Abituale rimpallo di responsabilità nel vuoto spinto di proposte, e di idee - soprattutto d’idee forti -, nello stanco consenso obbligatorio che l’italiota medio ha dato, e dà, in perfetto style “socialismo irreale” la cui caduta, quel “fantaaastico” 1989, è stata la causa remota dei disastri attuali. Ci sta il socialismo reale e quello teorico, mucchio di belle intenzioni non realizzate e, talune, irrealizzabili.
E c’è il capitalismo reale, quello storico, quello effettivo, quello che conosciamo, poi ci stanno le belle parole di Adam Smith, secondo cui il fare “il proprio bene individuale” si equivarrebbe al “bene comune”, il che non è affatto vero.
Quel che il fare “il proprio bene individuale” reso teoricamente equivalente al fare il “bene comune” ha provocato è stata la nascita del dominio delle lobby e delle oligarchie. Questo non è un effetto perverso di un sistema buono, ma l’esito naturale quando le difese dalle oligarchie cadono, e cioè quel che è successo dopo il famoso, fantastico e meraviglioso ‘89.
Stabilito tutto ciò, che il capitalismo reale non è quello teorico, e che va trattato esattamente come il socialismo reale - lasciamo i sogni ad altri -, veniamo a mettere un po’ d’ordine in questo gran caos.
Punto primo. L’Italia è stata distrutta dallo sviluppo. Punto e basta.
Punto secondo.Vanno cambiate le priorità. Non si tratta di fare lo “sviluppo” e, poi, allo scopo di “sviluppare” l’economia, si dà spazio al riassesto e riassetto del territorio. NO!!
Il primo scopo è il dissesto idro-geologico e la ri-costituzione territoriale di un intero paese. Di conseguenza - di conseguenza - questo ha delle ricadute in campo economico.
SI DEVONO MODIFICARE LE PRIORITA’.
Punto terzo. Questa modifica delle priorità la possono fare quelli stessi che ci han portato qui? E cioè quelli stessi hanno avuto come priorità lo “sviluppo”? NO!!
Sta tutto qui.
Il virus non cura l’influenza. Ci vuole qualcosa di esterno e di altro rispetto al mondo virale che ci ha condotti qui dove si è.
Punto quarto. L’italiota medio si guardi una buona volta nello specchio e si prenda le sue responsabilità. Ha dato il suo consenso a questo sistema. Se non gli va più bene, non dia più quel suo stanco ed obbligato consenso, né voti quelli che hanno generato il problema o chi strilla soltanto ma non è costruttivo. Questo paese è già sufficientemente distrutto, non c’è bisogna della protesta “senza se e senza ma”, soprattutto senza obiettivi che non siano la revisione del modello dello “sviluppo”. Tal revisione non è la mera “ristrutturazione ecologica” della civiltà, come qualche anno fa si diceva. Infatti, quest’ultima cosa implica che le lobby che ci hanno condotto qui mantengano il loro controllo = nessuna riforma vera.
Non vi è tale consapevolezza collettiva, delle responsabilità e del consenso dato, si dirà. Bene, chi ha tale consapevolezza, oggi minoranza minima, comunque agisca in qualche maniera.
Punto quinto. Si deve uscire dal XIX secolo. Punto e basta. Chi si è opposto alla cementificazione selvaggia ed al dissesto e disastro territoriali talvolta è stato accusato di essere contro il cosiddetto “progresso”, diciamola più chiaramente: contro lo sviluppo.
Ma siamo nel XIX secolo? Vogliamo entrare nel XXI? Credono davvero che lo “stile di vita” (senz’alcuno stile) della fine del XX secolo e di una parte degli inizi del XXI possa essere di tutto il mondo? Davvero credono che tutti i cinesi, gli indiani, i sudamericani e gli africani potranno mai avere lo stesso “stile di vita” (senza nessuno stile) degli europei e nordamericani della fine del XX secolo e di una parte degli inizi del XXI?
Ma se tale famoso stile di non vita di nordamericani ed europei “della fine del XX secolo e di una parte degli inizi del XXI” sta sparendo in queste stesse parti? E che qualcuno, come scrisse Cardini nel 2011(*), “ha deciso di farcene pagare il prezzo”?
A nulla servirà voler “mantenere” quello stile senza style e votare qualche destra passatista o qualche sinistrella blairiana oltre tempo massimo per la semplice ragione che tutto ciò non affronta la situazione vera che c’è qui-ed-ora e non risolve alcunché.
Risvegliatevi se potete, e chi lo può lo faccia e rapidamente. E lasci al suo destino chi non può, non vuole o non sa. Che ognuno si prenda le sue responsabilità.
Ah oscene davvero le commemorazioni del loro fantastico ’89: gli esiti del quale vi erano inscritti necessariamente sin dal principio: il risorgere dei nazionalismi e la fine dell’Europa come presenza mondiale autonoma e indipendente, ridotta a periferia del mondo. Che è quel che siamo per davvero oggi.
(*) “Avviso ai naviganti: Cardini (2011), dal blog ariannaeditrice ”
Voglio terminare con le parole ultime del link qui appena citato:
E c’è il capitalismo reale, quello storico, quello effettivo, quello che conosciamo, poi ci stanno le belle parole di Adam Smith, secondo cui il fare “il proprio bene individuale” si equivarrebbe al “bene comune”, il che non è affatto vero.
Quel che il fare “il proprio bene individuale” reso teoricamente equivalente al fare il “bene comune” ha provocato è stata la nascita del dominio delle lobby e delle oligarchie. Questo non è un effetto perverso di un sistema buono, ma l’esito naturale quando le difese dalle oligarchie cadono, e cioè quel che è successo dopo il famoso, fantastico e meraviglioso ‘89.
Stabilito tutto ciò, che il capitalismo reale non è quello teorico, e che va trattato esattamente come il socialismo reale - lasciamo i sogni ad altri -, veniamo a mettere un po’ d’ordine in questo gran caos.
Punto primo. L’Italia è stata distrutta dallo sviluppo. Punto e basta.
Punto secondo.Vanno cambiate le priorità. Non si tratta di fare lo “sviluppo” e, poi, allo scopo di “sviluppare” l’economia, si dà spazio al riassesto e riassetto del territorio. NO!!
Il primo scopo è il dissesto idro-geologico e la ri-costituzione territoriale di un intero paese. Di conseguenza - di conseguenza - questo ha delle ricadute in campo economico.
SI DEVONO MODIFICARE LE PRIORITA’.
Punto terzo. Questa modifica delle priorità la possono fare quelli stessi che ci han portato qui? E cioè quelli stessi hanno avuto come priorità lo “sviluppo”? NO!!
Sta tutto qui.
Il virus non cura l’influenza. Ci vuole qualcosa di esterno e di altro rispetto al mondo virale che ci ha condotti qui dove si è.
Punto quarto. L’italiota medio si guardi una buona volta nello specchio e si prenda le sue responsabilità. Ha dato il suo consenso a questo sistema. Se non gli va più bene, non dia più quel suo stanco ed obbligato consenso, né voti quelli che hanno generato il problema o chi strilla soltanto ma non è costruttivo. Questo paese è già sufficientemente distrutto, non c’è bisogna della protesta “senza se e senza ma”, soprattutto senza obiettivi che non siano la revisione del modello dello “sviluppo”. Tal revisione non è la mera “ristrutturazione ecologica” della civiltà, come qualche anno fa si diceva. Infatti, quest’ultima cosa implica che le lobby che ci hanno condotto qui mantengano il loro controllo = nessuna riforma vera.
Non vi è tale consapevolezza collettiva, delle responsabilità e del consenso dato, si dirà. Bene, chi ha tale consapevolezza, oggi minoranza minima, comunque agisca in qualche maniera.
Punto quinto. Si deve uscire dal XIX secolo. Punto e basta. Chi si è opposto alla cementificazione selvaggia ed al dissesto e disastro territoriali talvolta è stato accusato di essere contro il cosiddetto “progresso”, diciamola più chiaramente: contro lo sviluppo.
Ma siamo nel XIX secolo? Vogliamo entrare nel XXI? Credono davvero che lo “stile di vita” (senz’alcuno stile) della fine del XX secolo e di una parte degli inizi del XXI possa essere di tutto il mondo? Davvero credono che tutti i cinesi, gli indiani, i sudamericani e gli africani potranno mai avere lo stesso “stile di vita” (senza nessuno stile) degli europei e nordamericani della fine del XX secolo e di una parte degli inizi del XXI?
Ma se tale famoso stile di non vita di nordamericani ed europei “della fine del XX secolo e di una parte degli inizi del XXI” sta sparendo in queste stesse parti? E che qualcuno, come scrisse Cardini nel 2011(*), “ha deciso di farcene pagare il prezzo”?
A nulla servirà voler “mantenere” quello stile senza style e votare qualche destra passatista o qualche sinistrella blairiana oltre tempo massimo per la semplice ragione che tutto ciò non affronta la situazione vera che c’è qui-ed-ora e non risolve alcunché.
Risvegliatevi se potete, e chi lo può lo faccia e rapidamente. E lasci al suo destino chi non può, non vuole o non sa. Che ognuno si prenda le sue responsabilità.
Ah oscene davvero le commemorazioni del loro fantastico ’89: gli esiti del quale vi erano inscritti necessariamente sin dal principio: il risorgere dei nazionalismi e la fine dell’Europa come presenza mondiale autonoma e indipendente, ridotta a periferia del mondo. Che è quel che siamo per davvero oggi.
(*) “Avviso ai naviganti: Cardini (2011), dal blog ariannaeditrice ”
Voglio terminare con le parole ultime del link qui appena citato:
“E rientrate nella storia.
Quella d’oggi.
Questa.”