sabato 3 gennaio 2015

Tre detti interessanti: Federico II, F. Altheim, Paracelso



“E’ nostra intenzione mostrare le cose che sono, come sono”.
Federico II di Svevia, De arte venandi cum avibus.




“Bisogna riconoscere che i nostri tempi non sono favorevoli agli studi religiosi. 

Le energie creative s’inaridiscono, quando fra la difesa programmatica 
dell’esistente e la sua radicale negazione, 
fra la restaurazione ecclesiastica e la propaganda atea, fra servilismo e disprezzo non si dànno altre alternative; quando la parola tace, perché i pro e i contro d’una misera apologetica e di una critica quasi altrettanto misera si sono esauriti da tempo. E’ il dialogo (…) a far della storia spirituale quello che è. 
Ma come può svolgersi un dialogo, se manca la materia sulla quale dialogare? L’indagine spregiudicata di quell’aspetto della realtà spirituale, che si cela in un’espressione ancor modesta, costituisce la premessa alla comprensione della storia religiosa (…). Ma come possono sorgere comprensione e valori, quando, presumendo di possedere incontestabili criteri di verità, ci si sente superiori a tutte le altre concezioni? Tutti siamo convinti che l’avvento di una nuova èra, nella quale speriamo (…), deve aver inizio con la distruzione
delle forme sorpassate. 

Se alla religione spetta
davvero, nel processo storico, il posto che le fu
attribuito un tempo, tale distruzione dovrà
cominciare proprio nella sua sfera;
per meglio dire, essa dovrà attuarsi là in modo
più radicale ed energico che altrove. 

Ed anche
di questo siamo convinti: 

che la nostra speranza
deve sorgere e cadere con la capacità di trovare
nuove basi religiose, 

invece d’integrare,
come quasi sempre accade, 

le acquisizioni stimate
definitive con altre della stessa origine”.

Franz Altheim, Il dio invitto, Feltrinelli 1960, pp. 6-7 

(Recentemente ripubblicato dalla Mediterranee (2007), 
traduzione di E. Albrile).




“Se tu sei destinato a scrivere un libro, non sarà male
 Aspettare sia pure sessanta o settant’anni e più.
 Se anche il pensiero si agitasse in te e se tu credessi
 di poterlo esprimere, non voler montare subito in sella.
 Tanto, il pensiero non rimarrà nascosto, ma dovrà uscire
 come esce il bimbo dal seno di sua madre.
 E ciò che esce in quel modo, sarà fruttifero e buono
 e non si dovrà trascurarlo. Segui l’insegnamento
di quel pensiero, chiedi e batti, invece di dare importanza
 ad ogni inezia. Ogni frutto ha la sua stagione”.

Paracelso, Il tesoro dei tesori. Scritti
Alchemici e magici
, Edizioni Rebis Viareggio, s.d., p. 114.






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