“Qualsiasi tentativo di spiegare la «weltanschauung» d’Hitler come il fedele riflesso di una dottrina coerente o d’una tradizione scolastica definita con dei lessici, di riattaccarla all’opinione di un tal pensatore, cercatore o autore al punto di fare di Hitler il suo discepolo, non saprebbe attingere che una deformazione della realtà. «Hitler non è “spiegabile” né con le sue origini sociali, né per l’ambiente nel quale è cresciuto; persino la sua appartenenza al tal popolo non lo definisce in alcuna maniera. Tutte queste considerazioni possono servire a rischiarare un aspetto parziale del personaggio; ma le ragioni profonde della sua complessità ci sfuggono. Compresa nella sua globalità, la figura di Hitler non deriva dalla “piccola borghesia”, né dal “cattolicesimo” o dal “germanesimo”. Quello che praticamente “fa” l’originalità di Hitler … è un insieme unico di fenomeni dovuto a certe disposizioni naturali, a un certo destino, ad alcune decisioni positive e negative, ad alcune coincidenze particolarissime che hanno reso possibile la sua ascesa. È quest’insieme di dati applicabili a questo solo personaggio che ci deve permettere di comprendere Hitler». Un concorso singolare di circostanze personali, nazionali ed internazionali, l’ascendente straordinario di Hitler su coloro che lo circondavano, la sua volontà indomabile, la sua abilità di servirsi del potere, d’ingannare la gente, di assoggettare gli uomini ingozzandoli di speranza e di fierezza, di prometter loro un mondo nuovo e desiderabile, di offrigli certe soddisfazioni e presentarsi come l’incarnazione della «volontà del popolo» condizionato da lui stesso con notevoli attenzioni, hanno per lunghi anni prevalso sulla ragione ed il senso della realtà [che poi è questo, alla fin fine, il “nucleo d’incomprensibilità” della “vicenda Hitler” e cioè come “per lunghi anni” tutto ciò abbia “prevalso sulla ragione ed il senso della realtà” quindi la ripulsa del mondo della pseudo ragione nel poter ammettere che una cosa del genere SIA STATA possibile = può esserlo ancora …! … ed è per quest’ ULTIMO PUNTO che la “vicenda Hitler” desta, ed ancor oggi, tanto scalpore – insieme interesse – ovvero fascino!]”, W. MASER, Adolf Hitler, Ciarrapico Editore, Roma 1978, pp. 245-246, corsivi e grassetti miei, mie osservazioni fra parentesi quadre.
Questo libro è importante, a parte alcune cose che non vanno bene, anche per due motivi: 1) mette ordine su tante notizie sbagliate sulle origini di Hitler, che ancor oggi circolano (quelle che Ronsenbaum notava essere la tendenza “minimizzante” su Hitler, che avesse perseguitato gli ebrei perché “in realtà” d’origine ebraica, e via dicendo sciocchezze); 2) chiarisce, “al di là di ogni ragionevole dubbio” (come dicevano i “legal thriller” americani), che l’antisemitismo di Hitler era ben presente sin dal 1919, quindi è sostanziale, immodificabile.
La persecuzione sistematica, con uccisione sistematica – cioè “l’universo concentrazionario” – viene, invece, dopo, e si presenta, potente, di fronte a Hitler quando ormai si rese conto di aver perso la partita – per l’errato attacco alla Russia senza però prima essersi “garantito” l’ovest –, ed ormai di necessitare di “altro” per potersi “rimettersi in sesto”. Maser chiarisce, infatti, a tal proposito, che Hitler era ben consapevole della sua sconfitta da prima di quanto usualmente si ammetta da parte degli storici ordinari.
Buona pure la ricostruzione delle basi culturali, **non** esigue, di Hitler, con le sue ascendenze culturali, spesso nella cultura tedesca anche “ufficiale” per così dire, donde la sostanziale ipocrisia di attribuire al solo Hitler “certe” tendenze.
Gli sfugge, però, la componente “occulta”, e qui vi è il forte punto debole, quella componente “ariosofica” messa bene in luce da G. Galli. Quest’ultima “componente” spiega **NON** le “tendenze generali” di Hitler, ma l’eccesso, e le mosse **in APPARENZA** “inspiegabili” dello stesso Hitler, come gli errori sulla Russia, che rivelavano quella “spaccatura” – di nuovo, messa ben in luce da Galli – all’ interno del “nucleo occulto” che c’era dentro il vertice nazista (nucleo, dunque, che NON COINCIDE pienamente con la dirigenza nazista tout court: per esempio, Goebbels cominciò a scoprirne l’esistenza solo negli ultimi mesi della guerra, poiché n’era fuori). Oggi, tale spaccatura – davvero antica, e che riflette “altro” – pare risolta: ed ecco il “Quarto Reich” (di cui parlava Dolcetta, per esempio) … “Chi ha orecchie per …”
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