A parte i pettegolezzi, questa è una nota polemica, la relazione di “amore-odio” che accompagnò i due noti studiosi - cosa che, effettivamente, dipendeva molto dalle differenze individuali.
Ora però, da chi tanto predicava che occorreva trascendere le particolarità individuali, ci saremmo attesi più buona volontà in al senso. Invece ambedue rimasero legati a certe tendenze individuali, per carità legittime, ma che non possono divenire regola per tutti, per orvvie ragioni; insomma: tra il dire e il fare ci corre in mezzo il mare ....
Ricordo la polemica fra i due a riguardo di Meyrink. In particolare, Guénon ravvisava nello scritto meyrinkiano “Das Grüne Gesicht” (Il viso verde, ripubblicato da qualche editore “de extrema dextera”) l’appartenenza di Meyrink alla controiniziazione, cosa che faceva “incaciare” il buon Julius. Battute a parte, Guénon su Meyrink - a ragione - individuava la sua appartenenza a circoli di Kabbalah ebraica deviata. In cambio, Guénon ebbe una visione eccessivamente negativa di Gurdjieff, dove ascoltò certe “voci” più che esaminare spassionatamente le cose. Senza dubbio, Gurdjieff ebbe un suo lato oscuro - nessun dubbio - ma sembrerebbe non se ne fece afferrare. Su questo ebbe più ragione Evola.
Ho sentito di molti che, ultimamente, hanno “rivalutato” Gurdjieff: non era il “maestro-diavolo” di cui una certa pubblicistica ha detto, pur avendo egli, giova ripeterlo, un suo chiaro lato oscuro.
Per concludere, siamo in rpesenza di due grandi teorici. Ma, quando salla teoria si deve passare alla pratica, si deve sempre modificare lo schema generale per adattarlo alle circostanze. Morale (non molare) della favola: non solo la teoria non basta - il che è chiaro ed evidente -, ma, di più, non si può mai “inverare” (= realizzare pienamente) uno schema teorico qualsivoglia.
Ecco eprché su certe cose ha, nei fatti storici, avuto più ragione vola, su altri Guénon, quanto a giudizi particolari.
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