“Anche mi dice: «Le cinque acque che hai veduto, ove posa la meretrice, son i popoli e le folle e le nazioni e le lingue. E le dieci corna che hai vedute e la bestia, questi esecreranno la meretrice e la faranno deserta e nuda, e mangeranno le sue carni e l’arderanno nel fuoco. Perché Dio commise ai loro cuori di realizzare il suo decreto, e di operare d’accordo e dare il regno loro alla fiera, fino a che si adempiano i decreti di Dio. E la donna che vedesti è la grande città, che ha il potere sopra i re della terra»”.
Apocalisse di Giovanni, a cura di M. Bontempelli, SE Studio Editoriale, Milano 1987, p. 71, cap. 1[1], grassetti e corsivi miei.
“Vi è una certa impossibilità che una profezia, concernente non un fatto particolare, ma un insieme di fatti derivanti dallo svolgimento del ciclo umano, sia del tutto adeguata ed anticipi così lo svolgimento del futuro; ciò che allora si trova cambiato o dissimulato, o confuso, se si vuole, riguarda evidentemente non i fatti in ciò che essi hanno d’essenziale, ma il loro ordine di successione e le loro proporzioni. È come se una profezia fosse una vetrata rotta e ricomposta senza rispettare la posizione logica dei frammenti; il messaggio è stato dato, ma la forma è scomposta, poiché «Dio soltanto conosce l’ora». Il che vuol dire che ogni profezia complessa non può essere presa alla lettera, se non nei fatti essenziali e nel senso generale del processo; ma Dio si riserva sempre modalità imprevedibili, e se da una parte Egli s’impegna con la sua parola, dall’altro serba un margine di libertà di cui nessuno può prevedere gli effetti(*). E qualcosa di analogo si ha nelle diverse religioni, che corrispondono, in quanto rivelazioni di un certo tipo, alle profezie: la loro diversità prova che vi è, necessariamente, nella loro apparenza — certo non nei loro contenuti essenziali — un elemento che ci ricorda, mutatis mutandis, quanto noi potremmo chiamare il «gioco di prestigio» del demiurgo”, V. MEDRANO – F. SCHUON, L’Aquila e il Corvo nel mondo degli uomini rossi, Edizioni di Ar, Parma 1979, pp. 29-30, corsivi in originale. L’ “Ora” è “di Dio”, infatti, è ciò ch’Egli “SI” è “riservato” – ha riservato “a SÉ”, per così dire … – “L’Ora di Dio” (Aurobindo) appunto …
Andrea A. Ianniello
[1] Testo in latino: cf. ivi, p. 70.
(*) In nota, si legge: “La storia di Narasinha, quarto Avatâra di Vishnu, ci offre un’immagine di questa legge: Huiranyakashipu avendo ottenuto da Brahma la promessa di non esser ucciso né di giorno né di notte e né da un uomo né da un animale, si credette che tutto gli era permesso, finché Vishnu intervenne in forma di uomo con testa di leone — «né uomo né animale» e uccise il tiranno nel momento del crepuscolo, quindi «né di giorno né di notte». Shakespeare ha trattato quest0argiomento, o questa dottrina, in Macbeth: medesimo concatenamento di profezia, di falsa sicurezza, di orgoglio e di «astuzia divina» nel castigo”, ivi, p. 30, corsivi in originale, grassetti miei. Quell’ “astuzia divina” che oggi è in funzione, che poi è l’ unica che possa davvero cambiare le cose.
Ecco perché le profezie varie non si realizzano mai completamente come dette: per il motivo detto qui sopra.
RispondiEliminaIn realtà, con la fine di maggio termina il vero decennale, che ho seguuito nel computo comune degli anni - che iniziano a gennaio - dicendo che con gennaio 2024 iniziava anno 11 del blog, ma che, in realtà, poiché invece il computo degli anni comincia nel blog con il principio di giugno, è questo cominciamento che denota il computo annuale. Pertanto, il decennale si è terminato il trentun maggio 2024. Con questo giugno è iniziato quindi quel che potremmo chiamare undicesimo anno.
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