“Se gli entusiasmi di Nietzsche
per tutto ciò che è francese, in letteratura, spesso ci fanno sorridere,
poiché, oltre a testimoniare divinazioni sorprendenti, come nel caso di
Stendhal, tradiscono semplicemente un partito preso e si rivolgono non di rado
a vere e proprie mediocrità, per contro i suoi attacchi a ‘ciò che è tedesco’,
talora pronunziati con il tono d’invettive, quasi fanno rabbrividire. Lui non è
soltanto il moralista o l’esteta che cerca di mettere a nudo i difetti del
carattere o del gusto. Si scopre in Nietzsche una vera furia annientatrice,
diretta a colpire ciecamente, a demolire, a fare del male. Egli vuole abbattere
il mito dei Tedeschi nella cultura, distruggere un pregiudizio. E ci è
riuscito. Dopo di lui, in quel campo, tutto ciò che è tedesco è divenuto
sospetto, per chi ha buon naso. Ma dopo tutto, che cosa importa ormai la
Francia o la Germania? Per una volta, l’occhio del presente coincide con quello
metafisico” [1].
“Grande prestazione storica di Nietzsche: ha distrutto la Germania come mito culturale. La Germania non si è più ripresa dopo il suo attacco” [2].
“Nietzsche si augurava tante guerre, perché dal molto male risorgesse la grande cultura. Ma è andata peggio di quanto poteva augurarsi e immaginarsi. Il nichilismo ha assorbito tutto, anche il concetto di valore e di cultura. Bisogna essere cauti nel distruggere” [3].
“I giudizi da formulare su Nietzsche devono esser dati dal punto di vista di una più alta severità, quella che egli stesso ci indica nei suoi giudizi sulla storia - quindi nella direzione opposta a quella seguita dai suoi interpreti […]. Bisogna esser severi verso di lui perché è troppo moderno, non perché è inadeguato al moderno” [4].
“Tiro dell’arco giapponese. Respirazione. Distacco dalla persona. Relazione tra arco, arciere, bersaglio. […] Non si deve mirare al bersaglio. ‘Es’ schiebt [“Si” tira]. Rilassamento muscolare” [5].
NOTE
[1] G. Colli, Dopo Nietzsche, Adelphi Edizioni, Milano 1974, p. 71.
[2] G. Colli, La ragione errabonda. Quaderni postumi, Adelphi Edizioni, Milano 1982, p. 498.
[3] Ibidem.
[4] Ivi, p. 496, corsivi in originale.
[5] Ivi, p. 495, corsivi in originale.
Nessun commento:
Posta un commento