“La razionalità del
capitale è una baggianata”.
Una riflessione
“solstiziale” …
Come ho scritto nel
commento ad un precedente post,
in attesa della ripubblicazione (attesa per il 2019) di All’ombra delle maggioranza silenziose (1978), di J Baudrillard, a
febbraio prossimo, ho ricomprato la vecchia edizione di quarant’anni fa, che
avevo perduto. E viene molto a proposito, in quanto Baudrillard parlava già illo
tempore del terrorismo, come fenomeno
che si sarebbe sempre più diffuso a fronte dell’ indifferenza dominante nell’epoca delle “maggioranze silenziose”.
Tra l’altro, la cosa viene molto a proposito, anche per i recenti disordini
proprio in Francia ….
Alla passività delle
masse, Baudrillard opponeva il terrorismo come unica risposta, “guarda caso”
due fenomeni paralleli. Qualcuno ha anche legato di “Turisti e terroristi”,
sia detto en passant. Ma torniamo al
vecchio libro di Baudrillard, dove lui già vedeva quella che chiamava “la fine
del sociale”, e quarant’anni fa …
Veniamo però al passo,
o ai passi, che possono esser interessanti.
“La notte
dell’estradizione di Klaus Croissant, la TV trasmette un incontro di calcio in
cui la Francia giuoca la sua qualificazione per la coppa del mondo. Qualche
centinaio di persone manifesta davanti alla Santé, qualche avvocato corre nella
notte, venti milioni di persone passano la serata davanti al piccolo schermo.
Esplosioni di gioia popolare per la vittoria della Francia. Sgomento e sdegno degli
spiriti illuminati di fronte a questa scandalosa indifferenza. ‘Le Monde’: ‘Ore
21. A quest’ora l’avvocato tedesco è già stato portato via dalla prigione della
Santé. Tra pochi minuti Rocheteau segnerà il primo gol’. Melodramma
dell’indignazione. Non un solo interrogativo sul mistero di tale indifferenza.
Si invoca sempre una sola ragione: la manipolazione da parte del potere, la
loro mistificazione tramite il calcio. Ad ogni modo quest’indifferenza non dovrebbe essere, pertanto non ha niente
da dirci. In altre parole, la ‘maggioranza silenziosa’ è defraudata anche della
propria indifferenza, non ha neppure il diritto di pretendere che questa le sia
riconosciuta e imputata [la base dei “populismi è questa, essi appunto
“rivendicano” di “dare voce” a tale indifferenza: per questo vincono], bisogna
dire ancora una volta che tale apatia le è stata suggerita dal potere.
Quanto disprezzo dietro
questa interpretazione! Mistificate, le masse non saprebbero trovare un proprio
comportamento. Si concede loro ogni tanto una certa spontaneità rivoluzionaria
[le “rivolte”, le “proteste”], per la quale intravedono la ‘razionalità del
proprio desiderio’, questo sì, ma Dio ci protegga dal loro silenzio e dalla loro
indifferenza. E invece è proprio questa indifferenza che esigerebbe di essere
analizzata nella sua brutalità positiva,
invece di venir ricondotto […] ad un’alienazione magica che distoglierebbe
sempre le moltitudini dalla loro visione rivoluzionaria. […]
Ci si può infatti
chiedere come mai, stranamente, dopo tante rivoluzioni e un secolo o due [frasi
scritte nel 1978, ricordiamolo] di
apprendistato politico, nonostante i giornali, i sindacati, i partiti, gli
intellettuali e tutte le energie preposte a educare e a mobilitare il popolo,
si trovino ancora (e si troveranno esattamente nello stesso modo tra dieci o
venti anni [ed è esattamente così!!]) mille persone che reagiscono e venti
milioni che rimangono ‘passive’ – e non solo passive, ma che preferiscono,
assolutamente in perfetta buona fede, un incontro di calcio ad un dramma umano
e politico. E’ strano che questa constatazione non abbia mai scosso l’analisi,
ma l’abbia invece rafforzata nella visione di un potere onnipotente nella
manipolazione e di una massa prostrata in un coma incomprensibile [dove si vede
che i “complott®isti” sono la continuazione delle forze che sostenevano il
“sociale” però entrate in crisi: la visione di questo potere onni manipolante – manipola sì, anche, ma non in quella maniera né in quella proporzione – è loro
caratteristica]. Ora, tutto questo non è affatto vero e ambedue le cose sono
trappole: il potere non manipola un bel niente e le masse non sono né smarrite
né mistificate. Il potere è fin troppo contento di far così facilmente pesare
sul calcio la responsabilità […] diabolica dell’abbrutimento delle masse. Questo
lo aiuta ad illudersi di essere il potere e lo distoglie dal fatto molto più
pericoloso che questa indifferenza delle masse è la loro vera, la loro unica
pratica, che non ve ne sono altre ideali da immaginare, che non vi è niente da
deplorare, ma tutto da analizzare come fatto grezzo di ritorsione e di rifiuto
di partecipare agli ideali, sia pur luminosi, che vengono loro proposti. La
posta delle masse non è qui. Tanto vale prenderne atto e riconoscere che ogni
speranza di rivoluzione, ogni speranza del sociale e del cambiamento sociale
non ha potuto funzionare fino ad ora grazie a questo rifiuto, a questa
negazione fantastica”.
Di questo fatto, di quest’indifferenza che suscita
una reazione – che è il terrorismo
– o la protesta rabbiosa, che, al contrario, è un fenomeno più recente (ma non
troppo, ha esso stesso degli antesignani, per chi sa ben guardare) – ambedue
però solidali nell’ assenza di senso: qual è il senso di tali proteste? O degli
attentati? – è, per Baudrillard, il segno della fine del sociale. Attenzione: non della crisi del sociale, che c’era
già in quei tempi, ma della sua fine.
Secondo Baudrillard, infatti, il capitale insieme fa espandere il sociale e lo
consuma, secondo lui ciò accade nello stesso tempo. Per questo il capitalismo
fa espandere le società e le distrugge dal loro interno. Ne distrugge la “sostanza
simbolica”, quelle coordinate simboliche senza le quali una società non può
esistere, e cioè quelle cose che alcuni potrebbero chiamare “miti” fondanti,
tanto dell’ “inizio” quanto della “fine”, ed indipendentemente dal fatto che
alcune società ne abbiano solo uno di essi, che sia mito dell’inizio o della
fine (poche ne hanno tutt’e due). La società cristiana medioevale aveva solo il mito della fine, per esempio; quella
romana antica era priva di un mito della fine, però aveva il mito dell’inizio, ab Urbe condita.
Tale fine (che sarebbe
stata anche **il** tal fine) avrebbe
portato all’ “implosione”, come la chiamava lui. Tal processo era, per
Baudrillard, inevitabile. Ne parla
nel capitolo intitolato “Sistemi esplosivi e sistemi implosivi”, dal qual non è,
forse, inutile riportare l’intero contenuto.
“Massa, media e
terrorismo [si noti come quel che iniziò 40 anni fa è oggi al centro]
descrivono, nella loro affinità triangolare, il processo d’implosione oggi
dominante. Tutto il processo è affetto da una violenza che è appena iniziata [dal
1978 ad oggi, in quarant’anni si è
sviluppata moltissimo questa violenza, ma opaca, meno violenza statuale, più
privata o di gruppi, appunto, terroristica], violenza […] di risucchio e di
fascinazione, violenza del vuoto (la fascinazione è l’estrema intensità del neutro). L’implosione non può essere,
per noi, oggi, che violenta e catastrofica
[in senso etimologico], perché essa è il risultato dello scacco del sistema di esplosione e di espansione orientata che da
qualche secolo è stato il nostro in Occidente.
Ora, l’implosione non è necessariamente un processo
catastrofico. Sotto una forma padroneggiata e controllata, essa è perfino stata
la dominante segreta delle società primitive e tradizionali. Configurazioni,
queste, non di espansione, non centrifughe: centripete – pluralità singolari,
mai tendenti all’universale, incentrate su di un processo ciclico, il rituale,
e tendenti a involvere in questo processo non rappresentativo, senza istanza
superiore […] e senza tuttavia neppure sprofondare in se stesse (eccetto
naturalmente alcuni processi implosivi per noi inspiegabili, come il collasso
delle culture tolteca, olmeca, maya, di cui non si è saputo più nulla, i cui
imperi piramidali sono scomparsi senza lasciare traccia, senza catastrofi
visibili, come disintegrati brutalmente, senza causa apparente, senza violenza
esterna). Le società primitive hanno così vissuto una implosione controllata – sono morte quando hanno cessato di
padroneggiare questo processo e si sono rovesciate su quello dell’esplosione
(demografia ed eccesso di produzione irriducibili, processo di espansione
incontrollabile o, molto semplicemente, quando la colonizzazione le ha iniziate
violentemente alla norma espansiva e
centrifuga dei sistemi occidentali).
Al contrario, le nostre
civiltà moderne hanno vissuto su di una base di espansione e di esplosione a
tutti i livelli, all’insegna dell’universalizzazione del mercato, dei valori
economici e filosofici, all’insegna dell’universalità della legge e delle
conquiste. Certamente hanno anche saputo vivere, almeno ad un certo momento, di
una esplosione controllata, di una liberazione di energia padroneggiata e
progressiva, e questa è stata l’età dell’oro della loro cultura. Ma, per un
processo imbizzarrito di accelerazione, quel processo esplosivo è divenuto
incontrollabile, ha raggiunto una velocità o una espansione mortale o,
piuttosto, ha raggiunto i limiti dell’universale, ha saturato ogni possibile
spazio di espansione e, come le società primitive furono distrutte dall’esplosione
per non aver più saputo padroneggiare il processo implosivo, così le nostre
culture cominciano ad essere aggredite dall’implosione per non aver saputo
padroneggiare il processo esplosivo [40 anni fa si cominciava a veder ciò, processo che oggi è galoppante].
L’implosione è
ineluttabile e tutti gli sforzi per salvare i princìpi di realtà, di
accumulazione, di universalità, i princìpi di evoluzione che derivano dai
sistemi in espansione, sono arcaici, regressivi, nostalgici [e tutti quel che
poi è avvenuto conferma tutto questo
che Baudrillard vedeva già 40 anni fa]. Compresi tutti coloro che vogliono
liberare le energie libidiche, le energie plurali, le intensità frammentarie
[che all’epoca eran tanti], ecc. ecc.
La ‘rivoluzione
molecolare’ non rappresenta che la fase estrema di ‘liberazione delle energie’
(o di proliferazione dei segmenti, ecc.) fino ai limiti infinitesimali dello
spazio di espansione che è stato quello della nostra cultura. Tentativo infinitesimale
del desiderio, successivo a quello dell’infinito del capitale [quest’ultimo sì,
seppure del tutto irrazionale, continua ed ha una sua forza, l’altro tentativo
è trapassato]. [...] Ultimi bagliori del sistema esplosivo [qui B. non si
sbagliava], estremo tentativo di padroneggiare ancora un’energia dei confini
[ed ecco oggi i vari neonazionalismi, a testimonianza che non se n’è ancora definitivamente fuori] o di far indietreggiare i
confini dell’energia (il nostro leitmotiv
fondamentale) [e qui vanno viste tutte le destre varie, che o cercano di
imporre confini – la destra “moderna” e nazionalista - oppure cercano di “far
indietreggiare i confini dell’energia” – le destre “tradizionaliste” – votate alla
“fatica di Sisifo”] per salvare il
principio di espansione e di liberazione [in crisi ormai del tutto irreversibile].
Ma niente riuscirà ad arginare il processo implosivo [ed anche qui,
vide giusto 40 anni fa] e l’unica alternativa che rimane è quella di un’implosione
violenta e catastrofica o di un’implosione tranquilla, di un’implosione al
rallentatore.
Vi è qualche traccia di
quest’ultima [l’implosione “tranquilla”], di tentativi vari di padroneggiare i
nuovi impulsi anti-universalistici [dietro tutti
i fenomeni degli ultimi due decenni vi è l’anti-universalismo: questo è il
punto decisivo], anti-rappresentativi
[contro il principio di rappresentanza, sulla cui crisi – non certo a caso – ci
si è spesso soffermati in questo blog, l’anti-rappresentatività dei “populismi”
…], tribali, centripeti ecc. [basta guardarsi attorno e vederli]: le comunità, l’ecologia,
la crescita zero [e pure la decrescita], le droghe – tutto ciò rientra senza
dubbio in quest’ordine. Ma sull’implosione tranquilla non bisogna farsi troppe
illusioni. E’ votata all’effimero [pur continuando, ha sempre mostrato limiti
strutturali] e al fallimento [così è stato]. Non vi è stata transizione equilibrata
dai sistemi implosivi ai sistemi esplosivi: ciò è sempre accaduto violentemente
e vi sono tutte le possibilità che il nostro passaggio verso l’implosione sia
esso pure violento e catastrofico”.
La violenza ha
costellato questo quarantennio espiatorio. Diciamo, tuttavia, che, nonostante tutto, “si” è riusciti a
mettere il rallentatore, il freno, al processo implosivo, ma mai a cambiarlo
del tutto: esso si è innescato irreversibilmente. Attualmente, siamo in una
fase in cui i residui freni son sottoposti a crescente usura: non “si” sa quanto tempo ancora possano resistere.
Si precisa che il
processo implosivo è qualitativamente
diverso da quello esplosivo. Quando usualmente si pensa alla “fine” si pensa ad
un’esplosione: nulla di più falso e
di più lontano dal vero. E’ l’esatto contrario, bisogna saper pensare al
contrario, à rebours …
Dagli eventi degli
ultimi decenni dobbiamo dedurre che il processo d’implosione è divenuto sempre
più incontrollato ed i vari tentativi sia di far riprendere il processo
esplosivo – attizzino l’orecchie le residuali “sinistre”, che non l’han mai
capito – o di padroneggiare l’implosione (cosa tentata da qualche. più o meno. intelligente think tank anglosassone, tentativo fallito con la presidenza Obama,
poi è venuto Trump che spinge all’implosione, credendo di dominarla ovviamente)
non hanno senso.
Son fallimentari per principio: il “NWO” è fallito, come
si è detto su questo blog, a chiare
lettere.
Il processo
d’implosione non è più dominabile.
Questa
è la fine della politica, annunciata in anni passati,
da tutt’altro punto di vista: 40 anni
dopo si è realizzata.
Anche i tentativi che,
però, perdurano e possono fornire qualche suggerimento, di “implosione ‘dolce’”
– soft – non hanno avuto grosso
seguito. Tutti i segni son concordi nel senso di accartocciamento e
dissoluzione, dissolvenza e perdita di limiti, che la riaffermazione degli stessi (limiti)
non può che acuire, perché tu pretendi che un confine liquido sia
solido. E c’intervieni su: diventa ancor più liquida la situazione, provochi
conseguenze che non intendevi, con piena cecità completa ed assenza di visione,
tipiche dei “nostri” benamati tempi, peraltro.
In ogni caso, sia “ivi
quivi” consentito aggiungere una breve considerazione “personale”, come non è
molto in uso in cotesto blog: anni fa non avrei mai creduto – mai – di dover/poter scrivere queste
poche righe/considerazioni appena “ivi suso” scritte … Sic transit gloria mundi …
Non avrei mai creduto
di dover scrivere questo post. Insomma,
di nuovo, ci si toglie svariati “sassolini dalle scarpe” … a livello
“personale”, ma c’è dell’altro …
Vi è dietro la constatazione di un fallimento enorme, e di una indifferenza
altrettanto devastante, di un processo che ormai è autoreferenziale
all’estremo.
Dopo tanto “sociale”,
si constata che il “sociale” non c’è più ed una società, privata di uno sguardo
– non dico “valore”, parola ormai abusata – superiore, che ne garantisca
l’esplosione o l’implosione controllate,
si perde fatalmente, dilapida il
suo potenziale sociale.
La modernità è davvero
finita. E tutti i “tradizionalisti” che continuano, imperterriti, a combatter fantasmi, stanno battagliando con una simia philosophiae.
Domandina finale, innocente: l’uso dei mezzi telematici
aumenta o fa diminuire l’indifferenza? Nello specifico, l’uso dei social – nomen omen!!!! – fa aumentare o
diminuire l’indifferenza? Se si pensasse che facciano aumentare l’indifferenza,
non dovrà stupire che tali mezzi siano usati spessissimo dai terroristi
dissennati. Il terrorismo non ha proprio alcun senso, nessuna vera posta in
gioco “politica”, nel senso moderno
del termine, ed è per questo che si sviluppa.
Lo sviluppo dei social
contribuisce, non poco, all’ulteriore
dissolvenza ed implosione del sociale, come categoria.
Qui termina la presente
riflessione “solstiziale” …
Dice ma che c’entra il
solstizio con ‘ste cose?? C’entra, c’entra … Centra, centra …
Andrea A.
Ianniello