“[...] poiché testimonia che il disordine ha fatto irruzione nell’intero corso dell’esistenza e si è a tal punto generalizzato da far sì che noi viviamo in realtà, si potrebbe dire, in un sinistro ‘carnevale perpetuo’”.
R. GUÉNON, Simboli della scienza sacra, Adelphi Edizioni, Milano 1997, Collana “Gli Adelphi”, edizione originale: 1975, cap. 21 “Sul significato delle feste ‘carnevalesche’”, p. 135.
Il Carnevale, in pratica, è una festa lunare, come si sostiene in:
A. CATTABIANI, “IL CAR NAVAL: LA FESTA DEGLI ECCESSI” in Abstracta, anno 2, n.12, p. 46 e sgg.
Anche su Sant’Antonio – non quello da Padova, ma l’originale: Sant’Antonio eremita d’Egitto, ID., Calendario, Rusconi Libri, Milano 1988, cap. “IL CARRO DEGLI DÈI” (un’altra etimologia del Carnevale), sottocapitolo intitolato: Sant’Antonio e i suoi misteri, pp. 125-133.
Dal post:
https://associazione-federicoii.blogspot.com/2025/01/santantuono-inizia-il-carnevale-che-non.html
[cancellato]
“Gana gruppo di divinità minori o demoni della mitologia indiana, attendenti di Shiva e Parvati. Sotto la guida del loro figlio Ganesha puniscono i peccatori e coloro che non mantengono la parola data. Son raffigurati solitamente in forma di nani [NB: quelli di cui parlava Guénon ne Il Regno? Oui … “Chi ha orecchie per …”]”, Dizionario delle religioni orientali, Garzanti editore, Milano 1993, p. 92, corsivi miei, grassetti in originale, miei osservazioni fra parentesi quadre.
“Gana-Nayaki epiteto di Devi-Uma-Kali in quanto «signora dei Gana»”, ibid., corsivo mio, grassetto in originale.
“Ganapati epiteto di Ganesha in quanto «signore dei Gana»”, ivi, p. 93, grassetto in originale.
“Ganapatya membro della setta dei devoti a Ganesha”, ibid., grassetto in originale.
NB: “Gaki spiriti presenti nella mitologia giapponese. Nei monasteri zen solitamente godono di frequenti ed abbondanti offerte di cibo, data la loro fama d’insaziabilità”, ivi, p. 92, grassetto in originale. Ma questi sono i COSIDDETTI “spiriti affamati” di VARIE MITOLOGIE! Gli STESSI esseri, sotto DIVERSI NOMI.
“GANESHA
Figura venerata in India e spesso riprodotta nell’iconografia: «testa d’elefante con una o due zanne spezzate, una grande proboscide, un enorme corpo deforme da ghiottone, seduto su un minuscolo sorcio» o su un fior di loto, e spesso acconciato con una specie di tiara [NB]. Swâmi Siddheswarânanda vede in questo simbolo l’integralità del pensiero indiano … Mâyâ o la contraddizione della vita! «Il miscuglio d’elefante ed uomo, l’asimmetria, la mancanza d’armonia», l’insieme di grottesco e di solenne, di peso e di leggerezza, un grosso ventre su un sorcio o su un fiore, tutte queste opposizioni rappresentano Mâyâ, la manifestazione. Figlio di Shiva, Ganesha esprime il Principio della manifestazione, con tutte le sue avventure nel mondo mosso ed illogico delle apparenze o delle realtà effimere; egli evoca tutte le possibilità della vita e tutte le sue espressioni, fino alle più assurde, nel tempo e nello spazio («Vedanta», n. 5, gennaio 1967, p.8)”, J. CHEVALER – A. GHEERBRANT, Dizionario dei simboli, BUR Rizzoli Libri, Milano 1986, vol. I, p. 484, corsivi e grassetto in originale.
Sul “Ghiottone” cf. ivi, p. 495. Si tratta del t’ao-t’ie [taotie] del quale trattò – appunto – anche Guénon, in India detto il Kâla-mukha, con la radice “KALA” di Kali … e siamo, di nuovo, a KALÌ …! E, di nuovo: tout se tient, come accade souvent …!
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