domenica 1 dicembre 2013

Di una crisi passata, che si è ripresentata in forma diversa... interessanti certe cose scritte nel 1998...

Crisi asiatica ed etica confuciana



“Democrazia: estendere a tutti il privilegio
di accedere a cose che non sussistono più”.
R. Calasso: La Rovina di Kasch,
(Adelphi 1983, p. 394)

La crisi asiatica non contraddice lo spostarsi della “corrente-guida” della storia d’oggi verso il Pacifico. Personalmente, difatti, ho sempre sostenuto1 che la corrente si stava sempre più trasferendo lì nel bene come nel male. L’attuale crisi asiatica [1998], che s’inscrive nella contesa mondiale in atto, ha fatto diminuire il tasso di crescita dell’Asia Orientale. Tuttavia, non può cambiar la corrente. Pertanto, di fatto, ha contribuito a che tale corrente si trasformi potenzialmente in un fatto distruttivo.
(…) Difatti, la scelta di non svalutare lo yuan è, in effetti, molto rischiosa, perché, per essere portata ad effetto, richiederebbe un elevato tasso di crescita necessario per riassorbire tutti coloro che saranno inevitabilmente licenziati nella fase di passaggio2.
Quel che qui c’interessa è qualcos’altro: da un lato una più approfondita comprensione del legame che questa crisi ha con il background culturale asiatico, che l’Asia Orientale è stata capace di riusare in una cultura mista di moderno e tradizionale; dall’altro: il legame fra tale crisi e l’attuale fase del sistema-mondo. Quest’ultimo punto è decisivo per il sistema-mondo stesso, e le trasformazioni profonde, radicali, durature, irreversibili che tale sistema inevitabilmente subirà. Pertanto, la crisi asiatica è un evento d’importanza potenzialmente decisiva per il futuro del sistema-mondo.
Venendo al primo punto, è chiaro che in Asia Orientale c’erano problemi, acuiti dal passaggio di Hong Kong al governo di Beijing. Problemi soprattutto d’ordine finanziario, rimbalzati in Giappone3. L’errore è stato far precipitare la crisi.
Lo scopo dichiarato non è lo scopo reale. Le terapie per uscire dalla crisi? Quelle del FMI. Un solo modello dev’essere: così la pensano al FMI, e così la pensano le forze che tramite di esso, solo punta dell’iceberg, s’esprimono.
Questo ci porta fatalmente a porre la seguente questione: c’è inevitabilmente l’influsso dell’etica (neo)confuciana4 sullo sviluppo del capitalismo in Asia Orientale. Ma quali sono i rapporti fra il Neoconfucianesimo (frutto maturo della cultura dell’area sinica) e l’Occidente moderno, in particolare fra lo spirito del frutto maturo e lo “spirito” del capitalismo (secondo la nota espressione weberiana)?
Nel complesso, Weber ha ragione al fondo delle sue argomentazioni. In apparenza, ci sono stati (ed ancora ci sono) dei problemi riguardo quel che sostiene Weber, ma la vasta eco del suo famoso studio L’Etica Protestante e lo spirito del capitalismo è il segno che fece in realtà centro. La serie di polemiche suscitate da quel libro è in larga misura dovuta a malintesi, in gran parte non voluti, ma in certa misura dovuti a malafede: perché non c’è peggior cieco di chi non vuol vedere. Difatti, Weber non ha mai voluto sostenere che il Protestantesimo “genera” il capitalismo. Ha voluto affermare che, oltre a tutta una serie di fattori storici ed economici, vi è un “qualcosa” che manca, che non può essere spiegato se non con fattori culturali, fattori che il Protestantesimo fornisce.
Perché ho sostenuto che al fondo Weber ha ragione? Perché non m’interessano le statistiche: una grande idea non è questione di statistiche. Per le grandi idee vale lo stesso che per il vero amore: prima c’è l’innamoramento, poi c’è la fase in cui si vedono i limiti; infine, si torna indietro all’amore, ma conoscendo quei limiti. Allora si ama di un amore vero: sai cosa quella persona ti può dare e soprattutto cosa non ti può dare5. Ritmo: yang-yin-yang. Così è per le idee: assolutamente lo stesso. Quando un’idea è accettata dopo che ne hai visto i limiti, allora e solo allora a comprenderla veramente, vale a dire fa parte di te. Così è per tutte le grandi idee, senza eccezione. Dev’essere però una grande idea; quella di Weber è stata tale6. Per le cose che non faranno mai parte di te vale l’opposto ritmo: yin-yang-yin7.
Per Weber “il problema in ultima analisi non è quel dispiegamento dell’attività capitalistica in quanto tale che ha luogo ovunque e muta di forma: del tipo dell’avventuriero o del capitalismo mercantile o di quello dedito alla guerra, alla politica, all’amministrazione e alle loro prospettive di guadagno. E’ invece la genesi del capitalismo dell’impresa borghese, con la sua organizzazione razionale del lavoro libero. O, in termini di storia delle civiltà: è la genesi della borghesia occidentale e della sua natura peculiare (…). Poiché ‘borghesi’ nel senso di membri del relativo ceto o stato ci furono già prima che si sviluppasse il capitalismo specificamente occidentale, peraltro soltanto in Occidente. Ora il capitalismo occidentale specificamente moderno evidentemente è condizionato in larga misura anche dallo sviluppo di possibilità tecniche (…), il quale solo in Occidente fu usato al servizio del capitalismo” (Introd. di M. Weber a Sociologia delle Religioni, NOTA PRELIMINARE a: L’Etica Protestante e lo spirito del capitalismo, Rizzoli BUR 1991, pp. 44-45). Tale uso non solo non è finito, ma è stato e rimane la chiave del dominio capitalistico.
Ciò che si può concepire sarà sempre di più di ciò che si può realizzare. Ciò che si può realizzare in generale sarà sempre di più di ciò che si può realizzare in una situazione particolare. Situazioni diverse richiedono soluzioni diverse. Non solo un tipo di tecnica è possibile, ma quella realizzata dal capitalismo (in un insieme unico composto di tre parti: la scienza-tecnica-capitalismo) è quella che ha contribuito ad alterare gli equilibri naturali sul pianeta Terra fino al punto di rottura cui siamo giunti.
Affinché l’attività capitalistica del tipo specificamente moderno, non quella generica, si sviluppi è necessario che i “freni” siano tolti, e tale potenza sia scatenata. Perché ciò sia ottenuto, i grandi sistemi “imperiali”, le grandi strutture tradizionali (non “tradizionalistiche”), le cui basi cioè non erano nell’economico ma in sistemi spirituali e religiosi, dovevano cadere o farsi da parte. Il caso della Cina è un esempio preclaro del primo tipo; quello del Giappone del secondo tipo.
In Cina si scelse di resistere alla modernizzazione; questo per molti motivi, fra i quali la scarsa presenza di borghesia nel senso di “abitante delle città”. Il Giappone guidato dai Samurai e con una forte presenza di “borghesi”8 scelse di farsi da parte alleandosi con il nemico per poi batterlo. Dal punto di vista militare, la cosa è finita nel ’45. Dal punto di vista culturale, invece, il Giappone ha fatto da “oca di guida” per tutta l’Asia Orientale: cultura mista moderna e tradizionale è stata la via scelta da tutti i paesi dell’area. Tutto ciò non può spiegarsi se non con l’influsso di un’etica comune a tutta l’area: quella (neo)confuciana.
Ma com’è, si chiedono alcuni, che tale sistema, dopo aver fatto da base ai “freni” dei sistemi tradizionali, spinga e favorisca il capitalismo poi?
Lo studio dell’epoca Meiji sarebbe utile a tal proposito, ma uno studio sotto un punto di vista tutta diversa da quelle sinora compiute. In ogni caso, non ci darebbe risposte definitive. E già, perché il punto-chiave è il seguente: cos’è che ha fatto sì che l’etica (neo)confuciana operasse quel passaggio che si è detto sopra? Non c’è ignoto per nulla l’insieme delle particolarità che ogni parte dell’Asia Orientale ha di proprio aggiunto a tale sistema di riferimento etico, per farne venir fuori qualcosa di diverso dal Confucianesimo delle origini eppur inestricabilmente legato a quest’ultimo (il Giappone, con la sua insularità, è un esempio evidente di tale particolarismo culturale, che però nulla toglie alla sua appartenenza in pieno alla cultura dell’Asia Orientale). Epperò, tutto ciò non è sufficiente. Ci dev’essere qualcosa nel fondo (neo)confuciano che permette a quest’etica di favorire il capitalismo. Cosa c’è nello spirito del (neo)confucianesimo che permette a quest’ultimo di legarsi allo “spirito” del capitalismo, anche in senso aggressivo e competitivo rispetto al capitalismo, però in ogni caso entrandoci in diretto contatto? E’ qui che la questione che ci si poneva riguardo ai rapporti fra lo spirito (neo)confuciano e lo “spirito” del capitalismo può spiegare anche altre cose.
La chiave ce la dà Weber quando parla di “’ascesi’ esclusivamente intramondana del capitalismo” (ibid., p. 126). La parola intramondano è il punto-chiave: un aggettivo sul quale non si è meditato a sufficienza. Ora, rifacciamoci “ad una distinzione tipicamente cinese: quella esistente fra le dottrine del ju-shih [rushi], cioè le dottrine intramondane (esattamente: ‘d’entrata nel mondo’) e le dottrine del ch’u-shih [chushi], cioè le dottrine estramondane (esattamente: ‘d’uscita dal mondo’); tale distinzione segna il confine tra il Taoismo e il Buddhismo da una parte, e il Confucianesimo dall’altra” (Tchao Yun-Koen: Il Confucianesimo, Rizzoli 1984, p. 8, corsivi miei). Per altro verso, però, Confucianesimo e Taoismo si uniscono contro il Buddhismo a causa della loro comune matrice.
Anche il Confucianesimo propone una sua forma di “ascesi” intramondana. Questo è il punto-chiave.
Tuttavia, ci son due rilevanti differenze rispetto all’Occidente moderno che van sottolineate. Weber nell’Etica porta il caso di B: Franklin, non certo scelto a caso. E dice: “Anche quello di Franklin è un utilitarismo. Ma il pathos etico della predica ai giovani commercianti è innegabile, è il suo tratto caratteristico (…). L’incuria nell’uso del denaro (…) è anche un difetto etico” (ibid.). Ma di un’etica che religiosa, sacra “nel caso di Franklin non lo è più” (ibid.). E’ una “razionalizzazione” (Weber), cioè una discesa dal campo più nettamente religioso a quello etico: una desacralizzazione. Tutto ciò non è avvenuto allo stesso modo in Asia Orientale perché da un lato il Confucianesimo è un’etica sacra, quindi la dimensione etica, seppur religiosamente fondata, è in primo piano; dall’altro, perché nella cultura dell’Asia Orientale non c’è mai stato né razionalismo né modernità. Si tratta di prodotti d’importazione che s’è tentato d’ibridare con più o meno successo.
Pertanto, quando si è rotto (in Cina) o si è alterato (in Giappone) il quadro tradizionale culturale, l’etica (neo)confuciana, compressa, è stata la base per la risposta all’Occidente, necessariamente ibridandosi con talune caratteristiche che l’Occidente moderno recava con sé. Con la rottura o il cambiamento radicale di quel quadro, l’aspetto di sacertà si è specializzato, ma non è sparito del tutto: non c’è stato un taglio così netto come nella modernità occidentale. Ecco la prima differenza.
La seconda differenza è decisiva per il nostro discorso. Mentre l’etica protestante è individualistica, quella confuciana, pur non essendo collettivistica, considera la società sacra (per lo meno come tendenza). Detto altrimenti: se l’“ascesi” intra-mondana che aveva come retroterra l’etica protestante aveva come scopo l’accrescimento etico delle ricchezze del singolo, l’“ascesi” intra-mondana che ha come base l’etica (neo)confuciana (non più sacra, ma neppure del tutto desacralizzata) ha come scopo l’accrescimento etico delle ricchezze e dell’importanza del gruppo, ergo della società. Ora, tale corrente si pone accanto a quella capitalistica, vi si mescola per lo scopo che ho detto qui sopra. Se tale corrente viene bloccata nel suo processo d’ascesa non per questo sparisce, ma in ogni caso non può non creare degli effetti, perché la forza è stata richiamata.
E così torniamo al punto di partenza del nostro discorso.
A buon intenditor…

Decemberwolf

10/03/1998 – 11/04/1998 A.D.

 

NOTE

1 E la Cina è sempre stata il punto d’emersione decisivo della corrente (cfr. il mio breve scritto In memoriam Deng Xiaoping), Febbraio 1997).
2 Difatti, la scelta di non svalutare implica una serie di riforme strutturali, sulle quali l’attuale premier Zhu Rongji si gioca la sua partita vitale. Tant’è che Zhu Rongji non è sponsorizzato da nessuna corrente politica: o la va o la spacca. Certo è che la fazione conservatrice ha in ogni caso assunto sempre più potere ultimamente. [Nota aggiunta (Dicembre 2002): pare che sia “andata” bene a Zhu Rongji, ce l’ha fatta, almeno in parte]
3 Da qui possono rimbalzare pesantemente negli USA, che, per parte loro, stanno scaricando molti debiti sull’Europa dell’EURO. L’Europa così rischia grosso: pagare i debiti degli USA più quelli del Giappone (che quest’ultimo ha passato agli USA). Così, il terzo tentativo della Germania d’egemonizzare l’Europa sta nuovamente indebolendo l’Europa. [Ora tutti sanno che è così, all’epoca era cosa poco gradita il dirlo…! (Febbraio 2007)]
E’ necessaria una bilancia in Europa. La Francia l’ha fornita di solito, ma essa pare oggi non più capace di una visione lucida. Perché? “Destra”, “sinistra”, “socialdemocrazia”, “razzismo”, “nazionalismo”: il pensiero della classe dirigente francese è ancora incrostato da tali obsoleti marchingegni mentali.
Ma quale altra classe dirigente n’è immune? Nessuna. A conti fatti siamo guidati da persone che non sono quelle apparenti. D’altra parte, solo il liberarsi da tali obsoleti rottami dev’essere il primo passo. Quanto a chi scrive, non li ha mai fatti propri. Cioè: non che egli non li conosca, e bene, ma essi non guidano il suo agire perché non ne monopolizzano il pensiero.
4 Scrivo “etica (neo)confuciana” e non semplicemente “confuciana” perché il Confucianesimo, unendosi con le altre componenti della società e della cultura siniche, ha generato il Neoconfucianesimo, che non è l’allontanamento o, peggio, il “tradimento” del Confucianesimo, ma il frutto maturo e la sintesi finale dell’intera cultura sinica. E ciò, finalmente, si è cominciato a vedere in modo sempre più chiaro anche in Occidente.
5 Di conseguenza, la gran parte delle persone non ama mai veramente perché all’innamoramento segue la delusione, seguita da un altro innamoramento cui fa séguito un altro innamoramento, e così via. Precisamente lo stesso è per le idee: la gran parte delle persone non ha idee perché ne ha troppe. Ora segue questa, ora segue quella, sballottati come foglie al vento.
6 Weber ha scritto molte cose, eppure L’Etica è pubblicata e ripubblicata. La sua fortuna è immensa: uno dei libri-chiave del secolo. Col tempo è migliorata, come i buoni vini rossi, ha in pratica perso quei motivi polemici ma datati (la polemica con Marx), che in realtà non sono decisivi.
7 Questi ritmi non sono la triade logica di Hegel. Son ritmi essenziali, attinenti alla natura (xing, hsing) delle cose, non a costruzioni razionali. Questo è un punto molto importante, decisivo.
8 Il termine borghese (=abitante di città, e solo di città) non esisteva in cinese: vi è stato inserito su influsso dell’Occidente moderno. In giapponese invece vi è prima dell’incontro-scontro con la modernità: chônin.

1 commento:



  1. https://associazionefederigoiisvevia.wordpress.com/2013/12/02/alexandre-kojeve-sullo-stato-universale/



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