“I disastri che colpiscono i sovrani del mondo provengono, in genere, dal non aver misurato la propria forza nell’utilizzare l’esercito e dal non aver misurato il territorio nella gestione dei terreni erbosi e delle terre incolte”.
Il Libro del Signore di Shang, Adelphi Edizioni, Milano 1989, p. 180, corsivi miei.
“Nel cuore dell’Asia giace la terra enorme, misteriosa e ricca della Mongolia. […] Culla di popoli, di storie, di leggende, patria di conquistatori sanguinosi […] Terra di aride montagne, di piani arsi dal sole e dal gelo, di malattie che flagellano uomini e mandrie, la peste, l’antrace e il vaiolo; di sorgenti bollenti e di passi montani abitati dai diavoli; di laghi sacri formicolanti di pesce; di lupi, di specie rare di daini e di capri di montagna, di marmotte a milioni; cavalli, asini e cammelli selvatici che mai conobbero la briglia; cani feroci e feroci uccelli predatori che divorano i cadaveri seminati nelle pianure dagli uomini: ecco la Mongolia”.
F. OSSENDOWSKI, Bestie, Uomini e Dèi, Edizioni CdL, Verona 2020, pp. 102-103.
“[…] le moderne macchine da guerra sono di gran lunga superiori agli uomini che le utilizzano. In passato, una battaglia era limitata dalla capacità di resistenza delle truppe coinvolte; quando i cavalli e le braccia dei guerrieri non ce la facevano più a combattere, gli eserciti si disimpegnavano per riposarsi e riorganizzarsi. Oggigiorno, invece, può esser necessario che unità meccanizzate debbano rimanere impegnate in combattimento per giorni o persino per settimane di seguito. Questa necessità va al di là della capacità di resistenza del corpo umano. In una guerra moderna, il soldato comune rappresenta un’unità di combattimento fisicamente efficiente per un massimo di sei mesi [questo è un punto d’importanza decisiva in relazione al conflitto in atto, dove in effetti “è cascato l’asino” per ambedue i contendenti: dopo sei mesi il soldato dev’essere fatto “ruotare”, cioè va sostituito; chi può meglio gestire questo meccanismo, allo stato delle cose – cioè mancanza di un fattore tecnologico troppo dispari, e strategie statiche da Prima Guerra Mondiale –, avrà l’ apparente vittoria, qualsiasi cosa sia, oggi, la “vittoria” cosiddetta]. La sua efficacia raggiunge l’apice verso il terzo mese di servizio per poi scemare lentamente, e solo una piccola parte di questo tempo viene trascorsa effettivamente nel combattimento vero e proprio. L’accettazione di queste limitazioni fisiche esercita un profondo effetto sullo spirito del guerriero. Non appena si rende conto di non essere abbastanza forte per poter utilizzare al massimo gli strumenti della sua professione [si noti], comincia a dubitare di tutte le sue capacità”, F. LOVRET, La via della strategia, Edizioni Mediterranee, Roma 2009, p. 82, corsivi miei, miei commenti fra parentesi quadre.
Aggiungeva poi: “Le guerre non vengono vinte dagli uomini migliori, ma dai più cattivi. La battaglia è solamente un’avventura gloriosa per gli storici che fanno parte della squadra vincente [eh già …!]. Per coloro che sono direttamente coinvolti, è un’esperienza cruenta e dolorosa [NB]. Tuttavia, a volte non è possibile evitare la battaglia. L’unica soluzione razionale [l’ unica eh, NB] è di affrontarla nel modo più rapido e risoluto possibile, e portarla a termine con il minor numero di danni possibile. Ma di che rapidità stiamo parlando [il punto decisivo è questo]? Per quanto riguarda i combattimenti individuali, bisognerebbe pensare in termini di secondi. Per quanto riguarda le guerre tra nazioni, in termini di giorni [si è capito bene: giorni …!]. Se un combattimento dura più d’un minuto tra singoli individui, o più d’una settimana tra due eserciti, significa che è condotto in maniera sbagliata [NB]”, ivi, p. 84-85, corsivi e grassetti miei, mie osservazioni fra parentesi quadre. Ne discende che solo la Guerra dei Sei Giorni e la Prima Guerra del Golfo sono state validamente condotte. Tutto il resto – ma proprio tutto il resto – è stato invece mal condotto, se non MOLTO mal condotto.
Quella di oggi ricorda la Prima Guerra Mondiale: guerra statica, E “di posizione”, cioè l’insipienza fatta guerra secondo la gran parte dei comandanti della Seconda Guerra Mondiale, comandanti che, con De Gaulle in testa, criticarono aspramente la maniera di svolgere la guerra durante la Prima. Ma così è oggi …
In ogni caso, questa maniera sbagliata di “fare ‘la’ guerra” ha radici profonde, per cui non cambieranno, checché gli si dica loro. Tra l’altro, viviamo in un mondo immodificabile. Può solo e soltanto implodere, cosa che sta, optime, facendo, ma non è NÉ una festa NÉ avviene in un momento solo, non è rapido: è invece una lunga gestazione, gestazione à rebours … Implosione al rallentatore. Et tuttavia – paradosso nel paradosso – implosione al rallentatore ma con velocità crescente …
Infatti tanti, troppi credono di poterci guadagnare da uno stato siffatto del mondo, e, in certi casi, così è davvero, ma quanti ci perdono, invece? Tantissimi. E “parlano”? Fin troppo, forse, tuttavia NON generano “rappresentanza” [1], NON generano una progettualità né, dunque, un’azione reale. Problema grossissimo, che NON risolveremo qui, chiaramente.
In ogni caso, si vedrà, se si avrà tempo, di parlar di cosa sia – davvero – il “blitzkrieg”, ovvero la “guerra lampo”, riportando un vecchio studio di un autore dimenticato, il quale, a sua volta, citava B. H. Liddell Heart, per esempio, un autore CON “pedigree”, diciamo …
Anche Lovret, peraltro, parla della guerra lampo nell’Appendice, in cui presenta lo studio di alcune battaglie scelte.
“Si possono imparare molte lezioni dal passato, sia positive che negative. Pertanto, lo studio di battaglie famose ha sempre avuto un ruolo di primo piano nell’educazione d’uno stratega. […] Ciò andrebbe fatto con cautela […]; i libri di storia son pieni d’informazioni su “cosa” fece un particolare generale, ma raramente parlano del “perché” lo fece. A causa di questa mancanza d’informazioni – sui “perché” d’una battaglia – gli esempi riportati in quest’appendice sono stati selezionati per la chiarezza della strategia usata, e non per l’importanza della battaglia combattuta. Un tipico caso è l’Operazione Overlord, ossia l’invasione dell’Europa da parte degli Alleati nel 1944. Molto probabilmente, questa è la più famosa battaglia dei tempi moderni, ma dietro di essa c’è ben poca strategia militare”, ivi, p. 274, corsivi miei. Ben poca davvero.
E tratta pure del blitzkrieg tra gli altri “casi di studio”, come s’è già detto: per la precisione, cf. ivi, pp. 279-280. Proprio a p. 280 parla del fatto che Hitler “non seppe” sfruttare il brillante successo della guerra lampo in Francia nel maggio 1940, ma qui occorre ribadire – con G. Galli – che vi erano “altri” fattori in gioco, fattori NON meramente “strategici” e militari. Ci son anche oggi questi fattori “ALTRI”? Certamente …
Andrea A. Ianniello
[1] Cf.
https://associazionefederigoiisvevia.files.wordpress.com/2023/06/impolitiche-con.jpg.
«“È vero,” ammise, “e la nostra civiltà avrà sempre la meglio finché i suoi nemici non apprenderanno l’importanza del meccanismo: lo schieramento compatto resisterà sempre finché avrà qualcosa a cui contrapporsi [ma guarda un po’, ma guarda!, e ciò “sposa siccome lo caseo su li maccaruni” se si pongono queste affermazioni direttamente in relazione agli eventi attuali …]. Pensate a ciò che oggi definiamo nichilismo o anarchia [questo c’era all’inizio del sec. XX, cioè quando risale il testo di J. Buchan (pseudonimo di Lord Tweedsmuir)]. In verità si tratta di pura e semplice follia [seguita da esempi simili, anche contemporanei, che cambian nome, sì, ma non è cambiato il fine], di un manipolo di poveracci ignoranti che da Parigi sferrano il loro attacco al mondo per finire in carcere nel giro d’una settimana! O di una mezza dozzina di pazzi intellettuali russi che cospirano a Ginevra per rovesciare i Romanoff [fra i quali vi era un certo Lenin(°), quindi qualcuno aveva capito l’importanza del “meccanismo”, poi però …. ha dimenticato (ah ah!)], e son subito intercettati dalla polizia europea. Basta che i Governi e le loro ottuse forze di polizia schiocchino le dita, e i pericolosi cospiratori vengono subito catturati. Perché la nostra civiltà sa come usare il proprio potere, mentre l’immenso potenziale di chi agisce fuori dagli schemi sfuma in nulla [queste sono righe che i “complottardi” e veri, o pretesi che sia, “oppositori” dovrebbero leggere per meditarci su profondamente, non in un momento, ma per molti momenti, non episodicamente, ma costantemente, fino a giungere a svellere la mala pianta della radice del problema]. La civiltà vince sempre perché funziona su vasta scala e la sua influenza si estende a tutto il mondo; i suoi nemici falliscono perché son disorganizzati ed isolati, Ma supponete …», J. BUCHAN, La casa del potere, Nuova Editrice Berti – Il Lama Editore, Piacenza 2012, p. 46, corsivi e grassetti miei, mie osservazioni fra parentesi quadre.
Non supponiamo …
(°) Cf. F. OSSENDOWSKI, Lenin!, OAKS Editrice, 2015, un ritratto “grand guignol” da parte dell’autore di Uomini, bestie, dèi – quel libro da cui R. Guénon partì (ma non vi si arrestò certo!) per poi scrivere il suo Il Re del mondo – del leader russo, quindi Lenin come “angelo della distruzione” (dunque demone …), animato da un “senso di vendetta” molto “nichilismo russo” in poche parole, ritratto “grand guignol” che riesce però efficacemente nel supportare la sua tesi, e cioè che la Russia bolscevica è stata in gran parte, anche al di là delle intenzioni degli stessi partecipanti alla rivoluzione (chiaro!), l’ erede dello “zarismo” come universo “concentrazionario” ed “assolutista”. In tal senso, Ossendowski vedeva lontano, ed oggi tanti sottoscriverebbero questa tesi dopo averla, scioccamente, avversata per tanto tempo.
Il punto è, però, sempre uno ed uno solo: può la Russia senza un leader “forte” rimanere un “impero”? No. Questo è “IL” punto, quello vero.
Certo che la Russia fa parte – dal punto di vista culturale – della cultura europea: è giustissimo ricordarlo, ed è stato efficacemente ricordato, anche autorevolmente. Ma dal punto di vista politico, invece? NON ne fa parte, non ne può far parte, il che non vuol dire far guerra alla Russia per sempre, come l’attuale dirigenza americana ha deciso di fare sin dall’inizio della crisi, con una chiarezza che a chi scrive SIN dall’inizio è stata sin TROPPO lampante; dell’Europa è inutile parlare per dire le solite sciocchezze sul “cosa fa” o “non fa”: l’ “Europa” indipendente non esiste, non è mai esistita, essa è solo un grosso mercato; ed è serva, E CREATURA, del “contingente americano”, per dirla con G. Galli.
Ma direi di più, oggi: poiché il fronte sud è saltato, prima la Libia, poi via via, e siamo al Niger, si apprestano a far saltare anche il fronte est, e cioè senza Russia, o con Russia indebolita (fa lo stesso), che funge(va) da “filtro”, da “intercapedine” fra “l’Europina” e l’Est. Eccolo il vero scopo. Che, però, non è uno scopo che abbia “libero corso” sul “mercato politico”, su quello delle cosiddette “idee”, nondimeno questo è quanto.
Si dice che un “cerchio” rinserri l’ “Occidente” (Guénon) e che, quando l’ “Occidente” vuol attaccare, o andare “oltre” tale invisibile “limes”, o “far saltare” quest’ invisibile “cerchio che rinserra l’ ‘Occidente’”, si scateni – scateni – un risposta molto “particolare” (eufemismo, chiaro), della quale son decenni, ormai, che vediamo gli effetti. La cosa “bella” (si fa per dire!), però, si è che da DENTRO “l’Occidente” famoso è sorta la forza che, pian piano, ma costantemente, ha rotto un anello dopo l’altro della “catena” che, in realtà, “limitava”, sì, ma in realtà pure “proteggeva”, era cioè la vera “protezione”, la VERA “sicurezza”, questa parola (“sicurezza”) divenuta quasi maniacale, ossessiva … Ma, in fondo, la “sicurezza” null’altro è se non una chimera, la chimera: “il più gran criminale della storia”, secondo un vecchio testo secentesco …
Dietro tutto questo vi è l’ “idea” di “unificare” il mondo, ma pure quest’ultima mossa gli è andata “così così”, Usa più Europina (che sempre creatura degli Usa è stata per sua stessa natura) sono dalla stessa parte, ma il resto del mondo è rimasto alquanto freddo: la riedizione – parodistica – della “guerra fredda” (cosiddetta) sembra loro così lontana dai problemi che hanno effettivamente da non sentir tutto questo bisogno d’iscriversi al “club America”, quanto, poi, ai residui di neocolonialismo europeo, semplicemente lo disprezzano. Per questo quanto fatto sinora non basta: dovranno arrivare alla “falsa invasione”, sempre per “unificare” il mondo sotto “certe forze”, chiaro. Sennonché, come accade sempre agli apprenti sorcier, evocheranno forze che non sono in grado di gestire … Il problema col “male” sempre quello è, sempre quello rimane. Evocano forze che, poi, non sono in grado di gestire.
Oggi vale il “fait accompli”, siamo in democrazia, dunque non abbiamo alcuna voce in capitolo in alcuna decisione . . .
RispondiEliminaNulla si può modificare, ci sono ricettine fisse, si seguono senza discutere. Il pensiero critico vale sottozero. “Vietato parlare al conducente” . . .
Il famoso “cover up” è **virtualmente** terminato … in vista di che? Della “falsa invasione” che, ovviamente, scatenerà forze ingestibili …
RispondiEliminaChi parla di “apocalisse” parla del proprio tempo, **mai** dell’ “Apocalisse”.
RispondiEliminaGiovanni XXIV viene citato in G. MANSELLI, “Roma senza papa”, Adelphi Edizioni, Milano **2013**, prima edizione 1974, ma scritto in origina nel 1966, come si legge in ivi, p. 184. Immaginava che – dopo Giovanni XXIII – ci sarebbero stati Paolo VI e Libero I, cf. ivi, p. 114.
RispondiEliminaGli eventi oggi, nel mondo, in atto son la **certificazione** del fallimento della mdoernità e della socialità . . .
RispondiEliminaCf.
https://associazione-federicoii.blogspot.com/2018/12/step-3-40-anni-fa-di-nuovo-allombra.html
Cf.
https://associazione-federicoii.blogspot.com/2018/12/and-so-nwo-is-definitively-over-sonido.html
Qui sopra, nel commento qui sopra, “mdoernità”, errore; va sostituito con: “modernità”. Il termine “fallimento” - della modernità - invece rimane perché giustissimo, è precisamente così, la modernità, di fatto, ha fallito.
EliminaIn ogni caso, “l’America”, finché avrà dollari a sufficienza, **deve** poter portare guerra nel mondo, sennò crolla sotto il peso delle sue – irrisolvibili – contraddizioni all’interno, come “il caso Trump” dimostra, e “al di là d’ogni ragionevole dubbio”, come dicono (dicevano) i “telefilm americani” vintage … Questo, chiaro, **non** perché Trump sia “un’alternativa”, ma soltanto perché fa venir fuori le contraddizioni insanabili che “l’America”, nel corso della sua lunga espansione nel mondo, ha insanabilmente accumulato, irrisolvibilmente accumulato. E che scarica sull’intero mondo. Il processo di “de-dollarizzazione”, però, è solo parziale, sinora perlomeno. E, finché avrà soldi per farlo, **l’America randellerà il mondo** perché **deve** farlo: in caso contrario, essa IMPLODE.
RispondiEliminaInteressante che il nostro periodo inizia col 1914 e termini, più o meno, l’anno prossimo, il 2024 (perché han fatto sì che questo conflitto in atto possa durare ancora, come minimo, un anno, nei loro piani), **110 anni vissuti *stupidissimamente*** …
PS. Sul blog “gemello” – quello dei “materiali” – si segue la questione petrolio da un bel po’ di tempo: **tutt’altro** che una “novità” direi …
“Non è che non vedano la soluzione: è che non vedono il problema.” (G. K. Chesterton) E non lo vedranno: di ciò infatti morranno … [aggiunge chi scrive]
RispondiEliminaOggi - appunto - il sottosuolo sta sopra il suolo …
Vi è chi: “È protetto molto in alto, dal principe delle tenebre” (da: “I Soliti Sospetti”, 1995).
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