martedì 16 febbraio 2021

“La Manica non esiste …”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

E così la pensavano le “SS” (Schutz-Staffeln)[1]. Ed anche Hitler: lui era straconvinto – e se uno vuol capire davvero che cosa sia una “convinzione” cosiddetta “granitica”, ma granitica sul serio, deve prima cosa chiederlo ad un tedesco che l’abbia e, seconda cosa, deve “informarsi” (ah ah) sulla “convinzione” che aveva un tedesco come Hitler – che la Germania avesse perso per la “scarsa” fede (Glaube, in tedesco, der “Glaube”, di genere maschile) dei tedeschi, che andavano, dunque puniti. E che i Russi avessero vinto voleva solo dire ch’erano più forti, avevano avuto più “volontà di potenza”.

Per Hitler ciò che conta è “Der Wille[2] – come in inglese, stessa radice: The Will – di genere maschile, come in italiano, invece, tanto la fede che la volontà sono di genere femminile. Se “tu” vuoi, se “hai fede” (Glaube), tu superi la Manica, tu superi l’Atlantico, tu voli verso i cieli o verso l’inferno, non importa.

Tu vuoi: questo è ciò che conta. E c’è solo questo nel mondo: la “volontà di potenza”, per l’appunto. Il resto è un epifenomeno, compreso la “materia”, se del caso. Un “soggettivismo idealistico” magicheggiante, direi, se vogliamo usare tali categorie, in realtà piuttosto lontane dalla realtà effettiva. Ma le uso qui per capirsi.

 Ed è chiaro che tutto ciò – in una mentalità liberale – è un qualcosa di totalmente aberrante. In una mentalità liberale, appunto, e cioè la visione vi è distorta. Se tu vuoi capirlo, prima cosa devi far “epochè” – sospensione del giudizio (come accade quando leggi un romanzo, esattamente lo stesso) – e solo dopo aver visto le cose come sono, potrai dire: non son affatto d’accordo, è davvero aberrante (lo è davvero), ma questo è totalmente diverso dall’incomprensione, che rimane sempre aperta, invece, alla seduzione.

Questo culto della volontà di potenza, che rimane uguale mentre gli scopi e i mezzi cambiano, è il senso della “rivoluzione perenne” che il nazionalsocialismo era, sempre secondo Hitler, “rivoluzione perenne” mascherata da programma politico “ad uso delle masse”. Per cui, di volta in volta, gli scopi e gli obiettivi possono cambiare, cambiarono, e cambieranno, ma la volontà rimane intatta, fedele a se stessa, e sfida non una cosa, ma ogni cosa. Di qui l’ammirazione di Hitler per Otto Skorzeny e quelli come lui.

Non c’è una verità unica: c’è una volontà unica.

Essa non ammette altro né sopra né sotto né accanto a sé.[3]

Di qui “la totale incapacità dei cervelli liberali di comprenderlo [intendeva Hitler]”, scriveva Jünger nel suo Diario dei tempi di guerra. Tale incapacità è continuata intatta ed imperterrita, sino ad oggi.

Chi comprendeva, come Churchill, volle che mai “certe” cose fossero note a Norimberga, e non solo per ragioni tattiche: la lotta contro il comunismo staliniano che allora cominciava, e nemmeno solo per nascondere come la nazione che aveva fatto della “razionalità” hegeliana, la nazione dello “Herr Professor”, dello sviluppo enorme della tecnica, fosse potuta cader preda d’una esplosione dell’ “irrazionale” così evidente, così forte, così assoluta. Certo, anche questo.

Ma c’è un altro motivo: che i “cervelli liberali” non potevano, non possono, non potranno mai capirlo.

Per detti cervelli, la Manica non si supera.

E i fatti gli han dato ragione ma, somma ironia, non certo per causa del loro esser “cervelli liberali”, cervelli liberali ch’erano totalmente persi, come gli accade sempre e comunque quando c’è la destra cosiddetta “estrema”.

Un cervello liberale, al massimo (ma proprio al massimo), può capire un pericolo comunista, che gli “tolgano la proprietà”, i soldi, ma un cervello liberale non può capire – ieri come oggi, come sempre – una sfida che si sviluppi su di un terreno che, per lui, al massimo – ma proprio al massimoè più che secondario. Un epifenomeno, una quisquilia. Una pinzillacchera tutt’al più; in pratica: un nonnulla: cose “soggettive”, o psicologiche, “fantasmi”, per loro; insomma, qualcosa che, in definitiva, non esiste.  

Secondo loro, chiaro …

Ma torniamo alla Manica.     

Ed è precisamente – precisamente – così che la pensavano, non certo “i tedeschi” (nel senso di “tutti i tedeschi”, ridicolo crederlo) né la parte “non occultista” del NSDAP, che era maggioritaria, ma il solo centro “occultista” la pensava, invece, proprio così: la Manica non esiste, al  massimo è una manica di camicia …

Ma perché questo? Perché dietro vi sono le stesse “ispirazioni”, chiamiamole così per capirsi ma, ovviamente, le forme sono diverse.  

 

 

E chi si attende la ripetizione del nazismo non ha capito niente.

 

“L’arte della guerra è l’inganno” (Sun tzu [Sunzi]), non mi stanco mai di ripeterlo … “A cosa serve un katana affilato e ben equilibrato, oppure un metodo complesso e tecnicamente elaborato d’usarlo in combattimento, se il bujin – e in particolare il bushi che doveva esser pronto ogni giorno ad affrontare la morte – non avesse creato anche una piattaforma interiore, stabile, d controllo mentale, dalla quale agire o reagire secondo le circostanze dello scontro?”[4]. Non serve a niente! Che senso ha l’avere tante armi e poi non poterle usare?, per un motivo qualsiasi? O usarle senza uno scopo reale? Non serve a nulla.

 

Le cose “si ripetono”, sì, ma mica uguali …!

 

 

 

 

 

 

Andrea A. Ianniello

 

 

 



[1] Da non confondersi con le “SA”, Sturm-Abteilungen.

[2] Lo stesso termine della famosa “volontà di potenza” di Nietzsche: Der Wille der (gen. sing. femminile) Macht. Ecco, “potenza” – finalmente –, ha lo stesso genere …

[3] Non dico sciocchezze, si vedano – nella biblioteca di Hitler (salvata a Washington, almeno quel che se n’è potuto salvare) – le sue tante annotazioni a Fichte. “La volontà è tutto, l’addestramento è niente”, frase da “Batman Begins” (2005), detta da un maestro dell’ “Ordine delle ombre”, avrebbe avuto l’incondizionata approvazione da parte di chiunque abbia una certa mentalità, mentalità che Hitler, in parte, faceva propria: egli non era il creatore di detta mentalità eh, siamo chiari a tal proposito …

Semplicemente Hitler è stato influenzato da tale mentalità, più “qualcos’altro”, per cui n’è venuto fuori qualcosa di estremamente deviante.

[4] O. Ratti – A. Westbrook, I segreti dei samurai. Le antiche arti marziali, Edizioni Mediterranee, Roma 2007 (edizione orig. 1978), p. 398, corsivi in originale. Ricordo un passo – da me citato altrove, in passato, su tal blog –: “l’idea d’utilizzare le armi, la forza e la strategia dell’avversario al fine di sconfiggerlo o di difendersi, è fondamentale. […] vi è questo interessante adattamento di un soggetto del combattimento all’altro, che ricorda la famosa espressione asiatica, «cavalcare la tigre». Dal Siam proveniva un assioma particolarmente espressivo:

Quand l’elephant tombe, ne te mets pas dessous pour le souténir; mais quand il est tombé, tu peux pousser pour l’aider à se relever (Herbert, 233. Quando l’elefante cade, non metterti sotto per sorreggerlo; ma quando è caduto, tu puoi spingere per aiutarlo a rialzarsi)”, ivi, p. 563, corsivi in originale.  

 

 

 

 

 

 

5 commenti:

  1. A tal proposito – di qui sopra – ci si ricordi, sempre citando il fatto che Hitler aveva pesantemente annotato dei testi di Fichte, che, per quest’ultimo, l’ “io è tutto” ….





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  2. Or si passi dall’ “io è tutto” fichtiano – a livello **individuale** – a quello “sociale”, ovvero “nazionale”, la “soggettività” cosiddetta nazionale (tedesca, in tal caso) “è tutto”, questo è il “nazismo”, in poche parole.
    Torniamo qui a quel che diceva “illo tempore” Aurobindo: la **flasa** “riscoperta” della “soggettività nazionale”, parlava di questo. Precisamente di questo.


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  3. Cf.
    http://associazione-federicoii.blogspot.com/2019/08/conversazione-con-paolo-broccoli-su-due_4.html
    Qui sopra, nel link di qui sopra, vi è il link, in inglese, su di un vecchio articolo sulla biblioteca privata di Hitler …




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  4. “d controllo” qui sopra va cambiato in: “di controllo” . . .

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