In relazione al vecchio
post sull’ “uomo straordinario” secondo Gurdjieff [1], vi è un interessante passo da Frammenti di Uspenskij, sempre nella nostra ottica che potremmo
chiamare, non casualmente, “frammentaria”, per così dire, e senza nessuna pretesa di sorta.
“Da qualche
conversazione fortuita con G. [= G. I. Gurdjieff] potei farmi un’idea di
com’era stata la sua vita. Egli aveva trascorso la sua infanzia alla frontiera
dell’Asia Minore, in condizioni d’esistenza strane, arcaiche, quasi bibliche.
Greggi d’innumerevoli pecore. Spostamenti da un luogo all’altro. Incontri con
gente straordinaria … La sua
immaginazione era stata colpita in particolar modo dagli Yezidi, gli
‘Adoratori del Diavolo’, che avevano attirato
la sua attenzione con i loro incomprensibili costumi e la loro strana
dipendenza da leggi sconosciute. Per
esempio, mi diceva di aver osservato, quando era bambino, che i ragazzi Yezidi
erano incapaci di uscire da un cerchio tracciato per terra attorno a loro. I
suoi primi anni erano trascorsi in un’atmosfera di fiaba, di leggende e di tradizioni. Attorno a lui il
‘miracoloso’ era stato un fatto reale. Predizioni sul futuro che egli aveva
intese ed alle quali tutti, attorno a lui, accordavano piena fiducia, si erano
realizzate e gli avevano aperto gli occhi su molte cose. L’insieme di tutte
quelle influenze aveva così creato in lui, fin dalla più tenera età, una
tendenza verso il miracoloso, l’incomprensibile e il magico. Mi disse che aveva
molto viaggiato in Oriente quando ancora era giovanissimo. Cosa vi fosse di vero nei suoi racconti non potei mai precisarlo.
[…] Gradatamente, mi disse, le sue assenze da casa e i suoi viaggi cominciarono
a seguire una direzione definita: andava alla ricerca della conoscenza e delle
persone che la possedevano. Dopo grandi difficoltà, scoprì infine la sorgente
di questa conoscenza, insieme a parecchi compagni partiti, come lui, alla
ricerca del ‘miracoloso’. In tutte le storie che egli raccontava di se stesso, vi erano molti elementi contraddittori e
poco credibili. Ma mi ero già reso conto che […] non poteva essere
applicato a lui nessun criterio di misura corrente. Con lui non si poteva esser sicuri di nulla [corsivi miei]. Poteva
dire oggi una cosa e domani un’altra completamente diversa, senza che si
potesse mai, in un certo senso, accusarlo
di contraddizione: bisognava comprendere
e scoprire il legame che univa il tutto.
Parlava raramente, e sempre in maniera elusiva, delle scuole e dei luoghi dove
aveva trovato la conoscenza che indubbiamente possedeva. Citava i monasteri
tibetani, il Chitral, il Monte Athos, le scuole Sufi in Persia [attuale Iran], a
Bukhara e nel Turkestan orientale [nell’attuale Xinjiang cinese]; citava ancora
i dervisci di vari ordini che aveva conosciuto, ma sen amai precisare molto” [2].
In seguito, questi
stessi luoghi non sono stati così “intoccati” come potevano esserlo in quei tempi nei
quali G. parlava …
Di seguito, Gurdjieff -
Monsieur G. - spiega ad Uspenskij come la conoscenza,essendo “materiali”, e cioè
limitata in un certo momento del
tempo, non può con utilità essere diffusa fra tutti; un po’ di conoscenza come
vediamo molto bene oggi, non solo non cambia la vita delle persone, anzi spesso
la rende più difficoltosa …
Poi: “Vi sono periodi
nella vita dell’umanità, che generalmente
coincidono con l’inizio del declino delle civiltà [e noi vi siam dentro da
un bel po’, non siamo certo nell’ “inizio”
di un tal periodo; nota mia], in cui le
masse perdono irrimediabilmente la ragione e si mettono a distruggere tutto ciò
che era stato creato in secoli e millenni di cultura. Tali periodi di demenza, che spesso coincidono con cataclismi
geologici, perturbazioni climatiche, ed altri fenomeni di carattere planetario,
liberano una grandissima quantità di
questa materia della conoscenza. Ciò
che, a sua volta, rende necessario un lavoro di ricupero, sena la quale essa
sarebbe perduta. Così, il lavoro
consistente nel raccogliere la materia sparsa della conoscenza, molto spesso coincide con il declino e la distruzione di culture e civiltà. Quest’aspetto della questione è
chiaro. Le masse non si preoccupano della conoscenza, non vogliono saperne, e i loro capi politici, nel proprio interesse, non lavorano che a rafforzarne l’avversione, la paura del nuovo e dell’ignoto. La schiavitù nella quale vive l’umanità è
basata su questa paura. E’ persino difficile
immaginarne tutto l’orrore. La gente non comprende il valore di ciò che perde. Ma
per capire la causa di questa schiavitù basta osservare come vivono le persone,
ciò che costituisce lo scopo della loro esistenza, l’oggetto dei loro desideri,
delle loro passioni e aspirazioni, a che pensano, di cosa parlano, cosa servono
e adorano. Guardate dove va a finire il denaro della società colta dei nostri
tempi, a parte la guerra, considerate ciò che impone i prezzi più alti, dove si
riversano le grandi folle” [3]. La Prima
Guerra Mondiale era iniziata da pochi anni, che cosa direbbe Monsieur G. del
mondo di Oggi?
E se così è - così è -,
tutte queste belle storielle di “riforma”
dell’umanità dove vanno a finire, o, per dir meglio, come possono soltanto iniziare
ad iniziare?
NOTE
[1] Cfr. il link http://associazione-federicoii.blogspot.it/2016/05/un-uomo-straordinario-secondo-gurdjieff.html.
[2] P. D. Ouspensky, Frammenti di un Insegnamento sconosciuto, Astrolabio Editore, Roma 1976, pp. 43-44, corsivi miei; si tratta di ben quarant’anni esatti fa. Ricordiamoci ben bene che queste conversazioni fissate su carta da Uspenskij, afferiscono all’epoca appena precedente alla Rivoluzione russa, che Uspenskij avversava, essendo del partito borghese, mentre sulla quale Mister G. aveva una posizione ben più sfumata, pur essendo stato anche alla corte zarista di Nicola II, dove sembra volesse contrastare l’influenza di Rasputin; e tuttavia, conobbe anche Stalin da giovane. In ogni caso, vantava molte conoscenze negli ambienti più diversi ed opposti, al punto da poter passare indenne nel Caucaso in fiamme di quei tempi nel lasciare la Russia.
[3] Ivi, p. 46, corsivi miei.
Inoltre: “L’umanità,
considerata come un tutto, non può mai sfuggire alla natura, poiché l’uomo
agisce in conformità agli scopi della natura, anche quando lotta contro di
essa. L’evoluzione di grandi masse umane è opposta alle finalità della natura,
mentre quella di una piccola percentuale può essere in accordo con tali finalità.
L’uomo contiene in se stesso la possibilità della propria evoluzione, ma l’evoluzione
dell’umanità nel suo insieme, cioè lo sviluppo di questa possibilità in tutti, gli
uomini o nella maggior parte di essi, o anche in un grande numero, non è
necessaria ai disegni della terra o del mondo planetario in generale: questo
anzi potrebbe esser pregiudizievole o persino fatale all’umanità. Vi sono di
conseguenza speciali forze, di
carattere planetario, che si oppongono all’evoluzione di grandi masse
umane e che le mantengono al livello
in cui devono restare. Per esempio, l’evoluzione dell’umanità oltre un certo
limite, o più esattamente oltre una certa percentuale, sarebbe fatale alla luna. Attualmente la luna si nutre della
vita organica […]. L’umanità è una parte della vita organica; questo significa
che l’umanità è un nutrimento per la
luna. Se tutti gli uomini diventassero troppo intelligenti, non vorrebbero più
essere mangiati dalla luna. Ma, allo stesso tempo, le possibilità di evoluzione
esistono e possono essere sviluppate in individui distinti, con l’aiuto di conoscenze e metodi appropriati. Tale
sviluppo può soltanto avvenire nell’interiore dell’uomo, in opposizione alle forze
e, si potrebbe dire, agli interessi del mondo planetario. […] le forze che si
oppongono all’evoluzione di grandi masse, si oppongono anche all’evoluzione del
singolo. Spetta a ciascuno di eluderle. E se un uomo può sottrarsi ad esse, l’umanità
non lo può. […] Ciò che è possibile per
il singolo è impossibile per le masse” (ivi,
pp. 66-67, corsivi in originale, grassetti miei). Quivi havvi, in nuce, il concetto d’ “élite”, ma cosa
- oggi - una cosciente “élite intellettuale”
- non certo economico-politica o d’altro
genere - possa (e direi debba) “fare”
lo si è detto “tra le righe” in qualche “Commento” altrove …
Una cosa che - apparentemente - non c’entra nulla (ma centra, invece).
In una Postfazione a dei vecchi
fumetti di vent’anni fa, circa, posti a tre a tre e ripubblicati recentemente,
in relazione a questo vecchio fumetto dove si
fumava liberamente, si legge: “Certi divieti sono forse esagerati, ma altri
non posso che condividerli: indipendentemente dal fatto che io abbia o meno
smesso di fumare, mi sembra davvero incivile farlo in un ristorante accanto a
chi non fuma, e mi pare incredibile
vedere, in certi vecchi film, sale cinematografiche, e altri luoghi pubblici,
tribunali compresi, in cui il fumo si può tagliare col coltello. Mi chiedo come questo potesse essere
permesso e mi sorprendo del fatto
che io stesso mi fossi seccato quando sono scattate le giuste proibizioni” (A. Castelli, “L’ENNESIMA SIGARETTA. I molti modi per (Non) smettere di fumare”,
in Martin
Mystère ZONA X. Nuoce gravemente alla salute, “Maxi Martin Mystère” n. 7, Sergio Bonelli
Editore, Annuale 2016, pp. 177-178, corsivi miei). Questo perché vi è un “clima”
dell’epoca, dove certe cose son tollerate in certe epoche, e in altre non più.
Tra l’altro, in uno scritto aggiunto all’originale, si parla della propaganda
fatta da Hearst che rese la canapa indiana la “marijuana” - o “marihuana”, come
si scriveva all’epoca - un qualcosa di proibito: prima la canapa indiana si
fumava e non era reato e questo fu ottenuto da Hearst non per la “salute”, ma, invece, perché la carta tratta dalla
canapa indiana era di maggiore qualità di quella estratta dagli alberi, pioppo
in testa, e Hearst era proprietario di vasti terreni adibiti alla
trasformazione della cellulosa di alberi in carta, cfr. ivi, p. 84 …!
Il punto è che ci si “sorprende”
sempre di ciò che era possibile in una certa
epoca … dopo quell’epoca stessa! Si
è comunque
legati al “clima” dell’epoca, piaccia o non. Tra l’altro, Gurdjieff fumava liberamente.
Sempre in un “album” contenente
tre vecchie storie, sempre ZONA X,
insomma,ma dell’anno 2014, vi è una storia appena posteriore alla Prima Guerra del Golfo, e che s’ispira
alle frasi dell’ Apocalisse di
Giovanni sulla Grande Prostituta “di Babylonia” interpretata, ovviamente,
letteralmente.
Bene, la “Babylonia” eluse di avvenire, anche quella volta, e si sa di ambienti della “destra religiosa”
americana e dei “neocon” che s’ispirarono a quell’evento per la Seconda Guerra del Golfo (2003, con
conseguenze fino ai nostri giorni).
Senza che “si” decida,
il gioco continuerà “sine die”, per
la presenza delle “dette forze” dei passi di qui su …
Se ci si pensa, su
queste cose, seriamente,non si può ce
rendersi conto che: La pazienza di Giobbe è sciocchezza
rispetto alla pazienze che ci vuole per
queste cose qui …
Sempre in quest’ “album”
del 2014, nell’Introduzione all’album stesso (p. 4) si parla dell’epoca di circa
vent’anni fa, quando on c’erano telefonini ed Internet era cosa per pochi, ecc.
ecc., insomma il solito carnet di
affermazioni. Risulta difficile, se non impossibile, per tantissimi comprendere
come proprio l’ assenza di queste
tecnologie rendesse la società più “consistente”, mentre sono state diffuse allo scopo di “migliorare” la società
stessa, mentre, al contrario, hanno avuto com’effetto di “polverizzarla”, in
questo confermando quanto scritto illo
tempore da R. Guénon ne Il Regno della Quantità. Guénon,
tuttavia, vi aggiungeva una quisquilia di nessun
valore: che tale “polverizzazione” che segue all’epoca della “solidificazione”
- che noi neanche più siamo in grado d’immaginare, quando persino le guerre
erano più “solide” di oggi, dove tutto è “liquido” (per dirla con il famoso
sociologo Sygmunt Bauman - il quale, comunque, conserva il “ricordo” e il “desiderio”
della “solidità” - impossibile) -, che
tale “polverizzazione” sarebbe stata insufficiente. Ci voleva “dall’ altro” per poter giungere alla vera dissolutio verso cui si sta, infine, andando …