In un mio commento
recente (al post http://associazione-federicoii.blogspot.it/2017/03/su-di-una-recente-trasmissione.html,
commento n°9), parlavo della recente scomparsa di David Rockefeller, e ho
scritto:
‘Qualcuno mi ha chiesto
della recente scomparsa di David Rockefeller, l’ultimo discendente **diretto**
del patriarca della dinastia **economica** dei Rockefeller e se è un “signum”,
tra l’altro morto con un cospicuissimo patrimonio e a ben 101 anni. Certo che
sì, certo che è “signum”, ma di cosa è segno ... Non certo delle fesserie che
si leggono sul web, infatti occorre capirne un po’ davvero di queste cose ...
Chi era, ora, David
Rockefeller, **qual è** il “senso” della sua lunga opera ...
Dobbiamo sottolineare
come D. Rockefeller fosse sia fondatore sia membro autorevole di **tante**
organizzazione “para pubbliche” o anche molto “riservate” che han costruito l’**ossatura**
della “globalizzazione” dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, a partire
dagli anni Cinquanta del secolo scorso. Il “patto” fra i tanti che han
guadagnato dal “system” della “Grande Prostituta di Babylonia” e i **pochi**
seguaci della “bestia” (vi è poi una “palude” di mezzo, più o meno vasta, più o
meno mutevole a seconda dei tempi e degli eventi esterni) - patto del quale
Rockefeller è stato uno dei principali garanti - si sta sfaldando ... Ecco di
cos’è “signum” questa scomparsa ...
Per il resto, i
“cantori di sventura” continuano a “toppare” alla grande e il “system” rimane
molto forte, giacché la difesa del dollaro rimane il pilastro centrale
systemico.
Quanto durerà una cosa
del genere, è difficile dirlo, che non possa durar per sempre è altrettanto
certo, ma che la “blindatura” operata dalle banche centrali abbia funzionato e
che il corso degli eventi dopo il 2008 sia stato “sventato” è certo lo stesso.
Diciamo che la via
rimane quella della “dissolutio” con guerre mascherate e senza territori
definiti, in una sorta di “sindrome d’immunodeficienza **acquisita**” però a
livello **sociale** quindi senza riuscire a debellare i fenomeni dissolutivi ma
nemmeno lasciando a questi ultimi campo libero.
Come camminare sul
ghiaccio fino ... scricchiola dappertutto ma non si rompe mai davvero, salvo in
lontananza, nella “Caoslandia” dell’ultimo vol. di “Limes” ... e se la
“Caoslandia” si espande? Che si fa, in tal caso?’[1].
Che si fa?? Niente. Niente. Niente.
Ora però, in relazione alla storia di questo “patto non formulato”, un “reminder historicus” ha il suo senso, in relazione ad una fase fondamentale – passata ormai – e della quale tutto il sistema è oggi in difesa, ma che sta scricchiolando, ha il suo senso ricordare quell’anello fondamentale, sempre legato strettamente alla centralità del dollaro, che è fatto sistemico, oggi scricchiolante ma sempre centrale, e alla cui centralità, come s’è detto, tutto il capezzale del “sistema” sta intorno allo scopo di sostenerlo e sorreggerlo. Piccole recenti correzioni non sono per niente una crisi sistemica. Quest’ultima non si può per nulla escluderla, e siamo andati vicini più volte al suo redde rationem, ma la “buona volontà civilizzata”[2] è sempre riuscita a farvi fronte.
La crisi è “funzionale” al “System”
“Non c’è crisi se non
di crescita. Come dire che moltiplicando il discorso sulla crisi accreditiamo, prolunghiamo,
resuscitiamo ogni giorno l’ ipotesi della
crescita, che è la sola ipotesi
fondatrice della modernità. La crescita
può aureolarsi di luci più scure, disperare dei propri mezzi, esitare sui
propri fini, ma resta l’unico sistema di
valori che possa mantenere una solidarietà organica, non disponiamo di nulla
con cui sostituirla [la crisi di ogni
“tradizionalismo” sta esattamente qui; nota mia], di nessuna finalità alternativa [la
crisi di ogni “tradizionalismo” sta esattamente qui; nota mia], bisogna
dunque intensificare il discorso sulla crisi per salvare lo spettro ideale della
crescita. Si può anche ricorrere alla messa in scena di una crisi ‘reale’ come
a una specie di risorsa che riattivi l’energia propria alla crescita. Non saremmo
mai abbastanza grati agli arabi per il loro colpo di scena petrolifero [si
riferisce alla “Crisi energetica” del 1973
e, poi, in misura minore, a quella
del 1979, con i conseguenti aumenti spropositati
del prezzo del petrolio, cui si reagì con la riaffermazione della centralità
del dollaro e la caduta dei prezzi petroliferi; si noti il recente andamento si
crescita enorme del prezzo del petrolio intorno all’inizio dell’esplosione
della Grande Crisi (2008) e, in conseguenza di quest’ultima, il crollo, seguito
da una nuova ascesa intorno al 2012-14, per poi, a partire dal 2014, crollar
giù di nuovo; nota mia], che ci ha sprofondati nella penuria, e perciò nella crisi,
e perciò nella crescita. Gli effetti sono stati immediati: un sovrappiù di
moralità si è impossessato collettivamente della nazioni occidentali”[3].
Questo è accaduto di nuovo sia dopo il 2001, sia dopo il 2008, e poi ancora in conseguenza
delle minacce del terrorismo islamico.
Lo stesso Baudrillard –
illo tempore - all’epoca sosteneva che la crisi “reale” fosse, in
realtà, “manovrata” per ottenere del “consenso”, un po’ la tesi che riecheggia –
in forme incredibilmente, stoltissimamente banalizzate – nei vari “complottismi” più o meno di moda; e
lascio al lettore sceglier fra loro, perché non ha alcun senso scegliere in
quanto questi “complottismi” al massimo denunciano il fenomeno, ma non son di alcun aiuto a capire il perché di quel fenomeno stesso!! Allora, perché
accade questa necessità di ritrovare
un qualcosa che re-immetta in moto il processo di “crescita”, il qual processo –
e su questo Baudrillard non errava
– è l’ unico che la modernità conosce e l’ unico che possa
conoscere??
Hic **erant** leones … (o Dracones) …
La ragione – vera e “strutturale”
– sta nel processo di crescita stesso che, oltre un certo punto, perde la sua
finalità, non si capisce perché debba esserci, ma continua, ingovernabile, in
effetti. Tutte queste “estensioni” con in vista il “consenso” non ci sono state
– né ci sono – per il solo consenso, consenso la cui ricerca, tra l’altro, dopo
la “fine del ‘comunismo’” è pressoché inutile
in quanto nessun “modello alternativo” sfida quello dominante, ma per mantenere in vita la finalità sistemica. Tutte queste “estensioni”
con in vista anche il “consenso”,
hanno, in realtà, dunque, in vista il mantenimento della finalità sistemica una
volta che quest’ultima sia divenuta “funzionante di per sé”, per così dire, e,
conseguentemente, non vi sia più necessità di sostenere questa finalità che,
ormai, funziona di per sé.
Per esempio, quel che
si attribuisce a Wernher von Braun (1912-1977) - che sia vero o non, sul qual
fatto non mi pronuncio -, che cioè s’inscenerà
una “invasione extraterrestre” per ragioni di “consenso”, non avrebbe questo
scopo – o, almeno, non avrebbe “solo” questo scopo … - ma invece quello di
mantenere la “finalità systemica” in atto.
Il che, a sua volta,
farebbe chiederci: ma “qual è” questa “finalità systemica”, per “davvero” … ? E,
a questo punto, sfociamo in cose “metaphysiche”, se non “metapsichiche”, almeno
a metà metafisiche … Ci stiamo rendendo conto che c’ molto di più di quel che
appare …? Non credo, dunque: Buon sonno
…
In ogni caso, quand’anche
così fosse, quand’anche s’avesse “per davvero” come scopo, precipuo e reale, il
mantenimento in atto della “finalità
systemica” che lo stesso “sviluppo”, nel suo perdurante successo “onni-ri-coprente”,
mette in crisi, nulla garantirebbe ad “alcuni”
il successo, e, forse, evocando ed evocando, questi stessi “alcuni” giungerebbe
ad evocar qualcosa di non più gestibile[4],
che, poi, è quel che “altri ‘alcuni’”
sospettan fortemente …
Ma torniamo a noi.
“Il fatto più grave e
che non pertiene più alla crisi ma alla catastrofe,
accade quando il sistema si è già oltrepassato da solo, ha già superato i propri fini e dunque
non gli si può ritrovare alcun rimedio. La carenza non è mai drammatica, ma
la saturazione è fatale: crea nello
stesso tempo uno stato di tetanizzazione e d’inerzia”[5].
Ancora: “Non siamo
stati noi a metter fine al valore d’uso in teoria, è il sistema [era: questo è parte del nostro passato = è già successo; nota mia] che
l’ha liquidato con la sovrapproduzione. Si producono e si accumulano così tante
cose che esse non faranno mai più in tempo a servire (nel caso delle armi nucleari
è davvero una fortuna: l’obesità dei sistemi di distruzione è l’unica cosa che
protegge dalla loro messa in funzione). Si producono e diffondono così tanti
messaggi e segni che essi non faranno mai in tempo ad assumere un significato. Fortunatamente
per noi! Fortunatamente noi passiamo solo accanto al 99% dell’informazione [è
il cosiddetto “information overload”
che, dal tempo in cui scriveva Baudrillard, ovvero ben 34 anni fa (!),
non ha fatto che accrescersi!;
nota mia], al 99% della produzione e con
l’infima parte che assorbiamo siamo già in stato di folgorazione permanente.
Eppure, c’è una nausea particolarità in questa inutilità prodigiosa. E’ la
nausea di un mondo che cresce, che accumula, che prolifera, che si atrofizza, e
che non riesce a partorire. Tutte queste memorie, tutti questi archivi, tutte
queste documentazioni che non riescono a
partorire un’idea, tutti questi piani, questi programmi, tutte queste decisioni che non riescono a
partorire un avvenimento, tutte queste armi sofisticate che non riescono a partorire una guerra!”[6].
Quest’ultima frase va ricalibrata in
quanto, proprio la diminuzione della produzione delle armi nucleari (ma pure
questo, nel momento in cui si scrive, si tende a metterlo in questione) ha fatto
sì che di guerre ve ne fossero, ma non “la” guerra, quella che “la gente” s’immagina,
sullo style della Seconda Guerra
Mondiale: ed ecco che, a fronte dei recenti eventi, hanno in mente passati
eventi e non riescono proprio ad afferrare che le guerre di oggi
sostanzialmente sono incapaci di produrre un nuovo ordine relativamente stabile, com’effetto della guerra. Mentre invece
producono altro disordine, vale a dire: si va verso la dissolutio.
Appena dopo il passo riportato: “Questa
saturazione non ha più niente a che vedere con l’ eccesso di cui parlava Battaille, che tutte le società hanno sempre saputo produrre e distruggere con effetti di spreco
inutile e voluttuario. Non abbiamo più
spreco possibile di tutta quest’accumulazione, non ne abbiamo più nemmeno l’uso, ne abbiamo soltanto uno scompenso
lento o brusco […]. Ciò che chiamiamo crisi
è il presentimento di questo punto d’inerzia”[7].
Alla frase “Non abbiamo
più spreco possibile di tutta quest’accumulazione” vi è una nota a pie’ pagina
che dovrebbe essere scritta su di una targa (come quella che commemora le
parole – “fittizie” – dette da Holmes a Watson) all’ingresso dellr facoltà di
economia:
“E’ lo stesso scenario della crisi del ’29. Ci
siamo tuttora dentro. La breccia aperta non si è mai richiusa. Essa rimane l’avvenimento
centrale del secolo”[8].
Ovviamente Baudrillard parlava del sec. XX, ma
il XXI non è capace di risolvere la “breccia”, di richiuderla.
Non
ne siamo ancora usciti. Questa è la realtà dei fatti. Il resto
son chiacchiere.
Ne usciremo mai …? No.
I politicanti di oggi hanno
in mente una qualche soluzione, seppur minima …? No, non ne hanno alcuna
in mente.
Si può citare la “disoccupazione”
a riprova del fatto che non si è fuori da quello scenario – del ’29, ovvero si produce di più di quanto sarà mai possibile consumare – ma che
siamo “oltre” un certo punto d’inerzia e di controllo, per cui “abbiamo superato
un certo punto di reversibilità, di contraddizione nelle cose e siamo entrati
da vivi in un universo di non-contraddizione, d’infatuazione, di estasi, di
stupefazione davanti a processi
irreversibili e tuttavia privi di
senso”[9].
Vi è, quindi, un’osservazione
di Baudrillard, a riguardo dei due “segni caratteristici” della “crisi”
capitalistica: l’inflazione e la disoccupazione, quest’ultima è sostanziale[10],
e non risolvibile. Ma, questa volta, in questa “Grande Crisi”, vi è sì la disoccupazione
sostanziale – “tipica” delle crisi
capitalistiche -, e tuttavia l’inflazione è bassa: ecco il segno di aver “superato”
il limite d’inerzia per cui la situazione è, di fatto, ingovernabile.
Rispetto alla
radicalità di questa crisi “per inerzia” - il cui orientamento è la dissoluzione
-, le sedicenti “terapie” della simulazione inane oggi detta “politica” non fanno ridere: fanno piangere. Esse son segno della più
totale inconsapevolezza … Il che non
fa, e non può far altro, che, ovviamente, favorire
la direzione presa …
Andrea A.
Ianniello
[1]
“ ‘Voi avete messo il dito sul solo punto importante. La civiltà è una congiura. […] La
vita moderna è il patto non formulato fra quelli che possiedono per conservare
le loro pretese’” (da La centrale di energia (“The Power-house”,
del 1916, 101 anni fa …), di J.
Buchan (I barone Tweedsmuir, 1875-1940), in L. Pauwels
– J. Bergier, Il mattino dei maghi, Mondadori editore, I edizione Oscar Mondadori,
Milano 1979, p. 108, corsivi e
grassetti miei). David Rockefeller è stato un gran “tessitore” di patti e trame
in quanto è stato tra i fondatori o tra i membri influenti di tutta quella struttura “semi pubblica”, o del tutto “privata”,
su ed in cui si è costruita l’ “intelaiatura” del mondo della “globalizzazione”,
quel mondo che oggi è in crisi profondissima.
[2]
Ibid.
[3]
J. Baudrillard, “Dalla crescita
all’escrescenza”, L’Illustrazione italiana,
n. 12, agosto-settembre 1983, p. 13,
corsivi miei. Lo “spettro” è un evidente richiamo alla famosa frase del Manifesto comunista di Marx ed Engels: “Uno
‘spettro’ si aggira per l’Europa”, ed ovviamente per questi due ultimi autori
sarebbe stato il “comunismo”, per Baudrillard è invece la “narrazione” della “crescita”
…
[4]
Cf. http://associazione-federicoii.blogspot.it/2015/06/e-venne-il-giorno.html.
Tra l’altro, va rilevato come von Braun avesse conoscenza reale di questi “meccanismi
nascosti” della storia, poiché fu oggetto dell’ “Operazione graffetta” (“Operation
Paperclip”) che portò tanti scienziati ex nazisti negli Usa. Interessante sul
tema “parallelo” dell’ “Area 51” tanto fortemente negata ma che, poi, alla
fine, è stato ammesso esistere, un libro: cf.
A, Jacobsen, Area51. La verità, senza censure, Edizioni Piemme, Milano 2012.
Interessante anche
lo stemma von Braun;
https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/thumb/b/b3/Escudo_de_Armas_von_Braun.png/800px-Escudo_de_Armas_von_Braun.png.
[5]
J. Baudrillard, “Dalla crescita
all’escrescenza”, cit., p. 13, corsivi miei. Si noti che son frasi scritte nel
lontano 1983 …
[6]
Ivi, p. 14, corsivi miei. Qui
Baudrillard allude ai suoi studi, critici sì, ma dialoganti, con e su Marx, in
particolare a riguardo del “pilastro” dell’analisi marxiana, e cioè la
distinzione, quasi “metaphysica”, tra “valore d’uso” – qualitativo – e “valore di scambio – “quantitativo” e cioè “il”
capitalismo, insomma -, per parlar senza “ambagi”, che razza di parola, “sfiziosa”
come “ambaradan”. Tra l’altro, questa “questione del valore” è stata resa
centrale – e Marx lo ammetteva senza problemi – dall’abate Galiani (Ferdinando
Galiani, Chieti 1728 – Napoli 1787), del quale possiamo leggere, a proposito
della “questione del valore”, nell’ancora insuperato J. A. Schumpeter, Storia dell’analisi economica, a cura di C. Napoleoni, Edizioni Boringhieri,
Torino 1972, pp. 119-122, nel sottocapitolo intitolato: Digressione sul valore. Se uno scorre l’Indice dei nomi di detto
volume vi “misurerà” la centralità di Keynes e delle sue posizioni, il che – evidentemente – fa sì che tale volume
sia “datato”, e tuttavia non possediamo, in seguito, dei tentativi di sintesi dell’
“analisi” economica d’eguale spessore, ma, piuttosto, la “resistibile dittatura”
del neoliberismo, oggi in crisi, ma non veramente “sbalzato” dall’usurpato trono,
un “tronista” abusivo. Su Galiani, cf.
http://www.treccani.it/enciclopedia/ferdinando-galiani_(Dizionario-Biografico)/.
Tra l’altro, Claudio
Napoleoni era nato a L’Aquila nel 1924 (cf.
http://www.treccani.it/enciclopedia/claudio-napoleoni_%28Il-Contributo-italiano-alla-storia-del-Pensiero:-Economia%29/),
e del qual è nota la figlia, Loretta Napoleoni, “sanamente” oppositrice dell’Euro,
nel senso che vi è sia un’opposizione “intelligente” contro l’Euro sia una “malsana”,
viziata da sogni nazionalistici o “sovranisti”, come dicesi oggi.
Tornando a
Baudrillard, queste sue critiche le aveva espresse in J. Baudrillard, Lo specchio della produzione, Introduzione di M. Ferraris,
Multhipla Edizioni, Milano 1979, in cui svolge la critica del marxismo, di
Marx, per l’esattezza, sia a riguardo del problema del valore, che, ancor più,
a riguardo del problema del “lavoro ‘produttivo’”, quello che il “sistema”, di
fatto, sta attaccando e distruggendo
da trent’anni, quel cambiamento che ha eliminato la “sinistra” nel suo vero
senso, e che a “sinistra” si è fatto finta di non vedere, vuoi per congenita
ottusità – tipicamente “di ‘sinistra’”
-, vuoi perché si sa che non si hanno contromisure e dunque ci si limita a
gestir “bene” l’esistente, ma allora che senso ha la sinistra, ci si potrebbe
chiedere. La risposta è chiara: non ha alcun
senso.
Su questo cf.
http://ideeinoltre.blogspot.it/2014/05/andrea-ianniello-baudrillard-la.html.
Di questi temi “economici”
ne potremmo parlare per ore,
servirebbe davvero a ben poco; in
ogni caso, rimanderei chi vi fosse seriamente interessato, a:
http://associazione-federicoii.blogspot.it/2015/12/la-rovina-del-cash.html,
e:
http://associazione-federicoii.blogspot.it/2015/09/appendice-al-post-precedente-per-chi.html.
[7]
J. Baudrillard, “Dalla crescita
all’escrescenza”, cit., p. 14, corsivi miei.
[8]
Ivi, p. 16, maiuscoletto mio.
[9]
Ivi, p. 15, corsivi miei.
[10]
“La disoccupazione, d’accordo. Ma è noto che anch’essa ha cambiato significato. Non è più una strategia del capitale (l’esercito di riserva), viceversa
non è più un fattore critico nel gioco dei rapporti sociali – altrimenti, poiché il livello di guardia è stato
superato da molto tempo, avrebbe
dovuto dar luogo a sconvolgimenti inauditi [che non si son visti, e quest’andazzo è continuato son oggi,
vi sarà un motivo – c’è da chiedersi -, e, difatti, vi è un motivo, e ben chiaro,
solo che vederlo mette in questione
molti “assunti non detti” e dunque moltissimi non gradiscono vederlo; nota mia]. Che cos’è oggi? Anch’essa una
specie di satellite artificiale [come, secondo Baudrillard, la moneta che “fluttua”
come un satellite intorno alla Terra], un satellite d’inerzia, una massa carca
d’elettricità neppure negativa, di elettricità statica, una frazione sempre più grande della società che si congela [esattissimo], che si ferma per inerzia,
e che, al limite, diventa un oggetto da museo nelle fabbriche-simulacri
tedesche. Dietro l’accelerazione dei circuiti e degli scambi testimonia di quest’inerzia crescente in
tutti i campi [verissimo e che
abbiam vissuto: solo che dopo il
2008 e, ancor più, dopo il 2011, si è vista l’ “escrescenza” iniziare a “cancrizzare”
ripassando sui suoi passi e dunque ad auto
mangiarsi: ecco la definizione di “Dissoluzione”,
nota mia]. Dietro l’esasperazione del movimento, qualche cosa in noi, in
ciascuno di noi rallenta, rallenta fino a
cancellarsi dalla circolazione. E’ avvenuto un capovolgimento: è la società
intera che si mette a gravitare intorno a questo punto d’inerzia. ‘Inerzia polare’
dice molto bene Paul Virilio. E’ come se i poli del nostro mondo si
avvicinassero, e questo cortocircuito inesorabile produce nello stesso tempo
degli effetti esuberanti e un estenuarsi delle energie potenziali [solo che,
nel corso del tempo di questo lungo, troppo
lungo processo che pare senza fine, la fase di “esuberanza” è stata presto
seguita dalla fase in cui siamo da tempo: quella dell’esaurimento energetico, cf. http://associazione-federicoii.blogspot.it/2017/02/la-gente-e-provata.html;
nota mia]. Non si tratta più di una crisi,
ma di un avvenimento fatale, di una catastrofe
al rallentatore” (ibid., corsivi
e grassetti miei). Esattissimo: una
catastrofe al rallentatore …
Or dunque, detto
tutto ciò, pensiamo a tutte le sciocchezze che si senton oggi, a tal proposito …
Chiacchiere, nulla di più, in quanto il ruolo
sociale della “disoccupazione” non
è più quello d’un tempo, e si può parlar chiaro a riguardo della vera e
propria sostituzione del lavoro da
parte di robot, senza che succeda nulla di significativo.
Il “lavoro” è stato irreversibilmente sconfitto dal “capitale”. Non solo, ma la sedicente “sinistra”
non fa che predicare la “conciliazione”, la sedicente “mediazione” il che la fa
detestare: ecco perché “la gente” le preferisce la destra cosiddetta “estrema”
(termine sbagliato), salvo le cose vadano complessivamente ancora non malaccio
dal punto di vista economico, per larghe parti delle classi medie. Questo accade
ancora in certi paesi del Nord e del Centro Europa, ma possono sostenere questo
loro sistema sociale soltanto scaricando le contraddizioni sistemiche sui paesi
mediterranei i quali stanno così nei guai da non poteri opporre, in concreto,
in quanto “prigionieri” del sistema.
RispondiEliminaSi ritorna a parlare della “dismissione” del dollaro come valuta centrale … anche in relazione alla crisi coreana in atto … e l’oro sale, insieme ad altri beni rifugio. Se la crisi coreana avesse aiutato a propiziare questa serie di cambiamenti economici globali, non sarebbe stata invano. In ogni caso, le voci su di una valuta ricollegabile all’oro – o ad altro bene rifugio, **relativamente** più “stabile” - si fanno più forti.