sabato 4 gennaio 2020

Lo “stato di eccezione” globale (C. Schmitt)? O l’ “emergenza globale” (P. Virilio)? Probabilmente un “misto” fra le due cose



















Dunque la principale grana dell’economia mondiale – D. J. Trump – ne ha fatta una delle sue, dopo la grana dazi, che sembrerebbe andare verso una sua risoluzione, almeno parziale: del tutto sordo ad ogni buon consiglio, come tutti i populisti peraltro, ha compiuto un atto che può dar luogo a pericolose risposte da parte iraniana. Senza contare l’altro grosso rischio: bisogna vedere se l’Iraq mantenga le truppe americane sul suo territorio. Gli Usa, infatti, hanno questo punto debole: che necessitano sempre di avere l’assenso da parte dello stato dove allocano le loro truppe, delle quali hanno necessità per i loro scopi.
A questo punto, finché il tutto si risolvesse in rappresaglie che intervengano dal o nel Libano, e dunque possano toccare anche Israele, la cosa rende ancor più aggrovigliato l’inestricabile groviglio mediorientale, l’implosione degli stati continuerà ma la direzione del mondo non sarà modificata. Sarà peggiorata ed approfondita la deriva, ma non cambiatane la direzione.
Il problema è quello di cui si è “parlicchiato” qua e là in questo blog, soprattutto nei commenti è un altro. Se, invece di classiche ritorsioni e terrorismi vari, che ormai fa parte del contesto “globale” come stato normale (cose che, se fossero successe qualche decennio fa avrebbero provocato le folle nelle piazze occidentali e non per le solite rivendicazioni populiste), l’Iran decidesse di attaccare lo Stretto di Hormuz, vitale per i traffici petroliferi, non dico bloccandolo, ma, per lo meno, rendendone meno facile l’attraversamento, le conseguenze sarebbero molto grosse. Molto. Allora, sì, davvero, si potrebbe parlare di cambiamento di scenario e di ripetizione – in forme diverse – dello shock petrolifero degli Anni Settanta, che, poi, portò a pensare molti.

Infatti sia il consumo di petrolio sia la dipendenza da quest’ultima risorsa son aumentati nel corso dei decenni, dagli Anni Settanta, nonostante le sciocchezze che si dicono per il “green new deal”, che non è affatto “new”, la realtà è non solo diversa, ma è l’opposto, l’opposto! L’auto elettrica? Si può fare, ma come si produrrà l’energia elettrica? Ancora … col petrolio!
Ora però, rispetto alle sciocchezze del “peak oil”, come strillo “complottistico” e scandalistico – figlie precisamente di quegli anni, e del ritorno della “penuria” come unico referente di senso, avrebbe detto Baudrillard, in un sistema le cui finalità ormai però erano prive di senso, avrebbe però aggiunto … - oggi, grazie al cosiddetto “fracking”, la penuria non c’è. Ma rimane il problema del fatto che una parte molto rilevante dei traffici petroliferi globali passi per lo Stretto di Hormuz, ed un ricatto petrolifero da parte iraniana, che abbia come oggetto questo stretto, avrebbe, piaccia o non piaccia, un effetto irreversibile sull’economia del globo, riaprendo scenari dimenticati dagli Anni Settanta (e dei quali si è “parlicchiato” su questo blog[1]), ovviamente riaggiornati e non certo meramente ripetuti. Similarità sì, ma in contesti ben differenti, ben diversi.
Ora questo ci potrebbe far entrare in uno scenario da “emergenza”, e cioè quello di cui parlava C. Schmitt[2]? E sarebbe utile per lo scopo di fare quella “dystopia” di cui sì è anche parlato, e questa volta molto esplicitamente, in questo blog?
O invece lo stato d’emergenza globale dev’esser visto da un’ottica à la Virilio, di cui anche s’è detto in questo blog[3]? Oppure si tratta di un misto fra le due cose, in un’inedita costellazione storica?
Lo si vedrà senza dubbio.


Non è affatto vero che abbiamo davanti a noi la lotta fra le democrazie e le oligarchie, fra le democrazie “occidentali” e le “oligarchie” orientali che, talvolta, virano verso dittature vere e proprie. Siamo invece di fronte alla lotta fra due oligarchie. Quelle occidentali – in crisi e rose all’interno da lotte intestine – hanno una maschera democratica; quelle orientali – più capaci d’imporre una unità, per lo meno apparente – tendenzialmente prive di questa maschera, ma ciò non è sempre vero.
Le oligarchie mascherate da democrazie – cioè “l’ Occidente” di oggi – sono andate in crisi: i loro vecchi ceti dirigenti, che avevano dato luogo alla globalizzazione, senza prendere in alcun conto la possibilità che tal processo si sarebbe potuto riversare su loro stessi ponendoli in crisi (eh no, era impossibile: avevano vinto la “guerra santa” contro il comunismo, e, dunque, ogni cosa era loro permessa, e, soprattutto, tolto di mezzo il cattivo comunismo ecco che davanti qualsiasi cosa era possibile e le cose non avrebbero “mai” potuto prendere una piega cattiva, il mercato è “il bene”, “assoluto”, per costoro: abbiamo visto i risultati, sotto gli occhi di tutti). A seguito della crisi, le classi medie si sono rivoltate, al livello della loro proverbiale scarsissima intelligenza ed ottusità doc. E ne son venuti fuori Trump ed i suoi emuli, i “populismi”, appunto, con la loro qualità pessima rispetto alla qualità cattiva delle classi dirigenti che avevano guidato l’Occidente dopo la cosiddetta “fine del comunismo” – che non è stata per niente la fine del potere orientale, anzi –, fine del comunismo scambiata per “fine della storia” tout court: che allucinazione. Ma un’allucinazione molto significativa, che la dice lunga su tali classi dirigenti, cattive. Dopo son venuti i pessimi, però: dopo i cattivi, i pessimi.
Che cos’è successo: che le classi dirigenti occidentali si sono spaccate in relazione all’appoggio da dare a questa voga populistica; questo è successo. Di spaccature analoghe in Oriente si è visto poco, qua e là, ma non così profonde come in Occidente.
Questo è accaduto perché l’Occidente è stato sempre più dominato dalla finanza: in nessun posto la sostituzione della politica da parte dell’economia si è verificato in modo tanto evidente, tanto forte, quanto in Occidente, e in Europa in particolare, e in Italia peggio ancora, col risultato che l’Italia non ha proprio più alcuna classe dirigente e si vota ai populismi, cosa inevitabile in democrazia: il populismo non è una malattia della democrazia, ma il suo esito qualora non sia in grado di produrre alcuna classe dirigente. In altra epoca si sarebbero detti: demagoghi, e la demagogia è un esito quasi scontato della democrazia, se mancano classi dirigenti. E tu le classi dirigenti non le produci col voto: il voto, al massimo, è un modo per scegliere al loro interno, posto che già vi siano; ma non è un modo per produrle: su questo punto crollano le democrazie, per principio; esso è il loro tallone d’Achille. Questo perché la democrazia è “doxacrazia”, il potere ce l’ha chi domina l’opinione pubblica, che, però, è manipolabile per principio (ogni dinamiche di massa lo è), e, secondo Bernays, la manipolazione dell’opinione pubblica è giusta, in democrazia. Bisogna sempre vedere per quali scopi lo si fa, però, aggiungerei … Se viene portata – la manipolazione – avanti con lo scopo d’imporre la dittatura del mercato da parte di un’anti élite finanziaria, i risultati son pessimi: son quello che vediamo sotto gli occhi, nazioni degenerate, civiltà priva d’identità, intere parti della società escluse per principio, la dissoluzione del legame sociale in un individualismo becero e senza futuro. Ma ciò è l’inevitabile risultato del predominio del mercato “sopra tutto”, über alles
Peraltro cose del genere – che cioè questa deriva in Occidente avrebbe reso quest’ultimo debolissimo – sono state dette, da M. Dolcetta, per esempio, e in tempi non sospetti[4]. Ora la questione che si pone questa è: se lo scopo è la “dystopia”, quale sia lo scenario migliore. Una nuova crisi del petrolio e uno shock per l’economia mondiale? Oppure continuare così verso una sorta di “emergenza globale”, ma “controllata”, per così dire?
Mettersi a fare “previsioni” è una mania dell’epoca e dei giorni nostri, ma serve a poco, anzi: serve a nulla; questo perché non possiamo esser “noi” a rispondere, in quanto non conosciamo esattamente lo stato delle relazioni del “campo venefico” delle forze del male che dominano il pianeta e alle quali l’umanità, incautamente, si è data in pasto (ma è anch’essa una cosa che “doveva succedere”, prima o poi). Soltanto chi conosca questo campo di relazioni fra società segrete, intrecci vari ed interessi molteplici e confliggenti, può sapere se abbiano raggiunto l’unità sufficiente per poter andare avanti verso la “dystopia” – che rimane loro constante obiettivo – oppure si necessiti di un bello shock – in tal caso dell’emergenza globale (à la P. Virilio) passeremmo allo “stato di emergenza” vera e propria (Schmitt), ma pur esso stato nella forma “globale” –: son due gradi della stessa cosa, ma, per l’appunto, con gradazioni e forme diverse.
Di ciò noi non possiamo esser giudici: l’umanità può scegliere fra due forme della stessa cosa, di gradazione – soprattutto di gravità – differenti e diverse.
In base al tipo di scenario che verrà fuori, si possono fare le previsioni. Non si fa mai l’inverso, come oggi si usa, e cioè oggi si costruiscono cose del tutto ipotetiche, proiezioni di “desiderata” – da me tanto spesso criticate –, proiezioni che, con la realtà, ben poco hanno a che spartire.




























Andrea A. Ianniello













[2] Su C. Schmitt è interessante questo link, cf.
https://www.centrostudilaruna.it/amico-e-nemico-nel-pensiero-politico-di-carl-schmit.html.
[4] Cf. l’intervista del 2005 di M. Dolcetta – ad un giornale di orientamento leghista – del lontano 2005, citata da me in un vecchio scritto. Sempre su Dolcetta e l’Iran, e il “sottofondo” qui occorre ricordare un vecchio video, riportato – di nuovo – in un commento di vecchi post, e sempre di M. Dolcetta, e sempre del 2005 “fatidico”, del quale vi è traccia sul web, sul qual è stato “posto” il febbraio dell’anno scorso: cf.
https://www.youtube.com/watch?v=cNhSh3r-wZ4.  









5 commenti:

  1. Titolo del link nell’ultima nota qui sopra:
    “Le sette torri del diavolo Gnosi e terrorismo dei luoghi sacri”.
    Ancor attivo questo dì che si scrive.





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  2. Cf.
    http://www.superzeko.net/doc_incanus/IncanusSullaDifferenteUbicazioneDiUnaTorreDelDiavolo.pdf
    E Cf.
    https://associazionefederigoiisvevia.wordpress.com/2014/08/16/considerazioni-sulla-controiniziazione-e-sulle-sette-torri-del-diavolo-incanus-link/






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  3. La “democrazia”, sì, ma il G20 - e vedremo le conferme al Cop26 - si è risolto in poca robba: “fermare” il riscaldamento mondiale al 2050 è lo stesso che non fermarlo: la realtà è che non sono in grado di controllare il sistema capitalistico, né ad Ovest né ad Est. La verità è questa.
    Chiaro che la crisi climatica più quella pandemica fanno un bel mix . . . ed alle “giovani generazioni” non son in grado di dar loro nulla.
    dicono sempre: “se non lo facciamo, allora”, “sennò …” che è come dire che ora non sono in grado di far nulla: la politica è impotente, perché non si chiedon come cavolo si è arrivati a questa deriva? se tu inizi a focalizzare “IL” problema, forse - ma NON nell’immediato, quindi se la crisi climatica accelera **comunque** non ci puoi far nulla -, in futuro (“zukunft” in tedesco), qualcosa la puoi fare, mentre, sulla via di ora, non ci puoi far niente.

    E veniamo all’unica - e sola - decisione sinora prodotta - partorita fra lazzi, frizzi e foto e complimenti reciprochi - al G20, dove c’è stato il galà in un luogo eccezionale come le Terme di Diocleziano, dove lo spirito dell’antico imperatore rideva di certo alle loro spalle - e cioè la tassazione globale al 15%. bene, la decisione c’è ma poi va ratificata dai parlamenti: e qua s’inizia a sorridere, ma, poi, se davvero ci sta questa somma, **chi** la gestisce? E qui s capisce bene la differenza tra stato di emergenza e stato d’eccezione: quest’ultimo è la risposta - risposta - ad un’emergenza, dove qualcuno, qualche gruppo, qualcosa, ”prende il potere” dicendo: vi risolvo la situazione, **se** . . .
    Il segreto è nel “se” . . .

    Ora dunque: chi gestirebbe la tassa globale, posto fosse davvero globale, ed abbiam visto che lo è solo parzialmente? Nessuno. Nessuno. Nessuno. Ed allora? Che cosa, davvero, ci attende? E qui tocchiam con mano tutta la nullità dei quadri interpretativi proposti, sostanzialmente ancora – fissati – al Novecento, del tutto inconsapevoli dei cambiamenti – strutturali, ovvero qualitativi – che la massiccia digitalizzazione ha provocato nelle società, cambiamenti con i quali abbiamo a che fare ogni giorno quando usciamo di casa, e tuttavia son quasi parola morta nelle interpretazioni: una schizofrenia folle. Chiaro che molto del secolo passato rimane – sarebbe impossibile fosse diversamente – ma il quadro generale, però, è cambiato. Irreversibilmente.

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  4. La tassa globale? La guerra . . . dopo la pandemia . . .
    e in previsione di altre “tasse globali” . . . .

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