Un libro interessante –
da segnalarsi – è: G. Scholem, Le tre vite di Moses Dobrushka, Adelphi
Edizioni, Milano 2014, con un saggio finale di S. Campanini.
In esso si parla, oltre
i complessi dettagli della biografia di M. Dobrushka (alias von Schönfeld, alias
Julius Frey), di questo discepolo di Jakob Frank, il quale da ebreo si convertì
cristiano e fu sostenitore delle riforme di Giuseppe II d’Asburgo, per poi
passare alla Rivoluzione francese a Parigi, dove divenne membro dei circoli
giacobini: ma fu inviso a Robespierre, per cui finì ghigliottinato assieme a
Danton. Di lui non si è mai capito bene se fosse davvero “divenuto” giacobino o
se rimase una spia austriaca (ma probabilmente la verità è ancora diversa, più
complessa). Tra l’altro, era l’occasione, per Scholem, di parlare dei frankisti
stessi, e di cercare di svelare la relazione fra il “messia nichilista” J.
Frank e “certe” correnti illuministiche alias
massoniche.
Ora però, nello studio finale
del curatore (Campanini), si pone in luce la critica di J. Taubes (che si è già
citato in questo blog[1]),
il quale pur era stato discepolo di Scholem, a quest’interesse di Scholem per
un personaggio alla fin fine “minore” come Dobrushka. In effetti, il frankismo
è come la costola più estremistica del “sabbatianesimo”, il culto di Shabbatay
Zevì, il falso Messia che abiurò,
convertendosi all’Islamismo nel 1666, data molto fatidica, tra l’altro … I
seguaci di Frank, invece, dunque anche lo stesso Dobrushka, si convertirono al
Cattolicesimo, in modo altrettanto strumentale
dei “sabbatiani”. Tra l’altro, un sol gruppo di seguaci di S. Zevì (Shabbatay =
Saturno) si convertì all’Islamismo nell’Impero ottomano: son detti dönme. Fra di essi sembra vi fosse
Mustafà Kemal Atatürk (1881-1938, nato a Salonicco, che allora era parte dell’Impero
ottomano, città fulcro per i dönme stessi), che contribuì alla fine
dell’Impero ottomano ed inaugurò la Turchia nazionalistica[2].
Dietro il confronto fra
Taubes e Scholem si deve veder altro: il problema del messianismo, e delle sue implicazioni
(anche degenerative, come J. Frank), del suo volto oscuro, anche nichilistico. Trattando dell’Anticristo, un tal tema
sposa “siccome lo caseo su li maccaruni”, ecco perché qui lo si segnala …
Fra i due aleggia un
fantasma, ben concreto: Carl Schmitt.
Ovvero la relazione fra
messianismo e teologia politica, tema immenso.
Che, qui, certo non si vuol
pretendere di “risolvere”, qui si vuol solo segnalarne un “anello” della catena
di relazioni, quello del “messia nichilista” J. Frank, il quale “viene a
pennello” parlando dell’Anticristo, ma non
si commetta l’errore – imperdonabile – del credere in una “ripetizione”: nulla si ripete, ma vi son paralleli. Qui
c’interessano i paralleli … non le parallele …
Ed è interessante questo
passo di Taubes, in relazione a C. Schmitt: “Carl Schmitt è lo stesso. Egli non
era Ebreo, ma un autentico antisemita cattolico – mi diede lezioni sull’antisemitismo
cattolico popolare. Allora eravamo entrambi piuttosto dubbiosi sulla
possibilità che il Concilio Vaticano II fosse in grado di produrre cambiamenti di
mentalità. Schmitt prendeva le parti delle minoranze dei cattolici più
tradizionalisti […]. Non era come Radbruch, il fine, che se ne stava qui seduto
a insegnare filosofia del diritto a Heidelberg, non era un neokantiano,
proveniva dalla rivista ‘Summa’, e basta a provarlo il primo capitolo della Teologia Politica I, le prima frasi sono
quanto vi è di più lapidario: ‘Sovrano è chi decide dello stato di eccezione’. Ma
è proprio così! Poi arriva una grandiosa citazione da Kierkegaard. Il liberalismo
aveva detto: il diritto finisce qui. Ma è qui che inizia il problema: con la
guerra civile mondiale! Anschütz, un giurista di un certo rilievo, disse che l’illegalità
non esiste che anche la peggiore dittatura è legge – un giudizio poi ripreso
nel 1925 dalla Allegemeine Staatslehre
[Dottrina generale dello Stato] di Kelsen. (Nell’edizione inglese questa frase
singolare manca). Siamo di fronte a un uomo che, esattamente come Heidegger,
pone domande sostanziali. In ciò sta il suo fascino. […] La maggior parte dei
libri sull’argomento sono insopportabili, non hanno la più pallida idea delle
forze e delle crisi autentiche. E’ richiesto un ABC democratico, ma nella
prolusione inaugurale ogni libero docente si sente di dare un calcio nel sedere
a Carl Schmitt, con la scusa che quella di amico-nemico non è la categoria
giusta. Tutta la scienza si è mossa per soffocare il problema.
A pensarci bene, è
grottesco se si considera che quelle problematiche, pur avendo indotto in
errore Schmitt, restano pur sempre delle grandi problematiche”[3].
Ed oggi, chi decide dello “stato di eccezione”?
Oppure vi è, ormai, solo “stato di eccezione”?
Andrea A.
Ianniello
[1] Cf.
https://associazione-federicoii.blogspot.com/2017/08/da-il-fuoco-greco-di-l-malerba-et-alium.html,
nota n°3 a pie’ pagina web, dopo il riferimento al libro di Kantorowicz.
[2] Vi è, su youtube, un filmato che fa vedere M.
Kemal Atatürk il quale, in una cena elegante, dopo aver danzato il valzer,
danza il ballo degli Zeybèk, le milizie irregolari del Mar Egeo anatolico: ed è
la danza del falco, dove s’imitano le
movenze di quest’animale. Ecco, Atatürk è il valzer che maschera la danza del falco. E’ l’ “occidentalizzazione” che, in
realtà, è la maschera per delle minoranze di venir fuori (si legga questo anche
in relazione ad altre “minoranze”, il cui appoggio all’ “Occidente” è sempre –
sempre – “interessato”, ma far capire questo agli “occidentali”, coi loro “cocci
dentali”, è pressoché impossibile, non perché sia difficile capirlo, ma
perché vi è un “blocco culturale”). In questo, Mustafà Kemal, diversamente da
degli altri (come gli Assad), fu intelligente: capì bene che una operazione
come quella cui lui pensava non avrebbe mai
e poi mai potuto aver successo se non avesse fatto proprio il forte
nazionalismo turco. Insomma, doveva comportare delle contropartite reali per i turchi, non distruggerne il paese.
[3] J. Taubes,
La teologia politica di San Paolo,
Adelphi Edizioni, Milano 1997, pp. 188-189,
corsivi in originale. Nel frattempo, la “guerra civile mondiale” da un lato si
è del tutto esaurita, come svuotata di senso, dall’altro ha cambiato pelle,
prendendo le apparenze di una “rivolta islamistica”, ben poco mistica e per
nulla intimistica, ma spesso stoltamente ribellistica.
Su Moses Dobrushka vi è un pdf che può esser interessante, forse: cf.
RispondiEliminahttps://www.giuntina.it/writable/Altrifiles/ai_bordi_della_primissima_sociologia_il.pdf
Forse ...