Parliamo della natura della “crisi sistemica”, che cos’è? “Non è […] qualcosa che potrà essere «risolto» con quel genere di compromesso sociale che differisce la soluzione [ed è questo il “riformismo incrementale”, differire la soluzione, ed è quel che s’è “inceppato”]. O meglio, potrebbe esser risolto in questo modo [potrebbe] qualora la stabilità del sistema-mondo fosse diversa [punto decisivo]. Ma, in considerazione dei numerosi elementi d’instabilità che abbiamo analizzato, è estremamente improbabile che questo conflitto venga rimandato. E siccome esso interagirà quantomeno con gli ambiti del conflitto tra gruppi, dell’ordine pubblico e del welfare mondiale, il suo effetto sarà cumulativo. È senz’altro possibile contenere i conflitti in uno o più in uno o più di questi cinque ambiti [ed è stato fatto, molto male, ma è stato fatto]. L’interrogativo che occorre porsi è se ciò accadrà [ed è accaduto]. E se ciò dovesse avvenire [com’è poi avvenuto], se sarà sufficiente [in parte: ha rallentato il processo ma non l’ha eliminato]. In considerazione dell’interazione tra i diversi àmbiti, il contenimento dei conflitti in uno di essi può lavorarsi transitorio a causa della loro esplosione in un altro [ed è la storia degli ultimi trent’anni]. In una polveriera – è questo il quadro che abbiamo tracciato del sistema-mondo – il fuoco può diffondersi. Ed è questo che s’intende per caos sistemico [ed ecco la definizione]. Certo, al caos sistemico seguirà un altro ordine o altri ordini. Ma a questo punto dobbiamo fermarci”, T. K. HOPKINS – I. WALLERSTEIN, L’era della transizione. Le traiettorie del sistema-mondo 1945-2025, Asterios editore, Trieste 1997, p. 292, corsivi in originale, grassetti miei, mie osservazioni fra parentesi quadre. Facciamo un esempio: la crisi pandemica era stata da me paragoata qui ad un collasso. Un corpo – sociale – subisce un collasso, grave, ma ne vien fuori. Il collasso ha grosse conseguenze, ma il corpo si riprende. Improvvisamente, avviene un’amputazione (la Russia) dal corpo del sistema-mondo globalizzato. Trattasi NON di una parte vitale: in altre parole, il sistema vive. Però, di nuovo, ciò ha conseguenze, al momento non del tutto misurabili; hanno evitato, proprio all’ultimo – non certo per una particolare coscienza ma per riflesso d’interessi – la mossa finale sul gas, come dire; si son fermati sull’orlo dell’abisso. Ora, tuttavia, la ferita sta lì. Che succede se s’infetta? Capito cosa volevano dire Wallerstein e Hopkins illo tempore? Che tu puoi contenere – vero – un fenomeno implosivo sistemico, ma non per sempre, ma che il vero pericolo non è tanto questa o quella crisi, ma il contagio, anche di un piccolo fenomeno, che si assommi all’insieme dei fenomeni già implosivi in atto, di cui loro avevano lungamente discettato, fenomeni che qui (nel blog) si son detti “implosivi”, un tempo eran detti “critici”, e, nel linguaggio di questi tempi, son detti “emergenziali”, questa è la parola che denota questi tempi: emergenziali.
Il sistema si è sempre costruito attorno alla dialettica “poteri sovranazionali” versus poteri nazionali, senza che però nessuno dei due divenisse troppo forte: ecco che però tale dialettica si è andata inceppando sempre di più, dove il ritorno dei poteri nazionali – apparenti, poiché generano disordine – non può che riportare il pendolo verso quelli sovranazionali, più o meno quel che Cacciari paventa da un bel po’ di tempo. Solo che non prende la forma di “stato d’eccezione” – Cacciari essendo stato indotto in tal errore dalla sua mentalità storica e cioè che si “ripete” il passato, quando invece le forme (non la sostanza) sono nuove oggi – ma di una cosa mai vista prima: uno stato d’emergenza che si ripete, potenzialmente senza un termine … mai visto! Dunque non uno “stato d’eccezione” = “presa del potere” da parte d’un gruppo specifico (magari questo è ciò che potrebbe esser successo nella Russia nazionalista di oggi), perché non sta per niente succedendo una “sostituzione” al vertice, anzi! Quel che avviene, al contrario, è una conferma al vertice … Trattasi dunque d’un fenomeno diverso, di una natura mai esperita: una serie di crisi successive che non provoca alcuna sostituzione di classe dirigente, ma al massimo solo d’individualità che occupano cariche, la possiamo vedere nel complicato, lungo processo cui si conviene dar il nome di “fine dell’Impero romano” (d’Occidente). Nel mondo moderno, cose di tale ampiezza, di tale complicazione, soprattutto di una tale natura emergenziale ma senza sostituzione al vertice – e cioè una società e un mondo bloccati – non se ne conoscono. Si conosce al massimo il fenomeno di una emergenza che conferma le classi al potere. Stop. Non una serie di emergenze concomitanti e quindi anche confermanti …
In pratica, è come una serie di onde successive. Probabilmente, la seconda metà dell’anno sarà quella dove la questione sistemica, ed economica, si farà sentire. Trattasi sempre di processo “dialettico” e cioè una relazione fra due forze, peraltro convergenti verso un sol punto (come capì A. C. Sutton illo tempore). Quando le cose sembrano rimettersi, allora vanno in crisi finale, ciò essendo dovuto alla struttura, non vista, del sistema, che sta in fase di crescente instabilità divenuta, tale fase, ormai strutturale.
Andrea A. Ianniello
Mettiamo caso che l’attuale governo tolga lo stato d’emergenza: sparirà esso dal mondo? Nient’affatto, perché il sistema rimarrebbe in “stato d’emergenza” lo stesso: ecco il punto. Non è un fatto meramente “legale”, che poi è stato l’errore di Cacciari, che però ha ragione quando capisce che, in effetti, la cosa non finisce più: lui lo vedeva come pericolo, è invece la realtà, la realtà che ci accompagnerà per lungo tempo.
RispondiEliminaE perché? Perché solo con l’emergenza questi hanno un residuo controllo del sistema mondo.