Spacchetto in tre parti un
precedente post.
Prima
Parte
martedì 24 novembre 2020
Detti utili (in due sezioni, 1 e 2)
1.
“Qualsiasi
tentativo di escludere l’ ‘irrazionale’ è irrazionale. Qualsiasi strategia […]
totalmente ‘razionale’ è supremamente irrazionale” (J. Cage, Silenzio, Feltrinelli 1971, p. 37).
“Le
dittature controllano la gente con la violenza o con la minaccia della violenza
per limitarne le capacità di azione. Le moderne democrazie controllano la gente
attraverso una propaganda sofisticata, manipolando il pensiero. Il titolo di un
libro di Noam Chomsky, La fabbrica del consenso, lo riassume bene. Ci
preoccupiamo per le armi di distruzione di massa ma dovremmo essere altrettanto
preoccupati per le armi d’illusione di massa (o per le armi di distrazione di
massa), più insidiose e più difficili da scoprire” (D. R. Loy, Denaro, sesso, guerra, Karma,
Ubaldini 2009, p. 115). “In passato si poteva ignorare la pubblicità, ma la
recinzione dei territori cognitivi comuni significa che le pubblicità sono
ovunque rivolgiamo la nostra attenzione. A meno di non stare meditando in una
grotta sull’ Himalaya, dobbiamo elaborare migliaia di messaggi pubblicitari
ogni giorno” (ibid., p. 114). In tempi d’ “infodemia”, ciò si è mostrato nella piena sua potenza, il peggior virus.
“Charles Malik, un brillante
statista libanese, in occasione di un discorso al Dartmouth College nel 1951,
disse: ‘Le sfide che il mondo occidentale deve affrontare sono essenzialmente
tre: la sfida del comunismo, quella dell’ascesa dell’Asia e quella dei fattori
interni di disgregazione’. La prima sfida è stata affrontata. La seconda
incalza ora l’Occidente, e in particolare l’America” (R. Halloran, in “So
Levante”, Quaderno de “L’Internazionale”, 1996, p. 19, grassetto mio). Si
osservino le date riportate: 1951 e 1996, sono temi vecchi Direi che la
differenza tra dieci-undic’anni fa [2007 … !!] ed oggi questa: i “fattori interni di disgregazione”
sono esplosi. Ora, rispetto a tutto ciò, nessuna classe dirigente è attrezzata
perché tali problemi son globali, mondiali e nessuna classe dirigente
“nazionale” può affrontarli da soli. C’è un’impasse di base, non c’è una vera
soluzione a tali problemi. Non solo, ma la fine del comunismo, per ironia della
storia, ha dato inizio alla precipitazione della crisi globale. […] La storia,
che credevate dalla vostra parte, non ha gradito l’omaggio. Era già giugno.
Voglio dire: era qualcosa di già datato e fuori tempo. “Come ogni movimento
politico di massa, la Rivoluzione culturale ha prodotto i suoi manifesti di
propaganda. Anche i Boxer del 1900 avevano manifesti di questo tipo: erano
anche loro postmoderni?” (China
News Analysis, in ibid., p. 101).
“Forse è più facile cominciare col dire cosa non
è la democrazia in Asia. Non è sicuramente il trapianto di una serie di
valori nati dall’esperienza storica europea e modellati sul concetto
euroamericano di come dovrebbe essere una società ideale. […] Non esiste una
definizione universale del concetto di democrazia, nonostante i suoi campioni
euro-americani insistano nel sostenere il contrario. Un appello ai doveri nei confronti dei proprio antenati
sarebbe accolto con perplessità alla Camera dei comuni britannica. E
altrettanto incomprensibile per un vero democratico cinese risulterebbe la
pretesa che i diritti inalienabili dell’individuo avessero la precedenza sul
bene comune. […] L’esempio più evidente di tale sciovinismo intellettuale è
quello di far coincidere la democrazia con le elezioni. In ogni società, il
modo in cui vengono scelti i suoi rappresentanti è fondamentale per la
democrazia, ma mentre in Europa e nell’America del Nord esso la definisce, in
Asia ha solo un valore parziale. Non è necessario dare tante spiegazioni per
giustificare quest’affermazione così contraria al modo di vedere le cose
euro-americano” (Asiaweek, in ibid., p. 52).
“Ma ammettiamo il loro punto di
vista. Accenniamo per il momento l’idea che delle elezioni libere e corrette
siano l’unico discriminante della democrazia. Accettiamo che il modello del
voto individuale sia l’unico valido […] e che tutti coloro che […] aspirano
alla democrazia dovrebbero studiare come queste cose vengono fatte nella
cultura che per prima ha scoperto il segreto. Nasce però immediatamente un’altra
questione: che cosa significa elezioni ‘corrette’?” (ibid., p. 54). Il caso
Italia dimostra come un sistema elettorale possa essere alterato al punto di
non consentire nessun’altra scelta da parte dell’elettore se non dire sì. Che,
poi, gli “Itagliani” abbiano accettato, è altro discorso, ma senza
dubbio rimane il punto decisivo.
@i
PS.
I ‘… fattori interni di
disgregazione’, li vediamo al loro massimo
potere oggi, proprio nel presente Occidente …