mercoledì 23 marzo 2016

Cto deljat’




In relazione al post precedente (http://associazione-federicoii.blogspot.it/2016/03/o-il-vento-doriente-vince-il-vento.html), occorre comprender bene questo punto: che il legame sociale è stato distrutto, in Occidente e, potenzialmente, nel resto del mondo, nonostante delle eccezioni qua e là, sulle quali, nello stesso Occidente in bancarotta sociale totale, si “mitizza” e si “sogna” senza basi reali. In ogni caso, quand’anche fossero: son merci non esportabili.

Che cosa rende solidali gli uomini in Occidente? Nulla. Assolutamente nulla. Solo mucchi di parole, e, se non soccorre qualche residuale legame sociale di tipo naturale, non vi è nulla, ma proprio assolutamente nulla.

Se sei vittima di un’ingiustizia che fai in Occidente? Ti tieni l’ingiustizia, salvo si abbia una barca di soldi. Punto.

E questa è la “libertà”? Questa è la “democrazia”?

Sta tutta qui la debolezza dell’Occidente, per cui sostanzialmente piccoli gruppi sono in grado di metterlo kappaò. Non si riesce a far nulla di reale, di concreto, qualcosa che ribalti la situazione perché la società si è in gran parte dissolta, si son persi.

Sta tutto qui.

In una tale situazione, “Che Fare?” (Cto deljat’? nota opera di Lenin [1]).

Beh da “fare” c’è ormai ben poco, poiché ben poco è rimasto, che non sia stato eroso dalle “Acque d’Autunno” [2], e dalle molto evoliane “acque corrosive” [3]. 

In effetti, al punto cui si è giunti, che si rimandi ancora per molto rende la situazione sempre peggiore per cui, al contrario, sarebbe “cosa buona e giusta” render le cose più veloci che sia - concretamente, mai astrattamente - possibile: “Poiché vi sarà allora una tribolazione grande, quale mai avvenne dall'inizio del mondo fino a ora, né mai più ci sarà. E se quei giorni non fossero abbreviati, nessun vivente si salverebbe; ma a causa degli eletti quei giorni saranno abbreviati” (Mt, 24, 21-22). Ma pure questo non è affatto semplice, poiché si deve ingaggiare una tremenda lotta con le forze che han tutto l’interesse a che si continui come ora, in quanto ne traggono il massimo profitto.

E son forze ben forti nei “nostri” tempi …






NOTE

[1] Scritta fra il 1901 e il 1902, tanto tempo fa, non solo quantitativamente, ma, soprattutto, qualitativamente, e pubblicato nel marzo del 1902 e, a sua volta, una ripresa del titolo di un noto romanzo di N. G. Černyševskij (cfr.: https://it.wikiquote.org/wiki/Nikolaj_Gavrilovi%C4%8D_%C4%8Cerny%C5%A1evskij#Che_fare.3F). Ricordava questa vecchia frase anche Cardini, nella parte fiale de F. Cardini, IlCaso Ariel Toaff. Una riconsiderazione, Edizioni Medusa, Milano 2007, pp. 69-79.

[2] Si chiamava così una vecchia traduzione di Chuang-tzu [Zhuangzi]: Ciuangtze’, Acque d’Autunno, G. Laterza & Figli, Bari 1949 (Collana di Studi Religiosi ed Esoterici, bella Collana, dove all’epoca si poteva usare liberamente il termine “esoterico” senza tutte le false cose aggiuntesi oggi).

[3] Dal sito http://culturauniversale.blogspot.it/2011/05/julius-evola-e-la-tradizione-ermetica.html, a riguardo delle “acque corrosive” si legge: “quando si parla di acque corrosive, veleni, fuochi violenti sono fuochi dall’azione violenta e quindi discontinua e pericolosa”. 





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