Sul tema di “Magonia”, cf. J. Vallée, Passaporto per Magonia, Venexia Editrice, Roma 2021, pp. 24-26. Il discorso si farebbe qui troppo lungo: mi limito dunque solo a consigliare la lettura di tal testo. Possiamo dir quello che ci pare, ma rimane un fatto che nei paesi celtici, soprattutto insulari – più in Irlanda o Scozia che in Bretagna francese, come attesta Evans Wentz con la sue ricerche dell’inizio del XX sec., citate da Vallée –, ancora all’inizio del XX secolo non era semplicemente un “relitto ‘pagano’”, ma era una fede vera e propria: la “fede nelle fate” cosiddetta.
«Segue un soggiorno di 15 anni in Egitto, di cui 12 a Luxor, dove Schwaller si consacra allo studio della tradizione egiziana […]. A partire dalle migliaia di dati raccolti, compone la sua opera monumentale Il tempio dell’uomo […]. In base a numerose informazioni provenienti da fonti differenti che abbiamo avuto, sembra che R. Schwaller de Lubicz abbia avuto una conoscenza molto profonda ed anche “pratica” d’un certo genere di magia assai particolare. Il testo che noi abbiamo riportato dimostra peraltro il livello di queste conoscenze […]. In più, nel 1927, pubblica un’opera ritirata dal commercio da lui stesso poco dopo la sua apparizione, che ha per titolo: Adamo l’uomo rosso, dove dà prova d’una conoscenza molto approfondita di dottrine e pratiche di carattere “tantrico”».
A. DE DáNANN, Mémoire du sang, “contre-initiation”, culte des ancêtres: sang, os, cendres, palingénesie, Archè, Milano 1990, p. 91, in nota, corsivi in originale.
«Nel circolo dei “Veglianti”, del quale aveva fatto parte anche R. Schwaller de Lubicz, si diceva in maniera molto inquietante e in termini ambigui che «nelle tombe delle Piramidi, la razza umana addormentata attende il giorno della sua resurrezione», e si parlava d’un oscuro cristallo proveniente dalle tombe delle Piramidi che Napoleone aveva mostrato ai suoi soldati come simbolo della “durata”. (In base ad una conferenza tenuta da Louis Allainguillaume ai “Veglianti” nell’ottobre 1920 a Parigi). Si potrebbe consigliare, a tal proposito, la lettura attenta d’un racconto di H. Ph. Lovecraft, The Haunter in the Dark (1936), dove si tratta dei poteri inquietanti attribuiti ad un trapezoedro brillante ritrovato tra le rovine d’un tempio egiziano, e d’evocazioni durante le quali si fissa un cristallo; ricordiamo il potere degli specchi e dei cristalli magici e il loro uso del quale parlano testi dell’ Hermetic Brotherhood of Luxor»,
Ivi, p. 127, in nota a pie’ pagina, corsivi in originale. L’autore (o gli autori) del testo testé citato, per quanto abbiano delle fonti poco frequentate – il che ha il suo grande merito – ha però il difetto di criminalizzare un po’ troppo e troppo indistintamente, anche se molte volte le “pratiche” da lui stigmatizzate davvero sono devianti. En passant, voglio qui solo far notare la discussione di G. Galli – su Schwaller de Lubicz – e in relazione al comportamento dei circoli esoterizzanti od occultisti in relazione alla presa del potere da parte di Hitler e sul come comportarsi, pure in relazione alla guerra che si andava profilando alla fine degli anni Trenta del XX secolo ed al suo sviluppo all’inizio degli anni Quaranta.
“Spesso si dice che questa stessa organizzazione sia conosciuta anche per un numero abbastanza grande di appellativi diversi, tra i quali ve ne sono alcuni dove l’idea del ternario è esplicitamente menzionata; ma, a dir vero, vi è un’inesattezza: questi appellativi si applicano propriamente solo a particolari ramificazioni o ad «emanazioni» temporanee d questa organizzazione, che appaiono in tale o tal altro momento della storia e scompaiono quando hanno finito di adempiere alla parte cui esse erano specialmente destinate”.
R. GUéNON, La Grande Triade, Atanòr, Roma 1972, p. 6.
“Prima dell’arrivo dei primi europei in Cina, nel Cinquecento, il mondo occidentale aveva alcuna idee confuse sull’esistenza d’una muraglia nell’Asia; esistevano le storie bibliche delle tribù di Gog e Magog e la leggenda diffusa in Oriente ed Occidente di come Alessandro il Grande li chiuse dentro delle mura. Rashid ad-Din (1250-1318) cita spesso questo sedd Iskander, Vallo di Alessandro, in connessione con le sue descrizioni delle barriere erette dalla dinastia Chin (1115-1234) e un’analoga tradizione si trova nelle narrazioni del viaggiatore arabo Ibn Battuta (1304-77) che fu in Cina nel 1347. Egli parla dei «Bastioni o della muraglia di Gog e Magog» e dice che essa si trova a 60 giorni di viaggio dalla costa cinese del Kwangtung in un territorio occupato da tribù nomadi che «si cibano dei nemici e di coloro che catturano» [queste tribù che “si cibano di carne umana”, per finire, sono analoghe ai “cinocefali” ricordati nei vari “Romanzi di Alessandro” (Magno)]. Queste tribù sono forse gli antropofagi di cui parla Ammiano Marcellino (ca. 130-195), genti stanziate non lontano dai Seres [“quelli della Seta”, cioè i “cinesi”], un popolo ch’egli aveva descritto come circondato da «celsorum aggerum summitates» generalmente tradotto come «alte mura di cinta», frase che fu glossata come un riferimento alla Grande Muraglia sebbene possa trattarsi semplicemente di montagne”.
A. WALDRON, La Grande Muraglia. Dalla storia al mito, Einaudi editore, Torino 1993, pp. 235-236, corsivi in originale, mie osservazioni tra parentesi quadre. Interessanti le osservazioni finali dell’autore citato, secondo il quale, man mano che il prestigio di Mao Zedong si oscurava (inevitabilmente), la Grande Muraglia diveniva una sorta di mito “nazionale” cinese. Peraltro “Grande Muraglia” è in cinese Changzheng [Ch’ang-cheng], cioè l’Enorme Muro, stesso termine – “muro” – che si usa per indicare la “città” poiché, sì, come nell’antichità classica e in buona parte del Medioevo, non v’è città senza mura, per cui la Grande Muraglia rende la Cina un’enorme città. Tra l’altro, va osservato che nel piano delle città cinesi vi era il cardo e il decumanus come nelle città classiche, molto simile a quanto scritto nei “Libri rituales” d’ascendenza etrusca, con la differenza che in Cina l’asse nord-sud aveva più importanza di quello est-ovest. La modernità ha abbattuto le mura dappertutto, invece, anche in Cina: un fatto, questo (“abbattimento delle mura”), assai significativo.
“Nel caso dell’imperatore, il paradosso è che la funzione del monarca da un lato riguarda il mondo e non la religione e dall’altro continua l’ufficio del pontifex maximus della religione romana, che fu di tipo jnânâ per l’origine ariana, e nonostante la degenerazione della forma generale e prevalente; la qualità di pontefice per così dire «gnostica» o l’investitura celeste diretta – di cui Dante e altri Ghibellini paiono aver avuto piena consapevolezza – spiega con quale diritto Costantino poté convocare, senza incontrare opposizione, il concilio di Nicea; la medesima qualità, per quanto potesse essere di fatto offuscata, spiega la tolleranza e il realismo degli imperatori verso le minoranze non cristiane che essi dovettero a volte difendere dai sacerdoti, e l’esempio più manifesto fu l’armonia fra Musulmani e Cristiani in Sicilia al tempo di Federico II”.
F. SCHUON, L’esoterismo come principio e come via, Edizioni Mediterranee, Roma 1984, p. 43, corsivi in originale. (1)
“Abbiamo visto che già Federico II aveva accennato ad una misteriosa provenienza orientale della sua «Rosa»”.
J. EVOLA, Il mistero del Graal, Edizioni Mediterranee, Roma 1972, p. 179. Il Graal come “mistero ghibellino” – in essenza è la tesi di Evola (cf, ivi, pp. 133-138) – è una forzatura, eppure contiene anche un’importante verità. Peraltro: “Nella saga […] «prete Gianni» è colui che tiene in freno le stirpi di Gog e Magog”, ivi, p. 49. Altra nota interessante: “La spada è quella di David, del re sacerdotale, che spesso abbiamo visto confondersi con la figura del prete Gianni. Particolare estremamente significativo: il fodero di questa spada ha per nome: m e m o r i a d e l s a n g u e, memoire de sangc”, p. 97, corsivi in originale, come pure il distanziamento tra le lettere.
“I Qin succedono agli Zhou. Non possono che regnare per virtù dell’acqua, a prova di questo basti citare il seguente presagio: quando il vostro illustre antenato, il duca Wen, andò un giorno a cacciare, prese nelle sue reti un drago nero. Non era un felice presagio della virtù dell’acqua?”.
J. Lévi, Il grande Imperatore e i suoi automi, Einaudi editore, Torino 1985, p. 194.
«Il vento l’ha portata nel suo ventre. Proprio come con la Luna, fecero del vento una lettura letterale e si sforzarono in seguito di controllare il cima, trattenendo le masse d’aria con “muri d’onda” alzate [forse refuso per: alzati (i “muri d’onde”)] su continenti interi, analoghe l confinamento magnetico dei flussi di particelle nei grandi acceleratori. I primi esperimenti, nel 1975 e 1976, sfuggirono ad ogni controllo per vari mesi; i secondi, nel 1983, ebbero migliori risultati [vi è stata recentemente la notizia di un altro tentativo, però per far piovere, in un paese arabo del Golfo Persico, e vi sarebbero dei buoni risultati: pertanto son andati avanti su tale via], ma il segreto su di essi non fu mai levato, sebbene fossero circolate delle voci nelle università. La contropartita sociale della dominazione dei venti [e questo punto qui è molto importante, alla luce oscura) dei “social” e del 5G] si tradusse nel tentativo di controllo dell’opinione pubblica [dove bisogna guardarsi dal cadere in una certa propaganda, ma neppure nell’altra, quella che “condanna” il cosiddetto “mainstream” però si basa sempre su meccanismi di propaganda di massa: quando si sente che solo il 21% degli americani siano preoccupati del coronavirus mi viene spontaneamente in mente la “storia del mago e delle pecore”, che Gurdjieff amava narrare …], ciò che Virgilio chiamava fama volans, così mobile e fugace come la brezza».
FULCANELLI, Finis GloriÆ mundi, Edizioni Mediterranee, Roma 2007, p. 87, corsivi in originale, mie osservazioni fra parentesi quadre.
“Del resto è proprio soltanto a questa condizione [che certe facoltà si siano “atrofizzate”] che il mondo sensibile può loro apparire come un «sistema chiuso» all’interno del quale si sentono perfettamente sicuri; ci resta d’analizzare come quest’illusione possa, in un certo senso ed in una certa misura [ormai trapassata: e qual è oggi il più diffuso sentimento?, l’ insicurezza!, non a caso!, non si riesce neppur più a lontanamente immaginare il senso di sicurezza – illusorio nella sostanza, eppure reale negli effetti – che si aveva quando il “materialismo pratico” imperava sul e nel mondo (2)], esser «realizzata» proprio in funzione del materialismo [“pratico”]; ma vedremo anche in seguito come, ciò nonostante, essa [realizzazione] non rappresenti se non una condizione d’equilibrio eminentemente instabile, e come, al punto in cui sono le cose attualmente [testo pubblicato in originale nel 1945!], quella sicurezza della «vita ordinaria», su cui si è ritrovata a riposare sin qui tutta l’organizzazione del mondo moderno, corra il grave rischio d’esser turbata da «interferenze inattese»”.
R. GUéNON, Il regno della Quantità e i Segni dei Tempi, Adelphi Edizioni, Milano 1982, Collana “Gli Adelphi” 2009 (edizione originale Francia 1945!!), p. 105, corsivi miei, mie osservazioni tra parentesi quadre. A tal capitolo, sue immediatamente quello dal titolo. “La degenerazione della moneta”, capitolo ch’è alla base, fra delle altre fonti, al vecchio post cf.
https://associazione-federicoii.blogspot.com/2015/12/la-rovina-del-cash.html.
“Soltanto che, quantunque il Kali-Yuga sia propriamente un periodo d’oscuramento, il che ha reso possibile fin dai suoi inizi tal genere di «fenditure», quest’oscuramento è certamente lungi dall’aver raggiunto d’un sol colpo le proporzioni che si possono constatare nelle sue ultime fasi, e questa è la ragione per cui le «fenditure potevano a quel tempo essere riparate con relativa facilità; ciò nonostante occorreva anche allora che fosse esercitata una costante vigilanza, e quest’incombenza rientrava normalmente nei compiti attribuiti ai centri spirituali delle diverse tradizioni [trattasi della “chiave d’argento”, quelle che chiude le porte degli “inferi”, sacerdotale anch’essa in origine”, ma poi – per vari motivi – “data” al potere temporale, per altri vari motivi, lunghi a dirsi: ci vorrebbe un libro un po’ corposo per seguire tali peripezie (e chi lo leggerebbe, se quattro cose, giuste ma limitate, trovano siffatta difficoltà d’ “audience”?, il gioco non vale la candela, oltre un certo limite)]. Seguì un’epoca nella quale, in seguito all’eccessiva «solidificazione» del mondo, le stesse «fenditure» furono molto meno da temere, almeno temporaneamente; quest’epoca corrispose alla prima parte dei Tempi moderni [che inizia, non a caso, con la “caccia alle streghe”; qui alcune intuizioni, sebbene spesso non coerentemente sviluppate, di G. Galli vengono al punto], vale a dire a quello che può esser definito il periodo specificamente meccanicistico e materialistico [seconda metà del sec. XVII, seconda metà del sec. XIX, con l’inizio del XX comincia, però, a traballare, sebbene all’inizio solo poco, sussenguendosi fasi di “Krisis” (per esempio, Nietzsche) a fasi di “ristabilizzazione” (ne stiamo vivendo una, che chiamo la “Piccola Restaurazione”), e così il “sistema del mondo” è andato avanti sinora], periodo in cui il «sistema chiuso» del quale parlavamo era più prossimo ad essere attuato, perlomeno per quanto al cosa era possibile di fatto [non in teoria, de facto]. Adesso, parlando cioè del periodo che può essere identificato nella seconda parte dei Tempi moderni [e cioè post 1945, data della pubblicazione del testo di Guénon, e cioè dopo la fine della “Seconda ‘Guerra dei Trent’anni’” (G. Galli)] e che è già incominciato [appunto, con la fine del Secondo Conflitto Mondiale, sempre più visto – in modo esatto – come la seconda fase di un unico Conflitto, cominciato nel 1914], le condizioni sono certamente cambiate rispetto a quelle di tutte le epoche anteriori [di tutte …]: non soltanto le «fenditure» possono nuovamente prodursi sempre più abbondantemente, e presentare caratteri più gravi che mai in conseguenza del cammino discendente percorso nell’intervallo, ma inoltre le possibilità di riparazione non sono più le stesse d’un tempo. In effetti, l’azione dei centri spiritali si è andata mano a mano restringendo, perché le influenze superiori che essi, secondo la loro funzione normale, trasmettevano al nostro mondo non possono più manifestarsi all’esterno, arrestate come sono da quel «guscio» impenetrabile di cui dicevamo poco fa; dove mai si potrà dunque trovare, in un simile stato dell’insieme umano e cosmico, una difesa d’una certa efficacia contro le «orde di Gog e Magog»?”.
R. GUéNON, Il regno della Quantità e i Segni dei Tempi, cit., p. 169, corsivi in originale, grassetti miei.
A questo punto giunti, com’era mia intenzione già nel dicembre del 2019 (3), ma poi la pandemia mi costrinse a continuare – e difatti questa possibilità, di cose a breve che avrebbero richiesto attenzione, era già considerata in quel post –, con questo (presente) post quindi termina, fatto salvo lo stesso punto, cioè “salvo la situazione del mondo acceleri”, la “fase eruttiva” del blog, rimanendo una fase di “vulcanesimo secondario”, per parlare con metafora. Si seguirà comunque, come detto, la situazione nei suoi eventuali sviluppi, ma non è certo un segreto che si sia presa ormai una via – relativamente – definita: il cosiddetto “Reset”, che chiamo, invece, “Iperset”, e cioè l’ulteriore proseguire, in modo ancor più deciso, sulla via già intrapresa da tempo.
Andrea A. Ianniello
(1) Interessante questo passo: “il Cielo non mente né chiacchiera [e, in nota, a tal passo, vi si legge: “Il che stronca una serie di apparizioni o di «messaggi» di cui si sente parlare nella seconda metà del XX secolo”]”, ivi, p. 238: e di cui si sente parlare anche nei primi vent’anni del XXI secolo … Il che dà da pensare, credo … spero.
(2) “Verità è che il mondo di Doyle-Holmes procede con una lucidità affascinante […]. E questo – se è consentito dirlo – risulta a noi invidiabile, non tanto per gli effetti pratici, quanto per la compattezza degli ideali che nutrivano quel mondo, lo puntellavano, lo proteggevano”, Introduzione di G. Arpino ad A. CONAN DOYLE, Il segno dei quattro, RCS Collezionabili, Milano 2002, p. 8, corsivi e grassetti miei. Di tutto ciò noi, oggi, non sappiamo più nulla: tutto è un “liquido” passaggio, spesso da parte di “acque corrosive” di varia, ed incerta - e torbida, natura …
(3) Cf.
https://associazione-federicoii.blogspot.com/2019/12/con-questultimo-post-credo.html.
(Precisazione: cambio a volte l’uso delle virgolette, come la non periodicità dei post, perché la “forma blog” non prevede né continuità temporale né uniformità grafica, per cui la non uniformità – né temporale né grafica – è una sua caratteristica distintiva, quindi ciò qui è voluto)
PS. “Ma le aggiunte moderne di alcuni cantori narrano che Gesar, disgustato dal mondo e dall’impossibilità di pacificarlo e ordinarlo, si rifugia con ‘Brug.mo [la sua consorte] nelle viscere d’una montagna, ove dorme il suo gran sonno [esattamente come gli “Imperatori dormienti”!!] accanto al suo grande amore, in attesa che tempi migliori permettano a lui di riportare il Tibet ed il mondo intero sulla via d’una rinascita e d’una pacificazione che la presenza di forze malefiche, per ora, continua ad impedire”, miti dell’Oriente, a cura di M. Bussagli, Gherardo Casini Editore, Roma 1976 – ristampa Club del libro Fratelli Melita Editore, 1987, p. 96, corsivi e grassetti miei, miei commenti fra parentesi quadre.