,
Milano 1978, pp. 433-434, corsivi miei.
https://associazionefederigoiisvevia.wordpress.com/2016/09/18/prima-guerra-mondiale-ed-oggi-una-riflessione/
RispondiEliminaDunque la ‘Grosse Coalition’ è debole e si sta sfaldando Come qualcuno ha osservato, essa è come l’ultimo tentativo di fermare “certe” cose; e nel link di qua sopra anch’io suggerisco che stavolta non si riuscirà a fermare “certe” forze “dietro” i precedenti tentativi (e parmi lo stesso Incànus pure l’osservi, citando qualche fonte).
RispondiEliminaSe così sarà, **in tal caso**, **effettivamente** una certa Porta sarà davvero aperta.
Ma siamo nell’ “IF THEN”: a patto che accada A, allora B.
RispondiEliminaNon un impossibile “ritorno” alla “guerra fredda”, ma, invece, il ritorno ad una situazione pre-Prima Guerra Mondiale, ovvero i nazionalismi tedesco, redivivo, e russo, mai scomparso, che si fronteggiano – la partita in M.O. è, invece, più complessa: i due temi s’intrecciano.
Al momento è la Turchia che sta vincendo, ora appoggiandosi residualmente agli USA, ora facendo un “appeasement” con la Russia.
Dunque quel che si dice quivi suso è il punto vero. D’altro canto, senza la Prima Guerra Mondiale non vi sarebbe potuta essere la Rivoluzione russa e Lenin avrebbe terminato la sua vita in Svizzera, forse proprio a Zurigo …
Una cosa occorre precisare per capir bene le cose: che “non si riesce a fermare questa volta” - la terza - **non si riferisce** al cosiddetto “Isil”, bensì a forze che son dietro varie sigle diverse, forze che si mascherano in molte guise; tali forze fan riferimento alle sette torri ...
RispondiEliminaDi cui, su questo blog, si è parlato in qualche passato post ...
https://associazionefederigoiisvevia.wordpress.com/2014/09/24/particolare-link-da-un-blog-il-diavolo-sussurra-nellorecchio-dellanticristo-le-parole-che-daranno-inizio-allesplosione-del-mondo/
RispondiElimina--
Ora che Mosul sta cadendo e l’Isil prende un colpo e la debola Grande Coalizione sta ottenendo il suo successo, si sta formando quella situazione che deve portare al supermanento dell’Eufrate ...
RispondiEliminaInfatti la Turchia sta valutando un suo maggior coinvolgimento nella zona, e rimane il grosso problema kurdo ...
In un modo o nell’altro, la torre centrale si sta risvegliando ....