666 ovvero Lo “Stigma” – ma **non** “Tôn
Martyrôn” - **non** “Stigmata Martyrum”
Roma non è solo il
Colosseo, ma vi è molto altro ancora. Per esempio, il Museo – piccolo ma l’insieme
però è molto evocativo – del Circo
Massimo[1].
Tra l’altro, l’incendio di Roma iniziò
proprio dal Circo Massimo.
Infine – last but not least – occorre sottolineare che, se il Colosseo può arrivare ad una capienza di circa 50.000 persone, il Circo Massimo può giungere fino a 250.000, ben cinque volte di più … E, inoltre, va sottolineato un punto cui si pensa raramente: cioè che, sebbene i ludi gladiatorii fossero stati condannati dal Cristianesimo, ciò non accadde per le corse di cavalli che si facevano al Circo Massimo, tant’è che Costantinopoli, la Seconda Roma, non solo fu costruita su sette colli, ma ebbe anche un Ippodromo con le note squadre identificate per colore, a Costantinopoli ridottesi da quattro a due, i Verdi e gli Azzurri Verdi ed Azzurri si lottavano duramente, ed ebbero un ruolo importantissimo nella “Rivolta di Nika”[2], che mise in serio pericolo il trono di Giustiniano.
E così, mi è capitato
recentemente (il 21) di aver del
tempo e conseguentemente, di poter andare – complice una bella giornata
invernale, dove Roma è molto meglio visitabile che le troppo calde giornate d’estate
– di vedere il Museo dei “Fora Imperialia” et
Mercati di Traiano.
Davvero merita, e si situa fra le tante cose meno considerate di Roma (per esempio il Museo al Palazzo Massimo vicino alla Stazione Termini, appena scesi dal treno, dove si possono vedere statuarie che ricordano l’importantissimo Museo Archeologico Nazionale di Napoli, fra le quali la famosa statua di Augusto come Pontifex Maximus).
Davvero merita, e si situa fra le tante cose meno considerate di Roma (per esempio il Museo al Palazzo Massimo vicino alla Stazione Termini, appena scesi dal treno, dove si possono vedere statuarie che ricordano l’importantissimo Museo Archeologico Nazionale di Napoli, fra le quali la famosa statua di Augusto come Pontifex Maximus).
Con una veduta,
incomparabile, sulla Via dei Fori Imperiali, vi è la Sala in cui si parla dello
“stigma” e si fa il nome non di Domiziano – come vuole la più
parte degli interpreti dell’ Apocalisse
di Giovanni -, ma di Caracalla[3].
Significativamente, fu questo l’imperatore che estese la cittadinanza romana a
tutti gli abitanti liberi dell’Impero stesso, ma fu lo stesso imperatore che perseguì chi non partecipava al culto imperiale.
Vi si dice – nella Sala museale detta - che però ebbe grossi problemi con gli schiavi e che, con una legge, perseguitò duramente chi gli si opponesse (per questo fu molto impopolare fra i Romani), statuendo un uso già presente: quello dello “stigma”, per l’appunto. Chiunque gli si fosse opposto – e non solo gli schiavi fuggitivi ripresi – stabilì che fosse “stigmatizzato”, che cioè un “segno” (stigma) fosse impresso sulla sua testa …
Vi si dice – nella Sala museale detta - che però ebbe grossi problemi con gli schiavi e che, con una legge, perseguitò duramente chi gli si opponesse (per questo fu molto impopolare fra i Romani), statuendo un uso già presente: quello dello “stigma”, per l’appunto. Chiunque gli si fosse opposto – e non solo gli schiavi fuggitivi ripresi – stabilì che fosse “stigmatizzato”, che cioè un “segno” (stigma) fosse impresso sulla sua testa …
Suona familiare? …
Qui è l’origine del “marchio della Bestia” – stigma significando marchio, per l’esattezza – di cui parlava l’ Apocalisse di Giovanni. E qui è l’origine dell’espressione “stigmata martyrum”, in quanto – ed è decisivo – Caracalla perseguitò anche chi si opponeva al suo “culto imperiale”. Ovviamente, i cristiani si rifiutavano di partecipare a tal culto (tra l’altro, Caracalla fu Pontifex Maximus dal 211).
Il che spiega molte cose.
Questa è l’origine dell’espressione giovannea, e non può esser fatta risalire a Domiziano, come spesso si legge, e neppure a Nerone.
Da lì in poi, si ebbe la diffusione di questo “signum” che l’ Apocalisse di Giovanni estende alla testa – com’era in uso in quei tempi – e alla mano. Il “marchio” della Bestia può infatti esser posto sulla testa o sulla mano, cosa evidentemente “symbolica”, senz’alcun dubbio.
La relazione tra
l’estensione della cittadinanza a tutti i liberi e l’unificazione religiosa
intorno al culto imperiale è diretta e viene spesso sottovalutata, ma non da Mazzarino: “Nel
212, dando la cittadinanza a tutti gli abitanti delle province (a esclusione
dei dedidicii [corsivo in originale]),
egli [Caracalla] dichiarava di voler
unificare sul piano religioso i
culti provinciali e dello stato”[4].
Di tale “unificazione”, il culto imperiale fu strumento di grande importanza,
anche questo fatto è spesso trascurato da molti osservatori.
NB: la forma “martyrôn” (genitivo plurale) ricorre 4 volte nel NT[5].
Altra osservazione, interessantissima - sempre dal Museo dei Fori e del Mercato di Traiano -, sono i frammenti delle statue di Daci un tempo adornanti il Mercato traianeo, ed oggi poste sul piano giù, quello di calpestìo in antico, il quale piano si trova oggi al di sotto del piano di calpestìo attuale, moderno cioè.
Vi si vede un nobile dacio con il berretto frigio, sì, quello reso famoso dalla Rivoluzione francese, e che era legato alculto mitriaco, al quale taluni - errando, a mio avviso, in quanto abbiamo solo delle influenze - voglion vedere l’origine dello yezidismo. In antico, tal berretto era detto pileus. Tal berretto era portato solo dai nobili daci.
Altra osservazione, interessantissima - sempre dal Museo dei Fori e del Mercato di Traiano -, sono i frammenti delle statue di Daci un tempo adornanti il Mercato traianeo, ed oggi poste sul piano giù, quello di calpestìo in antico, il quale piano si trova oggi al di sotto del piano di calpestìo attuale, moderno cioè.
Vi si vede un nobile dacio con il berretto frigio, sì, quello reso famoso dalla Rivoluzione francese, e che era legato alculto mitriaco, al quale taluni - errando, a mio avviso, in quanto abbiamo solo delle influenze - voglion vedere l’origine dello yezidismo. In antico, tal berretto era detto pileus. Tal berretto era portato solo dai nobili daci.
Andrea A. Ianniello
[1]
Nella
loro forma precedente – l’attuale è quella fatta costruire da Traiano più alcune aggiunte: “Dopo un grave
incendio sotto Domiziano, la ricostruzione, probabilmente già iniziata sotto
questo imperatore, venne completata da Traiano nel 103:[6] a quest’epoca
risalgono la maggior parte dei resti conservatisi. Sono ricordati ancora
restauri sotto Antonino Pio, Caracalla e Costantino I. Il circo rimase in
efficienza fino alle ultime gare organizzate da Totila nel 549” (da: https://it.wikipedia.org/wiki/Circo_Massimo).
[2] Cfr. https://it.wikipedia.org/wiki/Rivolta_di_Nika. ‘A causa della iniziale politica lassista di Giustiniano le fazioni avevano acquisito una totale impunità. Anche i Verdi, che, a differenza degli Azzurri, compivano pure delitti e vendette personali e non solo azioni delittuose di gruppo, non venivano mai perseguiti. Questi estremisti (che appartenevano alla fazione degli Azzurri) avevano preso a devastare la città, distinguendosi anche nell’abbigliamento e nell’aspetto esteriore. Essi portavano i capelli tagliati alla maniera dei barbari, con la frangia sulla fronte, le tempie rasate e la chioma lunga sulla nuca “alla Unna”, come si diceva, o anche, abbandonata la consuetudine romana, tenevano barba e baffi alla maniera persiana. Anche gli abiti erano diversi da quelli consueti: avevano le maniche serrate sul polso e rigonfie sulle spalle. Questi teppisti ante litteram avevano preso l’abitudine di girare armati, con gli stili a doppio taglio legati alla gamba ed altre armi occultate nei mantelli. Così attrezzati, dopo aver adempiuto al loro “compito” di tifosi, la notte, (è sempre Procopio a riferircelo nella sua Historia Arcana), si riunivano in bande e percorrevano strade e vicoli della città rapinando chi incontravano e talora uccidendo chi temevano li potesse denunziare. Vista l’impunità degli Azzurri, appoggiati dalla coppia imperiale, anche molti Verdi avevano cambiato bandiera. Intanto tra le due fazioni gli omicidi si moltiplicavano, soprattutto a danno dei Verdi’ (ivi). Va segnalato, la pagina Internet appena citata non lo menziona, il ruolo sia di Belisario (https://it.wikipedia.org/wiki/Belisario), sia di Mundzuc, figlio di Attila: eh sì, per uno di quei paradossi che la storia spesso presenta, il promotore della salvezza del diritto romano, Giustiniano – con il suo Corpus Iuris Civilis – no avrebbe mai potuto portare a termine il suo “compito di una vita” senza l’aiuto del figlio di uno dei principali nemici di Roma, Attila, nome che significa “piccolo padre” in goto.
[4] S. Mazzarino, La fine del mondo antico. Le cause della caduta dell’Impero romano, Bollati Boringhieri, Torino 2008, p. 163, corsivi miei.
[5] Cfr. http://biblehub.com/greek/marturo_n_3140.htm. Interessante, tra l’altro, sia citato in Ap. 22, 20. Interessante, a tal proposito, anche il vs. Ap. 17, 6.
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Addendum (dell’11 gennaio)
Addendum (dell’11 gennaio)
Di fronte, lontano, ci sta Santa Maria Maggiore sull’Esquilino, molto bella, e l’Esquilino era la zona dove nell’epoca byzantina vi era molto gente dall’Oriente.
Via Sant’Agata de’ Goti - procedendo sulla strada -
Procedendo sulla strada verso l’Esquilino, s’incontra la
Via Panisperna, sì, quella dei “Ragazzi di
Via Panisperna”, quelli di Fermi.
Interessante sottolineare come l’ “età nucleare” sia nata qui,
da questa piccola strada di Roma ...
Scendendo da Via Panisperna s’incontra, a 90°, la Via dei Serpenti,
Scendendo da Via Panisperna s’incontra, a 90°, la Via dei Serpenti,
Prima della Via per il Colosseo s’incontra Via Cavour.
Ancora Via dei Serpenti.
Si procede fino a Santa Maria de' Monti, siamo infatti
nello storico Rione Monti
Eccola vista con il Colosseo alle spalle. Ka Via Leonina è sulla destra appena prima, ma, venendo
da Via dei Serpenti è sulla sinistra, ma sempre appena
dopo Santa Maria dei Monti.
Questa è Via Leonina con la fermata metro B Cavour sullo sfondo.
Ed ecco la Salita dei Borgia, cui si arriva procedendo sulla Via Leonina,
la prima salita a destra.
La Salita dei Borgia vera e propria, oltre la strada (Via Cavour) vi è Via San Francesco di Paola.
Alal fine di quest’ultima vi è Piazza San Pietro in Vincoli,
con la Chiesa di San Pietro in Vincoli, al cui interno vi è
il “Mosè” di Michelangelo nella Tomba di Giulio II.
Le ipotesi di A, Forcellino non son campate per aria, sia detto epr inciso. Ed ecco una foto del “Mosè”, con una luce
piuttosto scura ahinoi.
Ora riscendiamo per Via San Francesco di Paola e, poi,
scendiamo per la Salita dei Borgia, svoltiamo ancor a destra,
e riprendiamo da qui la Via Leonina.
Si arriverà a Piazza della Suburra, sì, la “Subburra”, il quartiere Monti un tempo era un quartiere popolare, che porta all’ex quartiere di stranieri orientali del Tardo Impero Romano e dell’epoca byzantina di Roma (eh sì, c’è stata ...).
Lì, in Piazza della Suburra, con a sinistra la fermata Cavour della Metro B, si legge l’antico nome di
“Subura”, con una “ere”, e il simbolo di Alessandro VI Borgia,
oui, lui même, richiamato dal nome di Salita dei Borgia,
non dunque a caso ....