sabato 1 agosto 2015

“Le cose sono spesso diverse da come sembrano”

Le cose sono spesso diverse da come sembrano.

Nondimeno, le date segnano delle specie di “scalette”, per questo non vanno disprezzate. Andiamo, senza dubbio, verso la fine della “crisi del mondo moderno” (Guénon), vale a dire verso la parte finale dello stesso processo, la cui data d’inizio si può senz’altro far risalire all’inizio della Prima Guerra Mondiale, il 1914. 

 

In una tale atmosfera l’esempio di Benedetto di Norcia, che visse un tempo analogo, ma ben diverso, di profonda crisi, può essere molto interessante:

Quando Benedetto adolescente studiava a Roma, si vide posto di fronte al problema della decadenza. Al declino generale egli reagì in un primo momento ritirandosi dal mondo. Questa fu la sua risposta provvisoria, non la risposta definitiva. Solo con la costruzione di Montecassino diede la risposta cristiana al fenomeno della decadenza. Essa non consistette in una protesta o in una manifestazione, né nel semplice restauro di condizioni precedenti, il che si è sempre rivelato sterile. Cercò di dare una risposta positiva e alla decadenza contrappose una vigorosa ricostruzione. Aveva un’alternativa. In epoche di dissoluzione la cosa decisiva è sempre quella di non starsene disorientati con le mani in mano. Chi non conosce una soluzione migliore è sconfitto in partenza. Lamentele e critiche non hanno mai combinato nulla” (W. Nigg, Vita di San Benedetto di Gregorio Magno e la Regola, Città Nuova Editrice, Roma 1975, p. 31, corsivi e grassetti miei).





La risposta è “avere un’alternativa”, senza, però, l’illusione di tentare di restaurare le condizioni precedenti, che è il perenne errore d’ogni “tradizionalismo”, con il qual errore esso si condanna all’inevitabile sterilità1. Ecco, dunque, che ripensare all’esempio benedettino può diventare di grande interesse in questa nostra fase storica.





1 

E’ molto interessante, a tal proposito, vedere come una scrittrice la cui potenza critica supera di gran lunga le soluzioni che propone, vede le cose. Immagina che vi sia un “Commissione Lugano”, perché riunitasi lì, composta d’anonimi studiosi, cui si dà un tema: la sopravvivenza del “sistema” nel secolo prossimo (la “Commissione” si sarebbe riunita nel 1997, il libro, in inglese, è del 1999, l’anno dopo in italiano). La conclusione cui giungono è semplice ma chiara: occorre “sfoltire” la popolazione se si vuole che il “sistema” perduri e dunque gli enormi guadagni operati da pochissimi. Sebbene si tratta di un’invenzione letteraria, “non è un libro a effetto. Non è neanche una ‘satira’ (…). I contenuti (…) si basano interamente su voluminosi dossier di materiali. (…) le (…) affermazioni sono sempre solidamente fondate” (Susan George, Il Rapporto Lugano. La salvaguardia del capitalismo nel ventunesimo secolo, asterios editore 2000, p. 211). Molte delle previsioni dell’autrice, nel frattempo, son diventate realtà.

 

E, ragionamento che non fa una grinza, solo questa strategia possono avere le “forze che dominano il mondo”. Qualche anno dopo le stesse cose possono dirsi, cambiando solo delle cifre. Ciò per causa di un fatto sostanziale: sebbene la mentalità “meccanicistica” postuli che l’economia sia totalmente reversibile, già dagli anni Settanta del secolo scorso si sa che la “reversibilità (…) data come presupposto da quasi tutti gli economisti neoclassici, keynesiani e marxisti” (ibid., p. 19) è “un’operazione del tutto artificiale” (ibid.). Reputare che nessun evento lasci “segni indelebili” (ovvero: reversibilità) e che “tutto, con il tempo, tornerà alle condizioni iniziali” (ibid.) è un’affermazione “priva di senso” (ibid.).

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