lunedì 21 aprile 2025

1895-2025, – CENTOTRENT’ anni dopo, 1 – 1925-2025, CENT’ anni dopo, 1 – SYNDROME (T.) CINESE, 2 – – 1975-2025, CINQUANT’ Anni dopo, 2 - PICCOLI LACCI cinesi (= “小鞋帶” cioè – phonhethihaménthe – “Xiǎo xié dài”)

 

 

 

 

 

Un mio pensierino a tutti questi – “orientalomani” – che, a furia di pensare all’ “Oriente spirituale” …, si dimenticano che il – cosiddetto – “Oriente” (nome solo collettivo ed anche impreciso, e su basi oggi politiche!) ha una sua storia!

Ed ha una sua storia NON SOLO nei giorni della “gloria” del passato, ma pure in quelli della decadenza, cioè pure nel Novecento!

Piccolo problemino … da parte di costoro non gradito, e tuttavia esiste!

 

 

I cinesi avevano preso coscienza della superiorità militare  e tecnica dell’Occidente innanzitutto attraverso i grandi stati democratici: Inghilterra, Francia, Stati Uniti. Quando si resero conto che l’adozione delle tecniche degli avversari non era sufficiente per assicurar loro gli stessi vantaggi, si rivolsero necessariamente alle loro istituzioni politiche. Riformatori e rivoluzionari si divisero in sostenuto d’una monarchia costituzionale […] e fautori d’una repubblica di tipo parlamentare di tipo francese o presidenziale di tipo americano. Tutti respinsero la Costituzione del 1908, una Costituzione fasulla, concessa dalla Corte e ricalcata sul modello giapponese.

In compenso tutti accolsero con entusiasmo la Costituzione provvisoria del 1912 che instaurò un regime parlamentare vicino ai regimi inglese e francese e che si rivelò in seguito assolutamente inapplicabile.

Quest’entusiasmo per un sistema già sperimentato dai grandi Stati occidentali, contribuirà […] a lasciare il marxismo nell’ombra”.

J. GUILLERMAZ, Storia del Partito comunista cinese (1921 - 1949), Feltrinelli Editore, Milano 1973, p. 41, grassetti miei.[1]

Il punto è che quel modello – di democrazia parlamentare in “STYLE” occidentale – FALLISCE in Cina: sta tutto qui. Questo fallimento segna il destino del paese.

Indubbiamente oggi un tal modello, in gravissima, finale crisi nell’Occidente che se n’è fatto sponsor, e che continua, stancamente, a farlo, avrebbe più “chance”, anche se non in tutto il paese allo stesso modo: pertanto, la sua “applicazione come tale” correrebbe il rischio, non piccolo, di spaccare questo grosso paese; pertanto, la Cina si trova divisa tra l’aspirazione a un regime più aperto e attento alle – recenti – classe medie cinesi, e l’aspirazione, millenaria, al mantenimento dell’unità che, come tale, rimane un valore costante, irrinunciabile della storia, e starei per dire: della “psyche”, cinese.

Quanto alle idee marxista, esse verranno in Cina molto tardi, non per caso:

È in Giappone che delle prime opere marxiste saranno per la prima volta tradotte in cinese, soprattutto in occasione delle polemiche che sorgono  tra i diversi gruppi d’emigrati riformisti e rivoluzionari”, ivi, p. 35.

La via per il marxismo si chiarirà in Cina – e non senza grossi problemi, comunque – solo e soltanto in seguito al fallimento dell’importazione “tal quale” dei sistemi democratici parlamentari sul modello francese ed inglese, quando si chiarirà che il modello – lontano quanto si voglia – sarà piuttosto la Russia: sistemi decisionali accentrati, unici che possano garantire la sopravvivenza perlomeno di gran parte dei territori dei vecchi imperi. Soltanto quando si chiarirà che la Cina è sempre stata un impero: solo allora la Cina ritroverà, ma fra tanti alti e bassi – e mille giravolte – , UN SUO cammino, che l’ha portata a ritornare – RITORNARE – sul cammino di una grande nazione, che, prima del XIX secolo – “il secolo dell’umiliazione”[2] – la Cina, bene o male, con su e giù, è SEMPRE stata: cioè proprio quel che gli occidentali hanno tanta difficoltà ad accettare. Un tempo il commercio che t’arricchiva SUL SERIO era con la Cina: NON È un caso. Era tra le nazioni più ricche della Terra. Questo genere di constatazioni possono molto dispiacere in Occidente, purtroppo sono storicamente constatazioni esatte.

Insomma, solo quando “le lezioni d’ottobre” più la storia di Pietro il Grande faranno riaprire gli occhi cinesi … pronti a richiudersi facilmente: non è finita infatti:

Quando noi veterani saremo morti, potrà esserci un gran disordine. Non siate sicuri che il grande disordine  non possa ritornare in Cina … I templi son grandi solo fino a un certo punto e possono contenere solo un certo numero di Budda. Se i vecchi non escono, i giovani non possono entrare”.

R. SOTGIU, La coda del Drago. Vita di Deng Xiaoping, Baldini& Castoldi, Milano 1994, p. 101, grassetti miei.[3]

 

Le donne, in fretta e furia, prepararono un po’ di provviste […], ed il cacciatore, facendosi seguire da alcuni servi, […] si mise con Tripitaka sulla strada maestra.

Paesaggi montani d’una bellezza indescrivibile si stendevano davanti a loro. Verso mezzogiorno arrivarono ad una montagna gigantesca, sulla quale Tripitaka cominciò ad inerpicarsi con fatica indicibile, mentre il cacciatore andava avanti come se camminasse in piano. A metà della salita, il cacciatore si fermò, e rivoltosi a Tripitaka disse: – Ho paura che qui dobbiamo separarci.

Te ne scongiuro, accompagnami ancora per un tratto – lo pregò Tripitaka.

Signore, – disse il cacciatore – tu non capisci. Questa montagna si chiama la Montagna delle Due Frontiere. Il fianco orientale appartiene al nostro paese di T’ang; sul fianco occidentale c’è il paese dei Tartari. Io le tigri ed i lupi dell’altro versante non li ho donati, e poi non ho diritto di passare il confine. Devi andare avanti da solo.

Tripitaka, disperato, si aggrappava alla manica del cacciatore […]. A questo punto, da sotto la montagna uscì una voce stentorea che gridò più volte: – È venuto il Maestro. – Tripitaka e il cacciatore trasalirono tutt’e due, stupefatti. […] – Questa è la voce di quel vecchio scimmiotto che sta chiuso nella cassa di pietra sul pendio – dissero i servi del cacciatore. […]

Quale vecchio scimmiotto? – domandò Tripitaka.

Una volta questa montagna si chiamava Montagna dei Cinque Elementi – disse il cacciatore. – Ma dopo che la nostra grande dinastia T’ang ha spinto le sue conquiste verso l’Occidente, le hanno cambiato nome, ed è diventata la Montagna delle Due Frontiere. Tanti anni fa un uomo vecchissimo mi ha raccontato che al tempo che Wang Mang rovesciò la Prima Dinastia Han [ci sono state DUE “fasi” nella storia della dinastia Han, gli Han “orientali” – PRIMA – e quelli “occidentali” – DOPO , “INTERVALLATI” dall’effimera dinastia Xin (9-25 d.C. - “Xin” vuol dire: “nuova”) fondata da Wang Mang, nota mia], il Cielo mandò giù questa montagna per chiuderci dentro uno scimmiotto magico. Gli spiriti locali sono i suoi carcerieri”.

WU CH’ÊNG-ÊN, Lo Scimmiotto, Adelphi Edizioni, Milano 1979, p. 152-154.

La Cina – in apparenza – è Confucio, l’ordine, l’equilibrio, la moderazione; ma, nella realtà, è lo Scimmiotto. Lo Scimmiotto è il simbolo della realtà della Cina …

In una sua vecchia poesia – e talune sono davvero dotte citazioni – Mao, rispondendo alle critiche di Guo Moruo, che citava lo Scimmiotto in tal senso, esaltava lo figura dello Scimmiotto. Ma Guo Moruo voleva dire: non sai fermarti, prendendo, appunto, lo Scimmiotto come paragone, che non sapeva fermarsi e fu quindi esiliato sotto la Montagna, per poi redimersi nell’aiutare Tripitaka (Xuánzàng) che andava in cerca dei Sacri Testi buddhisti. Il vero problema dei cinesi è che non sanno fermarsi, han dimenticato la lezione proprio di Deng Xiaoping, che i cambiamenti devono andare per fasi: piede sull’acceleratore, piede sul freno; fasi di crescita e fasi di necessario assestamento. Si spera ritornino a ripensare quella lezione …

Quanto allo Scimmiotto, dalla Cina si è diffuso a tutta l’Asia orientale, sin al punto da divenirne uno degli “eroi culturali” …

 

 

 

 

 

Qui di seguito, rivenendo alla “questione Cina”, qualche – vecchia ma utile – fonte. Ma vediamo.

Il testo – di cui si riporta qualche passo – è interessante, soprattutto nella sue prime DUE PARTI: cf. J. CHESNEAUX, La Cina contemporanea. Storia documentaria dal 1895 ai giorni nostri, vol. I, Laterza Edizioni, Bari-Roma 1975; “Parte Prima: ESISTE PER LA CINA UNA «VIA GIAPPONESE»?” p. 3 – no che non esiste: OGGI lo sappiamo, però al TEMPO non era chiaro, non ancora –; e sgg., e ivi, “Parte seconda: IL FALLIMENTO DELLA REPUBBLICA ALL’OCCIDENTALE” p. 93 e sgg. Quest’ultimo è, poi, “IL” nodo **VERO** dell’intera situazione: diversamente da degli altri paesi “orientali” la Cina COMINCIA con il seguire il modello della “REPUBBLICA ALL’OCCIDENTALE”, ma tal modello FALLISCE in Cina: questo **è** il punto. Che fare, dunque? Il modello della repubblica liberalistica si dimostrò inapplicabile in Cina.

Ed è ovvio che una lezione del passato non è che si possa ripetere uguale, tuttavia qualcosa pur significa.

Interessanti, poi, sono due ricorrenze di questo corrente anno, i Trattati di Simonoseki (1895) e delle «Ventuno Richieste» (1915), cf. ivi, rispettivamente: pp. 12-16, e pp. 123-128. Interessanti anche le – BREVI – parti dedicate, da Chesneaux, ai riformatori di “ceto mandarino” ed al loro FALLIMENTO: il che provocò un’altra “lezione” della storia, cioè che la “via giapponese” della “rivoluzione dall’alto” era inapplicabile alla Cina.

Non si poteva applicare la via giapponese ma neanche quella occidentale: cosa rimaneva dunque alla Cina?

La via sovietica, che però anch’essa fallì però solo in parte. Dunque gli rimaneva una via russa ma RIMANEGGIATA, E modificata.

Qui vogliamo riportarne solo due parti da testo di Chesneaux: due brani dal “Proclama dei Boxer” ed un passo da Sun Yat-sen.

Veniamo al Proclama dei Boxer, che, poi, fu seguito da condizioni – di fatto imposte dalla coalizione europea + Giappone, coalizione che vinse la guerra –, condizioni alquanto dure.

Se ne riporteranno solo dei brani, come s’è detto. È interessante, comunque, dare un’occhiata a così distanza di tempo. “Il tempo cambia tante cose nella vita” (F. Battiato) …

Manifesto pubblicato dal Corpo [dei boxer] con l’insegna «Kan» [Kan = “acqua” ma come “elemento” cioè “attività” cosmica] del villaggio di Malan. Il villaggio di Malan della prefettura di Qijia, nel distretto di Wan, governato dal Shuntian-fu [Shuntian = oggi Pechino], comunica al pubblico, in occasione della costituzione secondo i riti del Corpo divino di Yi-he [= i “Boxers” come son noti in Occidente], i regolamenti in vigore quanto agli affari del villaggio. Durante il regno dell’imperatore Xian-feng [1851-1860, vale a dire la “seconda guerra dell’oppio” cioè quando i  missionari francesi sostennero la politica d’intervento in Cina del governo di Napoleone III] la chiesa cattolica ha complottato con gli occidentali per far subire calamità alla Cina; tutti sperperavano il denaro del nostro paese, demolivano i nostri templi e le effigi dei Budda, occupavano le terre che appartenevano al nostro popolo perché ci seppellissero la propria famiglia, suscitavano l’odio di migliaia di uomini. Perfino gli alberi da frutta e i germogli dei cereali subivano ogni anno flagelli: insetti e siccità [nella cultura cinese, i disordini climatici son tra i segni del fatto che un governo ha perduto il “Mandato celeste”]. La nazione era turbata ed il popolo inquieto, e la collera giungeva fino al Cielo. Oggi siano rese grazie alla misericordia del Gran Signore dei Cieli, che invia sulla terra gli dèi perché vengano agli altari ed insegnino ai nostri fratelli l’arte divina che servirà a «rialzare la dinastia Qing e ad annientare la potenza occidentale», e a «fare la giustizia del Cielo». Consacrando i nostri sforzi alla patria, cerchiamo di consolidare la nostra comunità e di proteggere il nostro popolo, nei campi o nel villaggio. […] Ma noi temiamo gli stolti e gli scellerati che potrebbero approfittare della nostra influenza per agire senza scrupoli, per opprimere i deboli appoggiandosi sui forti. Per questo avvisiamo i capi di villaggio e del Corpo dei Boxers che eseguano la giustizia secondo legge […]. Se ci sarà corruzione essi saranno colpiti dallo sguardo fulminante degli dèi, puniti senza parzialità e senza pietà […]. La credenza in una religione straniera e la stregoneria han suscitato la collera del Cielo, che manda i santi sulla terra ad insegnare ai nostri fratelli la box divina di Yi-he. Yi significa l’amore, he la gentilezza. Con l’amor e la gentilezza, l’armonia e l’intesa regneranno nel villaggio. La virtù è il nostro principio, l’agricoltura il nostro mestiere, il buddismo la religione che osserviamo. Non tolleriamo la vendetta personale in luogo della giustizia pubblica, l’oppressione dei poveri da parte dei ricchi [per quanto in forme del tutto premoderne, però vi erano delle istanze “dalla campagna verso la città” che poi sarebbero state riprese dal maoismo; tra l’altro, la gran parte dei Boxers veniva – non a caso – dalle campagne], l’umiliazione dei deboli da parte dei forti, e il capovolgimento del vero e del falso [cioè la NORMA oggi, e non certo solo in Cina, ma nell’intero MONDO!].

Firmato dal Corpo con l’insegna di «Kan» del villaggio Malan, prefettura di Qijia, sul fiume Qitang.

Avviso del Corpo di Yi-he. Gli dèi aiutano i boxers del Corpo di Yi-he, perché i diavoli turbano la nostra pianura. Convertirsi al cristianesimo è disobbedire al Cielo, rifiutarsi di adorare i nostri dèi e i nostri Budda è dimenticare i nostri antenati; così gli uomini non avranno più morale e le donne non saranno più caste. I diavoli [gli stranieri chiamati “diavoli stranieri”…] non sono figli dell’uomo; se non volete crederci, osservate bene: i loro occhi sono tutti azzurri [cosa, peraltro, falsa: alcuni solo li hanno, vero è che però si tratta di cosa super rarissima fra i cinesi, questo sì]. La pioggia non cade più, il sole è disseccato [il leit-motiv del caos climatico come segno di “fine del ‘Mandato Celeste’”]; tutto perché le chiese ci nascondono il cielo [solo che, stavolta, per i Boxers la colpa era dei “diavoli stranieri” e della loro religione; la cosa fallirà e la “colpa” fu addossata di nuovo – come nella “Ribellione Taiping” – alla dinastia del tempo, cioè quella dei Qing …]. Gli dèi si son irritati e scendono dalla montagna per predicare il Dao, e tutto ciò non è né menzogna né invenzione. Mormorare le parole magiche [dei Boxers] è imparare a dire la verità. Le «lettere gialle» [che sono della carte gialle con sopra dei caratteri cinesi, e che vengono usate in certi riti della religione popolare, diciamo di typo invocativo] salgono al cielo, gli incensi son bruciati per invitare tutti gli dèi e gli angeli, gli dèi escono dalle caverne e gli angeli scendono dalla montagna: vengono ad aiutare i mortali insegnando loro la box [boxe, meglio: LA boxe e non IL box …]. La nostra strategia guerriera è molto semplice [forse TROPPO …]: imparare la box per scacciare i diavoli [STRANIERI] senza sforzo [eh no, era impossibile senza sforzo … ma ora segue IL VERO “programma” dei Boxer]; strappare le rotaie, tagliare i fili elettrici, demolire le grandi navi: questo fa paura alla grande Francia, demoralizza l’Inghilterra e la Russia, bisogna uccidere i diavoli [stranieri] perché la grande dinastia Qing si unisca e possa celebrare la pace”, ivi, pp. 48-50, corsivi in originale, grassetti miei, miei commenti fra parentesi quadre.

Vi fu poi il Protocollo del 1901, seguito alla rivolta dei Boxer, Protocollo piuttosto duro con la Cina poiché implicava, tra l’altro, esosi pagamenti “in ristoro” alle nazioni vincitrici, cf. ivi, p. 52 e sgg. Ora l’Impero cinese versava già in gravi condizioni fiscali e finanziarie, per cui tal Protocollo, in pratica, era una sorta di salasso finale: non stupisce che, di lì a dieci anni dopo, il Celeste Impero sparisse per sempre dalla faccia della Terra; 221 a.C. - 1911 d.C. – ecco la durata dell’Impero cinese. In ogni caso, un po’ diversa la storia vista dall’altra parte, non è vero? Ovviamente oggi ti ribatteranno che anche la Cina **deve** vedere le cose secondo il modo “occidentale” ovvero: secondo come la pensa la minoranza dominante l’Occidente. Ma dire una cosa simile non vuol dire altro che si rimane chiusi nel proprio modo di vedere, non si ammette nemmeno l’esistenza di altri modi, magari anche sbagliati, ma che ci sono, esistono, e con essi occorre “fare i conti” come suol dirsi … Un “classico” dell’Occidente, non è vero? “Auto rispecchiamento narcisista” ma portato all’ennesima potenza. Dicendo questo so benissimo che i cinesi son **tutt’altro** che ben disposti a vedere le cose come gli altri, neanche loro hanno “le carte a posto” ma gli occidentali sostengono che son solo gli altri a non vedere loro, e che non accade mai il contrario.

Il massimo cui giungono è la famosa “simpatia” verso il “punto di vista ‘cinese’” ovvero una cosa che a me fa fare tante risate: quel punto di vista – non accettato – lo si “riconosce” solo a parole! Si tratta, insomma, del classico “dialogo fra sordi” … Per questo la “questione cinese” rimane tanto ingarbugliata: perché non vi è il riconoscimento reciproco dei punti di vista, e ciò “a monte” o “alla radice” che dir si voglia …

Una precisazione importante: il “tono” anticristiano, ed anticattolico, in particolare, dovuto alla compromissione – reale – dei missionari con i governi occidentali in Cina, non deve far dimenticare che i “T’ai-p’ing” [Taiping] – ovvero “Grande Pace” (“Xiaoping” vuol dire invece “Piccola Pace” …) – erano invece cristiani …

La “Rivolta dei Taiping” (1851-1864) scosse la dinastia Qing [Ch’ing] alla metà del XIX secolo, acuendone la decadenza; a difesa della dinastia – con un corpo scelto (e ben addestrato) di soldati Qing – vi combatté George Gordon, o “Gordon il cinese” o Gordon “di Khartum” cioè quello che fu ucciso dai seguaci del – PRETESO – Mahdi del Sudàn … in poche parole: “SYNCHRONICITÀ” storiche …

Anche le leggi del governo degli uomini formano come una macchina non materiale, ed è per questo che noi chiamiamo «macchina» l’organizzazione del governo. Ma una macchina materiale è fondata sulla natura, mentre il governo, è fondato sulla psicologia. […] Ecco la differenza. È per questo che possiamo imitare l’Europa e l’America per i metodi di direzione delle cose della natura, ma, evidentemente, non possiamo imitarle fino in fondo per i metodi del governo degli uomini”, ivi, p. 158.

E qui si vede un primo allontanamento dall’imitazione “tal quale” della “repubblica all’occidentale” …

 

 

Andrea A. Ianniello

 

 

 

PS. Bandiera dei Qing, cf.

https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/thumb/b/b6/Flag_of_China_%281889%E2%80%931912%29.svg/1280px-Flag_of_China_%281889%E2%80%931912%29.svg.png 

Una variante della stessa bandiera, cf.

https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/thumb/d/dd/Flag_of_the_Qing_dynasty_%281889-1912%29.svg/1280px-Flag_of_the_Qing_dynasty_%281889-1912%29.svg.png

 

 

 



[1][…] Solo la campagna è il mondo senza fine in cui i rivoluzionari possono agire in libertà. LIN PIAO”, in ivi, p. 167, in calce al capitolo sulla Lunga Marcia, ottobre 1934-ottobre 1935, vale a dire ormai novant’anni fa

Per l’Occidente Juchin e Yenan hanno eclissato il nome delle Ching Kang Shan; tuttavia è alla loro ombra che Mao Tse-tung fece la sua prima esperienza di potere [che gli piacque molto …], fu sotto al loro protezione che egli creò la prima autentica Armata Rossa [e questo è, invece, MOLTO IMPORTANTE: l’aspetto militare nacque lì ed allora]. È forse sorprendente ch’egli abbia dedicato a queste montagne una delle sue più belle poesie?

Ai piedi dei monti si vedono le nostre bandiere,

Dall’alto delle cime si sente il suono dei nostri tamburi e delle nostre trombe.

L’esercito nemico ci circonda su parecchie linee

Ma noi restiamo impassibili come questa montagna.

Le nostre fortezze sono imponenti e severe,

La volontà dei nostri uomini è una muraglia.

Sul lato di Huang Yang il suono dei cannoni

Dice che il nemico è fuggito durante la notte’”, ivi, p. 197, miei commenti fra parentesi quadre.

È sufficiente scorrere l’opera di Mao Tse-tung per rendersi conto dell’interesse ch’egli ha attribuito ai problemi militari, per avere la misura di quanto egli ha cercato di trarre insegnamenti pratici da ogni campagna per sintetizzarli in un sistema coerente. Si può anche aggiungere che egli era il solo a scrivere ponendosi a un livello così elevato; Chu Teh, che almeno all’epoca gli era molto vicino, non ha praticamente lasciato alcun testo che possa esser considerato importante; lo stesso rilievo vale per i generali, P’eng Deh-huai, Lin Piao, Ho Lung … che peraltro eran notevoli nel porre in applicazione questi principî tattici e strategici”, ivi, p. 217, grassetti miei.

Gli dichiarai che non dovevano dispiacersene. Se l’Esercito Imperiale [giapponese] non avesse occupato la metà del territorio cinese, il popolo cinese non si sarebbe unito nella lotta e la Repubblica popolare cinese non sarebbe nata. Mao Tse-tung (a una delegazione del Partito socialista giapponese luglio 1964”, ivi, p. 298, in calce all’inizio della Parte quarta, grassetti miei. Ed ecco la dialettica “in the making” cioè “NELLA PRATICA” cioè quella che interessava Mao … ECCO cosa vuol dire “PRATICAMENTE” la dialettica … Mao chiarì sempre che “la rivoluzione” voleva dire GUERRA, niente di meno, ma dalla campagna verso la città e NON VICEVERSA: QUI è la – PROFONDA, profondissima – rottura con gli schemi marxisti che, pure, diceva di voler rispettare formalmente, ma di fatto non lo faceva, e fece bene: avrebbe fallito in tal caso; ciò perché il ceto operaio era in quel tempo una PICCOLA MINORANZA in Cina. Peraltro, nella storia cinese, i veri rivolgimenti – rivoluzionari davvero – SON SEMPRE venuti dalla campagna, non è un caso.

In ogni caso, quest’affermazione di Mao alla delegazione giapponese, del luglio 1964, ricorda molto quella – precedente – all’ambasciatore finlandese sulla bomba atomica come “una tigre di carta” … affermazione che Jünger considerava una delle poche geniali della nostra – mentalmente asfittica – epoca. Ma non credo proprio che, oggi, i finlandesi abbiano capito quel che Mao voleva dire, sennò avrebbero accettato l’affermazione – molto simile, ma in salsa diversa (niente soia, solo vodka …) – di V. Zhirinovsky …

Va poi precisato che, all’inizio, Mao non era certo per il militarismo: “A quell’epoca — dirà Mao tse-tung — il mio spirito era una curiosa confusione d’idee liberali, di riformismo democratico, di socialismo utopistico. Ero vagamente interessato alla democrazia del XIX secolo, alle utopie, ad un liberalismo inconsueto ed ero risolutamente contrario al militarismo ed all’imperialismo”, ivi, p. 273.

[2]Wang Yangming è considerato il punto estremo della filosofia tradizionale cinese. Dopo di lui il panorama filosofico sarà costellato di figure che non recheranno alcun contributo originale. Tuttavia sotto l’ultima dinastia cinese, i Ming (1369-1644), e con la dinastia mancese dei Qing (1644-1911) furono compiuti ammirevoli studi nei settori della filologia, dell’esegesi e della critica storica dei classici confuciani. Gli studiosi protagonisti di tale opera videro nel loro impegno filologico una vera e propria tensione filosofica che denominarono “insegnamento della cultura han [= cinese, cioè]”, hanxue, esprimendo un richiamo diretto alla dinastia Han [ma “han” = cinese tout court, dunque “hanxue” = studi cinesi], cultura precedente alle contaminazioni del buddismo e del taoismo [dunque il “germe” del “nazionalismo cinese” nasce, in realtà, con la fine della dinastia Qing, con il considerar “cinese” = “confuciano”, cosa peraltro non vera storicamente, poiché, se davvero il Buddhismo era straniero – però venne profondamente “sinizzato” – il taoismo, certo non nelle versioni “popolari” seguenti, tuttavia era già ben presente prima della  dinastia Han]. L’epoca che registrò la loro massima attività, il XVIII secolo, fu l’ultimo periodo di pace e prosperità della Cina imperiale. Seguì la decadenza politica e quella amministrativa in varia misura connesse alla penetrazione occidentale in Cina”, C. SPARVOLI, Guida alla filosofia cinese, De Vecchi Editore, Milano 1996, pp. 146-147, corsivi in originale, grassetti miei, miei commenti fra parentesi quadre. “Nel XIX secolo il Regno di Mezzo entra nell’area d’influenza della dominazione economica occidentale. Ha inizio allora una fase di ripensamento della propria tradizione [non ANCORA DAVVERO terminata]. La Cina ha infatti subito la prima vera e propria umiliazione culturale della sua storia. Prendono forma movimenti di grande interesse storico. In particolare va ricordato il Movimento per l’adozione  di cose straniere, yangwu, sviluppatosi dal 1860, i suoi protagonisti furono funzionari […] [il padre si Deng Xiaopiung simpatizzava per queste tendenze interne all’ormai tarlata “macchina celibe” imperiale]. Essi intendevano rafforzare la struttura tradizionale dello Stato grazie all’adozione delle tecniche mutuate dall’Occidente armonizzate con i principi della tradizione cinese e […] con i valori confuciani. Rispetto alla cultura occidentale, avevano un atteggiamento “strumentale” che prevedeva l’innesto del patrimonio di conoscenze della scienza e della tecnica (inclusa l’economia) sul sostrato della cultura tradizionale [in sostanza, si tratta della via “giapponese” che, però, in Cina non funzionò]. Alla fine del XIX secolo l’assetto politico e sociale registra profonde alterazioni dovute a diversi fattori […]. Un altro motivo di squilibrio era rappresentato dall’eccessiva espansione demografica che sfociò in una consistente emigrazione, fenomeno che portò alla definizione dei cinesi d’oltremare, huaqiao. […] Gli sforzi [di riforma interna] compiuti restarono isolati, tuttavia anticiparono una nuova sensibilità vivissima con il principio del XX secolo. Nel 1911 grazie alla rivoluzione democratica guidata dal Partito Nazionalista, Guomindang, ha fine la dinastia mancese e con essa l’impero cinese. La tendenza xenofoba dei cinesi (emersa nella famosa rivolta dei Boxers) viene trasformata in istanza di democrazia e di rinascita del paese. […] Il governo repubblicano del Partito Nazionalista ebbe vita breve, il primo presidente fu assassinato ed il paese si smembrò in diverse aree dove dominavano i vari capi militari dell’esercito governativo [esercito governativo, N.B.], passati alla storia come “Signori della guerra”. Inizia un periodo oscuro della storia della Cina, che ritroverà la propria unità solo trentacinque anni dopo [il “sogno proibito” degli occidentali: che la Cina ritorni nel suo stato di “minorità” e divisa al suo interno]”, ivi, pp. 148-149, corsivi in originale, grassetti miei, miei commenti fra parentesi quadre. C’è chi sostiene che “il secolo dell’umiliazione” sia terminato con il ritorno di Hong Kong a Macao alla Cina e chi sostiene, invece, che non si concluderà sinché Taiwan non torni alla Cina continentale …

[3] La Coda del Drago: Cauda Draconisla più pericolosa delle figure geomantiche … Quanto a Deng Xiaoping [Teng Hsiao-p’ing]: “Teng Hsiao-p’ing, uno szechwanese, anch’egli formato in Francia, sarà incaricato dei compiti di propaganda e di stampa e, contemporaneamente, della direzione del giornale Stella rossa”, J. GUILLERMAZ, Storia del partito comunista cinese, cit., p. 280, corsivi in originale. Questo era il ruolo – tutto sommato minore – di Deng Xiapoing nel cosiddetto “periodo del Jiangxi” ovvero la Repubblica sovietica cinese, regione autonoma della Repubblica cinese del tempo, i primi anni Trenta del secolo scorso, novant’anni fa, più o meno. Fu anche l’epoca in cui si dimostrò, al di là d’ogni ragionevole dubbio, che una via “sovietica” di mera imitazione della Russia sovietica era, per la Cina del tempo, del tutto NON praticabile e CERTAMENTE fallimentare. La Cina doveva prendere un suo proprio cammino, ispirata dalla Russia, ma, di fatto, differente da essa.

 

6 commenti:

  1. Eh sì … Il 2025 … conta! Il 2025 è citato nel loro “Piano 1925” alle: p. 230 – p. 241 – p. 251 – p. 255 – in:
    https://www.lulu.com/shop/enrico-fortunia/su-maitreya-e-sul-new-age/paperback/product-1pkv84z.html
    E ci siamo, in sostanza …






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  2. Risposte
    1. E così, gli ultimi “scampoli” di “katèchon” stanno sparendo: la via è aperta, il “Piano 2025” in atto insomma …


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  3. Quando si vede il cuore del “signore delle tenebre” (esa. 36 …) non si può dir tutto apertamente: si mettere la salute a rischio (e già lo è a sufficienza!) …








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  4. “A bon entendeur, comme de biuen entendu!”, P. FERTÉ, “Arsène Lupin. Supérieur Inconnu. La clé de l’oeuvre codée de Maurice Leblanc”, Guy Trédaniel Éditeur, Parigi 2021, p. 327.
    “DE GAILLON À RENNES
    “**Vous êtes sur la bonne route! ... Encore un petit effort, madame la baronne, et vous y verrez clair. Tout celle est tellement logique.” M. Leblanc, **Agence Barnett et Cie**”, in ivi, p. 328, corsivi segnati con “**”.
    Come dico – in francese un po’ sgrammaticato –: “Tu peux avoir – ou croire de l’avoir … – tout le pouvoir extérieur que tu veux, mais … il y a d’autre chose!” Eh sì, ci sono altre cose …!






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  5. Cf.
    https://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=47231
    Nell’ “età delle masse” IL CONSENSO diventa centrale, diventa la “merce fondamentale” (cf. “Impolitiche Considerazioni”).
    Ed i passi compiuti sinora son volti a **mantenere** il consenso, sia ciò molto chiaro.








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